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Vivere e morire a Kyrat

Svelato l'open world di Far Cry 4. Ecco il nostro resoconto

PROVATO di Matteo Santicchia   —   14/10/2014
Vivere e morire a Kyrat

Quando uscì Far Cry 3, due anni fa, molti si accostarono all'ennesima "rinascita" dello sparatutto Ubisoft con una certa freddezza dopo l'esito molto interessante, ma per certi versi problematico del secondo capitolo. E invece il viaggio all'inferno di Jason Brody piacque tantissimo per come riuscì a coniugare corpose dinamiche da free roaming con quelle da sparatutto in prima persona. Il tutto all'insegna di una coerente crescita del protagonista quasi "ruolistica", spiccata attitudine stealth e di una narrazione per nulla banale e ricca di sequenze e personaggi memorabili (qualcuno ha detto Vaas: "Ti ho mai detto qual'è la definizione di follia?" Montenegro?) Un successo strepitoso, apprezzato sia dalla critica sia dagli utenti, che lo hanno premiato con vendite esaltanti: si parla di quasi sette milioni di copie. Inutile dire quante aspettative si porti in dote il quarto capitolo: lo abbiamo giocato a più riprese nelle fiere estive saggiando però solo setting "chiusi" (un avamposto e Shangri La) ma la settimana scorsa, a Parigi, siamo tornati a testarlo, vedendo finalmente l'open world e la cooperativa del gioco. Una manciata di ore davvero interessanti.

Abbiamo provato l'open world di Far Cry 4. Ecco il nostro diario di viaggio

Ritorno a casa

Vivere e morire a Kyrat

Il setting è diverso, il protagonista è diverso. Non siamo più nel caldo arcipelago malese delle Rook Island ma nel più temperato Kyrat, stato fittizio del tutto assimilabile al Tibet/Nepal, retto dal dispotico, quanto "stravagante" dittatore con manie imperiali Pagan Min, mezzo cinese e mezzo inglese, figlio di un boss della droga di Hong Kong. Il protagonista è invece Ajay Ghale, originario del Kyrat ma americano a tutti gli effetti, che torna per la prima volta nel suo paese natio per disperdere le ceneri della madre. Ma proprio mentre sta per entrare nel Kyrat gli uomini di Pagan Min lo rapiscono. Ajay è il figlio dei leader della prima ribellione del Kyrat. Anche ora, quindi, come nel terzo capitolo, indossiamo i panni di un perfetto antieroe, di qualcuno che suo malgrado si ritrova in una situazione avversa del tutto straordinaria, dove ha tutto da imparare e tutto da perdere. Un incipit diverso quindi per meccaniche invece del tutto simili a quanto giocato due anni fa. La nostra demo, situata grosso modo dopo il prologo, ci ha messo davanti ad una scelta consueta: come assaltare un avamposto? Niente di particolarmente nuovo, ora come ieri il gioco spinge l'acceleratore sullo stealth, grazie all'arco e alla macchina fotografica per marcare tutti gli avversari tramite una minuziosa (e silenziosa) ricognizione tattica. Se vogliamo, però, come visto in diversi trailer, possiamo salire su elefante, travolgendo tutto e tutti. Così abbiamo fatto ovviamente, ma se avessimo voluto avremmo potuto anche liberare dei giaguari in gabbia (o magari attirare quelli di passaggio in zona) e "indirizzarli" verso i nemici lanciando verso di loro dei prelibati e sanguinolenti bocconcini di carne ottenuti cacciando (occhio a come li si uccide pena meno "loot"!). Si capisce quindi come le possibilità siano tante e si capisce anche come uno dei punti di forza del terzo capitolo torni prepotentemente. Ogni azione non è fine a se stessa, tutto confluisce nell'aumentare la nostra esperienza, con molteplici risvolti sul gameplay.

Vivere e morire a Kyrat

La caccia non serve solo per aumentare il computo delle missioni secondarie, ma serve anche per ottenere le pelli per ingrandire le munizioni trasportabili nella buffetteria che indossiamo, ma anche, come appena scritto, come risorsa extra nella conquista degli avamposti. Insomma c'è tanto da giocare, le meccaniche non sono state per nulla snellite. Liberato l'avamposto sono arrivati i rivoluzionari del Golden Path, col loro carico di gipponi con la mitragliatrice sul cassone e di missioni secondarie. Ma qui c'è stata subito una scelta, un bivio importante che ci fa pensare a finali alternativi (che nel terzo capitolo si palesavano solo alla fine). Dopo aver fatto rifornimento di armi e strappato un paio di poster propaganda di Pagan Min sui muri del villaggio ci è stato chiesto di scegliere la successiva missione della campagna. Aiutare Sabal andando a salvare un piccolo avamposto sotto attacco oppure seguire la cinica Amita nella sua ricerca di informazioni tutto a discapito della salvezza degli uomini dell'avamposto? Inutile dire che la scelta ha comportato missioni diverse, dal semplice recupero di intelligence dai cadaveri a una vera e propria difesa attiva del perimetro del campo, senza dimenticare rapporti diversissimi (e tesi) tra il protagonista e i due nel proseguo della storia. Queste prime missioni ci hanno permesso di vedere un nuovo tipo di nemico e provare a capire gli eventuali progressi nell'intelligenza artificiale. Accanto a soldati normali, dotati di fucile o machete o quelli ben più corazzati che si uccidono agilmente col C4, ci sono i cacciatori.

