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We Happy Few, la recensione

Siete pronti a trasferirvi sull'isola felice di Wellington Wells? Ecco la nostra recensione di We Happy Few

RECENSIONE di Tommaso Pugliese   —   13/08/2018

We Happy Few costruisce il proprio lore sulla base di una ricca miscela di riferimenti: narrativamente le citazioni di 1984 si sprecano, c'è l'elemento del controllo delle emozioni tramite droghe sintetiche obbligatorie visto fra gli altri in Equilibrium e, in generale, una società distopica che ha deciso di affrontare il dopoguerra attraverso l'isolamento e lo stordimento. Sul piano ludico e strutturale, abbiamo invece a che fare con un ampio sandbox la cui natura procedurale viene rivelata solo in determinati momenti; uno scenario in cui muoversi cercando di mimare i comportamenti delle persone che ci circondano, pena l'individuazione e una violenza a cui opporsi attraverso un sistema di combattimento che ricorda quello di Dishonored (risultando però sostanzialmente meno sofisticato e brillante), o a cui sottrarsi dandosi alla fuga e nascondendosi nell'erba alta oppure in bella vista, seduti su di una panchina alla Assassin's Creed dei bei tempi, ma tenendo ben tesi i fogli di un giornale per ostentare tranquillità. Dopo un lungo periodo in Accesso Anticipato, il nuovo progetto di Compulsion Games debutta finalmente su PC, PlayStation 4 e Xbox One: sarà vera Gioia?

Storia e personaggi

We Happy Few ci porta a Wellington Wells, in un 1964 alternativo: l'isola britannica ha deciso di tagliare i ponti con il resto del mondo, scegliendo di dimenticare il passato e di costruirsi un presente basato sull'illusione della felicità. Tutti gli abitanti devono assumere a intervalli regolari una droga sintetica, Joy, che consente loro di mantenere il sorriso e l'ottimismo, tenendo ben nascosti dubbi e pensieri critici. Quando però il giornalista Arthur Hastings si imbatte in un articolo che gli ricorda suo fratello Percy, che aveva promesso di ritrovare, mette da parte il lavoro e decide di saltare la propria dose di Gioia per riacquistare un po' di lucidità, venendo però scoperto e inseguito da colleghi e agenti di polizia.

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Rifugiatosi nelle fogne, emerge nella zona esterna della città, abitata da reietti che hanno rifiutato di assumere Joy ma che guardano con grande sospetto chi proviene dal centro. Queste prime fasi introducono alcuni concetti fondamentali per l'esperienza di We Happy Few: il nostro personaggio deve sempre adattarsi all'ambiente in cui si trova, modificando eventualmente il proprio abbigliamento e le proprie abitudini, spostandosi da un luogo all'altro e raccogliendo specifici oggetti per portare a termine le missioni di una campagna tesa a rivelare i segreti di Wellington Wells. La storia di Arthur è quella più lunga e corposa del gioco, ma non l'unica: ci troveremo successivamente a controllare altri due personaggi, nella fattispecie Sally Boyle e Ollie Starkey, andando ad approfondire le vicende di alcune figure legate a quest secondarie, ma non solo.

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Il passaggio da Arthur a Sally e poi a Ollie implica un innalzamento della difficoltà, nella forma di vincoli a cui la donna e l'uomo devono sottostare per evitare di entrare in una condizione debilitante. A tal proposito, rispetto alla versione Early Access gli elementi survival del gioco sono stati sostanzialmente addolciti: il nostro avatar ha ancora bisogno di dormire, mangiare e bere, ma evitare di farlo non lo condannerà a morte, bensì influenzerà la sua resistenza alla fatica e, di conseguenza, l'efficacia in combattimento. L'indicatore della stamina determina infatti la nostra capacità di attaccare eventuali nemici, anche sulla base del peso dell'arma che impugniamo e delle caratteristiche fisiche del personaggio, con Arthur che rappresenta in tal senso una figura bilanciata, Sally che è più fragile e incline ad azioni stealth, e infine Ollie che si pone come il classico tipo nerboruto e resistente.

