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L'impresa con una monetina

Una gioventù spesa in sala giochi e un risultato memorabile

SPECIALE di Lorenzo Fantoni   —   04/06/2015

È strano pensare che il progresso con una mano dà e l'altra prende. Da una parte il mondo dei videogiochi ci ha portato in posti che non credevamo possibili, con grafiche che potevamo solo immaginare, dall'altra ci ha tolto alcune emozioni e alcuni luoghi che difficilmente potranno tornare, come le sale giochi. Il bello delle sale giochi è che ognuna faceva storia a sé. Ognuna aveva le sue regole, i suoi personaggi e i suoi record.

Avete mai finito un gioco con un solo gettone? Riviviamo insieme i mitici giorni delle sale giochi!

Un mondo a parte

Nella nostra sala giochi preferita ad esempio c'era questa bellissima usanza che coinvolgeva il rito della raccolta delle monete. Quando il barista passava a raccogliere le secchiate di 200 (poi 500) lire dentro il cabinato regalava sempre una decina di partite ai bambini che avevano la fortuna di essere presenti in quel momento.

L'impresa con una monetina

Nell'epoca d'oro dei coin-op le sale giochi erano ovunque e potevi trovarne di tutti i tipi. C'erano quelle modernissime, pulite e ricche di novità, con cassieri sorridenti e musica assordante e quelle male illuminate, piene di facce losche, in cui potevi ancora trovare giochi di sei o sette anni prima. C'era la sala sul retro della latteria e la fila di macchinette all'aperto dei luna park. Quelle dei bar vicino al mare, dove giocavi a piedi scalzi e dovevi stare attento al riflesso del sole e quelle di città, in cui potevi persino rischiare di trovare qualcuno dei ragazzi più grandi che voleva giocare al posto tuo, o peggio. Ad esempio, nella città dove chi scrive abitava all'epoca c'era una sala giochi particolarmente malfamata che però era anche la più grande e fornita. Un giorno ci avventurammo perché il rischio valeva la pena di provare per la prima volta The House of the Dead e uno di quei vecchi cabinati rotanti di After Burner. L'esperienza fu particolarmente traumatica non per i giochi, ma perché per la prima volta qualcuno offrì della droga al sottoscritto. Oggi può sembrare buffo, ma quando hai quindici anni nel bel mezzo degli anni '90, l'evento è paragonabile a un faccia a faccia con l'ISIS, soprattutto se per fare il grande rispondi "No, grazie, non oggi".

I personaggi tipici

Tuttavia, a meno che non ci fossero bulli particolarmente arroganti, ogni sala giochi era un ecosistema caotico in cui l'ordine veniva dato da alcune semplici regole condivise in tutto il mondo: a tutti è concessa almeno un'occasione, ci si prenota lasciando un gettone sul vetro, finché vinci e hai gettoni il posto è tuo (a meno che tu non permetta gentilmente a qualcuno di farsi una partita) e non c'è posto per i vigliacchi che rifiutano una sfida in un gioco competitivo, ma il doppio cooperativo si può rifiutare se sentite che quella è la vostra "partita perfetta".

L'impresa con una monetina

Ogni sala giochi aveva i suoi specialisti. C'era quello imbattibile a Street Fighter, in grado di intimorirti ancora prima di selezionare il personaggio, che di solito era Dhalsim, tanto per farti capire che era un vero pro. In questo caso era sempre bene diffidare dai tipi silenziosi. L'esperto di sparatutto era di solito una personaggio inquietante fatto di tic, tremori, movimenti velocissimi delle pupille, sempre alla ricerca di una via per schivare i proiettili e raccogliere il triplo sparo. C'erano poi quelli bravi nei picchiaduro a scorrimento, di solito si muovevano in coppia, come nel doppio del tennis e potevano vantare un gioco di squadra incredibile. Nessuno dei due avrebbe mai rubato un pollo arrosto (simbolo universale di oggetto che dona energia) all'altro ed entrambi non avrebbero esitato un secondo a sprecare una mossa speciale per salvare il compagno da una brutta situazione. Non poteva ovviamente mancare quello che ci capiva di giochi sportivi, ma visto il livello delle simulazioni dell'epoca, più che un giocatore bravo era un bastardo odiato da tutti perché in grado di applicare ogni possibile glitch e trucchetto sporco (tipo quelli di Virtua Striker, per capirsi) che lo portasse alla vittoria. Poi c'era anche l'esperto di flipper, che però erano "roba del passato" e divertivano soprattutto le generazioni più grandi, che vista la loro stazza maggiore potevano anche permettersi il colpo di bacino per deviare il corso della pallina, sempre sul filo del TILT.

