32

La storia di Alone in the Dark, dalle origini al remake

Dall'idea iniziale al successo internazionale, dal caso Resident Evil ai reboot, ripercorriamo la storia del primo survival horror 3D di sempre: Alone in the Dark.

La storia di Alone in the Dark, dalle origini al remake
SPECIALE di Tommaso Pugliese   —   18/03/2024

La storia di Alone in the Dark è legata a doppio filo a quella del suo autore, Frederick Raynal. Classe 1966, un'adolescenza passata tra film dell'orrore e manuali di programmazione, alla fine degli anni '80 il giovane sviluppatore realizza un clone di Breakout che lo rende celebre al punto da fargli avere un posto di lavoro in Infogrames.

Dividendosi fra una conversione e l'altra, Raynal porta avanti il concept di un gioco horror che nasce come un'esperienza claustrofobica e dai tratti originali, persino sperimentali, per poi trasformarsi in qualcosa di diverso quando l'azienda francese stringe un accordo con Chaosium per la realizzazione di una trasposizione del GdR Call of Cthulhu.

È dunque un intreccio in larga parte fortuito, quello che finisce per dar vita al primo survival horror 3D di sempre: siamo qui per raccontarvi come tutto ha avuto inizio e cos'è successo dopo.

Nel buio. Da soli.

Frederick Raynal
Frederick Raynal

Dicevamo dell'idea iniziale, degli intrecci fortuiti e del talento di Frederick Raynal: quando arriva in Infogrames, l'allora amministratore delegato Bruno Bonnell gli affida la realizzazione di un gioco che si sarebbe dovuto chiamare In the Dark e mettere in scena un'esperienza peculiare, in cui il personaggio controllato dal giocatore si muove nel buio più assoluto, con solo pochi lampi a illuminare brevemente lo scenario e dei suoni per orientarsi.

Raynal si rende conto che seguire quell'esatta traccia sarebbe stato troppo complicato, ma l'idea dello smarrimento, dell'essere soli in un luogo potenzialmente insidioso e inospitale a cui sopravvivere, ai suoi occhi si intreccia con le pellicole dell'orrore di cui era tanto appassionato. Dunque stabilisce alcuni punti fermi: un motore grafico poligonale, scenari statici con visuali fisse e inquietanti, e infine la storia di un investigatore privato che si trova a esplorare le stanze di un'antica villa, Derceto, per indagare sul suicidio del suo proprietario.

A questo punto negli uffici di Infogrames si percepisce il grande entusiasmo attorno al progetto, a cui vengono assegnate nuove e importanti risorse. L'accordo siglato nel 1991 con la casa editrice Chaosium per la trasposizione del gioco di ruolo Call of Cthulhu, in concomitanza con l'arrivo dello scrittore Hubert Chardot, grande appassionato di Lovecraft, contribuiscono a donare al gioco una connotazione precisa, sebbene diversa rispetto al pitch originale.

Una casa potenzialmente infestata, dunque, fa da sfondo alla vicenda che viene raccontata attraverso le note e i documenti che i protagonisti (diventati due, nel frattempo: l'investigatore Edward Carnby ed Emily Hartwood, nipote dell'uomo che si è tolto la vita) trovano nel corso delle loro indagini. Tuttavia l'orrore che si cela fra le stanze e i corridoi di Derceto possiede una natura cosmica, lovecraftiana appunto, e il nome viene cambiato in Alone in the Dark.

Il primo capitolo e ciò che è venuto dopo

L'artwork principale di Alone in the Dark
L'artwork principale di Alone in the Dark

Pubblicato in Europa nel 1992, Alone in the Dark viene accolto con grandissimo entusiasmo tanto dalla critica quanto dal pubblico, e Infogrames trova un accordo con Interplay per distribuirlo anche negli Stati Uniti l'anno successivo: ciò consolida ulteriormente il successo del survival horror diretto da Frederick Raynal, che nel 2000 conta 2,5 milioni di copie vendute.

Come accennato in precedenza, la trama del gioco vede l'investigatore privato Edward Carnby recarsi insieme a Emily Hartwood presso la magione di Derceto per scoprire la verità sul suicidio dello zio della donna, Jeremy. Man mano che si muovono all'interno della casa, tuttavia, i due scoprono che dietro l'accaduto si cela un misterioso e inquietante culto.

