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The Last of Us Parte 2, la recensione del capolavoro di Naughty Dog

La recensione di The Last of Us 2: cinque anni dopo gli eventi del primo gioco, riprendiamo l'avventura di Ellie e Joel nell'esclusiva PS4 di Naughty Dog.

RECENSIONE di Francesco Serino   —   12/06/2020

Posticipi programmati e a sorpresa, accuse di ogni genere, pandemie, rivolte civili, sversamenti di cherosene nell'immacolata siberiana, omofobia armata e spoiler, spoiler di ogni genere. Dopo tutto quello che è successo dal nostro hands-on di settembre, arrivare alla recensione di The Last of Us 2 è stato un processo lungo, estenuante per tutte le parti in gioco: per Naughty Dog naturalmente, per Sony che ha dovuto adattarsi a una situazione in costante movimento e di conseguenza per chi, come me e milioni di voi, non vedeva l'ora di capire cosa avesse combinato questa volta Neil Druckmann, il principale director dell'attesa esclusiva PS4.

Puoi non amare lo stile Naughty Dog, ma se dei videogiochi t'interessa anche il dietro le quinte, gli aspetti creativi e più strettamente tecnici, non puoi far finta che non esista. Naughty Dog sarà anche meno chiacchierona e social di tante altre software house, preferisce chiaramente starsene sempre un po' in disparte a lavorare sulle sue cose, ma dal 1985 ad oggi non è mai stata ferma, esplorando tantissimi generi diversi e cambiando anche più volte totalmente pelle.

La Naughty Dog dei primi tempi, composta essenzialmente da Andy Gavin e Jason Rubin, raggiunge l'apice nel 1991 grazie all'Electronic Arts di Trip Hawkings, che gli produce e distribuisce il gioco di ruolo isometrico per Sega MegaDrive chiamato Rings of Power. La prima grande mutazione di Naughty Dog avviene dopo il cocente flop di Way of The Warrior, un beat'em up uno contro uno per 3DO di rara bruttezza che porta però al prototipo di Crash Bandicoot, scelto da Sony come esclusiva per la sua PlayStation e alla quale parteciperà come consulente anche Mark Cerny.

Il secondo grosso cambiamento, che ci fa arrivare direttamente alla Naughty Dog di oggi, avviene in concomitanza con l'ultimo Jak and Dexter del 2005, quando l'acquisizione da parte di Sony entrerà finalmente nel vivo e sia Andy Gavin che Jason Rubin lasceranno la compagnia per divertirsi in altri campi. Naughty Dog viene così messa nelle mani del veterano Evan Wells che trasformerà la software house per allinearla alle esigenze di un'azienda, sempre Sony naturalmente, alla ricerca del trait d'union tra le divisioni Computer Entertainment e Pictures, in modo da concretizzare finalmente la visione "hollywoodiana" alla base di una PlayStation 3 che ancora faticava ad affermarsi.

Da questa rivoluzione nasce una nuova Naughty Dog e con lei Uncharted, a seconda dei punti di vista un Tomb Raider al maschile o un Indiana Jones del nuovo millennio, serie che punta tutto alla spettacolarità rinunciando però a un gameplay più tecnico e impegnativo. Il successo di Uncharted è enorme, tanto da spingere molti giochi single player, in affanno per il successo crescente degli open world, a imitarne la formula, spesso però con risultati disastrosi al botteghino, ed è proprio il caso di Tomb Raider. Il fatto è che c'è posto solo per un Uncharted nel mercato dei videogiochi attuale: dopo l'epoca PS3, puoi metterci tutte le esplosioni che vuoi nel tuo gioco ma se non c'è chi il filone lo ha lanciato, ovvero lo strafottente Nathan Drake, avrai bisogno anche di un gameplay all'altezza per tenere in piedi le imponenti scenografie allestite dai grafici. Uncharted infatti è semplice, immediato, i suoi enigmi si risolvono quasi da soli e un salto sbagliato ti riporta immediatamente sul ciglio precedente; l'unico elemento che ha un peso specifico interessante dal punto di vista ludico sono le sparatorie, che però non rappresentano certo lo stato dell'arte dei giochi d'azione. Uncharted ha infatti vinto la sua scommessa grazie all'enorme budget, alla grafica, alle animazioni contestuali, al suo essere "proprio come un film!". E poi, naturalmente, grazie al suo cast: è qui che la nuova Naughty Dog dà il meglio proponendo personaggi, script e dialoghi di una qualità raramente vista in un videogioco, dove siamo abituati talmente male che spesso scambiamo favolette da poco per scritti di Philip Roth.