Quell'incredibile partita a ESWAT

Tutti questi personaggi, escluso l'ultimo, godevano della massima stima di tutta la sala giochi. Ben prima che Twitch lo rendesse un business, per vederli giocare la gente si accalcava attorno agli schermi con sgabelli e sedie, incitandoli o "gufando", in base alle simpatie. Il re incontrastato dei giochi più belli da vedere che da giocare era senza dubbio Dragon's Lair. Come meccaniche di gioco i laser disc erano profondi come una pozza, ma all'epoca un videogioco con la grafica di un cartone animato, pieno di morti violente che oggi verrebbero considerate tabù per i minori, era un must. C'era gente capace di aspettare tutto il pomeriggio che qualcuno di "quelli bravi" ci giocasse. Vista la natura dei coin-op, anche il giocatore più esperto poteva essere costretto a dover inserire più di una moneta. Magari era solo una, ma finire un titolo con un solo gettone era un'impresa titanica, sempre che il gioco avesse una fine, nell'altro caso eri un mito se con un solo gettone ottenevi il punteggio migliore e scalzavi la fila di tripla A che riempivano le posizioni più basse. Finire un gioco senza spendere più di una moneta era il Santo Graal che ti faceva immediatamente scalare la catena alimentare della sala giochi e ti garantiva privilegi incredibili quali: la possibilità di superare la fila, la scelta delle patatine più grandi in un sacchetto comprato assieme, la possibilità di non dover stare in porta alla prossima partita di calcio. Ovviamente non erano previsti benefit relativi al gentil sesso, assolutamente impermeabile di fronte alla nostra striscia di vittorie in Street Fighter 2 e troppo impegnato a rompere ogni record di Puzzle Bobble o Pang!

L'impresa con una monetina

Chi vi scrive ha avuto l'onore di finire un videogioco con un gettone una sola volta: si trattava di uno dei tanti titoli a scorrimento laterale in cui si sparava figli di Rolling Thunder. Il suo nome era Cyber Police ESWAT, era una sorta di scopiazzatura di NARC con alcuni tocchi di classe, come l'armatura potenziata che si sbloccava dopo i primi tre livelli e alcuni boss particolarmente assurdi come un gorilla e un monster truck. Era un gioco difficile, pieno di quei trucchetti fatti per consumare velocemente le vite del giocatore come i nemici che ti sparavano prima che tu li potessi vedere, orde e orde di cattivi che arrivavano da ogni parte, livelli intricati che ti costringevano ad avvicinarti fin troppo prima di sparare e così via. Addirittura era possibile sbagliare strada, entrare in alcuni ascensori e morire all'istante, senza alcun motivo. Per ESWAT provavamo una sorta di amore/odio: ci piaceva ma il suo arrivo coincise con l'odiato passaggio dalle 200 alle 400 lire per una partita. Quindi giocandoci avvallavamo una politica dei prezzi che percepivamo come scandalosa. Dunque, un titolo tosto, anche se terminava con uno dei boss meno carismatici della storia: un tizio seduto in poltrona dotato di quattro sfere di vetro che sparavano raggi laser. Per eliminarlo bastava distruggere le sfere e il gioco era fatto. Niente a che vedere con Belger, il finto invalido di Final Fight che ti sparava con la balestra. Non sappiamo sinceramente come mai quel giorno riuscimmo a finirlo. Forse il dio del videogioco guidò la nostra mano, forse ci avevamo speso così tanti soldi prima che il barista poteva girare in Ferrari, forse raggiungemmo fin troppo precocemente il picco di abilità videoludica, condannandoci ad anni di pessime prestazioni sui server negli anni successivi. Fatto sta che ce ne rendemmo conto solo quando uscimmo dalla trance agonistica. Finiti i titoli di coda mettemmo la mano in tasca trovando il resto delle mille lire che avevamo cambiato. Fu una sensazione incredibile. C'era solo un problema: ci avevamo giocato quando al bar non c'era praticamente nessuno, chi ci avrebbe creduto?