L'artwork di Alone in the Dark 2, straordinariamente affascinante: molto più del gioco stesso
L'artwork di Alone in the Dark 2, straordinariamente affascinante: molto più del gioco stesso

Il mix di personaggi poligonali e scenari prerenderizzati, inquadrati nelle maniere più assurde e claustrofobiche possibili, dà vita a un'esperienza straordinariamente affascinante e tecnologicamente all'avanguardia per i tempi, che non a caso funge da chiara ispirazione per Shinji Mikami: non fosse stato per Alone in the Dark, ha ammesso il game director giapponese, il primo Resident Evil sarebbe probabilmente diventato uno sparatutto in prima persona.

Infogrames cerca di capitalizzare l'enorme popolarità della creatura di Raynal ordinando il rapido sviluppo di due seguiti che fanno il proprio debutto nel 1994 e nel 1995, ma senza che dietro ci sia l'autore originale, passato nel frattempo a Delphine Software: la su assenza si fa inevitabilmente sentire, così come il cambio di rotta in termini di tematiche e atmosfere.

Fra reboot, film e spin-off

Alone in the Dark: The New Nightmare
Alone in the Dark: The New Nightmare

Completata la trilogia originale, Alone in the Dark viene accantonato per diversi anni, ma il contemporaneo successo della saga di Resident Evil convince Infogrames a rilanciare la serie nel tentativo di attrarre il medesimo pubblico. Nel 2001 si sceglie dunque di realizzare un reboot dall'ambientazione contemporanea, Alone in the Dark: The New Nightmare, e l'idea apparentemente funziona.

Pur privo di spunti originali e anzi banalotto nella sua rilettura moderna, il gioco realizzato da Darkworks viene accolto in maniera positiva da critica e pubblico, totalizzando buoni numeri in termini di vendite e ispirando il (famigerato?) regista tedesco Uwe Boll a mettere in piedi una trasposizione cinematografica con Christian Slater che fa il proprio debutto nelle sale nel 2005.

Christian Slater sulla locandina di Alone in the Dark
Christian Slater sulla locandina di Alone in the Dark

Nonostante il flop (la pellicola incassa al botteghino poco più della metà del suo budget), tre anni dopo viene realizzato un altro film a cui però Slater si rifiuta di partecipare, venendo sostituito nel ruolo di Edward Carnby dall'attore di origine coreana Rick Yune nell'ambito di una storia del tutto slegata a quella raccontata in precedenza, che finisce per avere ancora meno fortuna.

La saga videoludica viene quindi sottoposta a un'ulteriore rivisitazione nel 2008 con Alone in the Dark: il publisher, diventato nel frattempo Atari, affida lo sviluppo a Eden Games, che prova a realizzare un curioso ibrido fra azione in prima e terza persona, con alcune idee interessanti (l'uso del legno e del fuoco nei puzzle o per combattere, ad esempio), ma anche diversi lati oscuri.

Alone in the Dark, il reboot del 2008
Alone in the Dark, il reboot del 2008

L'accoglienza tutt'altro che entusiastica riservata al gioco spinge il publisher a ripensare nuovamente la serie e a tentare la strada dello spin-off nel 2015 con Alone in the Dark: Illumination, uno sparatutto cooperativo in terza persona per molti versi simile allo Zombie Army di Rebellion, ma viziato da molteplici problemi tecnici anche di natura tecnica, nonché quasi del tutto slegato dalla tradizione del marchio.

Passano dunque quasi dieci anni per un nuovo Alone in the Dark, quello di Pieces Interactive: una reinterpretazione dell'originale del 1992, come amano sottolineare gli autori, che può contare su nomi importanti tanto sul fronte dello sviluppo (il director e autore Mikael Hedberg, il monster designer Guy Davis, il compositore Jason Kohnen) quanto del cast (David Harbour e Jodie Comer nei ruoli di Edward ed Emily).

Il 'nuovo' Alone in the Dark
Il "nuovo" Alone in the Dark

Un progetto mosso dalla passione per l'opera di Raynal, pieno di riferimenti, personaggi e citazioni che attingono a piene mani dalla pur frammentata lore costruita nel corso degli ultimi trent'anni. Sarà capace di spronarci a esplorare ancora una volta il buio da soli? Lo scopriremo presto.