Che il mix non avrebbe funzionato all'infinito lo sa bene anche Naughty Dog, che infatti decide di dare il via libera al progetto The Last of Us, dove l'esperienza maturata lavorando ad Uncharted viene messa al servizio di un'avventura molto più elaborata, dal punto di vista narrativo ma questa volta anche nel gameplay vero e proprio.

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Con The Last of Us, Naughty Dog riscopre cosa vuol dire offrire a chi stringe il pad in mano una sfida: ci sono sparatorie evitabili ed inevitabili, parti stealth nelle quali sgattaiolare via, mentre l'esplorazione è legata indissolubilmente alla sopravvivenza dei personaggi. Ad impreziosire la ricetta troviamo la perfetta evoluzione del cast di Uncharted: pochi ma indimenticabili personaggi che ora non hanno più nulla dell'immortale scavezzacollo Nathan Drake, in fondo così simile al Crash Bandicoot dei primordi, conquistando un'umanità che gli permetterà di costruire un climax dalle sfumature impossibili per un videogioco prima di quel momento, prima di The Last of Us.

Un grande, grandissimo gioco, con un gameplay finalmente davvero interessante anche se un po' imbrigliato, non del tutto libero di esprimersi a dovere: le fasi stealth tra gli infetti/zombie sono infatti piuttosto rigide, dal sapore quasi scacchistico, mentre quelle più action svolgono perfettamente il loro ruolo di supporto ma senza brillare particolarmente. Anche in Uncharted non è che si sparasse granché bene, ma le cose cambiano radicalmente con Uncharted 4, l'ultimo step di una crescita esponenziale che ci porta finalmente a The Last of Us Parte II. Scusate la lunga introduzione, ma ci sembrava fondamentale per far capire anche chi non segue da così vicino il mondo dei videogiochi, per quale motivo questo gioco fosse così atteso.

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Un divertimento differente

Il titolo di cui stiamo per parlarvi è infatti il punto di arrivo di un viaggio iniziato molti anni fa, perfezionato in corso d'opera, gioco dopo gioco, fino a che gioco non lo è stato più. Un po' come con Red Dead Redemption II, facciamo infatti molta fatica a ridurre a passatempo, perché gioco significa anche questo, un prodotto come The Last of Us 2. Qui ci troviamo chiaramente in un'altra categoria, e per quanto sia estremamente avvincente lottare contro mostri e nemici, non è mai davvero divertente come può esserlo inseguire la prossima vittima in Fortnite, saltare su un fungo nei panni di Super Mario, piroettare insieme alla lama d'argento di un Witcher, o proprio come il primo The Last of Us.

La prima avventura di Ellie e Joel tocca tematiche importanti, sfrutta appieno i grigi della moralità, eppure è ancora legata a un concetto di gioco più classico, le cui diverse parti si toccano tra di loro senza però fondersi totalmente: c'è il The Last of Us gioco, e il The Last Of Us narrativo, e insieme creano questo mix bellissimo ma disgiunto, tipico delle avventure action in terza persona degli ultimi anni e nate proprio con Uncharted. The Last of Us Parte II, al contrario, è un tutt'uno che ti pesa sul cuore dall'inizio alla fine, in più dotato di un impianto audiovisivo in grado di alzare il volume di ogni emozione oltre il massimo consentito. Il risultato è scioccante, livello che non viene toccato solo da alcune scene clou, come ci aspetterebbe, ma che pervade ogni aspetto dell'avventura.