Vivere e morire a Kyrat

Questi girano al largo degli avamposti, hanno una mira infallibile e sono dotati di arco e frecce incendiare, inoltre possono scatenare lupi e animali vari contro di noi. Una vera spina nel fianco visto che agiscono di fatto come cecchini dalla lunga distanza, mentre per il "corpo a corpo" utilizzano proprio gli animali, davvero fastidiosi nel loro essere sin troppo resistenti a proiettili e machete. A livello di intelligenza artificiale i nemici si sono comportati decisamente bene anche se non sono mancati movimenti un po' fuori luogo come corse improvvise verso il nulla. Più in generale, la loro vista e il loro udito sembrano funzionare a dovere, e una volta "accesi" sbucano da ogni dove, accerchiandoci fulmineamente, sfruttando abbastanza bene i ripari nonostante qualche sparo allo scoperto e qualche movimento scriptato di troppo.

Cosa fare in campagna?

E dato che la presa degli avamposti era una delle cose che funzionavano di più del terzo episodio, ogni nuova liberazione si porta in dote la possibilità di rifarla (se vogliamo) ottenendo esperienza e una valutazione in base a come l'abbiamo fatta. Inoltre gli avamposti non saranno "nostri" per sempre, ma potranno essere oggetto di un contrattacco da parte delle forze di Pagan Min. A noi è successo una volta sola nel nostro test su quattro/cinque avamposti liberati. Non crediamo quindi sia automatico che esso succeda, presumiamo gli sviluppatori non vogliano ripetere l'errore delle ronde in Far Cry 2, ma questo è un dubbio che verrà fugato solo con la recensione.

Vivere e morire a Kyrat

A livello di assegnazioni secondarie oltre alla caccia e alla conquista delle torri radio, necessarie per rivelare le strade e i punti di interesse sulla mappa, abbiamo portato a termine un paio missioni Karma e quelle da pilota "stunt man" relative alla derelitta industria cinematografica del Kyrat. Le missioni Karma possono essere assegnate negli avamposti (ad esempio libera gli ostaggi in quel villaggio) o anche "accettate" durante gli spostamenti (ad esempio salva i ribelli attaccati dai soldati di Pagan Min), ogni qualvolta vediamo l'iconcina viola apparire random sulla mappa. Un modo questo per rendere "vivo" il Kyrat, senza dimenticare che portandole a termine otteniamo vantaggi nell'acquistare armi o più "gettoni" per pagare i mercenari che possiamo chiamare come aiutanti nelle missioni più difficili. Per muoverci nel Kyrat i mezzi sono i soliti, auto, quad, barche, deltaplano, elefanti ma anche un piccolo e lentissimo elicottero ultraleggero a due posti, decisamente utile però per arrivare "velocemente" nelle zone non ancora scoperte, ma anche il rampino, da utilizzare solo con appigli previsti dagli sviluppatori. È un pò un peccato che non si possa utilizzarla sempre visto che la geografia della regione sembra ben più intricata e impervia di quella delle Rook Island. Siamo o non siamo alle pendici dell'Himalaya? Il nostro obiettivo potrebbe esser dietro l'angolo, ma se di mezzo c'è una collinetta, per non parlare di una montagna, saremmo costretti a lunghi giri esplorativi.

Vivere e morire a Kyrat

Ci si può perdere, insomma; la tattica del furioso salto alla Skyrim per arrivare in cima a zone scoscese non funziona qui. Anche perché fare troppo rumore potrebbe infastidire gli animali selvaggi. E se è un elefante, o peggio un rinoceronte a infastidirsi è facile morire. Il bello è che anche in auto siamo soggetti all'indole degli animali. Girare al largo e fare piano potrebbe essere una bella idea. Tornando a bomba, sul protagonista sono due ora i rami attraverso i quali far crescere Ajay: la Tigre e l'Elefante. La Tigre aumenta le nostre capacità di combattimento, rendendoci più efficace nelle uccisioni all'arma bianca e con le armi da fuoco, mentre l'Elefante ci rende più capaci nel crafting, migliorando l'efficacia delle siringhe curative, dello strumento "aggiustatutto" e via discorrendo. Nulla di nuovo insomma, fermo restando la naturale e fluida crescita, che come per il passato cambia sensibilmente il nostro modo di giocare. Pad alla mano lo shooting ci è sembrato diretta evoluzione di quello del terzo capitolo, ovvero "farraginoso" e "pesante" (se paragonato all'atletismo e alla precisione di Destiny) all'inizio vista la necessità di sbloccare i perk dedicati, ma via via decisamente più gratificante all'aumentare della nostra esperienza, e preciso nel restituire feedback coerenti con le diverse tipologie di soldati che affronteremo nel corso dell'avventura. Resta però da capire come una mitragliatrice compatta Skorpio sulla lunga distanza risulti più precisa di un Kalašnikov.

