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Sekiro: Shadows Die Twice, il provato prima della recensione

Sekiro si è rivelato una bestia difficile da domare e, pur essendo arrivati a un passo dalla conclusione, abbiamo bisogno di più tempo per una recensione completa. Oggi vogliamo però darvi qualche importante avvertimento...

PROVATO di Aligi Comandini   —   21/03/2019

From Software ha sempre lesinato le informazioni riguardanti i suoi titoli prima del lancio, per preservare l'aura di mistero che li circonda e assicurare la purezza dell'ecosistema dei suoi giocatori, sempre pronti a spolpare fino al midollo ogni minuscolo angolo di ogni singola mappa. Con Sekiro: Shadows Die Twice, tuttavia, la software house ha adottato un approccio ancora più schivo, ben adatto concettualmente a un videogame dedicato a un ninja, ma non certo tipico se si considera la necessità di lanciare una nuova proprietà intellettuale basandosi solo sulla propria ottima nomea. Questo comportamento, come tipico nell'era dell'internet, ha smosso acque paludose tra forum e commenti, dando vita a spiacevoli voci di corridoio e a pericolosi dubbi (anche legati alla freschezza della relazione di From Software con il publisher, Activision, mai prima d'ora mostratosi interessato a progetti simili). La nostra missione odierna, dunque, è quella di sopire questi equivoci il più rapidamente possibile, svelandovi perché Sekiro è un gioco di From in tutto e per tutto, e anche come mai riteniamo si tratti di un progetto assolutamente folle nell'attuale mercato. Non lo faremo con una recensione, poiché riteniamo di aver bisogno di più tempo per analizzarlo a dovere e raccogliere i pensieri, ma non temete: saremo cristallini.

Il silenzio del lupo

Una delle principali discussioni legate al gioco prima del lancio riguardava la sua longevità: l'arrivo di un codice review così prossimo al lancio è spesso sospetto, e ha quindi dato il via a un mare di inevitabili mugugni dell'internet, con gente pronta a giurare che Sekiro sarebbe durato a malapena una decina di ore, o comunque si sarebbe rivelato un progetto sensibilmente meno ambizioso rispetto a quelli tipici di Miyazaki e dei suoi. Nulla di più falso, perché noi siamo ad oltre trenta ore di gioco (tenete a mente che siamo riusciti senza problemi a completare Bloodborne in 23 ore durante la prima run), abbiamo raggiunto solo adesso la fase finale, e crediamo seriamente di essere di fronte alla mappa del mondo più estesa ed esplorabile mai creata da From. Sekiro è enorme e arricchito oltre misura dalle sovrastrutture tipiche dei titoli del team giapponese, che di norma consistono in un numero assurdo di segreti, aree e boss completamente facoltativi, e in misteri legati alla narrativa che non vengono svelati durante la campagna principale ma le cui tessere vanno attentamente cercate tra i dialoghi e le descrizioni.

Sek1

Perdersi nel Giappone feudale "rivisitato" di questo Sekiro è spesso meraviglioso, e ci sono mappe che meriterebbero ore di analisi e approfondimenti che in questi tre giorni di corsa matta e disperatissima non abbiamo potuto spulciare come avremmo voluto. Anche per questo motivo ci siamo presi del tempo in più: il gioco merita almeno qualche giorno extra di focus totale. Non si tratta, peraltro, nemmeno di aree paragonabili a quelle dei Souls - nonostante il modo in cui sono interconnesse e confezionate lasci intuire immediatamente di chi sono opera - bensì di mappe con una forte componente verticale, dove l'esplorazione è a tratti totalmente libera, e strettamente correlata all'agilità del protagonista e al suo rampino. Il nuovo pargolo di From non è infatti un Souls come detto più volte, ma un action con elementi stealth, e il protagonista può raggiungere facilmente zone sopraelevate senza bisogno di giri astrusi o scorciatoie folli. Certo, l'estro tipico delle creazioni del team nipponico lo si percepisce con forza pure qui, e non mancano i blocchi architettonici o naturali - che obbligano il giocatore a cambiare strada o a utilizzare passaggi ben nascosti per raggiungere la zona successiva - eppure vi assicuriamo che navigare la mappa sarà un'esperienza estremamente diversa da quelle a cui Miyazaki vi ha abituato in passato.