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Un dramma interattivo

La natura drammatica di questa nuova fatica Naughty Dog è inscindibile non solo dai suoi personaggi, ma persino dal suo gameplay, da ogni singolo incontro/scontro con infetti e umani. Anche se, lo dobbiamo ammettere, sono proprio quest'ultimi quelli che abbiamo imparato a temere di più. Quando hai davanti a te un gruppo di creature decerebrate, come lo sono gli infetti del gioco, sai che l'interazione sarà limitata alla fuga o alla carneficina, elementi piuttosto comuni in un videogioco e facilmente gestibili sul piano delle emozioni nonostante il crudo realismo adottato in questo caso; se al contrario hai a che fare con degli umani, in The Last Of Us 2 sai anche che l'incontro può sfociare in interazioni molto più profonde e complesse da gestire e digerire, e alle quali i videogiocatori sono molto poco abituati.

La paura che si prova davanti a un infetto è primordiale, quella che si prova di fronte alla porta che ti separa dagli amici ai quali potrebbe essere accaduto qualcosa di molto grave, e questo è l'esempio più semplice che possiamo utilizzare per tenere a zero qualsiasi tipo di spoiler, è invece un terrore ben più complesso e con in quale ti puoi rapportare. A nostra memoria non c'è altro videogame, perché in fondo The Last of Us Parte II rientra volenti o nolenti nella categoria, che abbia coscientemente puntato a disturbare così profondamente il giocatore, a farlo sentire effettivamente a disagio lungo tutta l'esperienza di gioco.

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Ascensore per l'inferno

Che l'umano sia più mostruoso del mostro stesso è un concetto che risale all'alba dei morti viventi, è parte integrante dell'immaginario scolpito da George A. Romero con i suoi zombie. L'ascensore per l'inferno che Naughty Dog ci ha costruito sopra riporta però più alla struttura dell'Apocalypse Now di Coppola, dove persino la lucidità dei protagonisti, mentre si immergono in questo vortice di violenza sempre più intenso, viene prima o poi messa in dubbio dallo spettatore/giocatore. Quella di The Last of Us Parte II non è una trama che si dipana in modo piacevole: vedrete, sentirete e soprattutto farete cose terribili che potrebbero persino farvi faticare a premere i tasti necessari per procedere nel gioco, almeno questo è quello che è accaduto a noi. Ecco perché gli infetti sono presenze quasi rassicuranti, anche quando inevitabilmente ci prevaricheranno finendo il nostro strazio con un ultimo grandguignolesco morso sulla carotide.

Non è la violenza di cui si è tanto chiacchierato dopo gli ultimi video di gameplay a dovervi preoccupare, a meno che non siate la prima pagina dell'Avvenire, ma quella nei gesti, nelle parole e nelle scelte dei personaggi che il cast incontrerà in questo lungo, letterale e figurato viaggio. Questo vortice di emozioni, The Last of Us Parte II te lo fa provare quasi sempre con il pad in mano: sono davvero pochissimi i momenti nei quali la narrativa si affiderà della classica cut-scene non interattiva, e senza mai esagerare. Le 33 ore di gioco che abbiamo impiegato a raggiungere i titoli di coda di The Last of Us 2, le abbiamo passate prevalentemente giocando o quantomeno interagendo nella scena.

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Narrazione: come videogiochi e cinema si uniscono

Non aspettatevi poi chissà quale manifesto LGBT+, o situazioni particolarmente melense: la sessualità dei protagonisti di The Last of Us 2 è trattata con sorprendente libertà e naturalezza ma oltre la scena di cui si è già abbondantemente parlato, qui l'amore e il sesso non hanno mai un ruolo pruriginoso né rassicurante. L'impianto narrativo messo in piedi da Naughty Dog non solo può dirsi perfettamente riuscito, ma setta anche nuovi standard di qualità per l'intera industria dei videogiochi, tracimando ben oltre la sua arte d'appartenenza.

