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Dragon Ball: Final Bout, un "meraviglioso disastro" dell'era PlayStation

Nel 1997 veniva pubblicato su PlayStation Dragon Ball: Final Bout, uno dei peggiori picchiaduro di sempre, ma al tempo stesso un videogioco indimenticabile.

Dragon Ball: Final Bout, un 'meraviglioso disastro' dell'era PlayStation
SPECIALE di Lorenzo Mancosu   —   17/04/2024

Mettendo in rapporto le dimensioni del potenziale e gli effettivi risultati raggiunti in termini qualitativi, il sottobosco creativo dei manga e degli anime è probabilmente quello che ha ricevuto il trattamento peggiore in assoluto quando si parla di videogiochi. A fronte delle decine e decine di marchi di straordinario successo che si sono susseguiti nel corso degli ultimi trent'anni, è capitato solo in rarissime occasioni d'imbattersi in produzioni d'alto calibro, quasi mai d'incontrare materiale da gioco dell'anno, e la cosa ancor più beffarda è che fin dai suoi albori il medium è felicemente convolato a nozze con il mondo dei fumetti e soprattutto con quello dei supereroi, oggi protagonisti assoluti degli sforzi degli studi AAA.

Nel nostro paese, come in diverse altre regioni del mondo, il manga per definizione ha un nome e un cognome: Dragon Ball del compianto Akira Toryiama, fra l'altro una personalità la cui carriera è legata a doppio filo con il settore di nostra competenza. Di titoli dedicati a Dragon Ball ne sono stati pubblicati a dozzine: appena nel 2018 ha visto luce Dragon Ball FighterZ di Arc System Works, senza ombra di dubbio fra le migliori incarnazioni del connubio, mentre all'orizzonte c'è Dragon Ball Sparking! ZERO, l'attesa resurrezione dell'amatissima deriva passata alla storia come Budokai Tenkaichi. Il matrimonio tra i Guerrieri Z e il mondo delle console è germogliato in qualche progetto pregevole e molto più di frequente in lavori dimenticabili, tra cui spicca un meraviglioso disastro: stiamo parlando di Dragon Ball: Final Bout, pubblicato da Bandai per PlayStation nel lontano 1997.

La genesi di Dragon Ball: Final Bout

Il roster dei personaggi di Dragon Ball: Final Bout fu il primo a integrare le varianti GT
Il roster dei personaggi di Dragon Ball: Final Bout fu il primo a integrare le varianti GT

La misteriosa vicenda di Dragon Ball Final Bout è strettamente legata agli eventi che hanno caratterizzato il suo predecessore. Il 31 maggio del 1996 fu infatti pubblicato in Giappone il videogioco Dragon Ball Z: Idainaru Dragon Ball Densetsu per PlayStation e SEGA Saturn, titolo che rappresentò la prima sortita tridimensionale per un picchiaduro dedicato alla serie. Qualche mese più tardi, a dicembre del 1996, una collaborazione tra Bandai, SEGA e Konami lo portò nelle poche regioni d'Europa avvezze alla serie, ovvero Spagna, Francia, Belgio e Portogallo, nella maggior parte dei quali fu lanciato con il nome Dragon Ball Z: The Legend. Questa scelta generò qualche timida polemica: l'anime di Dragon Ball fu infatti trasmesso per la prima volta negli Stati Uniti verso la fine del 1996 - esattamente come la versione italiana targata Mediaset - dunque il pubblico locale era già stato privato di Dragon Ball: Ultimate Battle 22, spingendo un rappresentante di Bandai a dichiarare al pubblico nascente che un gioco a tema sarebbe presto giusto nel paese.

La genesi effettiva e gran parte dello sviluppo di Dragon Ball GT: Final Bout, conosciuto in Europa e Nordamerica come Dragon Ball: Final Bout in ragione del fatto che la relativa serie animata sarebbe andata in onda solamente dopo il 2000, sono tutt'oggi avvolti da una fitta coltre di nebbia. Realizzato dallo studio giapponese Tose, casa al primo confronto con le tre dimensioni che già aveva curato le iterazioni per il solo mercato giapponese pubblicate per console Nintendo, fu ufficialmente svelato al pubblico durante il Tokyo Toy Show del 1997 in un momento in cui lo stato dei lavori era ancora in alto mare, a soli sei mesi di distanza dalla prima data di pubblicazione. Al momento dell'approdo sul mercato non fu certamente accolto fra scroscianti applausi: con una media di valutazioni su GameRankings di 46, riuscì a posizionarsi meglio del solo Ultimate Battle 22 che raccolse suo malgrado un 32, ma quest'ultimo poteva contare sull'attenuante di essere giunto nel mercato americano a 2003 inoltrato, fronteggiando un titolo come Tekken 4 in piena epoca PlayStation 2.

