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Chi non risica non rosica

Bandai Namco intraprende una nuova strada con la sua serie di JRPG più famosa

RECENSIONE di Christian Colli   —   23/10/2015
Chi non risica non rosica

Sviluppato attraverso la titanica collaborazione dei principali autori della serie Tales per festeggiarne il ventennale, Tales of Zestiria è quel JRPG che i giapponesi hanno provato a boicottare dopo aver scoperto che un personaggio molto pubblicizzato prima che uscisse il gioco, in realtà si controlla per una manciata di ore e un DLC (per noi gratuito, almeno inizialmente). Sì, okay, Alisha lascia poco cerimoniosamente il gruppo all'inizio dell'avventura. Ora possiamo andare avanti, per favore? No, perché Tales of Zestiria avrebbe qualcosa in più da dire anche a chi non è un otaku arrapato con i cuscini e i lenzuoli griffati Pretty Cure. Lo storico producer Hideo Baba ha confezionato questo Tales pescando a piene mani in due decenni di storia e di collaboratori, in una riunione di cervelli votata a ripercorrere i momenti salienti del franchise pur guardando al futuro, perché non si può continuare a vivere di riflessi e la next-gen ormai è arrivata e ha messo le tende. Non è un caso se la versione occidentale di Tales of Zestiria esce anche su PlayStation 4 e PC, insomma. Noi abbiamo giocato la versione PlayStation 4 e constatato un frame rate più stabile e un'immagine globalmente più pulita rispetto a quella PlayStation 3, ma l'esperienza resta tendenzialmente la stessa. Se vale la pena viverla oppure no, ve lo diciamo nelle prossime righe.

Tales of Zestiria è un esperimento in parte riuscito e in parte no, ma comunque un gran bel JRPG

Grandi poteri e grandi responsabilità

Sorey e Mikleo sono due amici per la pelle con la fissa per l'archeologia: insieme esplorano le cripte e le rovine più antiche della loro regione seguendo i suggerimenti di un antico manoscritto. Durante una delle loro avventure, i due si imbattono in un cavaliere ferito, la bella Alisha, e decidono di portarla al loro villaggio per aiutarla a rimettersi in sesto. Alisha all'inizio è reticente, ma poi decide di fidarsi di quel giovanotto un po' strambo che parla da solo. Già, perché Alisha non può vedere né sentire Mikleo, in quanto quest'ultimo è un serafino, cioè una specie di spirito.

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Chi non risica non rosica
Chi non risica non rosica

