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Le cinque migliori avventure

Proseguiamo la rassegna sui migliori titoli dell'anno dedicandoci al genere avventura

SPECIALE di Giorgio Melani   —   09/12/2016

La definizione di "avventura", quando si tratta di videogiochi, non è facile da stabilire, considerando la vaghezza del termine e le trasformazioni avvenute nelle tecnologie e nei concept che di fatto hanno modificato, negli anni, il sistema dei generi tradizionale. Cerchiamo dunque di restringere il campo a quei titoli dal ritmo cadenzato e riflessivo, che fanno della narrazione e della soluzione di enigmi i propri elementi caratterizzanti, riducendo fortemente gli influssi action in favore di un utilizzo esclusivo del pensiero.

Le cinque migliori avventure

Viste le caratteristiche tipiche di questo genere allargato, che stimola l'evasione verso mondi fantastici o mette in scena storie particolarmente strutturate ma raccontate in tanti modi possibili, l'avventura moderna trova ampie espressioni anche in ambito indie, e forse più di altre tipologie di gioco favorisce un'impronta stilistica più marcata e, in alcuni casi, un'impostazione autoriale che è difficile trovare in altri contesti. L'avventura è un viaggio, e come tale è di per sé godibile anche solo nel suo espletarsi come trasporto verso nuovi mondi e situazioni, ovvero nel suo percorso, nel modo in cui il gioco si svela e viene vissuto. Ma il viaggio deve puntare a una meta, e forse in questo sta il segreto della buona avventura: giunta al termine, riesce a farci raggiungere un traguardo, e questo consiste nella persistenza del ricordo delle emozioni vissute, che restano dentro a lungo dopo la conclusione dei titoli di coda. Questo è il parametro con cui abbiamo selezionato questi cinque titoli, che consigliamo agli avventurieri di ogni tipo come alcuni dei migliori viaggi tra quelli proposti dagli sviluppatori nel corso di quest'anno e oltre. Ognuno a modo suo, i titoli di cui parliamo sotto fanno parte di questa ristretta cerchia di avventure "risonanti", in grado di lasciare qualcosa, e a questo proposito si sarebbe aggiunto volentieri anche l'ottimo Oxenfree di Night School Studio, lasciato fuori dai primi cinque solo a causa dell'incredibile qualità media offerta da Kentucky Route Zero, Zero Time Dilemma, The Last Guardian, Inside e The Witness, una situazione che inquadra bene la ricchezza che ha caratterizzato l'offerta del 2016 in termini di avventure.

Per tutti gli avventurieri, ecco cinque dei migliori titoli ascrivibili al genere adventure del 2016

Kentucky Route Zero

A proposito di viaggio, quello del fattorino Conway per consegnare l'ultimo pacco della giornata rientra precisamente in quell'accezione intimista, metaforica e riflessiva dell'avventura classica. La storia raccontata da Cardboard Computer si svela nel corso di cinque atti come una sorta di adventure punta e clicca, ma che fa della narrazione l'elemento portante di tutta l'esperienza di gioco. Quasi un'avventura testuale, supportata da una rappresentazione grafica di grande fascino, Kentucky Route Zero richiede al giocatore di fare delle scelte e assistere alle varie conseguenze, prendere parte a dialoghi, monologhi e situazioni al limite dell'onirico, tra il realismo della narrazione asciutta ma profonda e il surrealismo della rappresentazione grafica. Conway ci porta lungo il magico percorso della Route Zero, la strada apparentemente inesistente che il fattorino decide di intraprendere per portare a compimento la sua consegna nel corso di una lunga notte, popolata di strani luoghi e ancor più strani personaggi, persi e sospesi da qualche parte nel cuore dell'America. Nonostante manchi ancora il quinto atto, Kentucky Route Zero è un'esperienza che merita di essere vissuta, purché ci si trovi a proprio agio alle prese con grandi quantità di testo in inglese.

