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Resident Evil, il capitolo da cui tutto è iniziato

Il capostipite della serie ideata da Shinji Mikami ha compiuto in questi giorni venticinque anni: festeggiamoli insieme.

SPECIALE di Massimo Reina   —   25/03/2021

Anche se il termine "survival horror" resta probabilmente uno dei più labili del panorama videoludico, Resident Evil, o Bio Hazard com'è conosciuto in Giappone, viene comunque riconosciuto universalmente come il "papà" del genere, nonché il capostipite di quella tipologia di videogiochi moderni basati principalmente sul concetto di sopravvivenza all'interno di un contesto horror. Comunque la si veda, è innegabile che la saga di Resident Evil abbia segnato la storia dei videogame, e visto che in questi giorni l'episodio che ha dato vita alla leggenda ha compiuto 25 anni, abbiamo pensato di dedicargli questo speciale che ne racconta la curiosa genesi.

Da Pippo e Aladino, a Chris e Jill

Per raccontare la storia del primo Resident Evil, dobbiamo prima fare un piccolo passo indietro, ovverosia all'anno 1994, quando Capcom aveva intenzione di portare sulla allora imminente PlayStation di Sony (e su SEGA Saturn), il rifacimento di un suo vecchio successo per Nintendo Entertainment System, ovverosia Sweet Home. Il titolo in questione era basato su una pellicola diretta dal regista Kiyoshi Kurosawa, e caratterizzato da un'impostazione simile a quella di un gioco di ruolo, anche se con un'ambientazione palesemente horror e alcune meccaniche di stampo avventuroso.

Resident Evil, il capitolo da cui tutto è iniziato

La storia era invece ambientata all'interno di una tetra e isolata magione, dove alcuni personaggi, ovverosia i membri di una troupe televisiva incaricata di girare un documentario, un'infermiera e una addetta alle pulizie, rimanevano bloccati e dovevano quindi trovare una via di fuga, mentre trappole, puzzle da risolvere e spettri minacciosi contro i quali si poteva combattere o, in alternativa, fuggire, mettevano a repentaglio le loro vite. Non vi ricorda qualcosa?

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Il compito di progettare il remake, o comunque di un gioco fortemente ispirato a Sweet Home, venne affidato a un giovane e promettente game designer interno che si era messo in luce in quel periodo con una serie di successi legati ad alcuni videogiochi basati su licenza Disney, come Goof Troop e, soprattutto, lo splendido platform bidimensionale Disney's Aladdin. Il suo nome era Shinji Mikami, che entusiasta dell'incarico iniziò immediatamente ad annotare su carta e computer tutte le idee che man mano partoriva la sua fervida immaginazione, alimentata da molteplici racconti e film tra i quali Alien, Lo squalo, Shining di Stanley Kubrick e le pellicole sui morti viventi di George A. Romero.

Evil DOOM

Resident Evil, il capitolo da cui tutto è iniziato

Nei primi sei mesi di sviluppo, Mikami lavorò praticamente da solo al progetto, scrivendo ben quaranta pagine di storia e realizzando tra le altre cose i concept art di parecchi mostri, locazioni e personaggi. Tra questi, oltre ai prototipi dei futuri Chris e Jill, c'erano quelli di un giovane e divertente afro-americano di nome Dewey, e di Gelzer, una sorta di grosso cyborg super armato: due personaggi che avrebbero dovuto fungere da supporto alla coppia di protagonisti, ma in maniera molto più ampia e attiva rispetto a quanto avrebbero poi fatto in futuro Barry e Rebecca.

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Dewey e Gelzer, infatti, sarebbero stati utilizzabili in una modalità co-op in locale. Non è chiaro, inoltre, se in quella fase di sviluppo si stesse pensando a scenari in qualche modo futuristici, seppur ambientati sulla Terra, ma secondo alcuni rumor, pare addirittura che Capcom, guardando al successo ottenuto l'anno prima da DOOM di idSoftware su PC, fosse tentata dall'idea di far adottare al gioco di Mikami una visuale in soggettiva e meccaniche tipicamente da FPS. L'opzione venne però presto accantonata, come del resto altre che prevedevano un'impostazione da sparatutto in terza persona.