Sorey invece ci riesce, ed è cresciuto come unico essere umano in un villaggio di serafini, senza mai aver visto il mondo esterno: una minaccia alla vita della principessa Alisha è insomma l'ottima occasione per mettersi in viaggio e scoprire cosa ci sia oltre i confini del suo microcosmo. Un giovane protagonista spensierato, un mondo da scoprire, un'avventura che diventerà più grande di com'è cominciata: Tales of Zestiria concentra nella prima mezzora tutti i cliché della serie e dei cartoni animati giapponesi, rischiando pure lo sbadiglio, ma in poco tempo la situazione cambia radicalmente. Sorey è costretto dalle circostanze a farsi carico del ruolo di Redentore, una figura chiave nella storia del suo mondo che appare nei momenti di crisi per opporsi al devastante potere della malevolenza, una "sindrome" indotta dai sentimenti negativi degli umani che trasforma i serafini in mostruosi avernali. Di solito, i protagonisti dei Tales e dei JRPG sono dei perfetti sconosciuti che alla fine diventano eroi, ma in Tales of Zestiria succede l'opposto: Sorey è una specie di messia che qualcuno guarda con sospetto e che altri ammirano a prescindere, ma in entrambi i casi a farne le spese sono i serafini che dovrebbero essere venerati al suo posto. Su questa delicata sinergia si poggia la filosofia fantasy della storia che, a dirla tutta, parrebbe proprio rispecchiare la precaria condizione della spiritualità nel nostro mondo reale: a un certo punto ci imbatteremo in un Papa che ha abdicato ed è sparito, stufo degli intrighi della chiesa e della politica, causando inavvertitamente uno squilibrio catastrofico nei suoi fedeli. Impossibile non cogliere il parallelo con un evento molto simile avvenuto qualche anno fa. I più arguti coglieranno non pochi riferimenti più o meno velati al nostro universo, e il bel messaggio che Baba cerca di trasmettere attraverso una sceneggiatura avvincente ma purtroppo non sempre coadiuvata da una regia altrettanto buona, talvolta incapace di gestire con la dovuta intensità i momenti più importanti della storia. Nonostante ciò, Tales of Zestiria si appoggia ai dialoghi frizzanti di un cast diversificato e bizzarro al punto giusto, che ribalta gli stereotipi cui ci ha abituato la serie. La bambina di turno, ad esempio, si chiama Edna, ma non è una piccola innocente quanto piuttosto una serafina centenaria dall'irresistibile sarcasmo, e gran parte delle scenette più comiche contemplano i suoi incredibili scambi di battute con gli altri personaggi, durante le cutscene della storia ma anche nel bel mezzo dei combattimenti, merito anche di un adattamento italiano veramente superlativo che si sposa con l'ottimo doppiaggio inglese (oppure con quello giapponese, se preferite l'audio originale). In questo senso, è un peccato che sia lo stesso filmato a cartoni animati introduttivo (orfano della canzone giapponese "White Light", sostituita dalla versione strumentale della stessa, forse perché in occidente il ritornello "I wanna be white, white, light" avrebbe fatto aggrottare non poche fronti) ad anticipare alcuni sviluppi particolarmente importanti della trama: vorremmo tanto dirvi di non guardarlo finché Rose non si unisce al party, ma a quel punto sarebbe impossibile spiegare il sistema di combattimento nei suoi pregi e difetti.

Un passo indietro, poi sempre avanti

Il nostro primo combattimento è anche il momento in cui ci si rende conto che ci troviamo di fronte a un Tales diverso dal solito: la telecamera inquadra il personaggio che stiamo controllando di spalle e ne segue i movimenti su un campo di battaglia cui siamo arrivati senza alcuna transizione. Invece di caricarli separatamente, gli scontri in Tales of Zestiria si svolgono esattamente nel luogo in cui siamo entrati in contatto col nemico di turno, e la zona che stavamo esplorando diventa il campo di battaglia effettivo. Il passaggio è fluido e praticamente istantaneo, non ci fa rimpiangere i vecchi Tales e i caricamenti tra combattimenti ed esplorazione... finché non ci troviamo a litigare con la suddetta telecamera.

