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Armored Core 6: Fires of Rubicon, la recensione dell'ultima opera di FromSoftware

Abbiamo recensito Armored Core 6: Fires of Rubicon, l'atteso ritorno di una delle serie storiche di FromSoftware su PC, PlayStation e Xbox.

Armored Core 6: Fires of Rubicon, la recensione dell'ultima opera di FromSoftware
RECENSIONE di Aligi Comandini   —   23/08/2023

Che la si ami alla follia o la si ritenga sopravvalutata importa ben poco: FromSoftware è senza ombra di dubbio una delle software house più influenti dell'ultimo ventennio. Inventandosi una ingegnosa variante dei GDR action oggi nota pressoché ovunque col nome di soulslike, Hidetaka Miyazaki e i suoi hanno dato il via a una sorta di tsunami, capace sia di dimostrare a tutti quanto spazio ci fosse sul mercato videoludico per titoli atipici e brutali, che di influenzare generazioni di sviluppatori (anche se non sempre necessariamente in meglio...). Molti videogiocatori, però, questa casa ricca di talenti l'hanno conosciuta solo dopo l'avvento dei souls, perdendosi del tutto un passato eclettico fatto di prodotti spesso ben lontani qualitativamente dalle sue opere odierne.

Noi invece FromSoftware l'abbiamo seguita fin dagli albori, partendo da quei King's Field e Shadow Tower che già contenevano molti dei canoni e delle strutture poi utilizzate dal buon Hidetaka nelle sue opere, e in seguito tuffandoci nel bizzarro turbine degli Otogi, di Kuon, di Ninja Blade, e persino di quel demenziale (ed esilarante) esperimento chiamato Metal Wolf Chaos. Insomma, quella diversificazione che ad oggi si è solo intravista con Sekiro: Shadows Die Twice ed Elden Ring, FromSoftware in realtà la cavalcava come un cowboy in sella a un toro impazzito anni fa, con risultati altalenanti che solo a sprazzi mostravano le reali capacità del team.

In questo brodo primordiale di videogiochi tra l'incredibilmente dark e la completa follia, la costante al di fuori dei già citati King's Field era una e una soltanto: Armored Core, una serie di action ad ambientazione fantascientifica che dava al giocatore la possibilità di personalizzare liberamente degli enormi mech da combattimento. Chiaramente ispirati da Gundam e affini, gli Armored Core erano molto probabilmente i titoli migliori della prima era FromSoftware, dotati di un concept così avanzato da meritarsi lo stato di "piccolo cult" in Giappone. Eppure, venendo da un periodo in cui la casa giapponese non era dotata nemmeno lontanamente delle risorse attuali, questi giochi non sono mai riusciti a sfruttare appieno il loro potenziale, nonostante un gran numero di capitoli ed espansioni di qualità comunque più che decente. Non serve perciò approfondire troppo come mai, per un fan del marchio, l'ufficializzazione di Armored Core 6: Fires of Rubicon sia stata un colpo al cuore: lo scheletro su cui i vecchi giochi si basano è una vera meraviglia per chi ama le esperienze cucite a misura sul giocatore; con l'esperienza maturata, un tale ben di dio strutturale può venir trasformato in qualcosa di eccelso, e senza nemmeno il bisogno di distaccarsi particolarmente dalle radici.

Beh, FromSoftware deve aver subodorato tutte queste possibilità, perché alle redini del nuovo progetto ha messo Masaru Yamamura, lead designer di Sekiro e indubbia figura di spicco dello studio, che per ben sei anni ha cercato di trovare un perfetto equilibrio tra necessarie evoluzioni e qualità dei predecessori. Ce l'avrà fatta, oppure le catene del passato sono risultate più pesanti del previsto? Per capirlo e prepararci al meglio alla recensione di Armored Core 6: Fires of Rubicon, abbiamo affrontato per decine di ore il gioco, e oggi crediamo di essere finalmente pronti per dirvi se è davvero il glorioso ritorno di un marchio che ha sempre meritato di più.