Uno dei migliori peggiori picchiaduro di sempre

Nonostante le enormi carenze ludiche e tecniche, Final Bout è diventato culto
Nonostante le enormi carenze ludiche e tecniche, Final Bout è diventato culto

Ancora oggi Dragon Ball: Final Bout è considerato sul piano ludico e tecnico come uno fra i peggiori picchiaduro mai realizzati: la formula di gameplay restava strettamente ancorata alle semplicissime dinamiche dei precedenti titoli bidimensionali, riservando rispettivamente un input per il pugno, uno per il calcio, uno per scagliare attacchi Ki e uno per la parata, così come determinate combinazioni all'esecuzione di minute combo e ovviamente di mosse speciali dedicate a ciascuno personaggi, attacchi che congelavano momentaneamente l'azione per lasciare il posto alle animazioni che precedevano gli scontri energetici. Le principali innovazioni risedevano nella possibilità di volare liberamente nello scenario e nella resa tridimensionale delle ambientazioni, ma soprattutto in una meccanica a dir poco criptica: le cosiddette Meteore - alla pressione di due pulsanti e una direzione - scatenavano infatti sequele di combo alle quali era impossibile reagire (in realtà era possibile solamente indovinando l'input e precedendo l'avversario in una frazione di secondo) che si concludevano con un attacco speciale a sua volta impossibile da contrastare.

Come se non bastasse tutto ciò accadeva nei confini di un sistema al limite dell'indecifrabile che definire legnoso sarebbe un eufemismo, tanto che all'epoca un recensore commentò che "le action figures di Dragon Ball avrebbero offerto un'esperienza più fluida e controllabile". Le modalità di gioco mettevano in scena la classica Battaglia - che in singolo si concludeva con il boss finale Super Baby - una variante Torneo, una stramba versione Potenziamento ereditata da Ultimate Battle 22 che consentiva di potenziare i personaggi in stile gioco di ruolo, e un immancabile Allenamento che lasciava parecchio a desiderare in quanto le liste dei comandi erano contenuta esclusivamente - e ovviamente in versione incompleta - nel libretto di istruzioni. Nonostante le premesse tutt'altro che incoraggianti, questo titolo si è imposto nel corso degli anni come uno fra i più inspiegabili fenomeni di culto dell'epoca PlayStation. Come mai?

La forma oltre la sostanza

Goku straccia Vegeta in Dragon Ball: Final Bout
Goku straccia Vegeta in Dragon Ball: Final Bout

Se i ricordi di Final Bout sono sopravvissuti alla catastrofe lo si deve appunto al fatto che si trattasse fino al midollo di un videogioco dedicato a Dragon Ball, a partire dalla splendida sequenza d'apertura realizzata da Mitsuo Hashimoto - già regista di qualche episodio della serie targata Toei Animation nonché di tre diversi OAV tra cui spicca l'antico special televisivo "Le Origini del Mito" - che introduceva in maniera magistrale il roster dei personaggi giocabili. Il mix tra Guerrieri Z e varianti provenienti dall'allora sconosciuto - per lo meno in Italia - filone GT, alzava il sipario su Goku bambino, Goku adulto GT, Pan, Trunks GT, Super Vegeta, Gohan, Cell, Majin Bu, Freezer e Piccolo, ai quali si aggiungevano i personaggi bonus da sbloccare completando di volta in volta la campagna, ovvero Super Goku bambino, Super Trunks GT, Super Goku Z, Super Trunks Z, Super Vegeth e un memorabile Goku Super Saiyan di quarto livello.

A meritare attenzione era anche la colonna sonora di Kenji Yamamoto che per lo più recuperava brani dalle antiche fatiche per console Nintendo prima di aggiungere qualche gradita sorpresa, ma soprattutto le quattro canzoni originali composte e cantate per l'occasione da Hironobu Kageyama - l'uomo che ha dato i natali alla prima sigla d'apertura dell'anime, Cha-La Head-Cha-La -"Biggest Fight", "Kimi o Wasurenai", "Thank You" e "Hero of Heroes". Insomma, tutto di Dragon Ball: Final Bout era fantastico, lo stile, i personaggi, il doppiaggio giapponese, gli effetti sonori... tutto meno il gameplay. Ora che Dragonball Sparking! ZERO è all'orizzonte, è evidente che abbia tutte le carte in regola per ergersi non solo come il capitolo del filone Budokai Tenkaichi più ricco, ma anche il titolo tecnicamente più evoluto e completo fra quelli tratti dal franchise: sarà sufficiente per scalfire il ricordo ancora vivido di uno splendido disastro come Final Bout?