Cos'è successo di così importante nel 1995? Bisognerebbe chiederlo a Ichijou Takaaki, il solo uomo al comando di questo tentativo di spolverare i fasti dei bei tempi che furono. Nelle dichiarazioni, il survival horror dello sviluppatore Throw the Warped Code Out, edito da Degica, si ispira alle serie cult come Resident Evil e Silent Hill, peccato però che i primi episodi siano stati pubblicati dopo il fatidico '95: quella di Capcom debutta nel 1996, a fine millennio la saga targata Konami. Un corto circuito temporale che purtroppo è solo il primo, più piccolo dei problemi di Back in 1995...
Più che al divertimento, Back in 1995 punta all'aspetto grafico per ricordare i fasti degli anni '90
Chi ben comincia...
Difficile attendersi grandi cose da un gioco il cui primo achievement si ottiene dopo pochi minuti dall'avvio, semplicemente perché non si è deciso di tornare al desktop. In Back in 1995 il giocatore interpreta i non ben definiti panni di Kent Randall, un uomo che si risveglia all'interno di un laboratorio alla ricerca della figlia perduta e del motivo per cui la città sia in preda al terrore. Una trama apparentemente interessante che non viene in alcun modo approfondito: ci sono giusto alcune pagine di diario a cercare di tenere incollato un canovaccio narrativo praticamente inesistente.
Ben presto si entra in un cliché di quest ripetitive che portano rapidamente alla conclusione di questo inno alla nostalgia: come sottolineato dalle note di Steam, non serviranno più di un paio d'ore per arrivare ai titoli di coda. L'azione tipica prevede di andare alla ricerca di qualche documento all'interno di location predefinite e di riportare gli oggetti al personaggio che li ha richiesti: solo in questo modo si sbloccano delle sezioni precedentemente inaccessibili, che complessivamente sono quattro. Ci sono diverse cose che non vanno, a partire dal punto di vista tecnico: per quanto possa essere lodevole lo sforzo di riportare in auge la grafica super-poligonale dei primi anni Novanta il risultato è ben al di sotto delle aspettative - tanto per intendersi, il primo Alone in the Dark era decisamente più rifinito di questo figliastro del nuovo millennio. Ichijou ha provato a giocare con un pesantissimo effetto distorsivo/interlacciato tipico dei monitor CRT (che nelle intenzioni dovrebbero essere quelli che trasmettono le immagini delle telecamere a circuito chiuso posizionate nella torre in cui si svolge la vicenda) calcando sin troppo la mano, probabilmente per mascherare la pochezza tecnica della produzione. Il risultato è magari affascinante nei primi minuti, ma in breve tempo sarà preferibile disattivare i filtri smascherando così tutte le magagne del comparto grafico.
Poche idee ma confuse
Purtroppo le cose non migliorano dal lato artistico: la ricostruzione della torre potrebbe anche funzionare, peccato sia davvero troppo piena di muri invisibili e porte chiuse, ma a lasciare l'amaro in bocca è soprattutto la resa dei nemici, che sembrano parenti tristi dei confetti M&M's: di certo non fanno paura, aspetto tutt'altro che trascurabile per un titolo che vorrebbe appartenere al genere horror. Come se non bastasse sono anche estremamente facili da abbattere: basta posizionarsi a distanza di sicurezza e assestare qualche buon colpo di chiave inglese per farli scomparire senza essere nemmeno graffiati, rendendo così quasi inutili sia gli immancabili antidolorifici sia la presenza della pistola e di un fucile quali strumenti di offesa alternativi.
In effetti l'eccessiva lentezza dei mostri (se ne contano un totale di cinque varianti) fa sì che teoricamente si possa portare al termine il gioco anche senza fare ricorso alla violenza. I controlli a loro volta ricordano quelli dei primi esponenti del genere, con le telecamere fisse e i tasti WASD con cui si controlla il tutto: bisogna tornare a masticare le vecchie logiche di telecamere fisse che inizialmente potrebbero disorientare, ma è questione di pochi minuti per (ri)prendere l'abitudine alla relatività delle direzioni. C'è il supporto anche per il DualShock e per il pad dell'Xbox 360, che però presentano qualche lieve imprecisione, soprattutto quando si tratta di prendere la mira e sparare. Anonimo il comparto sonoro: troviamo giusto qualche effetto messo controvoglia e un singolo motivo musicale. Alla fine della fiera si può dire che Back in 1995 non fa paura, non diverte e non è nemmeno ben realizzato. Lo scopo principale del programmatore è stato quello di ricreare le limitazioni tecniche e scavare così nella memoria dei giocatori, senza però essere in grado di offrire nulla di più che una brutta diapositiva del passato. Bocciato senza appello.
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Processore Intel Core i7 860 a 2.8 GHz
- 8 GB di RAM
- Scheda video NVIDIA GeForce GTX 670
Requisiti minimi
- Sistema operativo Windows XP Service Pack 2 o superiore
- Processore Intel Core 2 Duo a 2.0 GHz con supporto per istruzioni SSE2
- 1 GB di RAM
- Scheda video Intel HD3000
- Spazio su disco 700 Mbyte
- Scheda audio non richiesta
Conclusioni
Prezzo elevato, trama inconsistente, longevità ridicola: a Back in 1995 non basta un richiamo grafico, peraltro nemmeno ben realizzato, agli anni d'oro della PlayStation per elevarsi dalla mediocrità. Da prendere in considerazione solo in presenza di fortissimi sconti.
PRO
- A tratti sembra di aver acceso la vecchia PlayStation
- La location è ben ricostruita e suggestiva
CONTRO
- Ridicolosamente breve
- Trama inesistente
- Tutt'altro che spaventoso