Narrativa e struttura: libertà nel fuoco

Armored Core 6: Fires of Rubicon introduce sempre gran parte delle missioni con dei freddi briefing, ma stavolta è anche ricco di documenti, segreti, dialoghi, e scene d'intermezzo a dir poco spettacolari. E la trama è piuttosto chiara
Armored Core 6: Fires of Rubicon introduce sempre gran parte delle missioni con dei freddi briefing, ma stavolta è anche ricco di documenti, segreti, dialoghi, e scene d'intermezzo a dir poco spettacolari. E la trama è piuttosto chiara

Nonostante quel "sei" nel titolo, il nuovo Armored Core di FromSoftware non è un seguito diretto dei capitoli precedenti e rappresenta il punto di partenza di una nuova linea temporale nella serie. Non si tratta di una novità assoluta, sia chiaro: per quanto le trame degli Armored Core risultino spesso alquanto convolute e siano costruite attorno a universi più dettagliati che mai, già vari capitoli passati sono nati con l'intento di introdurre cronologie fresche. Ciò detto, non crediate nemmeno per un secondo che il reset del background narrativo dell'opera di Yamamura voglia abbandonare le tematiche care alla serie... Il mondo di Armored Core 6: Fires of Rubicon è sempre un luogo cupo e dominato dalle megacorporazioni, in cui la poca umanità presente viene spesso soppressa dagli orrori della guerra e dalla corsa al profitto, o da forze oscure che agiscono dietro le quinte. Questa visione cinica, fredda e a tratti pericolosamente vicina alla possibile realtà è parte integrante dell'anima del marchio, ed è bello vederla riproposta qui con rinnovato vigore. Vero, il tono è simile a quello visto nella maggior parte delle altre produzioni FromSoftware, pertanto per molti non sarà una novità, tuttavia un cambiamento rispetto ad altre opere della casa rimane: la storia è abbastanza cristallina e, ora della fine, conta solo una manciata di punti oscuri, non così fondamentali per comprenderne lo svolgimento.

Armored Core 6, dopotutto, è un'opera guidata da Yamamura e non da Miyazaki, e già in Sekiro si era notata la sua tendenza a lasciar meno dubbi, presentando gli eventi in modo più classico e semplice. Lo stacco da Miyazaki e dal suo lavoro sulla serie, però, è meno netto di quanto possiate pensare, perché qui viene ripresa quasi completamente la struttura di Armored Core For Answer, al punto che, per ottenere tutti i finali e avere a disposizione il quadro completo, è necessario finire la campagna per ben tre volte.

Rubicon è un pianeta devastato e costantemente in guerra. Tutto nella norma per la serie
Rubicon è un pianeta devastato e costantemente in guerra. Tutto nella norma per la serie

Meglio entrare più nel dettaglio. Armored Core non è un gioco open world né a macrozone; dopo un prologo piuttosto scenico, diverrete a tutti gli effetti dei mercenari guidati dalla voce del vostro supervisore, Walter, nella scelta di varie missioni proposte di capitolo in capitolo. Tali missioni nei vecchi episodi tendevano a durare una manciata di minuti, con Armored Core V e Verdict Day come unica eccezione (e nemmeno sempre); la scelta del team è stata quindi quella di sparigliare un po' le carte con compiti molto più variegati stavolta, e un mix di quest estremamente rapide ed eventi più elaborati. È una scelta che sinceramente approviamo, perché le missioni più basilari sono un buon banco di prova per sperimentare le prestazioni del proprio mech o fare qualche test, laddove quelle più curate e complesse mostrano con chiarezza lo stacco rispetto ai capitoli passati, oltre a sorprendere maggiormente per via dell'alternanza. La soluzione adottata tuttavia presenta qualche problema, che sarà il caso di riprendere quando ci addentreremo nella discussione sulla difficoltà.

