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Kingdom Hearts 3, la recensione

La recensione di Kingdom Hearts 3: siamo arrivati al capolinea della grande epopea Square e Disney: scoprite con noi se la lunghissima attesa è stata ripagata.

RECENSIONE di Christian Colli   —   24/01/2019

Kingdom Hearts III non è certo un gioco che ha bisogno di presentazioni, anche perché nelle ultime settimane vi abbiamo tempestato di approfondimenti a tema, e continueremo a farlo anche nei giorni a seguire. Vogliamo invece introdurvi alla nostra recensione di Kingdom Hearts 3 con una riflessione più personale sul significato dello spoiler e sul senso di frustrazione che avvertiamo nel conoscere lo sviluppo e il finale di questa lunghissima saga senza poterlo discutere. Avremmo un mondo di cose da dirvi, tantissime risposte da rivelarvi, ma dopo aver completato il gioco e aver salvato la partita, abbiamo compreso perfettamente la decisione di Tetsuya Nomura di blindare una piccola parte della narrativa fino all'uscita ufficiale del gioco. Alcune copie girano inoltre da diverse settimane, quindi le informazioni sono là fuori, nel web, se sapete dove cercarle: dal canto nostro, siamo stati molto attenti a scrivere questa recensione senza rivelare troppo sulla storia. Lasciateci dire una cosa, però: in tutta onestà, non credevamo che Tetsuya Nomura sarebbe riuscito a sgarbugliare la complicata matassa di personaggi e sottotrame che ha imbastito in tutti questi anni. Siamo felici di esserci sbagliati.

Personaggi e mondi Disney, il cuore del gioco

Kingdom Hearts III ha due cuori. Il cuore della Disney sono i mondi che esploreremo in quella che potremmo definire la prima parte del gioco. I fan della serie dovrebbero essere preparati all'esperienza: ciascuno dei mondi Disney catapulta il terzetto di personaggi composto da Sora, Paperino e Pippo nelle vicissitudini dei suoi abitanti. In questo senso, Kingdom Hearts III rovescia parzialmente le aspettative, ripercorrendo la storia dei lungometraggi in alcuni casi e raccontando una trama completamente nuova in altri. Ovviamente Nomura ha riassunto le sceneggiature con un certosino lavoro di taglia e cuci, necessario a incastrare nella narrazione anche le sue creazioni, a cominciare dai protagonisti ma soprattutto gli antagonisti. Sotto questo punto di vista, il risultato non è esattamente stellare, e a un certo punto assume una dinamica non poco frustrante.

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Nei mondi Disney, infatti, la trama portante della saga fa in Kingdom Hearts 3 pochissimi passi avanti e le nemesi di Sora, i membri dell'Organizzazione XIII, servono quasi a fare un riassunto delle puntate precedenti, chiarendo alcuni punti oscuri molto specifici della complicata mitologia di Kingdom Hearts. Punti oscuri che, però, per un fan che conosce veramente bene la serie, non dovrebbero esserlo affatto. Diciamo quindi che queste scene servono più che altro a preparare il palcoscenico, rammentando ai giocatori con grande chiarezza alcuni dettagli che magari potrebbero essergli sfuggiti. Kingdom Hearts III è, tuttavia, soprattutto la storia di Xehanort e dell'incredibile partita a scacchi che ha condotto in tutti questi anni. Abbiamo avuto la netta impressione che i mondi Disney siano stati curati in maniera meno incisiva, sul fronte narrativo, e anche su quello del gameplay. È evidente che alcuni sono stati congegnati e sviluppati molto meglio di altri. Il mondo dei Caraibi, che aveva suscitato enormi perplessità al suo annuncio, si è rivelato uno dei più coinvolgenti e vari, soprattutto a livello contenutistico.

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Anche i mondi di Frozen, Big Hero 6 e Rapunzel ci hanno colpito positivamente, mentre la Mostropoli di Monsters & Co. è senza dubbio l'anello debole della catena, un mondo troppo lineare e ripetitivo che fa da sequel al lungometraggio Pixar. Anche il mondo dedicato a Toy Story narra, senza grande entusiasmo, una storia inedita che si colloca idealmente tra Toy Story e Toy Story 2, ma che fortunatamente si incentra tutta sulle due figure iconiche che sono diventati, negli anni, Woody e Buzz Lightyear. Il fatto che alcuni mondi siano caratterizzati da feature specifiche - il veliero nel caso dei Caraibi, la componente free roaming a San Fransokyo e così via - rafforza l'idea che su alcuni si sia lavorato più che su altri, ma in generale questa parte del gioco garantisce una varietà notevole di situazioni, contenuti e attività.

