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Il mio amico felino

Abbiamo giocato The Last Guardian nella sua versione definitiva, finalmente!

RECENSIONE di Antonio Fucito   —   05/12/2016
The Last Guardian
The Last Guardian
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Sono tempi meravigliosi per i giocatori con qualche anno di esperienza sul groppone: in questi giorni non uno, bensì due titoli quasi persi nel dimenticatoio sono finalmente arrivati nei negozi, al punto che The Last Guardian impallidisce letteralmente dinnanzi al ritardo del compagno in questa "avventura", Final Fantasy XV. Al di là delle vicissitudini legate allo sviluppo e la fuoriuscita di Fumito Ueda da Sony per creare il suo studio genDESIGN, partecipando quindi al progetto come professionista esterno, sono cambiate tante cose nel mondo videoludico in questi sette anni dall'annuncio. L'iconico sviluppatore giapponese, però, è rimasto fedele alle proprie convinzioni: seppur informato e aggiornato, non è interessato alle ultime tendenze che hanno invaso questa particolare sfera dell'intrattenimento, avendo la profonda convinzione che un videogioco debba emozionare e raccontare una bella storia. Nonostante il salto temporale importante rispetto alle sue precedenti creazioni, The Last Guardian è collegato a doppio filo a quel modo di intendere i videogiochi e, forse in maniera sorprendente, tale idea non è invecchiata particolarmente, ed anzi è stata arricchita in termini di gameplay per adeguarsi ad alcuni dettami odierni oramai dovuti. Noi siamo qui per esprimere il nostro giudizio, riducendo al minimo gli spoiler anche a rischio di regalarvi una recensione meno approfondita del solito.

Il momento è finalmente giunto, abbiamo giocato The Last Guardian nella sua versione definitiva

I misteri della vita

La prima cosa da fare, come oramai triste consuetudine, è quella di scaricare la patch del day-one. Poco più di 1 GB, che addirittura sembrano pochi visti gli ultimi trend, rivolti alla risoluzione dei bug e al supporto di PlayStation 4 Pro e HDR; l'ingombro complessivo su disco è di circa 14 GB, a testimoniare la natura del titolo che pone le sue radici su PlayStation 3. Dati tecnici a parte, abbiamo approcciato il gioco con rigoroso rispetto e da grandi fan di Ico e Shadow of the Colossus, ma anche con una consapevolezza ed esperienze ulteriori maturate nel corso del tempo, grazie a titoli che nel frattempo hanno ridefinito il genere delle avventure come The Last of Us e altri su diversi sistemi. The Last Guardian è incentrato nella sua interezza sulla storia - sotto forma di flashback - di un ragazzo proveniente da un villaggio sperduto chissà dove, che si ritrova chissà perché in una vallata dalla quale è apparentemente impossibile fuggire. Risvegliandosi in compagnia di una creatura dalle fattezze mitologiche, come evidenziato dalla sequenza iniziale che mostra alcune di quelle realmente esistite nell'immaginario collettivo.