Ma torniamo sulle campagne ripetute, perché qui risiede sia uno degli elementi più affascinanti del gioco che al contempo uno dei più difficili da mandare giù per chi non è pratico della saga. In pratica Armored Core 6 ha tre diversi finali, ma questi non sono ottenibili in un singolo tentativo, anche perché non è possibile salvare manualmente. La chiusura della campagna viene decisa in seguito a una serie di scelte obbligate, che precludono specifiche missioni da completare nella partita successiva; affrontarle tutte porta a sbloccare una serie di nuovi eventi chiave nella terza run, che permettono in seguito di ottenere un atto conclusivo aggiuntivo. Non si tratta certo della struttura più intuitiva del mondo, ma funziona perché in grado di amplificare i lati positivi di For Answer: l'ottenimento di nuove parti per il proprio mech rende comunque piacevole riaffrontare i livelli in modo differente, e la loro durata evita che le cose si facciano troppo tediose; al contempo, ogni nuova missione o variazione trovata nei compiti preesistenti (sì, alcuni mutano anche mentre li sta affrontando) è una piacevole sorpresa, capace di aggiungere pepe quanto basta all'esperienza. È anche per via di questa soluzione che solo alcune delle missioni primarie si svolgono in mappe estese e richiedono dei checkpoint: se rifarle richiedesse eoni l'esperienza diverrebbe eccessivamente lenta, quindi è stato furbo non abbandonare le tempistiche dei vecchi capitoli. A ringalluzzire un po' le cose, poi, ci pensa il ritorno delle battaglie nell'arena, che vedono il giocatore impegnato a combattere contro altri mech controllati dall'IA in varie configurazioni. Non è certo rivoluzionario, eppure spezza un po' il ritmo, vanta a sua volta sorprese durante le run successive, ed è collegato a sistemi molto importanti del gioco, quindi è difficile non apprezzarne la presenza.

Nonostante Rubicon sia praticamente un'ambientazione post apocalittica, Armored Core 6: Fires of Rubicon vanta una varietà notevole di paesaggi e mappe
Nonostante Rubicon sia praticamente un'ambientazione post apocalittica, Armored Core 6: Fires of Rubicon vanta una varietà notevole di paesaggi e mappe

Attenzione però, pur difendendo quanto fatto e comprendendo la volontà di non allontanarsi troppo dallo scheletro base della saga, un'esperienza del genere soffre sempre comunque un po' di tedio. Da una parte è vero che negli Armored Core perfezionarsi ripetendo le varie missioni fino a raggiungere un punteggio perfetto ovunque è parte integrante del divertimento, ma non tutti quelli che affronteranno questo gioco sono necessariamente dei veterani della serie, e pure tra gli esperti dover rifare da capo più volte certe fasi potrebbe risultare fastidioso, anche perché Rubicon è pieno di insidie tipiche da "gioco FromSoftware" e l'infamia non manca. Inoltre il punteggio nei vari eventi non viene assegnato finché non li si ripete manualmente dal menu, una soluzione non particolarmente logica che costringe i perfezionisti a dover rifare a tutti gli effetti un minimo di quattro volte alcune missioni per ottenere una valutazione "S" finale. Salvataggi manuali e un po' più di apertura in questi aspetti avrebbero sicuramente migliorato le cose, pur accorciandole. Nel complesso, comunque, siamo davanti a un titolo mediamente più lungo rispetto ai suoi predecessori, ma lontano dalla durata dei souls. Le tre run sono completabili senza troppi problemi tra le 20 e le 25 ore, anche se le tempistiche possono abbassarsi o aumentare sensibilmente in base a quanto vi ci vorrà a superare alcuni dei "muri" di difficoltà presenti.