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Lascia piuttosto a bocca aperta, senza se e senza ma, la ricostruzione dei mondi in questione. Kingdom Hearts III è, a tratti, indistinguibile dai film in computer grafica relativi. Non è solo bello a vedersi, ma curato in modo maniacale sotto ogni aspetto. A colpirci è stato soprattutto il lavoro di texturizzazione degli indumenti e la modellazione dei personaggi, assolutamente identici alle loro controparti cinematografiche e meglio ancora nel caso di produzioni che si portano più di qualche annetto sulle spalle, come appunto Monsters & Co. In alcuni mondi lo stile visivo cambia anche drasticamente per amalgamare meglio Sora e i suoi compagni nell'universo in cui sono finiti. Se nella Scatola dei giocattoli Sora assume la forma squadrata di una vecchia action figure, nel mondo dei Caraibi si è optato per una resa molto più realistica in modo che neppure Pippo o Paperino appaiano troppo fuori posto insieme alle ottime riproduzioni degli attori che hanno interpretato Jack Sparrow, Barbossa e così via.

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La colonna sonora di Yoko Shimomura ci è sembrata invece un po' meno ispirata del solito, probabilmente perché la nota compositrice ha dovuto riarrangiare le melodie più famose in pezzi che le ricordassero soltanto vagamente. Chiunque abbia giocato i precedenti Kingdom Hearts avrà ormai fatto l'abitudine a questa parte della colonna sonora e sa benissimo che Shimomura, senza vincoli e restrizioni, compone brani da brivido. Succede anche in Kingdom Hearts III, ma bisogna arrivare ai momenti in cui la Disney si fa da parte per sentire la vera Shimomura in azione.

Square Enix, un cuore che pulsa

Kingdom Hearts III ha un altro cuore che pulsa ancor più vigoroso nel suo petto ed è quello della Square Enix. Non è la Square Enix di Final Fantasy: le comparse della famosissima serie JRPG, diventate sempre più rare di uscita in uscita, qui sono semplicemente assenti, eccezion fatta per i Moogle che gestiscono i negozi e qualche minuscolo riferimento. Questo è il cuore della Square di Tetsuya Nomura, della storia e dei personaggi che ha scritto e riscritto nel corso degli ultimi diciassette anni. È un cuore che batte tra un mondo e l'altro, sviluppando lentamente la storia rimasta in sospeso con Kingdom Hearts 3D: Dream Drop Distance, mettendo ogni tassello al suo posto. Lo si sente acquisire vigore ogni volta che si completa un nuovo mondo. La storia prende slancio, rivelazioni e chiarimenti si susseguono a un ritmo sempre più frenetico, e poi esplode in quella che potremmo definire la seconda parte del gioco.

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Completato l'ultimo mondo Disney, Kingdom Hearts 3 ci catapulta immediatamente in un rush finale di lunghe cinematiche intervallate da parti giocate e combattimenti contro boss sempre più spettacolari. La decisione di riservare alla parte finale del gioco lo sviluppo della trama portante potrebbe far storcere il naso, ma Kingdom Hearts III è un titolo che schiera decine di personaggi tra i quali esistono rapporti complessi che si diramano in varie direzioni, attraverso altri giochi. Così facendo, Tetsuya Nomura si è assicurato di portare il giocatore/spettatore alla resa dei conti in modo graduale, senza soverchiarlo di informazioni che, strutturando in modo diverso la sceneggiatura, avrebbero potuto disorientare anche i più attenti. In questo modo, invece, la conclusione mantiene tutta la sua carica emotiva, lascia pochi interrogativi in sospeso e trasmette un messaggio bello e profondo sulla forza dei legami. Stucchevole, forse, ma in un mondo cupo e ostile come quello in cui viviamo oggi, ogni tanto un po' di zucchero male non fa.