Il mio amico felino
Il mio amico felino
Il mio amico felino

Un rapporto destinato ad evolvere nel corso del tempo, perché le vicissitudini dei due protagonisti li porteranno ad una connessione profonda, fino a diventare colonna portante della produzione ed incidere nelle dinamiche di gameplay. L'ambientazione è composta da strutture imponenti che si perdono a vista d'occhio, altezze che provocano vertigini al solo sporgere la testa, ostacoli che richiedono ingegno per essere superati. La collaborazione tra i due è quindi fondamentale, perché il ragazzo può muoversi agilmente negli spazi angusti o scalare edifici quando vi sono solamente piccoli appigli, in groppa alla creatura può balzare tra punti molto distanti o difendersi dai pericoli animati che popolano l'ambientazione. Nelle battute iniziali bisogna guadagnarsi la fiducia di Trico rimuovendo alcune lance conficcate nel suo corpo e cibandolo, poi magari sfruttando elementi dello scenario per indicargli le azioni da compiere. La creatura non sempre risponderà prontamente, e solo dopo diverse ore di gioco vi sarà una sintonia maggiore, che permetterà mediante alcuni gesti (eseguibili con R1 più uno dei quattro tasti frontali del DualShock 4) di addomesticarne i comportamenti. O almeno provarci, perché magari ci sarà uno specchio dalle fattezze di occhio ad impedirgli di proseguire, qualcos'altro che distoglie la sua attenzione: in The Last Guardian si controlla il ragazzo per tutto il tempo, mentre il suo compagno gode di una propria intelligenza artificiale e di un istinto tipico degli animali. Ma Trico cos'è, in definitiva? Ne abbiamo analizzato e ripercorso i comportamenti durante tutto il corso del gioco: secondo noi è principalmente un felino, un gatto cresciuto che si gratta con le zampe, che ha espressioni tipiche di un adorabile micio, che prima di fare un salto valuta con gli occhi la distanza e si posiziona col sedere. Ma ha anche, ovviamente, fattezze di un volatile e comportamenti tipici di un cane, in grado di interpretare le gestualità del proprio compagno, affezionarsi e seguirlo anche nei momenti di difficoltà. Ciascun giocatore trarrà le proprie considerazioni vivendo in prima persona l'interazione con questa creatura: vi basti sapere che il nome Trico è tra i candidati più accreditati al prossimo felino che dimorerà nella casa di chi scrive. Un altro protagonista "passivo" è questa sorta di fluido che si trova all'intero delle piccole botti che fanno da cibo per Trico, ma che sgorga anche da alcune anfore e sembra dare vita ad armature ostinate a rapire il ragazzo e sbarrare la strada ai due in qualsiasi maniera. In termini di level design l'avventura segue una progressione simile, e le prime ore risultano belle ma senza sussulti: si apprende come interagire con Trico e servirsene per superare distanze o altezze altrimenti impossibili, si affrontano puzzle ambientali durante i quali bisogna attivare leve o procacciare cibo - molto classiche - si apprendono le prime informazioni narrative. Sempre e soprattutto nelle prime ore ci si muove in spazi limitati, e la telecamera palesa qualche problema sia quando agisce per proprio conto, sia quando si prova a gestirla con l'analogico destro, diventando schizofrenica in prossimità di un soffitto o di una parete ravvicinata, ancor di più se in groppa a Trico. Provate voi a muovere un elefante in una stanza, ma questo non toglie che si sarebbe potuto fare di meglio.

Trofei PlayStation 4

The Last Guardian mette a disposizione 24 trofei, dei quali 7 oro. Completarlo una prima volta porta in "dono" una percentuale abbastanza bassa di completamento, meno del 30%: per ottenere tutti i trofei sono necessarie attività che rappresentano spoiler e che per questo non vi raccontiamo, assieme ad esempio alla necessità di completare l'avventura in meno di 30, 15 e 5 ore, dare tutti i barili in pasto a Trico, fare infilare la testa della creatura in tutti i buchi (!). Probabilmente servirà finire l'avventura almeno una seconda volta per ottenere il tanto agognato platino.