Gameplay: ingegneria della guerra

Questo è il primo boss del gioco, e rappresenterà già un significativo fastidio per molti, perché affrontabile solo con una configurazione fissa. L'assemblaggio poi cambia completamente l'approccio agli scontri
Questo è il primo boss del gioco, e rappresenterà già un significativo fastidio per molti, perché affrontabile solo con una configurazione fissa. L'assemblaggio poi cambia completamente l'approccio agli scontri

Il motivo principale per cui gli alti e bassi della struttura non vengono particolarmente a noia è, come prevedibile, il gameplay del gioco. Il cuore di Armored Core dopotutto è da sempre l'assemblaggio, ovvero la possibilità di mutare completamente l'approccio in base alle modifiche apportate al proprio robottone, attraverso un numero crescente di pezzi e armi ottenibili avanzando nella campagna. È la colonna portante della serie, ciò che in primis la distingue, la ha resa un mezzo cult, e ha sempre fatto chiudere un occhio ai suoi fan davanti ai tanti difetti del passato, quindi è cosa buona e giusta che in questo capitolo questo costituente primario sia più che mai centrale per l'esperienza.

Peraltro, è tutto fuorché sottovalutabile che la riproposizione di questo nucleo del gameplay sia riuscita così bene a FromSoftware: la personalizzazione è sì una delle parti più divertenti e centrali, ma è anche una delle meno intuitive e delle più complesse da comprendere; molti dei giochi passati soverchiano l'utente con un mare di dati e pezzi le cui funzioni vengono spiegate a malapena, al punto che lo scoglio dell'apprendimento ha portato molti negli anni a non tentare neanche di avvicinarsi alla saga. Vari episodi, per dire, nemmeno contano qualcosa che possa esser definito un tutorial al loro interno, giusto per sottolineare quanto poco la casa si preoccupasse a quei tempi di rendere "leggibili" le sue produzioni. Yamamura ha dovuto fare equilibrismo del design per quanto riguarda questo aspetto; da una parte non poteva semplificare eccessivamente per via del rischio di far infuriare gli appassionati instupidendo i sistemi, mentre dall'altra non avrebbe avuto senso fregarsene dell'accessibilità in un gioco che rappresenta una nuova partenza per la serie. La risposta del director? Eliminare gli eccessi, portando ai limiti l'effetto che ogni scelta ha sul gameplay. In Armored Core 6, infatti, più che mai gli obiettivi e i boss richiedono soluzioni tattiche e scelte furbe nella costruzione del proprio mech, anche per via della difficoltà più elevata e dell'inserimento di alcune interessanti nuove meccaniche. In più, qui i tutorial ci sono e permettono di testare varie configurazioni di mech, dando se non altro un'idea delle differenze e delle possibili applicazioni.

Controllare il proprio mech in Armored Core 6: Fires of Rubicon è paradisiaco rispetto ai capitoli passati, ma vi sono vari cambiamenti al sistema da tenere in considerazione
Controllare il proprio mech in Armored Core 6: Fires of Rubicon è paradisiaco rispetto ai capitoli passati, ma vi sono vari cambiamenti al sistema da tenere in considerazione

Proprio per quanto riguarda quest'ultimo punto, comunque, il nuovo Armored ha fatto un discreto balzo qualitativo: pur con meno tipologie di componenti tra cui destreggiarsi se si considerano gli altri titoli (non ci sono radiatori per il surriscaldamento, né radar, né pesi per modificare il bilanciamento del mech), ogni singola scelta tende a influenzare in modo molto più netto la risposta ai comandi del vostro guerriero metallico. Le gambe, in particolare, influiscono più seccamente sul movimento, con i cingolati capaci di manovre molto rapide a terra ma limitatissimi in ogni altra situazione, i quadrupedi in grado di fluttuare in aria consumando poca energia, e le gambe a giunture invertite dotate della capacità di effettuare balzi improvvisi (e quindi particolarmente indicate per chi ama schivare).