Zero Time Dilemma

Estro nipponico e sregolatezza, ma anche rigoroso studio del puzzle design e della messa in scena, sono alla base di Zero Time Dilemma, e in generale di tutte le produzioni di Kotaro Uchikoshi e Spike Chunsoft che ricadono nella serie Zero Escape. Il gioco mette in scena un crudele e sadico gioco alla sopravvivenza che vede coinvolte tre squadre composte ognuna da tre persone, che si trovano loro malgrado a partecipare al "Decision Game", nel quale devono cercare di fuggire da stanze in forma di trappole mortali e prendere decisioni di grande peso sul fronte morale, che involvono la possibilità di uccidere altri concorrenti. Il tutto è costruito in maniera molto particolare, spezzettato in sequenze disposte in maniera non cronologica, che possono essere vissute in ordine sparso e ricostituiscono progressivamente l'ordine degli eventi. Vestendo i panni di tre dei personaggi del cast, ci troviamo a seguire eventi narrativi e prendere parte a sequenze di puzzle solving puro all'interno delle stanze/trappole, in un continuo di emozioni e situazioni dal forte impatto emotivo.

The Last Guardian

Difficile scrivere qualcosa che non sia già stato detto su The Last Guardian, durante la lunghissima attesa quasi decennale che ha caratterizzato la tribolata genesi del gioco, quasi perduto nell'oblio ma poi finalmente recuperato e portato avanti con ostinazione da Fumito Ueda, ormai esterno a Sony ma che si conferma sempre autore di fondamentale importanza nella produzione interna dei Worldwide Studios. È davvero una fortuna che la visione di Ueda sia giunta a compimento e che tutti possiamo vivere in prima persona quest'altro sogno a occhi aperti, degno successore di ICO e Shadow of the Colossus. Al di là della storia fiabesca e del level design d'altri tempi, è proprio nella strana coppia composta dal ragazzino e dal gigantesco Trico, l'ibrido felino/volatile, che il gioco trova il suo elemento caratterizzante: una magia che si concretizza nel rapporto che si instaura tra i due e nella sconvolgente vitalità, tenerezza e naturalezza infantile che sprizzano dalle animazioni e dalle interazioni tra i due protagonisti.

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Inside

Limbo aveva già mostrato le grandi capacità espressive e di level design di Playdead, ma il team è giunto a confermarsi e per certi aspetti superarsi con Inside. Lo stile grafico è chiaramente ancora quello del predecessore, anche se in questo caso il mondo è rappresentato in maniera più dettagliata e meno monocromatica, mentre la storia si presenta fortemente criptica e carica di significati che vanno indagati a fondo, dal forte senso metaforico. Non c'è niente di immediato nella strana avventura del ragazzo dalla maglietta rossa, che senza spiegazioni ci trascina con lui in una tragica fuga da una realtà distopica e inquietante, svelando i terribili segreti che si celano dietro la società fortemente automatizzata e totalitaria che sembra aver prosciugato ogni traccia di emozione vitale nel mondo. Anche Inside, come Limbo, realizza perfettamente il difficile equilibrio tra atmosfere di enorme intensità e level design di alto profilo, mettendo insieme un'esperienza veramente memorabile.

The Witness

The Witness è paradigmatico come videogioco d'autore: sviluppato da Jonathan Blow, designer del celebre Braid, rappresenta una sorta di manifesto della sua particolare visione videoludica, tutta incentrata sulla soluzione di enigmi, stratificati e interconnessi tra loro. L'importanza di questo progetto è ben rappresentata anche dalla sua produzione: Blow vi ha investito praticamente tutto quanto guadagnato da Braid, portando avanti lo sviluppo per ben 8 anni. Alla fine, l'enorme investimento traspare da ogni singola schermata del gioco: The Witness è un gioco studiato in ogni dettaglio e caratterizzato da un senso profondo che dev'essere trovato scavando tra gli strati di enigmi che compongono lo strano mondo esplorabile, rappresentato da un'isola misteriosa. L'ambiziosa idea di creare un gioco interamente incentrato sull'esplorazione, la soluzione di enigmi e la comunicazione non verbale attraverso deduzioni ed epifanie è stata realizzata alla perfezione, così come la volontà di costruire un degno omaggio moderno al classico Myst.