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Cosa succede e cosa dovrebbe succedere a Call of Duty?

Lo scivolone day one dell'ultimo capitolo fa riflettere: verso quale futuro si sta dirigendo il franchise?

SPECIALE di Giordana Moroni   —   28/01/2017

È opinione diffusa che la serie di Call of Duty nell'anno appena passato si sia un po' persa per strada: Infinite Warfare non è riuscito al lancio a replicare il successo dei suoi predecessori, ma Activision non molla e continua a sfoggiare la sua miglior faccia da poker, giustificando le vendite non entusiasmanti con un "è un momento, passerà"... e finendo poi per avere ragione. C'è però la possibilità concreta che questo colossale franchise sia davvero in pericolo? Chi minaccia Call of Duty ma soprattutto, esistono soluzioni prima che la situazione degeneri? Proviamo a rispondere a queste domande nel nostro speciale.

Vendite iniziali non esaltanti per Infinite Warfare: è l'inizio della fine?

Quantificare i danni

Prima di tutto va quantificato il danno subito da Call of Duty lo scorso 2016: i primi dati di vendita riportavano un calo del 50% rispetto a Black Ops III durante la stessa finestra temporale di lancio. Il titolo poi pare essersi ripreso sotto le feste visto che ha battuto a livello di vendite The Last Guardian e Dead Rising 4, aggredendo poi le classifiche di vendita inglesi e dominandole per otto settimane di fila.

Cosa succede e cosa dovrebbe succedere a Call of Duty?

Il calo inizialmente però c'è stato e a tal proposito non sono mancate reazioni a riguardo; la prima viene un po' dal cuore dei giocatori, stufi di vedere un altro titolo con uscita annuale del franchise. Insomma, l'ennesimo capitolo di una saga macina soldi che ha venduto l'anima al Dio Denaro molti anni fa... e non c'è nulla di male nell'ammettere che alle prime tragiche avvisaglie alcuni di noi hanno gongolato ridendosela sotto i baffi. L'opinione più diffusa è che questo calo iniziale delle vendite fosse imputabile alla sovrapposizione di non due ma ben tre sparatutto in prima persona nel giro di poche settimane. Assieme a Infinite Warfare anche Battlefield 1 e Titanfall 2 sono usciti nello stesso mese, ma i conti non tornano comunque. Battlefield 1 è stato forse quello che nel trio ha saputo fare meglio al lancio e i giocatori hanno gradito e stanno tutt'ora gradendo il gioco tanto che nella prima settimana di lancio il gioco vantava un numero di giocatori attivi raddoppiata rispetto quanto fatto da Battlefield 4, ma i margini di guadagno seppur ottimi (la serie sta guadagnando al netto un 8% in più di anno dopo anno) non sono così fuori scala da giustificare una "migrazione" dei vecchi giocatori di Call of Duty verso la concorrenza. Simile discorso lo si può fare per Titanfall2, altro shooter in serie difficoltà durante le prime settimane di lancio e non a caso l'analista Michael Pachter ha definito le uscite di questi giochi come stupide e che hanno messo a rischio le vendite di tutti e tre i titoli. Ma c'è un altro competitor che Activision non ha tenuto in considerazione: Call of Duty stesso.

Dove sono finiti i giocatori di CoD?

Il più grande nemico di Infity Warfare è stato probabilmente, e paradossalmente, Black Ops III: Activision può dormire sonni relativamente tranquilli perché i suoi giocatori non sono spariti o, peggio, passati alla concorrenza, semplicemente stavano giocando con il Call of Duty "vecchio". Questo paradosso è decisamente significativo e dimostra ad Activision che le sue strategie marketing funzionano molto bene. Black Ops III infatti non solo è riuscito a fare meglio del predecessore Modern Warfare ma ha continuato a vedere, secondo SuperData, circa 30.000 copie al mese in Inghilterra anche a ridosso del lancio di Infinite Warfare. Rispetto al titolo rilasciato nel 2014 poi, Black OPS III vanta un'attenta campagna di contenuti a pagamento rilasciati nel corso del tempo, dato che conferma una maggior attenzione post-lancio del publisher .

Cosa succede e cosa dovrebbe succedere a Call of Duty?

Anche se quello dei DLC, season pass e pacchetti a pagamento è un discorso che fa torcere le budella a molti di noi è un piano che economicamente paga e anche molto bene: in particolare Modern Warfare ha introdotto le micro-transazioni solo nel maggio 2015, ben sei mesi dopo la sua uscita mentre Black OPS III garantiva servizi a pagamento già nel mese successivo al lancio. Prendendo quindi l'ARPU ( acronimo di Average revenue per user, "ricavo medio per utente") come dato d'analisi e guardando il ciclo di vita completo di entrambi i capitoli, Black OPS III è stato decisamente molto più redditizio di Modern Warfare e questo semplicemente perché veniva dato in pasto ai giocatori sempre qualcosa di nuovo e un pretesto costante per giocare significa un flusso di cassa continuo. E proprio partendo da questa dimostrazione la domanda "ma davvero un Call of Duty all'anno serve?" che ogni anno ci poniamo trova a maggior ragione un risposta negativa. Del resto, volendo fare un po' i maliziosi, se ormai l'abitudine è spremere una saga fino alla fine perché non applicare lo stesso modus operandi per ogni capitolo della suddetta saga? Come appena detto i dati dimostrano che paga molto di più fare un gioco supportandolo per un ciclo di vita più lungo che non investire tempo e denaro ogni anno; va detto poi che questo processo può essere fatto in modo equilibrato anche per i portafogli dei giocatori e Activision ha accolto tra le sue braccia una Blizzard che ha sempre fatto della longevità dei suoi titoli il punto forte senza gravare in modo eccessivo sulle tasche degli acquirenti... da quel punto di vista basterebbe una riunione di famiglia per chiedere consiglio. Quindi no, un Call of Duty all'anno forse non serve più, ne basterebbe uno ogni due anni ben supportato e capace di tenere ancorato il pubblico sui suoi server. A questo proposito va aggiunta anche la fatica dei team di sviluppo al lavoro a rotazione sul franchise (Infinity Ward, Treyarch and Sledgehammer) e le difficoltà nel darsi il cambio negli ultimi anni: il risultato sono tre capitoli di fila tutti con un'ambientazioni sci-fi, mentre Electronic Arts ha rispettivamente proposto un Battlefield 4 ambientato in un prossimo futuro, lo spin-off poliziesco Hardline e l'ambientazione (più o meno) storica della Prima Guerra Mondiale nell'ultimo Battlefield 1, senza contare lo shooter su licenza Star Wars Battlefront e Titanfall, creatura nata proprio da una costola della concorrenza. Differenti ambientazioni non sono sinonimo di qualità sicura ma se non altro spaziare in diverse epoche aggiunge un po' di varietà alla scelta. Activision deve quindi rimettersi leggermente in carreggiata ma non per colpa di errori ma per una semplice questione di ottimizzazione di investimenti e lavoro: si può fare di più con molto meno.