Vi sembrerà roba da poco detta così, ma tenete a mente che questo è un gioco con movimento tridimensionale, in cui i boss sono stati ritoccati per risultare molto più cattivi rispetto al passato, oltre che in grado di mettere in difficoltà persino un mech armato fino ai denti. Le vostre capacità di movimento sono pertanto spaventosamente importanti in battaglia: poter fluttuare senza problemi rende triviali boss con scarsa elevazione e attacchi mirati per lo più a terra, mentre un'elevata accelerazione a bassa quota permette di avvicinarsi istantaneamente a nemici particolarmente fastidiosi dalla media distanza. Non bastasse, altri tre nuovi elementi hanno permesso di rendere gli scontri coi boss più brutali e frenetici rispetto alle origini: la presenza di una barra della stabilità, la possibilità di usare quattro armi contemporaneamente, e il targeting fisso.

Fate attenzione alle armi scelte. Quelle corpo a corpo sono migliorate molto, ma rischiano di lasciare il vostro mech scoperto, e in questo gioco restare vulnerabili a lungo non è una buona cosa
Fate attenzione alle armi scelte. Quelle corpo a corpo sono migliorate molto, ma rischiano di lasciare il vostro mech scoperto, e in questo gioco restare vulnerabili a lungo non è una buona cosa

Partiamo dalla stabilità, e no, non si tratta di una variante della stamina, visto che in Armored Core l'equivalente di quest'ultima è l'uso dell'energia e quello dipende da altri fattori (prevalentemente la scelta di un generatore adeguato); la stabilità è a tutti gli effetti un indicatore che si alza a forza di colpire (o venir colpiti da) l'avversario, e che se portato al limite stordisce per alcuni istanti, permettendo di infliggere danni aumentati per un breve periodo. Non crediate però che la semplice presenza di una caratteristica simile porti il gioco ad essere fiacco e difensivo, perché, appunto, ora si possono utilizzare combinazioni di quattro armi in contemporanea, con ogni strumento legato a uno specifico grilletto dorsale; il nuovo Armored è quindi molto aggressivo, e settare al meglio velocità, impatto effettivo dei proiettili, validità delle combinazioni e distanza di tiro risulta davvero importante per fare danni seri.

Anche qui, per dire, vi sono elementi presi dai capitoli precedenti, perché, come in Verdict Day, le tipologie di danno influiscono in modo differente sulle difese nemiche (anche se in quel gioco tutto era gestito infinitamente peggio). Selezionare con cura se convenga usar armi laser o al plasma, puntare tutto su proiettili ed esplosivi, o buttarsi su un mix bilanciato fa la differenza tra una rapida eliminazione degli ostacoli e una morte prematura. A nostro parere questo mix di fattori è implementato in modo geniale, perché la necessità di stordire i nemici e l'importanza della selezione di ogni arma aumentano notevolmente la tattica in battaglia. In più, per favorire le variazioni, prima di ogni boss di solito c'è un checkpoint dove è possibile modificare l'assetto del proprio mech liberamente (a patto di aver acquistato i pezzi, dato che si possono comprare solo nel garage). È cristallino come l'esperienza di Sekiro abbia portato il director a gestire la difficoltà con un approccio simile: se una battaglia è difficile non può venir superata a forza di accumulare esperienza, ma la si può rendere una passeggiata trovando la giusta chiave di volta; si tratta di una filosofia perfettamente adatta alla serie Armored Core, e dimostra come aver scelto Yamamura alle redini del progetto sia stata una gran mossa.