Unire videogiochi e cinema è sempre stata una sorta di chimera, ci hanno provato in tanti e in mille modi diversi: Cinemaware con le sue avventure per Commodore Amiga, Access e Sierra ai tempi dei primi CD-ROM, poi in tempi più recenti Quantic Dreams e Rockstar Games, eppure solo quest'ultima si è avvicinata a quella fusione a freddo necessaria per compiere il miracolo. Ma con The Last of Us Parte II, Naughty Dog è riuscita a compiere un ulteriore passo in avanti, raggiungendo un mix che non ha precedenti, grazie a una scrittura, a una recitazione, a delle animazioni e a un ritmo narrativo che non teme rivali.

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La maturazione di un gameplay

Il successo più grande è però l'aver tenuto il gameplay, il gioco giocato vero e proprio, su un palmo di mano. Mentre Rockstar Games per raggiungere il risultato calca la mano togliendoci la libertà tipica dei suoi open world più amati, con The Last of Us 2 Naughty Dog supera il traguardo con quello che è senza dubbi il suo gameplay migliore. Il merito va prima di tutto alle animazioni, perché è proprio la loro immensa qualità a rendere i comandi così reattivi e avvincenti.

La tecnologia Motion Matching scelta da Naughty Dog è in grado di selezionare e poi adattare in tempo reale centinaia di animazioni diverse, queste create a mano dalla software house, in modo che ogni movimento sia perfettamente o quasi legato al precedente. Il risultato finale è assolutamente all'altezza di quello, ai tempi avveniristico e per questo alquanto sospetto, mostrato durante il reveal del gioco all'E3 del 2018. Questo non solo significa avere tra le mani un'avventura spettacolare come poche altre, ma si ripercuote sui comandi riuscendo a trasmettere quel peso umano necessario al realismo, senza però rinunciare alla loro fondamentale reattività.

La qualità è talmente alta che spesso ci siamo chiesti se quello che avevamo appena fatto fosse in realtà un evento prestabilito, ma ogni volta è bastato ricominciare la battaglia dall'inizio per scoprire che in realtà era il frutto delle nostre scelte, del numero assolutamente folle di animazioni contestuali e di quel direttore d'orchestra virtuale chiamato Motion Matching. Il numero delle armi su cui metteremo le mani non è altissimo ma sono tutte molto diverse tra loro, inoltre potranno essere migliorate nel corso del gioco attraverso dei banchi di lavoro e alcune preziose risorse che potremo trovare esplorando l'ambiente circostante.

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I nemici umani

Grazie alla straordinaria regia, alla creatività del giocatore e alla libertà con la quale può agire l'intelligenza artificiale, ogni scontro è naturalmente diverso dal precedente. I nemici umani, oltre a combattere in modo diverso a secondo del loro gruppo di appartenenza, aggirano, perlustrano, ritornano in copertura per adattarsi ad ogni strategia dell'utente.

I Lupi, una delle prime fazioni che incontreremo, sono i più brutali: amano le armi da fuoco e fanno affidamento a cani ben addestrati in grado di seguire le nostre tracce. Le Iene, al contrario, preferiscono arco e frecce, tenendosi sempre in contatto con i loro fischi modulati: se faremo fuori una Iena e questa non risponderà al successivo fischio del compagno più vicino, lo vedrete prima informare gli altri e successivamente andare alla ricerca dell'amico scomparso, a volte solo e altre in compagnia. Da notare che ogni personaggio non giocabile, e lo dimostrano le immagini e i video, è munito di un volto dalla qualità che i videogiochi solitamente assegnano soltanto ai protagonisti, e questo porta a un altro problema: uccidere è diventato estremamente fastidioso. Con The Last of Us 2 finisce l'epoca del nemico anonimo, sotto contratto per essere semplicemente carne da macello, per un cambio che spingerà senza dubbio molti serial killer videoludici a preferire, forse per la prima volta, la via più silenziosa e pacifista.