Bello, ma non troppo

Il culmine del nostro test di Parigi è stata però la prova della modalità cooperativa. Diciamo subito che non si potranno giocare le missioni della campagna. Contrariamente però al precedente capitolo in cui la coop era diversa e separata dalla storia di Jason Brody, ora possiamo girare tranquillamente il Kyrat nei panni di Ajay e dedicarci a tutto quello che non è storyline insieme ad un nostro amico aprendo la partita nel più classico drop in-drop out, con un ovvio aumento della difficoltà di gioco.

Vivere e morire a Kyrat

Insieme al nostro compagno d'avventura, il "robusto" e poco serio mercenario americano Hurk, già visto in un contenuto esclusivo di Far Cry 3, ci siamo dedicati ad un paio di avamposti, scegliendoli in base al numero di allarmi presenti, cosa questa che incide molto sul tasso di sfida visto che una volta allertata una base oltre alla guarnigione dovremmo vedercela con i rinforzi. Mai come adesso tentare un approccio stealth è la soluzione migliore, anche perché in un attimo si scatena l'inferno se qualcuno ci vede o sente. Bisogna davvero coordinare gli sforzi in maniera certosina e fare una profonda ricognizione tattica, altrimenti basta un soldato corazzato per vanificare tutti i nostri sforzi. L'ultimo avamposto della nostra prova è stato esemplificativo. Due allarmi, diverse gabbie piene di tigri e circondato su due lati da colline, con gli altri due dall'acqua. Come fare? Rimanere alti facendo fuori i nemici uno a uno dalla distanza o provare uccisioni silenziose all'arma bianca o puntare a trovare subito gli allarmi evitando l'arrivo di altra soldataglia di Pagan Min, oppure fregarcene di tutto e di tutti e entrare allo sbaraglio ad armi spianate?

Vivere e morire a Kyrat

Insomma Far Cry 4 in cooperativa può essere "super stealth" ma anche "super caciarone", gratificante e divertente allo stesso modo vista la vastità di incarichi e situazioni che è possibile incontrare all'interno della gigantesca mappa. Una modalità extra questa davvero gradita e azzeccata, e che dà l'idea di essere perfettamente inserita all'interno delle dinamiche sandbox del gioco. E a livello tecnico come siamo messi? Al netto di alcune "imprecisioni" e glitch importanti su cui eravamo stati precedentemente avvertiti dagli sviluppatori, data la natura in lavorazione del codice, il nostro test su PlayStation 4 ha confermato le impressioni avute precedentemente. Far Cry 4 non è proprio un passo avanti importante rispetto al terzo capitolo, e anzi ci è sembrato particolarmente sporco e affetto da numerose problematiche di pop up e pop in. Intendiamoci il frame rate non ha mai avuto cedimenti di sorta e l'impatto è tutt'altro che poco convincente, ma è avvertibile chiaramente l'origine cross-gen del prodotto.

Vivere e morire a Kyrat

Ovviamente i modelli dei protagonisti durante le cutscene realizzate col motore di gioco sono davvero ben fatti e stupiscono per le animazioni facciali e per la qualità delle texture, ma quando si guarda più in profondità il dettaglio generale non c'è da stracciarsi le vesti. Non stiamo parlando di un brutto gioco, tutt'altro, ma solo di un gioco il cui motore, nonostante la potenza delle nuove console e relativi 1080p, mostra la sua età. Le scelte stilistiche nel mettere in scena un Kyrat rurale sono senza dubbio vincenti, mentre i colori che il ciclo giorno/notte regala sono come al solito evocativi, ma non possiamo non notare come visivamente Far Cry 4 non stupisca come il suo predecessore faceva due anni fa. Far Cry 4 ci ha lasciato sensazioni positive nonostante una cosmesi non proprio strabiliante. Le meccaniche sono quelle che ci avevano rapito due anni fa, espanse e ingrandite, ma con alcuni inediti inserimenti che sembrano funzionare alla grande. La cooperativa da elemento esterno è a tutti gli effetti una parte fondamentale del'esperienza, e può diventare uno dei punti di forza del gioco e non un semplice extra. Insieme ad una storia adulta ad oggi solo sfiorata, ma dove sembra proprio che le "scelte morali" potranno giocare un ruolo importante, capace di variare in modo notevole gli eventi.

CERTEZZE

  • Le stesse ottime meccaniche di Far Cry 3
  • Scelte narrative importanti da subito
  • La cooperativa interna alla campagna
  • Il Kyrat "complica" l'esplorazione

DUBBI

  • Visivamente mostra la sua natura cross-gen
  • Intelligenza artificiale migliorata ma non impeccabile
  • Build non definitiva: ad oggi numerosi glitch da sistemare