Le missioni di Armored Core sono incredibilmente più variegate rispetto a quelle degli altri capitoli. Aspettatevi però le classiche infamate tipiche di FromSoftware
Le missioni di Armored Core sono incredibilmente più variegate rispetto a quelle degli altri capitoli. Aspettatevi però le classiche infamate tipiche di FromSoftware

Come abbiamo accennato, ad ogni modo, in questo gioco i boss sono cambiati notevolmente, e persino i nemici base tendono ad avere molta più varietà - seppur rimangano generalmente facili da eliminare - tuttavia per poter implementare pattern offensivi più variegati e pericolosi, il team ha dovuto prendere di peso un elemento dagli ultimi giochi sviluppati: il targeting fisso. Vista inizialmente quasi come una bestemmia dai veterani della serie, però, questa novità non è in realtà così apocalittica da trasformare del tutto l'esperienza, anzi. Yamamura è stato chiaro, la capacità di mantenere il mirino fisso sul bersaglio è stata inserita proprio per permettere ai giocatori di concentrarsi sui movimenti del proprio robottone, a causa dell'evoluzione dei boss; se però pensate che sia sufficiente piazzare il target sul nemico e sparare a casaccio vi sbagliate, perché ci sono molte finezze legate al puntamento. La mira fissa e quella effettiva, ad esempio, non sono la stessa cosa: le armi non tracciano il nemico con la stessa velocità della telecamera, dunque sparare dalla distanza contro nemici in targeting fisso porta a mancare un gran numero di colpi. Per migliorare la precisione è necessario selezionare una componente chiamata FCS in modo accurato - influisce sul tracciamento in base alla distanza, anche per le armi corpo a corpo - e utilizzare una mira "semi-automatica" muovendo manualmente la telecamera aumenta sensibilmente i colpi a segno. In più, solo per i veri esperti, è persino possibile selezionare una mira completamente manuale, ma vi assicuriamo che non è cosa da poco gestirla a dovere vista la varietà e velocità degli spostamenti nel gioco. Ah, per la cronaca, la legnosità del sistema di controllo dei vecchi Armored qui è sparita quasi completamente; controllare il mech è un vero piacere, la risposta ai comandi è precisa e adeguata alle componenti scelte, e non crediamo ci sia mai stato un titolo della serie così godereccio da giocare. Una gran bella evoluzione.

Difficoltà e progressione: La cura del piombo

Questo è uno dei boss del gioco. Per molti sarà brutale, ma vi assicuriamo che si trovano 'clienti' peggiori durante la campagna. La curva di difficoltà poteva venir calcolata in modo più logico
Questo è uno dei boss del gioco. Per molti sarà brutale, ma vi assicuriamo che si trovano "clienti" peggiori durante la campagna. La curva di difficoltà poteva venir calcolata in modo più logico

Se quanto fatto meccanicamente sul gioco è a nostro parere quasi impeccabile, lo stesso non si può però dire della gestione della curva di difficoltà. Abbiamo già tirato in ballo la cosa, parlando dell'approccio tattico ai boss e dell'importanza dell'assemblaggio, ma che il livello di sfida sia un po' sballato è purtroppo abbastanza evidente, in modo forse persino più marcato rispetto alle altre produzioni recenti di FromSoftware (che da sempre hanno sbalzi importanti qua e là). L'aspetto che rende caotica la percezione della difficoltà è, per certi versi, proprio l'attaccamento alle passate strutture della serie, che ha portato From a proporre missioni facili e veloci, e alternarle quasi all'improvviso a boss cattivelli, con stacchi che aumentano ulteriormente nelle run successive alla prima (in cui le nuove missioni sono tendenzialmente più ardue rispetto a quelle originali). Non è una situazione particolarmente grave, e non crediamo provochi reali sofferenze, però va detto che nella campagna c'è uno specifico boss inevitabile che rappresenterà un muro terrificante per moltissimi giocatori, specialmente i neofiti con poca esperienza nell'assemblaggio. Occhio, persino quel boss diventa fattibilissimo con la giusta strategia... è solo innegabile come, rispetto a quanto affrontato prima, sia un picco calcolato un po' a casaccio, che poteva venir introdotto con qualche indizio aggiuntivo sulle strategie da seguire. Dal canto suo, la modalità arena non controbilancia per niente le cose, poiché, pur contenendo a sua volta battaglie segrete, resta incredibilmente facile dall'inizio alla fine, ed è utile solo come allenamento per specifiche battaglie contro più mech alla volta.

