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Destiny 2: il punto della situazione

Cosa vorremmo e ci auguriamo da Bungie per i mesi a venire

SPECIALE di Tommaso Valentini   —   07/05/2018

Bisogna tornare a parlare di Destiny 2 perché il periodo lo richiede. Occorre discutere nuovamente del percorso di Bungie, del futuro di questo secondo capitolo e cercare di capire perché la serie non è riuscita a penetrare l'utenza come sperato da Activision. Vogliamo insomma fare un po' il punto della situazione, senza però dimenticare che le basi di Destiny 2 restano ottime e che, condivisibile o meno, l'esperienza offerta dal titolo è di sicuro valore, perlomeno durante le prime fasi di gioco. Che cosa è andato storto dunque e perché l'utenza ha apparentemente girato le spalle al colosso americano? I motivi sono i più disparati a partire da un modello di businness che male si è sposato con le effettive necessità dello sparatutto e un endgame svanito con un semplice schiocco di dita. Come risalire la china?

Destiny 2: il punto della situazione

A caval donato

Inutile nascondersi dietro un dito, quando a settembre abbiamo coperto la recensione di Destiny 2 siamo stati piuttosto chiari: l'opera Bungie ci aveva colpito per il suo stile, per le ottime ambientazioni e per tutto il contorno di quello che era, e che è, un gioco dalle fondamenta davvero solide. Questo è un dato di fatto, un parametro oggettivo se pensiamo che già il primo capitolo aveva mostrato la corretta via da seguire, con la necessità cioè di dover offrire un supporto costante al titolo e far piovere una quantità di contenuti tale da mantenere incollati i giocatori ai server fino a traghettarli verso quello successivo. Non serve insomma girarci intorno, Destiny non ha mai puntato sul multiplayer competitivo per restare in vita come invece fatto da Call of Duty e Battlefield, tentando invece di dare un'impronta molto più da gioco cooperativo al suo DNA. Ci saremmo dunque aspettati l'aggiunta di raid su raid, nuovi pianeti, nuove missioni, armi, e pure nuove emoticon, shader e ammennicoli vari con l'unico ed esclusivo obiettivo di dare ai giocatori qualcosa da fare. Tanto il farming è intriso nell'ossatura del gioco e chi si approccia a Destiny, così come chi gioca a Diablo o a qualsiasi MMO, ha volontà e costanza nel perseguire obiettivi complessi, anche se la strada per arrivarci è costellata da attività ripetitive e a volte pure piuttosto articolate e frustranti, a patto che rappresentino sempre uno stimolo per il progresso e che riescano poi a sottolineare in qualche modo l'elitarismo di chi riesce a raggiungerli. Insomma, non ci vuole molto a copiare spudoratamente i raid di World of Warcraft come concetto di difficoltà e ricompense né tanto meno capire che giocare per il semplice loot è cosa buona e giusta anche a costo di aumentare costantemente il power level e magari sbilanciare i contenuti più vecchi in favore dei nuovi giocattoli. Avremmo insomma continuato a giocare per mesi a Destiny 2 se settimanalmente fossero arrivate patch contenutistiche in grado di aggiungere una nuova istanza, una nuova attività sui pianeti esistenti o anche solo un nuovo assalto con regole diverse e, soprattutto, nuove ricompense. Bungie invece si è arrestata bruscamente nello sviluppo, facendosi trovare impreparata a supportare il titolo a dovere, perdendo così gran parte della community che è migrata dai server, PC e console indistintamente, per andare a popolare competitor inaspettati come Fortnite e Playerunknown's Battlegrounds. Colti in contropiede gli sviluppatori hanno però faticato a rimettere in moto la macchina dello sviluppo, facendo seguire a un raid davvero disastroso in termini di divertimento pochissimi altri contenuti, sancendo la frenata di un progetto che non è riuscito ad arrivare dove desiderato, almeno per il momento.

Destiny 2: il punto della situazione

Ma servivano davvero bei contenuti?

Siamo altresì convinti che la qualità del raid iniziale è stato solo l'ultimo dei problemi e che, anzi, i giocatori avrebbero accettato di buon grado persino contenuti mediocri purché aggiungessero benzina ad un motore arrendevole sotto quel punto di vista. Sviluppare contenuti però ha un costo, indubbiamente superiore a quello del mero bilanciamento, e un prezzo pieno al day one più season pass forse non è bastato per poter dare supporto costante alla produzione. Era giusto allora ripensare alla strategia di marketing di questo tripla A e tentare un approccio che rivoluzionasse completamente il mercato? Regalare le espansioni e aumentare le micro transazioni sarebbe potuta diventare la soluzione definitiva? D'altronde anche la stessa Blizzard ha sostanzialmente raggiunto gli obiettivi stagionali con la medesima politica e i risultati, sul lungo periodo la stanno premiando. Anche Fortnite sembra non subire contraccolpi da una formula free to play riempita di skin e oggetti da comprare separatamente, pur continuando a rinfrescare il gameplay con aggiunte costanti: basti pensare che il titolo è alla quarta stagione con pochi mesi sulle spalle mentre Destiny si appresterà ad entrare nella terza stagione solo in questi giorni, con l'arrivo sui server della Mente Bellica. Al netto di queste problematiche, che potrebbero pure venire risolte a settembre quando Destiny riceverà il suo terzo DLC, così come era già stato per il primo capitolo, le cose sui server sono andate migliorando, soprattutto grazie alle attività legate al PvP, con Activision pronta a spingere ulteriormente il titolo facendolo arrivare sull'Humble Store a circa 10 euro, un prezzo imbattibile per i contenuti offerti, anche se a questi poi andrà comunque aggiunto il costo dei DLC (poco più di trenta euro) per ottenere l'esperienza completa.

Crederci ancora!?

Cercando di analizzare la situazione con il dovuto distacco si può notare comunque uno sforzo produttivo considerevole nell'ultimo periodo che potrebbe giustificare il ritorno in massa sui server, anche solo per provare le ultime novità e rimettersi a caccia di qualche esotica particolare o giochicchiare con le varie statistiche delle armi, o i loro nuovi potenziamenti. La Mente Bellica poi, dovrebbe fare il resto, aggiungendo nuove missioni, nuovi posti da esplorare e nuove mappe multiplayer per il crogiolo. Anche le micro transazioni, però, verranno riviste proprio con l'intento di seguire maggiormente i feedback degli utenti, che sembravano essere stati messi da parte in maniera piuttosto brutale nei mesi successivi al lancio. Destiny potrebbe davvero essere un titolo spacciato se fosse un progetto standalone o semplicemente in mano a persone senza visione del futuro come un Lawbreakers qualsiasi. Le cose però sono molto diverse, perché Destiny 2 è un progetto che deve, imperativamente, risollevarsi per poter garantire una eccellente continuità alla serie. Deve rialzarsi e ricominciare a correre per spianare la strada al terzo capitolo e la nostra speranza realistica è di vedere queste corpose migliorie ben prima del prossimo settembre. Occhi aperti dunque sul lancio della Mente Bellica di domani: tutti i riflettori sono ora puntati sui risultati di questo DLC, che dovrà fare da richiamo per tutti gli appassionati e dovrà essere il primo tassello del puzzle per riportare gli sfiduciati a credere nuovamente in quello che, negli ultimi anni, può essere tranquillamente considerato uno dei progetti più grossi dell'intera industria videoludica.

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