Solitudine e compagnia

Paradossalmente, in seguito alla sequenza del ponte mostrata durante l'E3 di Los Angeles che sopraggiunge dopo circa 4-5 ore di gioco, la situazione migliora sotto ogni punto di vista: la telecamera fa meno le bizze, le fasi platform acquisiscono complessità e ariosità, i puzzle diventano ingegnosi - sfruttando ad esempio l'acqua, la potenza fisica di Trico, l'interconnessione di ingranaggi e torri tra loro - la storia inizia a prendere ritmo e vi sono accadimenti che coinvolgono altri antagonisti. Dando luogo a sequenze arrembanti e ad alto tasso emotivo, durante le quali le nostre azioni possono incidere su quelle degli altri. Tra le sezioni migliori abbiamo quelle nelle quali il ragazzo si muove su fili sospesi nel vuoto, con la necessità di raggiungere quegli specchi poc'anzi citati scalando numerose strutture; bisogna scervellarsi inoltre un po' di più per capire come proseguire. Il sistema di controllo è estremamente simile a quello di ICO, che propone tra le altre cose il triangolo per il salto e non la solita X alla quale siamo oramai abituati. In The Last Guardian abbiamo elementi provenienti da entrambi i capitoli, ma le maggiori similitudini sono proprio con quello originale, anche in termini di level design. La presenza di Trico, che può essere "scalato" in maniera simile ai giganti di Shadow of the Colossus, serve a rendere il gameplay dinamico come mai prima d'ora; rimanere aggrappati alla creatura è però automatico in occasione di grandi salti o fughe, senza necessità di lasciare premuto un tasto apposito. Piuttosto il rapporto tra i due ricorda quello di Wander e Agro, ma nel caso di The Last Guardian è molto più pronunciato, importante a livello di gameplay e pilastro fondamentale della componente narrativa. In un paio di occasioni ci sono venuti gli occhi lucidi per quanto abbiamo visto su schermo, ed è stato emozionante notare piccoli dettagli come la preoccupazione di Trico, il suo rotolarsi nell'acqua, l'affezionarsi sempre di più creando una connessione che prevedibilmente esplode nelle ultime battute dell'avventura. A differenza degli altri due lavori di Ueda, infine, la storia è narrata in maniera semplice, diretta, metodicamente progressiva, al punto da risultare se vogliamo meno sorprendente. Ci sono ad ogni modo diverse chiavi di lettura una volta terminati i titoli di coda, che fanno ripensare ad alcune azioni compiute in prima persona durante le precedenti ore di gioco. Abbiamo portato a termine The Last Guardian in poco più di 12 ore (cronometrate!), una durata assolutamente adeguata alla tipologia di esperienza che offre; ricominciando è possibile sbloccare dei costumi alternativi per il ragazzo, legati al numero di barili dati in pasto a Trico, lasciando il resto della rigiocabilità alla voglia di rivivere alcuni passaggi dell'avventura.