Gli scontri uno contro uno possono risultare davvero adrenalinici. Tenete bene a mente quali configurazioni sono più efficienti contro certi tipi di mech. Vi servirà...
Gli scontri uno contro uno possono risultare davvero adrenalinici. Tenete bene a mente quali configurazioni sono più efficienti contro certi tipi di mech. Vi servirà...

Ad amplificare ulteriormente gli sbalzi ci pensa poi il sistema di progressione: seppur privo di un avanzamento a livelli, Armored Core 6 permette comunque di potenziare il proprio mech anche separatamente dai pezzi scelti, un po' come accadeva col "tuning" di Armored Core 4 e For Answer. A forza di combattimenti nell'arena otterrete bonus passivi a danno e difesa attraverso il cosiddetto Sistema OS, e anche la chance di personalizzare il vostro stile di gioco sbloccando manovre aggiuntive o poteri energetici molto utili in combattimento; nella prima run questi vantaggi saranno limitati, e i chip che li sbloccano andranno inseriti con furbizia, ma arrivati alla terza avrete sbloccato ogni extra, rendendo le missioni "semplici" ancor più facili e i boss già superati a dir poco trascurabili. Per carità, persino queste migliorie sono calcolate, principalmente per i perfezionisti desiderosi di ottenere i punteggi massimi in ogni livello, ma crediamo sia abbastanza naturale capire come provochino ulteriori smottamenti in un gioco dove il livello di sfida già non è dei più naturali. Capiamo invece la volontà di inserire sia un numero limitato di kit di "cura" che delle zone di rifornimento nel gioco: molti dei compiti più sfidanti richiedono di essere parsimoniosi con i proiettili e le risorse, e queste aggiunte sono calcolate a dovere per superarli. Approviamo persino la scelta di non poter avere debiti negativi dopo i livelli, e il fatto che il valore di vendita dei pezzi sia lo stesso di quello d'acquisto; rendono più flessibile l'assemblaggio e spingono l'utente alla sperimentazione.

Comparto tecnico e PvP: acciaio inox

Pochi team hanno la capacità di introdurre le boss fight con la spettacolarità tipica di FromSoftware. In Armored Core 6: Fires of Rubicon questo aspetto non è cambiato
Pochi team hanno la capacità di introdurre le boss fight con la spettacolarità tipica di FromSoftware. In Armored Core 6: Fires of Rubicon questo aspetto non è cambiato

Nulla da dire di negativo invece sul comparto tecnico, dato che FromSoftware sembra aver davvero ritoccato a dovere il motore grafico dei suoi giochi per questo Armored Core. Su PlayStation 5, dove lo abbiamo provato noi, il gioco è sempre stato fluidissimo, con caricamenti estremamente brevi e un bel dettaglio generale. Siamo rimasti inoltre piacevolmente sorpresi dalla varietà delle mappe e delle ambientazioni che, pur non vantando l'impatto (e la libertà creativa) dei giochi fantasy della casa, riescono comunque a colpire con forza grazie a un'art direction sempre di altissimo livello. Non è peraltro facile creare mappe così valide se si considera la loro dimensione in alcune fasi della campagna: vi sono ambientazioni estremamente estese e straordinariamente sceniche, che sono lontanissime dalle spoglie rovine dei capitoli precedenti nonostante le dimensioni. Troviamo poi fantastico il fatto che look e livello di dettaglio dei mech restino di gran qualità, considerate le tante parti disponibili per modificarli. Pensate, è persino possibile ricolorare singolarmente ogni pezzo e modificarli con decalcomanie personalizzate posizionabili ovunque, quasi a sottolineare ancora una volta quanto sia importante creare il mech che si ha sempre desiderato pilotare.