The Last of Us Parte 2, la recensione del capolavoro di Naughty Dog

Tutti gli infetti

Gli infetti di The Last of Us 2, che tranne per un paio di grosse (in tutti i sensi) sorprese, non presentano molte novità rispetto al gioco precedente, potranno comunque beneficiare del nuovo level design adottato da Naughty Dog, in grado di valorizzare le loro primordiali esigenze di caccia tra ambienti ben più aperti di quelli in cui potevano muoversi in precedenza.

Oltre ai più comuni runner, le creature più simili ai classici zombie, tornano naturalmente i clicker, ciechi ma dall'udito finissimo; anche gli stalker erano già presenti nel primo gioco, ma in questo seguito sono valorizzati molto meglio e vi lasciamo scoprire da voi il motivo. Gli stalker, per chi non lo sapesse, sono gli unici che non potranno essere localizzati attraverso la "modalità ascolto", e spesso spuntano a sorpresa in gruppo, per poi rintanarsi nell'oscurità quando cercheremo di contrattaccare. Ci sono poi i bloaters, gli infetti più corpulenti, ai quali in questo nuovo gioco si aggiungono i temibili shamblers: entrambi vengono usati più volte per battaglie che hanno quasi il sapore di un boss di fine livello. Ma aspettatevi ulteriori sorprese...

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Battaglie sandbox

In The Last of Us 2 ogni scontro, di qualunque natura esso sia, rimane impresso nella testa, anche solo per le possibilità che intenti a sopravvivere non avremo colto in prima battuta, e che spesso ci porteranno a riavviare la battaglia (nel menù di pausa potremo scegliere se ripartire dall'ultimo checkpoint, o dall'inizio del combattimento) soltanto per il gusto di esplorarle tutte. E ora finalmente si spara alla grande, c'è la giusta precisione che rimane però umana, e soprattutto il giusto feedback che cambia radicalmente di arma in arma, anche se queste apparterranno alla stessa tipologia.

In più c'è la resa straordinaria delle animazioni, che nel bel mezzo dell'azione sanno sempre interpretare alla perfezione ogni nostra idea, ogni nostro scarto improvviso. L'aspetto più impressionante dell'introduzione del Motion Matching in combattimento è che non dovremo mai aspettare che finisca un'animazione per iniziarne un'altra, per inserire un nuovo comando; questo è possibile perché il sistema riuscirà a passare dall'animazione in corso alla nuova, creandone una terza che leghi realisticamente entrambe, e donando ai comandi una reattività che trasmette un piacere ulteriore. Si possono caricare nemici a testa bassa, raccogliere bottiglie scivolando su un bancone per lanciarle sulla loro faccia, buttarsi di pancia sotto le vetture mentre sfoderiamo la pistola e crivelliamo di colpi le caviglie della vittima successiva; e poi essere agguantati per una caviglia, tirati fuori dalla copertura e lanciati oltre un tavolo per rialzarci in fretta e furia, pronti a usare il pulsante schivata per evitare un primo e un secondo fendente, mentre il fiatone ci disturba la mira e le minacce si moltiplicano e si avvicinano, da ogni parte.

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Approccio stealth

Per quel che riguarda l'approccio stealth, ci saranno differenze strada facendo, ma questo non è un gioco dove si nascondono e ammucchiano i cadaveri anche perché le situazioni nelle quali questa sarebbe una tattica possibile sono davvero poche, inoltre Ellie non ha certo il fisico per potersi portare dietro un corpo esanime. Ma non temete, non c'è assolutamente rischio che The Last of Us 2 si riveli troppo permissivo da questo punto di vista. Dimenticatevi per esempio di afferrare un avversario per il collo e tenerlo intrappolato all'infinito: questo proverà a divincolarsi progressivamente con maggior vigore rendendo anche difficile prendere la mira contro i compagni che proveranno ad aiutarlo. E dimenticatevi anche dell'erba alta che ti rende automaticamente invisibile, cosa che accade praticamente in ogni gioco dove questa strategia è attuabile. L'unica cosa di cui abbiamo sentito la mancanza è stata un attacco dall'alto, qualcosa che insomma ci permettesse di saltare da una posizione sopraelevata per colpire al volo il nemico.