Il gioco più difficile

A voler essere sinceri, i blocchi tra una zona e l'altra non sono rappresentati solo dalle scelte geografiche degli sviluppatori, bensì da una serie di boss e mini-boss posizionati accuratamente a guardia di certi punti nevralgici da cui è indispensabile passare. E qui inizia il dilemma di Sekiro, perché si tratta di un gioco dalle qualità innegabili, ma anche di una difficoltà brutale, come non ne vedevamo da... beh, da sempre nell'attuale generazione. Il livello di sfida non è normale: è come giocare un action immediatamente alla massima difficoltà, senza facilitazioni di alcun tipo e l'obbligo sistematico di apprendere perfettamente i pattern di ogni nemico per avanzare. Dare spadate a casaccio significa morire in un nano secondo; sottovalutare gli avversari porta a perire persino in meno tempo. From Software ha fatto l'impensabile: ha creato un titolo dove lo studio degli avversari e la perfetta applicazione di tutte le tecniche messe a disposizione del giocatore sono il fulcro dell'esperienza, eliminando completamente qualunque facilitazione vista nei loro precedenti prodotti. Non c'è cooperativa qui che possa salvarvi, e uccidere migliaia di nemici per accumulare punti esperienza e ottenere tutte le abilità disponibili non vi salverà, visto che solo alcune sono passive effettivamente in grado di potenziarvi. Le statistiche, poi, sono legate a oggetti che proprio dai boss cadono, e non possono quindi salire oltre una certa soglia. Non bastasse, tali abilità vengono gradualmente sbloccate avanzando nella campagna (arrivano ad un numero davvero notevole), a sottolineare quanto la progressione richieda di sudare.

Sekiro 5

Morirete, insomma. E lo farete centinaia di volte, tentando ogni strategia e ogni gadget disponibile nella vostra protesi shinobi (anch'essi da trovare e sbloccare, ovviamente). Per certi versi è proprio questo il legame più stretto di Sekiro a quel Tenchu che rappresentava il suo calco iniziale: la necessità di comprendere quali strumenti siano i più adatti per eliminare un ostacolo, e il loro furbo utilizzo per passare alla sfida successiva. E per carità, non crediate che sia una passeggiata superare i boss e i mini-boss (numerosissimi) della campagna una volta compreso il loro punto debole, perché siamo pur sempre davanti a un action con un sistema di combattimento molto complesso e, come detto in precedenza, pure i riflessi qui sono indispensabili. Gli scontri girano dopotutto attorno alla "postura", una sorta di barra dedicata alla guardia, che si riempie ad ogni colpo parato da voi e dal nemico. La barra dei punti vita è presente ma, accoppiata alla postura, farla scendere non è così scontato, visto che tutti gli antagonisti del gioco - dal più insulso dei soldati al più terrificante dei mostri - sono dei maestri della difesa pronti a parare pressoché qualunque attacco frontale. Svuotare i punti vita quindi richiede manovre di aggiramento, attacchi elementali, o contrattacchi con tempismo perfetto nel momento in cui il nemico si scopre. Il tutto per portare a un'agognata esecuzione che permette solitamente di eliminare solo una delle barre della resistenza dei boss. Dell'equazione fa parte anche la "parata perfetta", poiché bloccare col giusto tempismo un attacco permette di danneggiare la postura avversaria senza intaccare la propria, e riempire quest'ultima garantisce un'esecuzione esattamente come lo svuotamento dei punti vita (molti scontri centrali sono costruiti attorno a tale meccanica). I nemici normali ovviamente hanno un solo indicatore della salute, ma con loro conviene spesso applicare lo stealth, che garantisce eliminazioni istantanee alle spalle o dall'alto con un colpo secco se si rimane nell'ombra.

