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Voglia di horror

Seconda prova in alta definizione del survival-horror psicologico per eccellenza. Varrà ancora la pena tornare a Silent Hill?

RECENSIONE di Marco Perri   —   22/03/2012

In un contesto, come quello attuale, in cui le software house hanno sempre più frequentemente le mani legate da esigenti publisher e le sorti dei brand sono proporzionali ai risultati al botteghino, è ormai routine vedere franchise storici dati in sviluppo a team esterni, spesso geograficamente e socialmente molto lontani dalla radice ideologica del capostipite. Silent Hill: Downpour, volente o nolente, ha seguito proprio questa strada. In un tentativo di rivitalizzare la saga, vittima di una profonda crisi d'immagine in seguito ad episodi recenti non troppo ispirati, Konami ha quindi deciso di affidare lo sviluppo del gioco al team ceco Vatra Games, supervisionato dallo storico Silence Team, vero deus ex machina dei primi capitoli. Le promesse di atmosfere malate e scenari di follia pronti a ispirare momenti di puro terrore hanno fatto crescere di non poco l'aspettativa per questo titolo, ma quanto di tutto ciò Silent Hill: Downpour riesce realmente a donare?

Protagonisti non per caso

È innegabile come un buon marchio di fabbrica della saga sia sempre stato il comparto narrativo. Sin dal primo episodio, datato fine anni '90, il brand ha fatto sussultare ed appassionare giocatori di ogni età grazie al suo pescare a piene mani da più fonti letterarie ed esoteriche, affascinanti quanto inquietanti.

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È quindi molto curioso notare come questa volta il racconto del Silence Team non abbia chiamato in causa divinità della Cabala o scenari di chiaro stampo Lovecraftiano, in virtù di un intreccio narrativo più incentrato sui complessi scenari psicologici dei personaggi, dove visioni di passati peccaminosi si fondono con un presente oscuro e pericoloso. È Murphy Pendleton, prigioniero in un carcere di massima sicurezza, il malcapitato che soddisferà il desiderio di horror di ognuno, accompagnandoci nella sua fortunosa e rovinosa fuga verso Silent Hill in cerca di risposte alle sue visioni e ai suoi incubi.

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Pur distaccandosi da un concetto di horror legato a leggende dell'occulto e demoniache presenze e maggiormente focalizzato su personaggi da background profondi e coerenti, i ragazzi di Vatra Games sono stati bravi ad evitare deja-vu connessi a terminologia d'ambientazione già nota ai fan, alternando momenti di narrazione più concitata ad altri puramente psicologici, dove ad alimentare il thriller sovrannaturale di fondo non ci sono nomi di divinità o

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particolari culti ma solo ed esclusivamente le menti malate del protagonista e dei suoi comprimari. Si potrebbe dire che in fondo è tutto qui: la storia di un uomo perso nella città del male in cerca di risposte su un passato che affronterà solo nel climax finale, ma non fatevi ingannare.

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Mediamente piacevole, con personaggi sensati e a tratti quasi alienanti, la trama principale è ben strutturata, con colpi di scena inaspettati e la consueta dose di follia a regalare momenti di spiazzamento totale di fronte a determinate scoperte che si faranno lungo la strada. Per quanto non determinante ai fini della storia, il gioco ci mette inoltre davanti anche a delle scelte da effettuare in alcuni momenti topici, che andranno poi ad impattare sul finale che si sbloccherà finendolo. Sono questi i motivi che dimostrano facilmente come sia proprio la storia l'elemento di forza del prodotto e che, più di ogni altro aspetto ludico, farà avanzare lungo tutti gli ambienti di gioco per scoprire quali sono i segreti che legano Murphy alla cittadina ed ai suoi personaggi. Caratterizzato da una buona longevità e da un racconto ben intrecciato, con addirittura 6 finali (di cui il sesto sbloccabile solo a partire dal secondo playtrough) il thriller horror Konami si è senza dubbio riavvicinato, narrativamente parlando, ai fasti di un tempo.