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Missioni, meccaniche e regole di ingaggio

A seconda della zona in cui ci troviamo, come detto, sussistono delle regole che bisogna rispettare per passare inosservati ed evitare di finire inseguiti da una folla inferocita, situazione da cui è possibile uscire vivi soltanto fuggendo e nascondendosi, se e quando possibile. A tal proposito bisogna fare una precisazione circa l'intelligenza artificiale degli NPC, che è quella tipica degli action stealth: non aspettatevi reazioni realistiche né una percezione precisa da parte dei possibili nemici, visto che questo tipo di approccio avrebbe reso impossibile nascondersi e recuperare situazioni di allarme, trasformando ogni passo falso in una disfatta. Nel distretto centrale assumere Joy può essere necessario per superare determinati controlli e dispositivi che individuano i "musoni" (così vengono chiamati quelli che rifiutano di prendere la propria dose), ma in generale sono i comportamenti sospetti a determinare lo stato d'allerta di cittadini e poliziotti: correre, frugare nei cassonetti, scassinare serrature e cose del genere.

We Happy Few, la recensione

Di notte c'è inoltre il coprifuoco, dunque anche solo farsi notare per strada può dar vita a situazioni molto spiacevoli. In alcuni casi, tuttavia, saremo obbligati a farlo e dovremo dunque dar fondo alle nostre abilità stealth, distraendo eventualmente le guardie con il lancio di una bottiglia ed evitando la rilevazione da parte dei droni di pattuglia. Inutile dire che il dress code richiede di essere impeccabili... a parte quando si visitano alcuni club privati, frequentati da gente un tantino eccentrica. Fuori dalle mura le regole sono ovviamente meno stringenti, ma anche in questo caso ci sono pattuglie notturne e bisogna omologarsi agli stracci che spesso indossano i reietti. In modo simile a BioShock, è possibile frugare un po' dappertutto per ottenere materie prime da impiegare per la creazione di un'ampia gamma di oggetti, attraverso un sistema di crafting che diventa man mano più sofisticato e consente a un certo punto anche di potenziare le armi da botta, aumentandone efficacia e resistenza.

We Happy Few, la recensione

Può capitare di rimanere a corto di kit medici o balsami curativi, ma fortunatamente il sistema indica dov'è possibile trovare gli ingredienti necessari alla loro creazione: fare un po' di "shopping" in giro per la mappa è la cosa migliore prima di affrontare le missioni. In caso di scontro, come detto, il sistema di combattimento in prima persona risulta purtroppo grezzo e viziato da una rilevazione delle collisioni molto approssimativa, sebbene anche in tale frangente le cose possano migliorare attraverso lo sblocco di nuove abilità. Portando a termine le quest otterremo infatti punti esperienza da spendere per migliorare le capacità del nostro personaggio sotto vari aspetti, aumentandone la salute totale, la silenziosità, la potenza in battaglia e donandogli finanche la possibilità di tenere comportamenti scorretti in pubblico senza essere notato: una manna per accelerare in maniera consistente l'esplorazione delle zone centrali di Wellington Wells.

We Happy Few, la recensione

Trofei PlayStation 4

I quarantuno Trofei di We Happy Few possono essere ottenuti completando la campagna del gioco, ma molti achievement risultano legati a missioni secondarie o azioni particolari. Ci sono quelli legati ai numeri, ad esempio l'uccisione di cento nemici oppure la sopravvivenza per cinquanta giorni, così come quelli relativi ai collezionabili sparsi all'interno dei livelli. Viene premiato anche l'uso di specifici strumenti, come l'Atomizzatore, e la lettura degli abbondanti diari e articoli di giornale che arricchiscono il "lore" creato da Compulsion Games.

