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È tutta colpa di Mario?

Maledetti videogiochi! Causa di tutti i problemi della vita e comodo capro espiatorio per tutti i mali del mondo

SPECIALE di Massimo Reina   —   09/09/2012

Sono anni, ormai, che a periodi più o meno regolari assistiamo alle stucchevoli quanto infondate polemiche che infuriano tra l'industria dei videogiochi e i partiti politici, i benpensanti e le associazioni più o meno ufficiali per la tutela dei minori, che accusano il mondo dell'intrattenimento elettronico di essere la causa dell'incremento dei fenomeni legati a certe forme di violenza, e tentano pertanto di mettere un veto alla diffusione di titoli con contenuti ritenuti e giudicati "pericolosi", spesso in maniera frettolosa e approssimativa. Di videogiochi in tal senso finiti loro malgrado sotto la lente di ingrandimento di potenziali censori ce ne sono stati parecchi fin dagli albori delle prime produzioni videoludiche, per arrivare ai vari GTA, a Resident Evil o Rule of Roses. Ma a noi interessa soffermarci di più su due casi più recenti, uno dei quali legato a un prodotto ancora nemmeno messo in commercio: Tomb Raider.

È tutta colpa di Mario?

Il reboot del popolare franchise di Eidos Interactive in uscita nel 2013, che vedrà in azione una nuova Lara Croft in un contesto decisamente più adulto e realistico rispetto agli episodi classici della serie, è finito infatti sotto ai riflettori per via di una scena mostrata all'ultimo E3 di Los Angeles dove la ragazza subisce un tentativo di stupro da cui riesce fortunatamente a sottrarsi, pur fra mille sofferenze, anche ovviamente psicologiche. Una scena terribile che descrive visivamente un atto schifoso che dequalifica chi lo compie al livello di certi "pezzi informi di materia organica", giusto per citare il sergente Hartman di Full Metal Jacket. Ma un tipo di evento legato comunque a una trama, al contesto fittizio di una storia che cerca solo di far sembrare più realistico un personaggio e la sua evoluzione da semplice studentessa a donna pronta a lottare perfino coi denti pur di non soccombere a causa dei suoi aguzzini. Argomento trito e ritrito di cui più o meno spesso troviamo traccia in svariati film, telefilm e libri. Proprio per questo motivo è apparso quantomeno esagerato il polverone che alcune associazioni francesi di femministe hanno sollevato sulla vicenda. Badate bene, nessuno critica i gruppi in questione, né coloro che denunciano il tipo di atto ignobile citato poc'anzi, e ci mancherebbe altro. Piuttosto a noi non sta bene il voler a tutti i costi sbattere il mostro videoludico ancora una volta in prima pagina come causa di tutti i mali del pianeta.

Clima ostile

Per le attiviste d'oltralpe quello citato poco sopra è stato di fatto il classico esempio di come lo stupro venga spettacolarizzato e confuso con la pornografia, per attrarre il pubblico e inculcargli magari un concetto errato sulle donne. Sull'argomento si è scomodato perfino il famoso quotidiano francese Le Monde, che nella sua edizione online ha dedicato un'intera pagina alla vicenda, e pure il "nostro" Corriere della Sera ha presentato il filmato incriminato su Corriere Tv, sbagliando peraltro perfino il titolo dell'episodio del gioco, segnalato come The Guardian of Light.

È tutta colpa di Mario?


A nulla, come sempre, sono serviti i chiarimenti del caso, anzi, c'è stato chi sui giornali ha pensato bene di estrapolare da un intervento di Ron Rosenberg, executive producer di Crystal Dynamics, una frase particolare, decontestualizzandola dal discorso e manipolandola ad hoc per innescare nuove polemiche, a cui ha cercato ulteriormente di porre rimedio Darrell Gallagher dicendo che il suo team vuole solo regalare ai videogiocatori "un'esperienza di gioco intensa, drammatica e appassionante e ci dispiace se alcune parole di Ron Rosenberg sono state capite nella maniera sbagliata. In futuro faremo più attenzione alle nostre comunicazioni". D'altronde in un clima di per sé avvelenato e che già in passato spesso ha portato addirittura a scontri legali, manifestazioni, propagande politiche e scandali nei salotti televisivi, oltre che preoccupazione, perplessità e dibattito fra la gente comune, un ruolo determinante lo hanno alcuni media, che anziché documentarsi e documentare il pubblico, finiscono per confonderlo ulteriormente cavalcando l'onda delle polemiche per partito preso o per la semplice voglia di fare audience facile e a costo zero.

Tutta colpa dei videogiochi

E sì, perché ormai per molti sembra proprio che questi ultimi siano la causa di tutti i mali del mondo, dal buco dell'ozono alla violenta oppressione contro i rivoltosi da parte del regime che in queste settimane sta insanguinando la Siria. La storia è sempre quella: un kamikaze fondamentalista islamico si fa saltare in aria uccidendo decine di civili? Colpa dei videogame. Magari, ad avvalorare questa tesi, l'inviato di turno ci fa sapere che a casa del terrorista le autorità hanno ritrovato una copia di Bomberman. Uno studente che ha evidenti problemi mentali fa strage a scuola? Eh, beh, era strano, giocava sempre a Call of Duty ed a GTA, per forza doveva farlo.

