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La fine dell'hardware da gioco come lo conosciamo

Servizi in streaming e aggiornamenti costanti hanno modificato la visione delle console

SPECIALE di Giorgio Melani   —   05/07/2018

C'è un evidente cambiamento in atto nei confronti della concezione stessa del mercato console per come era strutturato dagli anni '80 a poco tempo fa. Per un medium considerabile finora come "sistemico", che anzi trovava proprio in questa sua caratteristica uno degli elementi di maggiore distinzione con gli altri media, il progressivo passaggio da una concezione chiusa di hardware e software compatibile a una situazione molto più aperta e fluida ha tutto l'aspetto di un cambio di paradigma fondamentale. Un elemento distintivo del videogioco come mezzo di comunicazione, per così dire, era il fatto di poter essere fruito solo attraverso un dispositivo per il quale questo era progettato, cosa che non esiste per qualsiasi altro prodotto d'intrattenimento multimediale, che può essere utilizzato su un qualsiasi lettore di un dato supporto fisico, a prescindere dalle sue caratteristiche e dalla compagnia che l'ha costruito.

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In questo senso si poteva definire il videogioco come medium sistemico, perché non poteva prescindere dall'hardware per il quale era progettato, ma questa definizione è ormai superata sotto molti aspetti. La questione aveva senso all'epoca delle console a cartucce in particolare, quando gli hardware erano fortemente customizzati e lo sviluppo dei videogiochi subiva variazioni notevoli anche nel caso dei multipiattaforma, ma questa visione ha cominciato a scricchiolare fino a dissolversi quasi completamente con l'attuale generazione e l'adozione di un'architettura comune per due delle tre console maggiori, peraltro assimilabili praticamente a quella standard del PC. In sostanza, l'unico produttore che prosegue sulla vecchia strada è ancora una volta Nintendo, per la quale in effetti il discorso del superamento dell'hardware come lo conosciamo da sempre non è ancora valido.

Different Video Game Consoles

Dissoluzione delle generazioni

Un notevole passo in avanti sulla strada del superamento del tradizionale hardware da gioco c'è stato con la dissoluzione del percorso evolutivo standard delle console, che prevedeva fino a un po' di tempo fa il lancio di modelli successivi nettamente più potenti e sostanzialmente incompatibili con il catalogo delle console precedenti. La distinzione in quantità di bit per identificare la potenza della CPU, che ha proseguito per salti progressivi fino a qualche anno fa, ha cominciato a perdere senso quando sono entrate in gioco nuove caratteristiche e modi diversi di sviluppare i giochi e sfruttare gli hardware, sebbene l'idea del salto generazionale sia rimasta intatta fino all'avvio dell'ottava "gen" di console, ovvero quella attuale.

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Poi è cambiato qualcosa: l'ampia scalabilità del software sulla base di potenzialità hardware differenti e un progresso tecnologico unitario per le architetture simili di PC, PS4 e Xbox One ha portato all'elaborazione di modelli intermedi tra l'attuale e la nuova generazione, che di fatto hanno introdotto un'importante precedente nel mercato videoludico: le revisioni di macchine per sfruttare una maggiore efficienza in termini di assorbimento energetico o di compressione degli spazi sono cose comuni fin dai tempi delle console a 16-bit, ma prima di PS4 Pro e Xbox One X non si erano praticamente mai viste delle varianti in grado di fornire performance così differenti rispetto ai modelli standard, pur mantenendo una compatibilità piena e totale con il catalogo di software del sistema principale. Questo, unito ai progressi fatti da Microsoft nell'elaborazione della retro-compatibilità (e relative modifiche di performance in modo da sfruttare le nuove potenzialità hardware) ha portato alla visione di un ecosistema in grado di comprendere macchine poste su livelli evolutivi diversi ma facenti parte di una stessa famiglia, interamente compatibile.

