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Medal of Honor: Airborne - Recensione

Un altro Medal of Honor? L'ennesimo sparatutto sulla Seconda Guerra Mondiale? Forse no.

RECENSIONE di Mattia Armani   —   01/10/2007
Medal of Honor: Airborne - Recensione
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Chi, come e quando

In MOH: Airborne arriviamo dall’alto, piombando nel mezzo degli scontri a fuoco più feroci del secondo conflitto mondiale. Battaglie dove la strategia dell’attesa è un lontano ricordo, scontri che hanno come protagonista la pura sopravvivenza. Ancora una volta ci attendono frotte di soldati nazisti che da una posizione di vantaggio si trovano d'innanzi alla più grande controffensiva mai concepita. Ci troviamo quindi negli scomodi panni di Boyd Travers, soldato scelto e paracadutista di rango, impegnato nell’annichilimento di forze messe letteralmente spalle al muro proprio in quei luoghi, ormai familiari a tutti i fan del genere, che hanno deciso le sorti della guerra più grande e micidiale mai combattuta. Le sei mappe sono molto vaste e impegnano per circa un’ora ciascuna, senza considerare imprevisti e livello di difficoltà che possono dilatare l’esperienza fino a 8/10 ore di durata. Si parte dall’Italia del sud e, passando per le retrovie della drammaticamente celebre Utah Beach, si arriva nel cuore del conflitto là dove i nazisti cercano disperatamente di proteggere i loro baluardi, le loro armi segrete e la chimera della propria superiorità.

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Prima la gavetta, poi il divertimento

Per dare vita alla tragica magia di un conflitto senza regole e confini EA ha creato un sistema che permette di paracadutare le addestratissime natiche del protagonista in una vasta area liberamente esplorabile e di lasciarlo libero di raggiungere gli obiettivi nell’ordine desiderato. Purtroppo, paracadutarsi al di fuori della safe zone, indicata con un fumogeno verde, è un compito assai difficile che, quasi immancabilmente, si conclude in qualsiasi difficoltà differente da facile con una morte prematura ed inevitabile che taglia le gambe a una caratteristica potenzialmente interessante. Vacilla anche la godibilità delle prime tre mappe che mostrano il fianco a evidenti difetti di design presentando obiettivi ripetitivi e già affrontati migliaia di volte nel medesimo modo da ogni videogiocatore mediamente attivo. In questo caso possibilità di poter tirar giù un cannoncino prima di un altro non migliora granchè la situazione. Tra l'altro le missioni sono talmente lunghe da far pensare a una vera e propria gavetta da dover affrontare prima di avere la possibilità di conquistare un po' di sana e sanguinosa gloria.

paracadutarsi al di fuori della safe zone si conclude con una morte prematura ed inevitabile che taglia le gambe a una caratteristica potenzialmente interessante

Prima la gavetta, poi il divertimento

Per fortuna una parte della terza battaglia offre qualche sorpresa e si propone come preludio alla seconda parte di gioco in cui il registro cambia notevolmente. Finalmente diventa rilevante scegliere se abbattere prima i cecchini, le guardie, la truppa, se scalare torri o approcciare un edificio da un lato piuttosto che un altro e tutto questo accade in mappe decisamente più ricche di dettagli, costruzioni e soprattutto di nemici in un crescendo che ci porta ad affrontare situazioni talmente epiche da ricordare lo stesso sbarco del primo Medal Of Honor o la carica dei sovietici del secondo Call Of Duty.

Amato, dannato, necessario gameplay

Controlli alla mano Airborne si pone come il classico sparatutto in prima persona. Il gameplay può essere riassunto nel canonico copertura, sprint, strafe, granata, copertura, sparatoria. Fortunatamente anche questo nuovo capitolo di Medal Of Honor segue il trend che concede via via sempre più importanza a coperture e piazzamenti strategici. Questa importanza, al di là del design della mappa, viene sottolineata dalla possibilità di sporgere gradualmente la testa al di fuori di un riparo, dosando millimetricamente l’esposizione verticale e laterale del nostro prezioso cranio in una modalità di piazzamento che si attiva tenendo premuto il grilletto sinistro. Per rafforzare l’importanza strategica relativa alla posizione del nostro amato paracadutista, EA ha pensato bene di specializzare i soldati avversari nello stanarci. Non tutti hanno infatti le stesse caratteristiche e alcuni sono decisamente abili nel tiro a canestro, con le granate ovviamente, e fanno di tutto per costringerci ad uscire allo scoperto per bersagliarci con una mira quasi infallibile. Questo da fermi e piazzati. Purtroppo una volta stanati, la truppa avversaria sembra perdere di reattività improvvisamente per trasformarsi in una schiera di bersagli immobili privi di spirito di conservazione, se non per l’infallibile mira. Questo elemento, che in determinati momenti in difficoltà normale e difficile sfiora il surreale, visto che anche il più miope degli avversari è in grado di colpirci a distanze astronomiche, dipende dalle scelte dei programmatori. Airborne cela infatti un sistema di incremento abilità che si basa sull’utilizzo di una specifica arma. Si tratta di uno degli elementi di forza del buon vecchio Enemy Territory mai adeguatamente impiegato successivamente. In questo caso la possibilità di aumentare la cadenza di fuoco di un’arma o di applicarvi un’ottica rappresenta un incentivo a specializzarsi in un determinato approccio al combattimento, e questo è sicuramente un elemento in grado di incrementare l’immedesimazione del giocatore con il protagonista. Purtroppo EA ha deciso di implementare anche la riduzione del rinculo tra i bonus di specializzazione, fattore che, unito a una maggiore precisione delle armi germaniche, dà vita alla succitata e surreale capacità di mirare di cui gli avversari sono dotati.