Prendete questo, questo invece no

Se sulla storia si possono spendere belle parole è purtroppo difficile farlo su altri fattori, primo fra tutti il gameplay di base su cui ruota l'ossatura del prodotto. La struttura di gioco è immediata e già conosciuta agli amanti degli action di questa generazione; una visuale in terza persona con telecamera alle spalle del protagonista accompagna per quasi tutto il percorso, con rare inquadrature fisse a tentare di differenziare l'offerta cinematografica proponendo tagli così sporadici da sembrare quasi forzati e fuori contesto, una sorta di tributo mal riuscito.

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Pad alla mano, non è proprio oro quello che luccica. Se è vero che l'esplorazione degli ambienti di gioco cresce e diventa interessante con il proseguire dell'avventura, lo stesso non si può dire del sistema di combattimento, purtroppo fulcro del prodotto e tasto dolente. È legnoso, impreciso e figlio di una programmazione forse frammentaria e funestata da innumerevoli problemi tecnici. Qualcuno potrà ingenuamente gioire di fronte a ciò, quasi galvanizzandosi pensando che controlli del genere siano stati studiati per rendere l'esperienza più difficile e volutamente hardcore, purtroppo però la realtà è ben altra. La parte action è ripetitiva, noiosa e senza stimoli, con quick time event che appaiono ormai inevitabilmente datati e spesso gratuiti, artefatti di una filosofia di game design che era meglio se veniva lasciata al passato cui appartiene. Con una telecamera che nelle sequenze di lotta non è precisa come si vorrebbe e un parco animazioni che di certo non aiuta a comprendere i frame di movimento dei nemici con i quali ci si confronta; non sono sporadici i casi in cui la lentezza di risposta dei comandi e di esecuzione delle mosse porta involontari handicap ludici che rovinano le fasi di combattimento.

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La ricchezza di armi bianche, che si trovano lungo la strada e che si deteriorano usandole, non migliora il tutto, in quanto la percezione della differenza di qualità e forza di un arma rispetto ad un'altra è veramente minima, portando quindi a non dare un reale senso alla ricerca di un particolare armamento, un elemento che appare quindi più un voler alleggerire in maniera artistica la parte survival che non una differenziazione tecnica delle armi disponibili. Una da mischia in mano e una da fuoco sulla schiena, pronti a far fuori orde di avversari. Peccato solo che i proiettili siano così rari da rendere praticamente inutile portarsi dietro un fucile, anche perché la mira stessa è mal realizzata, e se già i colpi sono pochi è deprimente sprecarli contro nemici che per difetti di punti di collisione non vengono sempre colpiti come dovrebbero. Una nota positiva va detta per l'illuminazione generale: armati sempre di una fida torcia, sia di luce che poi ad ultravioletti, sono belle le sezioni al buio, specialmente quelle in cui si dovrà avanzare solo con l'accendino, circondati dall'oscurità e costantemente minacciati da ciò che potrebbe stare dietro l'angolo. Peccato solo che tali fasi siano presenti solo nelle primissime ore di gioco e raramente alla paura dell'ignoto corrisponde poi una minaccia reale, ma è doveroso apprezzare almeno l'intenzione.

Trofei PlayStation 3

Silent Hill: Downpour offre 42 trofei in totale. Si differenziano per le categorie standard, che vanno dalle più facili come avanzamento nella trama e completamento delle quest secondarie a quelli più complessi, come l'utilizzo di determinate armi per uccidere i nemici e lo sblocco di tutti i finali di gioco. Saranno necessari più passaggi per conquistare il Platino.