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Sparizione dell'hardware

Mentre la comparsa delle generazioni di mezzo può comunque rientrare in una visione classica del mercato hardware da gioco, solo un po' più complessa e sfaccettata rispetto a prima, una rottura totale è fornita dall'avanzare dei servizi di cloud gaming. Questi, di fatto, portano alla dissoluzione non solo degli step generazionali classici ma anche dell'hardware vero e proprio, sostituendo i dispositivi dedicati con qualche possibile ricevitore da poco (o anche una semplice Smart TV), un controller e una connessione internet particolarmente solida. Non è più una cosa da prendere sottogamba: all'E3 2018 abbiamo avuto ulteriori conferme dell'affermazione del cloud gaming nei programmi dei maggiori produttori di hardware e software, e sebbene sia forse troppo presto per giudicare la prossima generazione come l'ultima delle console in senso tradizionale - come fatto dal CEO di Ubisoft, Yves Guillemot - è comunque chiaro che una soluzione del genere sta diventando sempre più concreta.

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D'altra parte, anche un'insospettabile Capcom ha stupito il mondo con il lancio di Resident Evil 7: Cloud Version, fornendo una soluzione sorprendente (seppure al momento ancora piuttosto limitata) all'impossibilità di convertire in maniera tradizionale il proprio survival horror su Nintendo Switch e portandocelo comunque in streaming. Il cloud gaming ha avuto una storia piuttosto travagliata: presentata come soluzione del futuro in un periodo in cui forse le tecnologie non erano ancora abbastanza diffuse per sostenere connessioni solide per tutti, ha portato a risultati alquanto deludenti come visto con OnLive, ma un'idea della sua importanza è arrivata già dall'acquisizione di Gaikai da parte di Sony, la quale aveva evidentemente intravisto il grande potenziale di una soluzione del genere. PlayStation Now è diventato, nel tempo, un servizio apprezzato e alquanto funzionale, sebbene ancora limitato in termini di diffusione (non è ancora disponibile ufficialmente in Italia, per esempio), fornendo un primo esempio di gioco in streaming fornito direttamente da un produttore di hardware, che nel caso specifico aveva anche il vantaggio di poter sfruttare il sistema sui suoi altri dispositivi (almeno inizialmente).

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Su PC a questo punto sono attivi già una pletora di servizi in streaming come GameFly, Snoost, Shadow, Rainway, Ubitus, offrendo già una bella selva di offerte differenti con abbonamenti a prezzi diversi tra cui scegliere, oltre a piattaforme da parte di compagnie più note come GeForce Now di Nvidia, a dimostrazione di come il futuro sia già presente da un bel pezzo sui computer di mezzo mondo. Tuttavia, una sorta di legittimazione ulteriore è arrivata con le recenti dichiarazioni d'intenti da parte di altri produttori, proprio nel corso dell'E3 2018. Electronic Arts ha rivelato il testing attuale di un servizio in streaming collegato a EA Origin Access, che in base a quanto riferito sembra anche funzionare piuttosto bene, e soprattutto Microsoft ha affermato chiaro e tondo le sue nuove intenzioni al riguardo: "I nostri addetti al sistema cloud stanno costruendo un network per lo streaming dei giochi su qualsiasi dispositivo", ha detto Phil Spencer nel corso della conferenza, e se si muove il gigante di Redmond su questo fronte, con l'infrastruttura Azure che già è in suo possesso, possiamo aspettarci probabilmente un salto di qualità per quanto riguarda il cloud gaming.

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Che tutto questo possa portare alla sparizione totale dell'hardware da gioco nel giro di poco tempo è improbabile, ma se si si pensa alle evoluzioni future, con la probabile diffusione di connessioni migliori e soprattutto la prospettiva di tagli di costi impressionanti che porterebbe l'eliminazione della produzione hardware, allora la cosa assume connotati realistici nel giro di vari anni da ora. Ovviamente questo scatena già l'angoscia dei tradizionalisti e non solo, perché a fronte di indubbi vantaggi sulla portabilità dei videogiochi e sull'accesso economico a questi, il trasformare tutto un hobby fatto di hardware tecnologico specifico e confezioni in un insieme di dati trasmessi su internet è effettivamente inquietante. Al di là della perdita di fascino, infatti, che ne sarebbe di un'intera ludoteca nel caso in cui il servizio in streaming venisse disattivato? Come si preserveranno nel corso degli anni i videogiochi distribuiti in questo modo anche a distanza di decadi? Il futuro in streaming ha anche dei caratteri alquanto inquietanti.

A Pile Of Electronic Waste On