Way of iron

Muoversi in silenzio è alle volte anche più importante di combattere, nonostante Sekiro: Shadows Die Twice non lesini gli scontri diretti e tenda spesso e volentieri a posizionare sul vostro cammino avversari impossibili da aggirare. La mobilità del protagonista, Il Lupo, permette di fuggire dalle situazioni più calde con grazia, e l'intelligenza artificiale nemica non è in grado quasi mai di seguirvi nelle vostre scorribande col rampino... ma la necessità di pulire certe zone limita il problema, costringendovi allo scontro in vari casi, anche semplicemente per poter esplorare indisturbati certe location. Proprio lo stealth dunque è il migliore strumento per facilitarsi la vita e accumulare rapidamente esperienza, denaro e oggetti per potenziare la propria protesi (dotata di un complesso ramo di migliorie dedicato) o acquistare consumabili utili dai tanti mercanti sparsi per il gioco. Non va sottovalutata, infine, la possibilità di ascoltare alcuni discorsi dei nemici e ottenere preziose informazioni per avanzare. In tutto questo, la fuga e la gestione calcolata degli avversari sono rese possibili dalla presenza di un sistema di checkpoint preso di peso dai Souls: in ogni mappa vanno trovate delle statue che permettono di teletrasportarsi, resettare salute e nemici, livellare le tecniche sopracitate, e potenziarsi. Ah, per la cronaca, dai Souls Sekiro eredita anche la gestione dell'inventario, e una fiaschetta rigenerante chiaramente imparentata con la cara vecchia Estus.

Yereaiu

Questo stretto legame con le opere più note della casa non si limita comunque alle caratteristiche sopra descritte. La morte ha sempre avuto un'enorme importanza nei titoli From, e in Sekiro è più che mai significativa, poiché la penalità per la dipartita del protagonista è sensibilmente più maligna del solito (il che è tutto dire in un titolo di questa difficoltà). Morire significa perdere immediatamente metà di una barra dell'esperienza (anche se non quelle già accumulate, grazie al cielo) e del proprio denaro, senza possibilità di appello o recupero; c'è però una penalità molto più subdola e personale quando si esagera, riguardante un morbo che il protagonista provoca a forza di rimanerci secco, e che gradualmente va ad infettare tutti i personaggi non giocanti del gioco. Questi non muoiono, e non importa a quanto ammontino le vostre dipartite, però se ammalati non possono comunicare a dovere, e di conseguenza nemmeno portare avanti le proprie quest personali. Insomma, se lasciate che il malanno si diffonda, dimenticatevi di scoprire interessanti elementi della storia legata ai dialoghi con un dato personaggio, o di ottenere ricompense correlate all'avanzamento di uno dei curiosi figuri che vi circondano. Occhio, tale penalità potrà sembrarvi assolutamente dissennata, ma è in realtà compensata dalla presenza di oggetti che permettono di curare la malattia. Basta lesinarli fino al momento in cui si vuole far avanzare una data quest, e approfittarne per portarla avanti a dovere prima di ricominciare l'inevitabile ciclo di morte e rinascita che contraddistingue le battaglie principali del gioco.

Sekiro è un prodotto folle, brutale, che non possiamo consigliare a cuor leggero al giocatore medio, e nemmeno con serenità a chi è appassionato di Souls. La sua cattiveria vi farà del male, e vive anche di alcuni picchi di difficoltà non perfettamente calcolati, che saranno in grado di bloccare persino un giocatore navigato per ore. Eppure è un titolo bellissimo, pieno zeppo della genialità di From Software, e capace di scatenare in chi lo affronta una incredibile voglia di rivalsa, oltre che soddisfazioni sovrumane al superamento di ogni ostacolo. E ora non ci resta che tornare nei panni del Lupo: abbiamo ancora un paio di boss da ammazzare, e un numero incalcolabile di segreti da scoprire. Ci rivediamo alla recensione.

CERTEZZE

  • Boss fight brillanti e incredibilmente gratificanti
  • Un mondo enorme, splendido e ricco di segreti
  • Elevatissimo livello di sfida...

DUBBI

  • ...ma la difficoltà è così brutale che potrebbe scoraggiare molti giocatori
  • Qualche incertezza di frame rate sulle console base