Unreal fin troppo real

È veramente incredibile scoprire come l'intero gioco sia mosso dall'Unreal Engine 3. Non ci si sarebbe meravigliati se tutto questo fosse stato scritto 4 anni fa, quando gli artifici di programmazione erano all'ordine del giorno ed i tool tecnici di casa Epic dovevano ancora venir digeriti correttamente da software house di mezzo mondo. Il problema però, è che siamo nel 2012, ed è oggettivamente intollerabile visionare per l'ennesima volta tale quantità d'imprecisioni grafiche e deficit tecnici. Sin dai primi istanti di gioco si possono notare dei buoni modelli poligonali nei visi dei personaggi, ma è quando vengono messi in movimento che le animazioni facciali mostrano tutta la loro carenza artistica. Movimenti scattosi e la poca espressività dei volti non rendono spesso credibili talune scene d'intermezzo, con personaggi a tratti così irreali nella recitazione da sembrare quasi fuori contesto. È un vero peccato, perché i presupposti narrativi per rendere cinematografici taluni momenti vi sono tutti, eppure proprio la fisica dei movimenti e le animazioni datate non rendono purtroppo sufficientemente giustizia. Gli ambienti di gioco si alternano con buona frequenza, portando ad esplorare una bella sezione di Silent Hill ma non riuscendo purtroppo mai a scatenare chissà quale entusiasmo visivo, vittime sicuramente di texture sotto la media, fastidiosi pop-up, saltuari fenomeni di flickering e frequenti cali di framerate che minano un'esperienza di esplorazione piacevole.

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A livello di ispirazione artistica bisogna per forza citare le sezioni nell'Otherworld, particolarmente malate e opprimenti, con la sensazione di essere però più di fronte ad un binario ben fatto che non ad un reale punto di svolta ludica. Si dovrà infatti correre a perdifiato lungo l'infernale ambientazione alla ricerca della meta sicura, ed è proprio in queste sezioni che si possono notare le migliori scelte di stile adottate dal team, con parti a gravità invertita, gabbie cadenti, mostri a parete e tanto altro, inseguiti sempre dal vuoto che non sembra lasciare mai in pace il protagonista. Lui non sarà chiaramente l'unico, anche i mostri e i nemici di gioco saranno sempre in agguato lungo l'avventura, peccato però che siano veramente pochi, dai pattern immediatamente intuibili e per nulla ispirati a livello artistico, perdendo subito il carico horror dei primi momenti e diventando ben presto più un ostacolo da abbattere a forza di mazza che non un nemico da temere.

Enigmi e non solo

Tanta quantità di materiale da recuperare in giro per la cittadina silente permetterà di allungare di molto il tempo di gioco. Fogli, mappe, lettere e scritture che annotate sul vostro fido diario portatile aiuteranno a comprendere meglio ciò che è successo prima dell'arrivo di Murphy, dando anche una cerca credibilità all'ambientazione d'intorno ed al background storico del posto. Interessante è anche il sistema di quest, che porterà a girare in lungo e in largo Silent Hill per completare le varie missioni aggiuntive, siano esse liberare gli uccelli dalle gabbie, trovare medaglioni, controllare pattuglie impazzite della polizia e ricercare pellicole di film da cinema.

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Sparse per il mondo di gioco vi saranno anche casseforti da aprire con codici che si troveranno in giro, sfruttando magari il sistema di fognature della città che permette di passare da una parte all'altra con più rapidità. Gli enigmi sono presenti, sono molti e alcuni anche piuttosto ben congegnati. Nulla di trascendentale intendiamoci, ma è interessante notare come alcuni di essi coinvolgano e uniscano elementi ambientali ad altri esplorativi, portando il giocatore a ragionare sul da farsi, magari sfruttando questo o quel determinato oggetto. Una nota sulla colonna sonora: non vede più al timone lo storico Akira Yamaoka ma il giovane Daniel Licht, che per quanto non proponga picchi di qualità acustica dona sapientemente delle pesanti atmosfere anche grazie al buon uso di suoni d'ambiente e melodie dal vago sapore perverso, pronto a ricreare quell'atmosfera industriale che è tanto cara ai fan.

Conclusioni

Versione testata: PlayStation 3
Multiplayer.it
6.5
Lettori (173)
8.2
Il tuo voto

Silent Hill: Downpour è vittima delle sue stesse aspettative. A tratti opprimente e primordiale, fallisce nel garantire un'esperienza fluida, alternando bei momenti a sezioni noiose e senza emozioni. Più thriller che horror, trasportato da una storia accattivante ma funestato da gravi tecnicismi grafici e di controllo, sarebbe potuto essere molto di più ma crolla sotto i colpi di troppi deficit di gameplay.

PRO

  • Trama appassionante
  • Buoni enigmi
  • Alcune sezioni sono molto ispirate

CONTRO

  • Sistema di combattimento mal realizzato
  • Tanti problemi grafici
  • Non fa paura