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Zona contaminata

Abbiamo finalmente provato il gioco post apocalittico di Ubisoft

PROVATO di Umberto Moioli   —   17/06/2015

New York è andata, irrimediabilmente corrotta dal cataclisma che ha sconvolto e cambiato per sempre il volto del Paese. Nel gelido inverno della Grande Mela si sfidano per la sopravvivenza fazioni contrapposte, banditi a caccia delle poche risorse utili rimaste in circolazione ma anche gruppi organizzati impegnati a cercare di riportare ordine dove ora c'è solo il caos. The Division, annunciato un paio di anni or sono proprio durante l'E3 di Los Angeles, ha sin da subito scalato la classifica dei titoli più attesi dall'utenza degli appassionati. Un mix di azione in terza persona ed elementi ruolistici, gioco cooperativo e competitivo con elementi persistenti. Nei mesi in realtà non se n'è saputo moltissimo e ancora oggi, anche dopo il test che abbiamo potuto effettuare nelle scorse ore, restano parecchi punti d'ombra che andranno chiariti da qui all'uscita. Averci potuto mettere le mani sopra è comunque un passo in avanti importantissimo, perché dimostra come il lavoro degli ultimi anni stia raggiungendo una maturità che fa da preludio alle ultime fasi dello sviluppo.

Abbiamo provato l'attesissimo sparatutto con elementi ruolistici di Ubisoft

In battaglia

La nostra prova si apriva con la schermata di personalizzazione del personaggio. Pur non avendo accesso a tutte le opzioni, sbirciando il menu abbiamo notato la presenza di due armi principali e una secondaria, una serie di slot riservati all'equipaggiamento capace di alterare le statistiche dell'alter ego e quelli dedicati alle abilità uniche associate ai due dorsali alti. Per ora questi poteri erano numericamente limitati, spaziando dalle "sticky bomb" a un radar che mostra temporaneamente il posizionamento degli avversari, ma nel gioco completo dovrebbero essere molti di più e fare da punta dell'iceberg di un sistema di crescita piuttosto profondo.

Zona contaminata
Zona contaminata

Lanciata la demo ci siamo diretti con due compagni di squadra all'interno di una zona altamente contaminata. Un'area dove combattere nemici controllati dall'intelligenza artificiale ma anche un secondo team di giocatori umani, ci viene spiegato. I primi minuti li spendiamo quindi a prendere confidenza con un sistema di controllo molto immediato, permutato da altri mille sparatutto in terza persona: con le leve analogiche si muove il personaggio e la telecamera, con i grilletti si mira e si spara mentre i tasti frontali regolano ricarica e cambio dell'arma, oltre a entrata e uscita dalle coperture. Tutto facile, tutto già visto. L'alto livello di personalizzazione suggerisce comunque un approccio più profondo all'azione, la necessità di coordinarsi con i compagni per elaborare strategie complesse. D'altra parte i nemici cadono a terra solo dopo parecchi colpi, una volta svuotata una barra dell'energia che ci ricorda da vicino quella di tanti giochi di ruolo. Dopo qualche minuto di riscaldamento siamo giunti al punto di controllo contesto con la squadra umana avversaria: qui l'obiettivo era mantenerne il possesso per un minuto e mezzo, il tempo necessario a far arrivare un elicottero a cui affidare il prezioso bottino recuperato fino a quel momento. Le cose si facevano quindi abbastanza classiche, una schermaglia tre contro tre che comunque riusciva a funzionare sempre grazie a quel mix di shooting e meccaniche ruolistiche che può ricordare per certi versi quelle di Mass Effect. La mappa era piuttosto piccola ma ovviamente non è detto che non ce ne siano di più grandi. Senza contare che la New York di The Division sarà un grande insieme di aree come questa e che quindi dovrebbe prevedere una certa varietà di situazioni. Quanti giocatori popoleranno le diverse zone, invece, al momento non è possibile saperlo. La varietà di missioni e l'alternanza tra la campagna e il PvP sono di sicuro elementi che ancora vanno verificati e che faranno la differenza tra la buona riuscita del progetto anziché no. Per quello che abbiamo visto, la scelta di realizzare un gioco open world online è comunque azzeccata, perché sperimentarlo in solitaria toglierebbe buona parte del fascino e non permetterebbe di mantenere fede alle ambiziose premesse.

Negli ultimi mesi si è anche molto parlato del presunto downgrade grafico effettuato da Massive Entertainment. Togliamoci subito il pensiero: rispetto alla primissima demo mostrata due anni or sono, quello che abbiamo visto e provato oggi era senza dubbio un passo indietro sotto il profilo tecnico.

Zona contaminata

La versione Xbox One aveva un bel colpo d'occhio grazie agli spettacolari scorci che solo New York sa regalare, ma la pulizia dell'immagine non era paragonabile a quella del primo trailer di gameplay, diverse texture erano ad una risoluzione non esaltante e l'effettistica ne usciva ridimensionata. Prima di mettere mano alla pistola, conviene considerare che a poco meno di un anno dall'uscita c'è ancora un enorme lavoro di ottimizzazione da fare e che la modalità competitiva testata aveva presumibilmente un carico di lavoro sul fronte del netcode maggiore rispetto ad altre sezioni di gioco, tale da giustificare un abbassamento del dettaglio. Come sempre in questi casi conviene aspettare prima di dirsi soddisfatti o meno dal lavoro fatto. Complessivamente The Division ci ha fatto passare un quarto d'ora divertente e ci ha dato un'idea di come potrà essere l'esperienza al di fuori delle missioni principali. I sistemi sono solidi e c'è chiaramente l'ambizione di creare qualcosa di speciale. La differenza la faranno la quantità di contenuti e la qualità delle rifiniture, aspetti centrali di ogni esperienza online.

CERTEZZE

  • New York è affascinante e ricca di spunti
  • Il gameplay mescola elementi presi da più generi
  • Sistema di combattimento di squadra tattico e profondo

DUBBI

  • Tecnicamente ci sono margini di miglioramento
  • Vorremmo giocare e farci un'idea delle missioni principali