Realizzazione e problemi tecnici

Non c'è dubbio che We Happy Few sia un progetto molto ambizioso, in grado di offrire un'esperienza che non pensavamo potesse essere tanto consistente, fatta di missioni principali e secondarie che però tendono a ripetere il pattern della ricerca di un oggetto, chiedendoci spesso di coprire noiosamente ampie distanze per passare da un obiettivo all'altro. Ci sono rifugi che possono essere sbloccati e che consentono di spostarsi rapidamente da una zona all'altra, ma capita anche che la mancanza di materiali possa rendere arduo sottrarsi a una determinata situazione, condannando a qualche game over inevitabilmente frustrante. Durante i nostri test è peraltro capitato di riscontrare alcuni bug, ad esempio un poliziotto che non rilevava l'abbigliamento necessario per l'acceso a un determinato luogo, cosa che ci ha fatto perdere un bel po' di tempo.

We Happy Few, la recensione

A ciò bisogna aggiungere una serie di glitch più o meno gravi, qualche incoerenza stilistica e una generale mancanza di personalità nel level design dovuta alla generazione procedurale, nonché una localizzazione dei testi in italiano che soffre per via di sottotitoli che molte volte miscelano linee di dialogo provenienti da NPC anche distanti, che nulla c'entrano con la conversazione che stiamo avendo, o che sono state lasciate in inglese. Detto questo, lo stile cartoonesco di Compulsion Games, che avevamo già apprezzato in Contrast, trova nel gioco una piena realizzazione e un'identità precisa, arricchita da una scelta di colori davvero affascinante e suggestiva per quanto concerne gli scenari, molto diversi se osservati sotto l'effetto di Joy o meno: assumere la droga enfatizza le tinte e la briosità delle strade, che si illuminano come degli arcobaleni, mentre il "down" di contro proietta insetti e pipistrelli immaginari sulla nostra testa, nel buio generale.

We Happy Few, la recensione

Le prestazioni su PlayStation 4 Pro risultano generalmente solide, con 30 frame al secondo stabili nella maggior parte delle situazioni, i caricamenti ci sono sembrati un po' troppo lunghi e in alcuni momenti l'esplorazione richiede qualche tempo d'attesa random per il rendering degli scenari, viziati peraltro da una costante lentezza nel pop-up delle texture. Le musiche sono perfettamente adeguate alle atmosfere di We Happy Few, e i dialoghi in inglese appaiono convincenti, sebbene la pronuncia "british" non sia d'aiuto laddove si voglia fare a meno dei sottotitoli.

Conclusioni

Versione testata PlayStation 4
Prezzo 69,99 €
Multiplayer.it
7.2
Lettori (29)
7.8
Il tuo voto

We Happy Few è un'avventura indubbiamente affascinante, che ci proietta in una società distopica dai tratti inquietanti. Le storie che il gioco racconta risultano coinvolgenti e la campagna vi terrà senza dubbio impegnati per alcune decine di ore, a maggior ragione se deciderete di dedicarvi a qualche quest secondaria. Le fasi stealth, il crafting sfaccettato, le tante cose a cui prestare attenzione e un sistema di combattimento approssimativo provano senza successo a mitigare la natura spesso banale e ripetitiva delle missioni, che ruotano quasi sempre attorno alla raccolta di oggetti e al raggiungimento di luoghi anche piuttosto distanti l'uno dall'altro. C'è insomma la chiara sensazione di trovarsi di fronte a un prodotto che avrebbe necessitato di maggiore attenzione e rifinitura, ergo di un budget più corposo, per potersi avvicinare a quella che era la visione di Compulsion Games. We Happy Few è dunque un diamante grezzo, che tuttavia non mancherà di brillare agli occhi di chi vorrà perdonare i suoi pur evidenti difetti.

PRO

  • Ambientazione molto affascinante
  • Campagna duratura e impegnativa
  • Stile grafico accattivante...

CONTRO

  • ...ma con i suoi alti e bassi
  • Combattimenti approssimativi
  • Molti meccanismi ancora grezzi