Chi non risica non rosica
Chi non risica non rosica
Chi non risica non rosica

Negli spazi aperti può capitare che arranchi un po' nel tentativo di starci al passo, specie se ci muoviamo molto tra un nemico e l'altro, ma nei luoghi chiusi come le grotte o le cripte succede il delirio, e spesso e volentieri la telecamera esce completamente di senno, incastrandosi negli angoli o perdendo di vista il nostro personaggio, magari a causa di un muro o di un qualche altro elemento ambientale. Si tratta di un inghippo estremamente fastidioso, al quale bisogna fare l'abitudine. Fortunatamente, le battaglie di Tales of Zestiria non sono così convulse da rischiare il Game Over solo perché la telecamera fa i capricci, ma il nuovo sistema di combattimento, un ibrido tra quello di Tales of Graces f e quello di Tales of Xillia, ha bisogno di qualche ora per essere digerito. I punti magia hanno lasciato il posto alla Catena Spiritica, una risorsa cui attingono sia le arti marziali, sia le arti spiritiche: le prime sono essenzialmente le combo eseguibili premendo un tasto e una direzione, mentre le seconde sono i tipici attacchi speciali e incantesimi della serie, a caricamento o istantanei. Il giocatore può combinare arti marziali e spiritiche in combo da quattro colpi al massimo, cosa che farà storcere il naso ai fan della serie, abituati a eseguire catene da decine di colpi con un solo personaggio. In realtà, proseguendo nell'avventura si sbloccano nuove funzioni che ampliano il combat system, rendendolo molto più profondo e complicato di quanto non appaia all'inizio. Una di queste, per esempio, è la Barra Esplosiva, un piccolo indicatore che si ricarica combattendo e che permette di estendere le combo oltre il quarto input o di lanciare le spettacolari arti mistiche. In realtà, la strategia in combattimento ruota tutta intorno alla Barra Esplosiva, poiché è proprio quella che ci permette di ricorrere all'Armatizzazione, un'abilità che consente a certi umani nel gruppo di fondersi con un serafino, diventando più potenti e sbloccando arti marziali e spiritiche elementali completamente diverse. L'Armatizzazione sfiora l'exploit per il vantaggio che offre contro i nemici comuni, ma il giocatore rischia di restare a secco di Barra Esplosiva quando bisogna affrontare gli avversari che contano, come i boss. In un certo senso, l'Armatizzazione è una meccanica che fa storcere un po' il naso, dato che si è spesso costretti a ripiegare su di essa per tener testa a colpi altrimenti mortali; inoltre, il concept stesso alla base del gioco e della storia implica delle restrizioni: il giocatore è costretto a tenere in gruppo un serafino per ogni umano. Scordatevi un party composto da quattro serafini, o da tre serafini e un umano. Semplicemente, non si può. Ogni serafino deve avere un partner umano, e viceversa. Fortunatamente, è possibile cambiare i serafini con la croce direzionale durante il combattimento, così da poter sfruttare le eventuali vulnerabilità del nemico e far riposare quelli appena sostituiti, ma l'intelligenza artificiale a volte lascia a desiderare, specialmente quando controlla i personaggi più esili gettandoli impunemente nella mischia. Come dicevamo, bisogna fare pratica e imparare a gestire l'Armatizzazione, le strategie individuali e le sottigliezze delle meccaniche stratificate che coinvolgono stati anomali, punti deboli, parate e schivate. È facile intuire, insomma, che al di là delle impressioni iniziali e della telecamera schizofrenica, Tales of Zestiria sul fronte del combat system non delude per niente, e anzi si rivela essere uno degli episodi più strategici e ragionati della lunga saga.

Trofei PlayStation 4

Con ben 40 trofei di bronzo, 6 d'argento e 3 d'oro da ottenere, il platino può sembrare una chimera ma in realtà richiede soltanto tantissima pazienza: dovrete completare il gioco almeno una volta e cambiare il livello di difficoltà almeno contro certi nemici, poi bisognerà "grindare" tantissimo per aumentare di livello i personaggi, i loro equipaggiamenti e sviscerare ogni meccanica secondaria.

Specchio delle mie rune

Se il sistema di combattimento tende a stratificarsi gradualmente col passare delle ore, lo svolgersi della storia e lo sblocco di nuove abilità, arti e meccaniche, lo stesso non si può dire dei meccanismi ausiliari inerenti la personalizzazione dei personaggi e del loro equipaggiamento. L'idea generale, leggendo i tutorial e le spiegazioni offerte dal gioco, è che neppure lo sviluppatore avesse molto chiari i meccanismi in questione.