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Trofei PlayStation 4

La maggior parte dei trofei PS4 di Kingdom Hearts 3 si sblocca semplicemente proseguendo nella storia e visitando i vari mondi, ma per i trofei più impegnativi dovrete cimentarvi nei vari minigiochi più e più volte, setacciando ogni angolo a caccia di segreti e completando le varie sezioni del Gummifono di Sora.

Prima la forma della sostanza?

Come abbiamo già detto, Kingdom Hearts III è un vero spettacolo per gli occhi e ogni combattimento è talmente pieno di effetti particellari, esplosioni e animazioni che può capitare anche qualche piccolo rallentamento, sebbene per nulla preoccupante. Nomura è stato così attento a curare l'aspetto del prodotto e la spettacolarità di ogni scontro da essersi dimenticato qualche volta del gioco. Non temete, non stiamo dicendo che Kingdom Hearts III sia un titolo sottotono sul fronte del gameplay, anzi si lascia giocare che è una meraviglia, ma mantiene quella componente "button mashing" un po' ignorante che il franchise si porta dietro da una vita. Il sistema di controllo è semplice e intuitivo: in effetti non sfrutta neppure tutti i tasti del controller e la maggior parte delle azioni speciali si attiva automaticamente o premendo un determinato tasto. Sora può attaccare i nemici in vari modi. Prima di tutto col suo Keyblade: chiudere una combo innesca un attacco speciale e la trasformazione del Keyblade stesso in una variante più potente. Ci sono poi le magie e i Legami, le evocazioni che si ottengono completando alcuni segmenti della storia.

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Le azioni speciali, come le Attrazioni o gli attacchi combinati coi compagni di gruppo, si attivano casualmente man mano che si attaccano i nemici; le Attrazioni, nello specifico, sembrano quasi minigiochi da completare in un certo limite di tempo per infliggere più danni possibili ai nemici. Aumentando di livello o sconfiggendo certi boss, Sora e i suoi amici imparano una quantità spiazzante di abilità speciali che consentono di personalizzare il loro repertorio, per esempio aumentando la portata degli scatti di Sora o la potenza dei suoi incantesimi. Ogni abilità ha un costo in punti che viene detratto da un massimale che aumenta col livello del protagonista. Ciò implicherebbe una selezione strategica delle abilità giuste da usare a seconda delle circostanze, ma in realtà la componente ruolistica di cui stiamo parlando è davvero molto blanda. Sora bene o male può sempre equipaggiare ogni abilità e non essendocene nessuna che possa essere svantaggiosa - a parte un paio pensate appositamente per chi desidera un'esperienza più impegnativa - si finisce sempre a equipaggiarle tutte.

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Abbiamo giocato Kingdom Hearts 3 al livello di difficoltà Standard e lo abbiamo completato nell'arco di circa 35 ore di gioco, senza barcamenarci troppo coi contenuti facoltativi che probabilmente ne estenderebbero parecchio la longevità, e nonostante ciò non abbiamo mai sentito la necessità di aumentare di livello per sconfiggere un certo boss o di mettere mano più del dovuto all'equipaggiamento di Sora, Pippo o Paperino, se non scegliendo le armi e gli accessori migliori man mano che li trovavamo o imparavamo a sintetizzarli. Abbiamo ricorso raramente alle Pozioni e agli altri oggetti consumabili o alle pietanze del piccolo chef Rémy, limitandoci colpire duramente i nemici con i migliori Keyblade a nostra disposizione. Sora ottiene un nuovo Keyblade in ogni mondo e può potenziarla consumando alcuni materiali molto specifici. I Keyblade tecnicamente si dividono in tre categorie: ci sono quelli bilanciati, quelli che potenziano le magie e quelli più forti nel combattimento corpo a corpo. Alcuni Keyblade assumono la forma di armi a distanza, garantendo un'alternativa allo scontro ravvicinato, e Sora può equipaggiarne un massimo di tre contemporaneamente, passando da uno all'altro durante la battaglia.