Il mio amico felino
Il mio amico felino
Il mio amico felino

I menu offrono una scelta ridotta all'osso, con poche opzioni legate alla telecamera e l'audio: abbiamo trovato un po' fastidiosi i suggerimenti costanti dei comandi che appaiono nelle prime ore in maniera arbitraria, avremmo gradito un'opzione per disattivarli non appena preso confidenza col sistema di controllo. Non ci siamo dimenticati del comparto grafico, che nella sua vena artistica riesce perfettamente a trasmettere quel senso di grandiosità e solitudine dell'ambientazioni, oltre che regalare scorci memorabili negli esterni. Ci sono diversi elementi che tradiscono la natura a cavallo di generazioni del prodotto, soprattutto per quanto riguarda gli effetti utilizzati, pochi, oppure l'interazione con l'acqua e le texture, spesso monotematiche e non paragonabili con quelle dei giochi di ultima generazione. Esistono altresì tocchi di classe come il vento che interagisce con le piume di Trico, le animazioni sia di quest'ultimo che del ragazzo, la mole poligonale enorme della creatura e delle strutture della vallata, davvero in grado di trasmettere la grandiosità del tutto. In senso tecnico stretto The Last Guardian quindi soffre di alti e bassi, ma i punti di forza elencati e il livello artistico restituiscono un impatto complessivo per larghi tratti soddisfacente. Abbiamo giocato per intero il titolo su PlayStation 4 Pro con un pannello 4K in grado di interpretare il segnale HDR, che il gioco supporta in automatico senza possibilità di disattivarlo. In tale configurazione abbiamo ravvisato una qualità dell'immagine morbida e priva di aliasing (non sappiamo quale tecnica di rendering è stata utilizzata), assieme ad fluidità perfetta a 30 fotogrammi al secondo nella maggior parte dei casi: in alcune sezioni esterne viene utilizzato un motion blur piuttosto marcato, che a seconda della propria sensibilità può dare più o meno fastidio. L'HDR fa un ottimo lavoro nelle scene all'aperto quando accecati dal sole, in quelle al chiuso grazie ad un ottimo contrasto tra le zone illuminate e non. Sicuramente è ravvisabile un miglioramento rispetto al gioco sulla versione "liscia" della console, che paga soprattutto in termini di frame rate - ben lungi da essere fluido come sulla versione Pro - ma per fortuna condivide tutti i restanti pregi che abbiamo elencato qualche riga più sopra. Per quanto riguarda il comparto musicale, l'ottima colonna sonora creata dal maestro Takeshi Furukawa e suonata dall'orchestra filarmonica di Londra accompagna i protagonisti in maniera timida quando richiesto, più incisiva nei momenti di maggiore tensione emotiva, risultando di fattura pregevole anche dal punto di vista puramente tecnico. Se proprio vogliamo addentrarci in virtuosismi e paragoni, la colonna sonora di Shadow of the Colossus, composta da Kow Otani, godeva di una varietà e di arrangiamenti superiori, con alcuni pezzi davvero indimenticabili. Anche quella di The Last Guardian si difende, ma risulta più monocorde e manca di quel brano indimenticabile che definisce tutta la produzione. All'interno della Collector's c'è un codice che permette di scaricare un'applicazione apposita per ascoltare la colonna sonora direttamente su PlayStation 4, con inoltre l'opzione per esportare tutti i brani (diciannove) in formato Stereo MP3 su chiavetta USB.

Conclusioni

Multiplayer.it
8.6
Lettori (270)
8.0
Il tuo voto

The Last Guardian offre più sostanza di quanto si pensi analizzando i due precedenti lavori di Fumito Ueda, grazie ad gameplay orientato al platform/puzzle solido, vario e a tratti ingegnoso, che pecca di pigrizia nella prima parte ma migliora esponenzialmente andando avanti. Dal punto di vista grafico sono indubbie le criticità derivate da uno sviluppo cominciato su PlayStation 3, ma il comparto artistico e diversi elementi come ad esempio la realizzazione di Trico, restituiscono un impatto grafico ben lungi dall'essere banale, anzi. I momenti evocativi sono ad appannaggio del senso di solitudine e grandiosità che permea l'ambientazione di gioco, le corde emozionali vengono toccate dal rapporto tra i due protagonisti, anche dalle chiavi di lettura di una storia che nel suo filo narrativo principale è chiara, diretta, bella da vivere, senza picchi clamorosi. L'unico vero "peso" che The Last Guardian si porta dietro dal suo annuncio nel lontano 2009 è derivato dal genere al quale appartiene, non più battuto come una volta e chissà quanto seguito dalla massima critica videoludica, soprattutto da metri di paragone importanti arrivati nel frattempo. Poco importa, comunque: anche senza quell'appellativo di capolavoro al quale avrebbe potuto aspirare, è un gioco che gli estimatori di Fumito Ueda e gli amanti delle avventure dovrebbero giocare dall'inizio alla fine.

PRO

  • Gameplay solido ed ingegnoso, anche piuttosto vario
  • Il rapporto tra Trico e il ragazzo regala diversi momenti emozionanti e interessanti da giocare
  • Artisticamente delizioso, la realizzazione di Trico è eccellente. Impossibile non affezionarsi

CONTRO

  • Alcuni elementi grafici tradiscono lo sviluppo cominciato su PlayStation 3
  • Su PlayStation 4 "liscia" il frame rate è incerto
  • La prima parte dell'avventura è piuttosto classica, e la telecamera fa fatica negli spazi piccoli