Resident Evil, il capitolo da cui tutto è iniziato

Da questo punto di vista Shinji Mikami fu piuttosto chiaro, come svelò poi qualche tempo dopo in un'intervista del 1996: voleva dare al progetto un'impronta diversa, fare un gioco davvero spaventoso, "ma non con fantasmi o stronzate del genere. Volevo mostri reali che si potevano vedere, che sarebbero venuti incontro ai personaggi e partiti all'attacco alla loro vista". Nelle settimane successive, affiancato finalmente da uno staff di collaboratori, il game designer montò e smontò più volte la sua creatura, provando e riprovando varie opzioni, fino a quando non fu soddisfatto del risultato.

Bio Hazard - Resident Evil

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Adesso che il "suo" personale mondo di terrore aveva preso forma, Mikami rivide un po' la trama e diede gli ultimi ritocchi al gameplay, ispirato a quello di Alone in the Dark, per un'avventura in terza persona dallo stile più statico rispetto a uno sparatutto action, dove non c'erano caricatori da svuotare a piacimento sui nemici, ma poche munizioni e risorse da sfruttare con astuzia. E dove non c'era più spazio per una modalità co-op in locale, o per l'ironia di Dewey e la forza bruta di Gelzer, che verranno sostituiti nel ruolo con opportune modifiche al gameplay, da Rebecca Chambers e Barry Burton nella nuova stesura.

Resident Evil Ps1

Quello di Bio Hazard era un mondo di gioco dove la paura era sempre dietro l'angolo buio di un corridoio o ai vetri sporchi delle finestre di una stanza, c'erano enigmi da risolvere o appunti sparsi qua e là per la villa quale "ingrediente" supplementare alla narrazione canonica che avveniva via dialoghi o scene di intermezzo. Quando il 22 marzo del 1996 Bio Hazard arrivò finalmente nei negozi giapponesi, fu subito un successo: la popolare rivista giapponese Famitsu gli attribuì una serie di 9 e 10, mentre nei punti vendita il titolo andava letteralmente a ruba.

Resident Evil, il capitolo da cui tutto è iniziato

La struttura, il sistema di controllo e le meccaniche di Resident Evil divennero da subito gli archetipi del genere stesso. Gli sfondi pre-renderizzati e i personaggi 3D che vi si muovevano in tempo reale, il giusto equilibrio tra avventura, ragionamento e azione, le telecamere fisse e le inquadrature di stampo cinematografico che cambiavano costantemente anche nello stesso ambiente e che contribuivano ad aumentare la tensione, finirono per conquistare tutti. Il trionfo in Giappone venne infatti bissato poco dopo quando l'opera giunse, con qualche censura, negli Stati Uniti d'America (30 marzo 1996) e divenne un autentico best seller, cambiando però nome per problemi di copyright in Resident Evil. Chris Kramer, Direttore responsabile per le relazioni pubbliche e la comunicazione di Capcom in Nord America, raccontò che il titolo venne scelto dopo una sorta di concorso svoltosi all'interno dell'azienda.

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Alla fine venne vinse Resident Evil, dal momento che il gioco si svolgeva in una villa popolata da creature mostruose, e che le alternative sembra fossero piuttosto stupide. Con quello stesso titolo il gioco arrivò anche in Europa nell'agosto del 1996, ricevendo pure nel Vecchio Continente un'ottima accoglienza dalla critica e dal pubblico, dando definitivamente il via a una miriade di seguiti e spin-off praticamente per ogni tipo di piattaforma, e a un fenomeno globale in grado di andare oltre l'universo dei videogiochi, sfociato negli anni sul mercato del cinema, dei fumetti, dei libri e dei gadget.