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Questa meccanica di gioco suggerisce un elemento strategico cui il giocatore dovrebbe porre attenzione, ma in realtà diventa presto solo una questione di numeri dato che capita raramente di mettere in atto strategie particolari nel chiasso della battaglia. Lo stesso vale per le meccaniche free-flow che consentono a Sora di usare superfici e strutture come trampolini. Semplicemente, ci sono davvero tante meccaniche, abilità e variabili ma non è necessario imparare nessuna di esse per finire il gioco. Ovviamente i contenuti post-game - che comprendono boss segreti e altri scontri più impegnativi - richiedono una maggiore conoscenza delle meccaniche di gioco, ma fino alla fine Kingdom Hearts III resta il "button mashing" caotico che ci aspettavamo un po' tutti. Da un certo punto di vista, è comprensibile: la semplicità del sistema garantisce anche al giocatore meno navigato un'esperienza divertente e spettacolare.

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Premendo ripetutamente il tasto di attacco, Sora si avvicina automaticamente al bersaglio selezionato, inseguendolo anche quando si sposta. In questo modo, Nomura quantomeno argina il vero nemico del giocatore: la telecamera. Col tempo ci si fa l'abitudine, ma il modo in cui la telecamera perde il giocatore di vista, costringendoci a riallinearla continuamente per cercare i bersagli da attaccare, è estremamente frustrante. Il sistema di lock-on non aiuta per niente: premendo un pulsante dorsale del controller, Sora aggancia il nemico più vicino, ma questa è una funzione che lascia il tempo che trova nelle battaglie contro i pesci piccoli e ancor meno quando il boss da attaccare è soltanto uno. Sembra che lo staff dietro Kingdom Hearts III abbia un problema con le telecamere, perché anche nel minigioco sparatutto della Gummiship - praticamente un gioco nel gioco - è parecchio difficile allineare la rotta dell'astronave con l'inquadratura.

Kingdom Hearts 3, la recensione

Fortunatamente, i combattimenti spaziali - chiamiamoli così - mantengono un'inquadratura fissa e appartengono a un genere "bullet hell" che richiede nervi saldi e un po' di pazienza. Anche in questo caso non abbiamo dovuto impegnarci più di tanto a raccogliere componenti e tesori tra gli asteroidi, ma i giocatori che vorranno affondare gli artigli in questo contenuto troveranno pane per i loro denti. La modalità Gummiship è infatti ricchissima: gli stage spaziali che separano i mondi sono pieni di boss nascosti, nemici da sconfiggere e materiali da ricavare per potenziare le Gummiship predefinite, magari ricostruendole da zero. Sul fronte delle attività secondarie, insomma, Kingdom Hearts III può vantare una quantità di contenuti spropositata e imprevedibile. La cosa più importante è che si lascia giocare da chiunque col minimo sforzo: la serie non ha mai avuto pretese di tecnicità e complessità, ma grazie alla potenza di questa generazione sembra proprio che Nomura sia riuscito a concretizzare, finalmente, ogni idea spettacolare che gli frullava in testa e che le vecchie console non agli avevano mai permesso di realizzare fino in fondo.

Conclusioni

Versione testata PlayStation 4
Multiplayer.it
9.0
Lettori (328)
8.2
Il tuo voto

Kingdom Hearts ha letteralmente accompagnato molti giocatori nel corso della loro vita. Oggi i quindicenni che si erano appassionati all'avventura di Sora hanno più di trent'anni e hanno aspettato questo momento per metà della loro esistenza: sarebbe stato assurdo cambiare drasticamente una struttura che, nel bene e nel male, è diventata iconica. Quindi Tetsuya Nomura non l'ha fatto. Avremmo preferito forse una maggiore profondità lato GDR, ma alla fine della recensione è chiaro che Kingdom Hearts 3 è stato pensato per divertire chiunque, consentendo un'estrema spettacolarità visiva premendo anche soltanto pochi pulsanti. La cosa più importante, tuttavia, è che Kingdom Hearts III chiude il cerchio con un finale soddisfacente e più risposte che domande. I fan che lo hanno atteso per tutto questo tempo non resteranno assolutamente delusi.

PRO

  • Visivamente maestoso e curato, spettacolare e ricco di dettagli
  • Nomura chiude quasi ogni sottotrama in sospeso
  • Tanti contenuti secondari che estendono la longevità

CONTRO

  • Telecamera discutibile
  • La colonna sonora di Shimomura nei mondi Disney è decisamente la meno memorabile
  • Componente GDR piuttosto blanda