Notevole, seppur la cosa si percepisca meno per via della capacità del giocatore di muoversi liberamente nelle tre dimensioni, il level design; FromSoftware è pur sempre una assoluta garanzia in tale aspetto ormai. Le mappe sono calcolate attorno agli obiettivi, offrono spesso strade alternative per raggiungere la chiusura, e sono anche discretamente ricche di segreti, tra cui pezzi unici da trovare esplorando. Si potevano evitare delle barriere invisibili che rendono alcune zone "a compartimenti" (e alle volte infastidiscono durante certe battaglie), ma comprendiamo la necessità di limitare a tratti l'esplorazione per non far perdere il giocatore. Altra evoluzione non sottovalutabile? Il miglioramento nettissimo delle hitbox nemiche e la suddivisione delle aree di impatto. Mentre in passato alcuni obiettivi erano abbastanza ridicoli, tanto che si potevano distruggere edifici enormi tirando spadate a casaccio in un qualunque punto della struttura, ora è spesso necessario colpire punti ben definiti, protetti da corazze su cui i proiettili rimbalzano senza pietà. Si tratta di una miglioria tecnica che va a influenzare direttamente il gameplay, e di un'ulteriore dimostrazione di come questo Armored Core sia moderno e sviluppato con cura.

Difficile dire al momento quanto sarà bilanciato e prenderà piede il PVP. Da sempre è però parte integrante della saga, e non crediamo che le cose cambieranno con questo capitolo
Difficile dire al momento quanto sarà bilanciato e prenderà piede il PVP. Da sempre è però parte integrante della saga, e non crediamo che le cose cambieranno con questo capitolo

Qualche dubbio, infine, sul PvP. Durante la nostra prova non abbiamo potuto testare a dovere la sua stabilità, ma da quanto visto la parte competitiva del titolo offre duelli 1 contro 1 e 3 contro 3 a dir poco spassosi, dove la scelta della build giusta è particolarmente importante, e ci aspettiamo di vedere combinazioni e strategie di alto livello entro pochi mesi. Il problema è che nella modalità sembra mancare del tutto un matchmaking online: tutto è gestito tramite lobby e, anche se questa scelta favorisce la stabilità dell'esperienza in rete (un problema diffuso nelle produzioni FromSoftware), rischia contemporaneamente di limitare la diffusione del PVP solo a community chiuse e siti dedicati. Vedremo se la situazione cambierà al lancio o in futuro; nel complesso, comunque, è parte integrante della serie, ed è bello vederlo implementato ancora una volta.

Conclusioni

Multiplayer.it
8.5
Lettori (81)
7.6
Il tuo voto

Per un fan della serie Armored Core 6 è un sogno ad occhi aperti. L'opera di Yamamura e dei suoi è ciò che Armored Core doveva essere da sempre, un action frenetico e ricco di tattica, che offre un livello di personalizzazione unico nel genere e dà enormi soddisfazioni a chiunque voglia addentrarsi nei suoi sistemi. Le tante evoluzioni tecniche e migliorie al sistema, però, vengono in parte frenate dalla volontà di attenersi a vecchie strutture che possono risultare ripetitive per molti, e da una curva di difficoltà un po' caotica, che poteva venir calcolata a nostro parere sicuramente meglio. Nel complesso, resta un gioco di qualità altissima, che consigliamo senza remore e rappresenta un must have assoluto per chiunque abbia amato la saga in passato. Ora speriamo solo che From continui a portare avanti il marchio mantenendo questo livello qualitativo.

PRO

  • L'assemblaggio dà enormi soddisfazioni
  • Gameplay frenetico, divertente e tattico
  • Enormi miglioramenti al level design e alla varietà di battaglie
  • Con ogni probabilità è il gioco FromSoftware tecnicamente più evoluto

CONTRO

  • Curva di difficoltà abbastanza confusa e altalenante
  • Bilanciamento tutto da valutare
  • La necessità di ripetere più volte la campagna potrebbe risultare tediosa