È tutta colpa di Mario?

Ci manca solo che si condannino Pac-Man perché potrebbe istigare al cannibalismo e Mario per violenza sugli animali a "causa" dei maltrattamenti compiuti sulle tartarughe e sui gorilla. Battute a parte, quante volte però abbiamo sentito delle accuse tragicomiche come queste per motivare l'atto violento compiuto da un pazzo? E di conseguenza, quante volte abbiamo avuto l'impulso, esasperati, di lanciare il telecomando, moderno shuriken, contro la televisione che trasmette un servizio di questo tipo, emulando felicemente, per una volta davvero, personaggi come Shinobi? Ricordate l'altro caso emblematico degli ultimi mesi sul tema videogiochi e violenza? Quello relativo alla terribile strage che è avvenuta in Norvegia, dove un giovane ha massacrato decine e decine di suoi coetanei? Bene, sicuramente non vi saranno sfuggiti gli ennesimi attacchi contro il mondo dell'intrattenimento videoludico, come per esempio quello da parte del TG1 della RAI, di cui vi riportammo la notizia . A completamento della serie di servizi sul massacro, sul canale principale della televisione di stato ne andò in onda uno che focalizzava le attenzioni degli spettatori sui "soliti" videogiochi violenti, di cui pare lo stragista fosse appassionato. E giù le solite frasi, i soliti luoghi comuni sui giocatori cerebrolesi che si fanno influenzare da questi prodotti, sull'effetto quasi ipnotico che i giochi hanno sugli adolescenti, che come tanti zombi andrebbero poi in giro a scimmiottare ed emulare quanto visto sul monitor.

Parlarne, ma senza pressappochismo

Manco fossimo nel film Videodrome e avessimo una percezione della realtà distorta da allucinazioni provocate dall'assuefazione alla violenza del virtuale. Per carità, porsi l'interrogativo se i giochi violenti possano potenzialmente provocare atteggiamenti di emulazione da parte di chi ne fruisce è assolutamente legittimo, ma lo è e lo sarebbe ancora di più se gli stessi che si fanno questa domanda, per correttezza e per logica, si ponessero anche altri quesiti, e cioè per esempio se, al contrario, essi non hanno il potere di funzionare come valvola di sfogo per certe pulsioni e rendere di conseguenza le persone meno inclini ai gesti violenti nella vita reale.

È tutta colpa di Mario?

Oppure bisognerebbe riflettere sul fatto che se davvero ci sono persone soggette a venire psicologicamente vampirizzate da quanto vedono in un videogame, e dunque sullo schermo, al punto da agire poi come tanti imbecilli, questi potrebbero anche subire l'influenza dei programmi televisivi. E di conseguenza, perché non prendersela, per fare degli esempi, con il Grande Fratello, con certi show basati sul dolore altrui, telegiornali compresi? In fondo cosa c'è di più traumatizzante di un telegiornale in cui fanno vedere i cadaveri di un incidente stradale bene in vista, oppure un servizio in cui descrivono minuziosamente i dettagli di un omicidio, soffermandosi sui particolari più agghiaccianti? Questa sarebbe cronaca o è malsano sadismo mediatico? La verità è che quando non si capiscono i motivi di gesti estremi, o non li si vuole affrontare con serietà e approfondimento è sempre comodo per alcuni dare la colpa ad altri, accusare a caso. Ma nella realtà dei fatti non esiste un videogioco, un'idea, un credo religioso o un oggetto realmente cattivo: semmai è l'uso che se ne fa a renderli tali. Siamo convinti che non sia il contenuto a determinare le azioni di alcuni individui ma quanto piuttosto ciò che alberga nella loro psiche. E se quindi da un lato troviamo estremamente corretto che la diffusione dei videogiochi violenti debba essere impedita nei minorenni, attraverso adeguati organi di monitoraggio e tramite specifiche sanzioni per punire i furbetti, mai vorremo vedere in azione la censura preventiva dei contenuti giudicati "pericolosi" da chissà quale commissione. E confidiamo che prima o poi qualche organizzazione si metta sul serio a studiare il grado di influenza dei videogiochi con adeguati strumenti di misurazione e utilizzando un campione costruito in modo sensato e realistico. Probabilmente soltanto così si potrà eliminare questo squallido scarica barile a cui assistiamo periodicamente. Una volta può essere un gioco, una volta un cartone animato, un'altra volta cosa? Negli anni 50 era colpa del rock'n roll, negli anni 60 e 70 di qualche concetto politicizzato. Nei favolosi anni 80 e nei successivi 90 erano i cartoni animati giapponesi e il wrestling. Oggi sono i videogiochi: ma è veramente tutta colpa di Mario?