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Level design

Passiamo ora a un altro elemento straordinario di The Last of Us 2: il level design. Come per le animazioni, ne avevamo già apprezzato le qualità durante la nostra prova dello scorso anno, ma non pensavamo che Naughty Dog puntasse così in alto. Intanto va detto che il numero di location che si visitano lungo l'avventura è a dir poco impressionante: in alcuni momenti si tornerà su strade già battute, ma per la stragrande maggioranza del tempo saremo alle prese con scenari totalmente nuovi. Acqua, fuoco, terra, fango, cemento, natura, ogni cambio di scenografia è sostanziale, costruito per contrapporsi cromaticamente e stilisticamente al precedente. In The Last of Us Parte II si scende, si sale, si esplorano altezze e sprofondi, a volte in lungo, altre in largo, e altre ancora in ogni direzione.

È in fondo il concetto "wide linear" di cui Naughty Dog aveva già discusso nei mesi passati, ma finalmente in azione, ovvero una struttura in fondo lineare, ma abbastanza estesa e complessa da lasciar respirare l'esplorazione e il resto del gameplay. Il level design permette ai combattimenti e ai tentativi di passare inosservati tra i nemici di splendere ulteriormente, di capire sempre a che punto del viaggio ci si trova, di orientarsi anche nell'azione più concitata e, per la prima volta in un gioco Naughty Dog, anche di sentirsi sopraffatti da questi incredibili bagliori di libertà.

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Grafica e sonoro

Anche se è la prima cosa che balza agli occhi, abbiamo deciso di lasciare la grafica per ultima. Qui c'è molto da dire perché l'engine Naughty Dog ha fatto passi da gigante non solo dal primo The Last of Us ma anche dal più recente Uncharted 4. Non vogliamo spingerci a dire che The Last of Us 2 sembri un gioco di nuova generazione, ma anche se lo facessimo non diremmo una bugia. L'immagine poteva essere leggermente più pulita in termini di aliasing, le texture non sono così dettagliate, ma lamentarsene è davvero come cercare il famigerato pelo nell'uovo.

Il colpo d'occhio è infatti da togliere il fiato, grazie a una ricerca per il dettaglio maniacale e un sistema di illuminazione che, provando ad emulare le meraviglie promesse solo in futuro dal raytracing, raggiunge risultati effettivamente emozionanti. In alcune aree, The Last of Us Parte II conquista il fotorealismo più assoluto e se non è quello a sorprendervi, lo faranno i tocchi di classe che permeano ogni scenografia, soluzioni ad-hoc implementate solo per determinate aree che rendono il titolo Naughty Dog stilisticamente così vario e allo stesso tempo coeso. Ad aumentare il realismo di ogni scena ci pensano i volti dei personaggi perfettamente animati in tempo reale, e di questo ci verrà data anche una meravigliosa dimostrazione di cui naturalmente non diciamo altro.

Il tocco finale di quest'avventura destinata a fare storia è il sonoro: Gustavo Santaolalla presta di nuovo la sua creatività per racchiudere all'interno del suo inimitabile sound un oceano di suoni ed effetti sonori cristallini e profondi. Questo non vuol dire che la chitarra del premio Oscar sia l'unica musica presente: l'accompagnamento generale propone uno stile molto più galvanizzante, specialmente nei combattimenti, e la stessa Ellie a volte si metterà a suona e a cantare, lasciandoci poi liberi di strimpellare in piena libertà la sua chitarra acustica, usando le leve analogiche per scegliere le note e il touchpad per usare il plettro e scegliere il numero di corde interessate; se ci fosse stata la facoltà di potersi personalizzare la posizione delle note sull'interfaccia, invece di doverle ricercare così spesso, avremmo avuto un simulatore di chitarra alquanto potente tra le mani, molto simile nelle basi al coraggioso Jam Session per Nintendo DS.