Medal of Honor: Airborne - Recensione
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Dettaglio o grandezza?

In MOH: Airborne distanza visiva e ricchezza di dettagli sono eccezionali ma costano parecchio in termini di modelli, poligoni, effetti e texture. Nonostante ciò, soprattutto nelle tre mappe che costituiscono la seconda parte del gioco e grazie a scelte cromatiche e illuminazione azzeccate, l’effetto d’insieme è valido ed è più che sufficiente a ricreare l’idea di una concitata battaglia della Seconda Guerra Mondiale. A compensare le lacune dell’engine grafico ci pensa comunque il sonoro che, dal main theme alle voci dei nazisti, è di qualità cinematografica e rispetta in pieno la tradizione elevata della serie. Il multiplayer supporta 12 giocatori e tutte le modalità online classiche che sfruttano le peculiarità di MOH: Airborne. Il tasso di divertimento non può che beneficiare di mappe decisamente grandi, gioco di copertura e della possibilità di paracadutarsi dietro gli avversari o in supporto degli alleati.

Medal of Honor: Airborne - Recensione
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Medal of Honor: Airborne è disponibile per PC, Xbox 360 e sarà disponibile per PlayStation 3.
La versione testata in questo articolo è quella per Xbox 360.

Commento

Quest'ultimo Medal Of Honor è manna per un amante degli sparatutto in prima persona che hanno come sfondo la Seconda Guerra Mondiale. E' uno dei pochi titoli che hanno provato a innovare quello che stava diventando uno schema imprescindibile per un'intera categoria videoludica. Purtroppo Airborne soffre di alcune ingenuità nel design che gli impediscono di decollare per metà gioco. Resta comunque un titolo dinamico, divertente e di ampio respiro che riesce a dire la sua in un panorama decisamente affollato.

Pro:

  • mappe esplorabili liberamente
  • incremento delle abilità
  • multiplayer impreziosito dalle peculiarità del gioco
  • il paracadutismo è una caratteristica interessante....

Contro:
  • ....ma sfruttata male nel single player
  • decolla da metà in poi
  • esplosioni e modelli di vecchia generazione

Obiettivi 360

Atterraggi, colpi con il calcio della pistola e una serie di azioni specifiche sono il canonico contorno. La maggiorparte dei punti ottenibili in single player arriva dal semplice completamento delle sei missioni e dal meno semplice ritrovamento di tutti gli skill bonus sparsi per le mappe. Purtroppo gran parte dei punti sono legati al multiplayer e soprattutto sono legati ai ranked match che obbligano a giocare con giocatori sconosciuti.

Quando vieni al mondo pochi attimi prima di un tizio in armatura scintillante che si chiama Master Chief e hai tutti i fotografi davanti al lettino, devi sperare di avere qualcosa di molto, molto particolare da offrire se vuoi che qualcuno ti noti. Fortuna vuole che, per necessità o spinta creativa, EA sia in un momento d’oro e finalmente non disdegni nuove strade e nuovi approcci ai generi che cavalca da qualche anno. Il problema principale in questi casi riguarda il come. Non è per niente semplice innovare un genere inflazionato, abusato e clonato che ha nella Seconda Guerra Mondiale il suo tiepido rifugio quando le idee scarseggiano e gli altri conflitti appaiono troppo limitati, sconosciuti ed è troppo difficile trasformarli in memorie romantiche di generazioni ormai scomparse. Per Airborne la soluzione si chiama paracadutismo, possibilità apparsa timidamente in Battlefield sotto forma di spawnpoint e mai approfondita dal punto di vista ludico.