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Customizzazione totale

Se tutto questo non bastasse, per confermare quanto in alto hanno puntato Sony e Naughty Dog con The Last of Us 2 basta dare un'occhiata ai suoi menù. Qui è infatti possibile calibrare il gioco in ogni suo aspetto, dalla difficoltà agli aiuti grafici, sonori e legati all'interfaccia di gioco, tutto questo per fare in modo che l'avventura possa essere portata a termine, e senza fatica, da qualunque persona. Gli amanti della difficoltà gioiranno scoprendo che, in modo molto simile a quanto avviene per esempio in Dishonored 2, è possibile regolare praticamente ogni aspetto del gioco, dai danni che la protagonista farà agli avversari, a quelli che potrà subire prima di morire, passando naturalmente dal numero di risorse che sarà possibile raccogliere in giro. Come nel prequel, è anche possibile disabilitare qualsiasi aiuto visivo, come la possibilità di "ascoltare" i nemici in modo da rivelarne in anticipo la posizione. The Last of Us 2 è come tu lo vuoi, ma in ogni caso un chiaro e inequivocabile capolavoro.

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Ricordi a brandelli

E dopo i titoli di coda cosa rimane? Il vuoto pneumatico. The Last of Us 2 del resto prosciuga l'anima, e alla fine ti ritrovi in mano soltanto brandelli di ricordi, potentissimi ricordi. Quante cose non dette in questa recensione, ma le linee guida su ciò che possiamo rivelare sono molto più stringenti di quello che avremmo ritenuto essenziale dirvi. Proviamo per una volta a pescare a caso? I Pearl Jam di Lightning Bolt, l'ansia di quel corridoio, gli uffici trasformarti in nidi di stalker, quel cane che... non avremmo mai voluto farlo ma che altra via di uscita c'era? E poi quella sala vuota, la chitarra poggiata su un sedile in prima fila in una notte di tempesta, i ricordi di Ellie che squarciano una vita all'apparenza tranquilla, gli animali che si muovono in una poetica tutta loro, quella casa ora silenziosa, i fischi delle iene, l'acquario senza più pesci ma pieno di vita, la bruma che nasconde le vette dei grattacieli, gli scricchiolii costanti, la maledetta pioggia di Seattle. La spiaggia.
Abby.

Conclusioni

Multiplayer.it
9.7
Lettori (975)
9.0
Il tuo voto

Ci ha messo tredici anni Naughty Dog per raggiungere la tanto agognata perfezione. Come abbiamo scritto nella recensione non c'è aspetto di The Last of Us 2 che non rappresenti lo stato dell'arte dell'intrattenimento digitale. La trama è tra le più impattanti e coraggiose di sempre, i personaggi indimenticabili, la grafica spesso fotorealistica, il sonoro letteralmente da Premio Oscar. E ora c'è anche un gameplay degno di essere menzionato, con un sistema di comandi che, poggiandosi alle pazzesche animazioni, riesce a trasmettere una meravigliosa sensazione di controllo assoluto. In definitiva, tutto gli obiettivi che Naughty Dog si era prefissata all'inizio dello sviluppo di The Last of Us Parte II possono dirsi raggiunti, se non superati. Un'esperienza seminale di cui si parlerà per molto, moltissimo tempo.

PRO

  • Grafica estrema
  • Una quantità enorme di ambientazioni
  • Trama da capogiro

CONTRO

  • Poca varietà negli attacchi silenziosi
  • Manca un attacco in salto