Chi non risica non rosica
Chi non risica non rosica

La meccanica più contrita di tutte riguarda sicuramente l'equipaggiamento, legato a doppio filo con le abilità passive che alterano le statistiche dei personaggi. Su ogni arma o armatura sono infatti incise delle rune cui corrispondono vari tipi di bonus, per esempio all'attacco o alla difesa. Ciascuna di queste rune ha un posto specifico su una specie di griglia, ed equipaggiando più oggetti su cui sono incise le stesse rune se ne sommano i bonus. Fin qui, è abbastanza semplice. Il fatto è che ordinando le varie rune su questa griglia in un certo modo, per esempio collocandone alcune vicine tra loro o completando le colonne verticali, si sbloccano dei bonus talvolta esagerati, e questo sarebbe un bene se le rune e i suddetti bonus non dipendessero per l'appunto dall'equipaggiamento. In altre parole, succede spesso che si sacrifica un nuovo oggetto, come una bella arma scintillante o un paio di stivali mai visti prima, solo per non cambiare le rune e perdere il bonus sbloccato in precedenza. L'alternativa è ruotare costantemente l'equipaggiamento da un personaggio all'altro in cerca della combinazione migliore, e magari fondere oggetti con lo stesso nome per guadagnarne altri con le stesse rune o le loro combinazioni. Ironicamente, fondere gli oggetti costa parecchi gald, a meno che non si sia aumentato a sufficienza il loro livello individuale, tenendoli equipaggiati in combattimento, per ridurre la spesa... e questo significa continuare a usare a lungo gli stessi oggetti per un motivo o per l'altro. Come dicevamo, è un sistema intricato che sembra andare contro la varietà stessa offerta dal gioco in termini di bottini. Facendo attenzione, è possibile sfruttarlo e trarne degli enormi vantaggi, ma l'impressione è che l'intero sistema delle rune obblighi a trascorrere un po' troppo tempo tra i menù. Molto più divertente gestire i bonus regionali grazie ai Normin, simpatici spiritelli disseminati dappertutto che svolgono il ruolo di collezionabili e di strumenti di personalizzazione secondari. In questi frangenti, Tales of Zestiria sembra un gioco ragionato a metà. L'idea di base è ottima, ma lo sviluppo lascia un po' a desiderare. Lo stesso vale per le mappe, ad esempio: forse nel tentativo di aprire un piccolo squarcio nel futuro del franchise, Hideo Baba ha scelto un approccio vagamente "open world" per quanto concerne l'esplorazione del mondo di gioco. Le mappe all'aperto sono immense, anche se separate da brevi caricamenti. Contraddistinte da una buona varietà visiva, begli effetti atmosferici, giochi di luci ed ombre e una discreta irregolarità geografica, le zone obbligano a numerosi saliscendi, lunghe camminate e qualche momento di riflessione quando si tratta di usare un'abilità sul campo per risolvere un semplice enigma ambientale. Siamo di fronte a mappe di caratura completamente diversa rispetto a quelle monotone di Tales of Xillia, ma i problemi sono anche di natura differente: se l'intenzione di Bandai Namco era quella di farci sentire piccoli e sperduti in un mondo gigantesco, lo sviluppatore nipponico ci è riuscito benissimo perché, ehi, le mappe sono gigantesche per davvero, e forse anche troppo.

Chi non risica non rosica

I nemici visibili non sono mai tanti, e questo è un bene, ma in definitiva le aree appaiono fin troppo prive di vita per uno scenario "open world" e, quindi, monotone nel senso completamente opposto: gli spostamenti rapidi da un salvataggio all'altro alleviano il peso dell'eventuale backtracking, ma costano uno sproposito per gran parte del gioco, obbligandoci a correre da una zona all'altra. Per fortuna, questa non è una fatica priva di meriti. Pur appartenendo alla scorsa generazione, Tales of Zestiria è un gran bel vedere più che altro grazie a una direzione artistica sopra le righe: al di là del character design congiunto di Minoru Iwamoto, Kōsuke Fujishima, Mutsumi Inomata e Daigo Okumura, siamo rimasti piacevolmente colpiti dalla morbidezza dei lineamenti, dall'attenzione ai dettagli e dalla scelta dei colori. Il lavoro svolto sulle texture è particolarmente degno di nota, poiché è stato scelta una soluzione "a sfumature" che colora delicatamente ogni superficie, facendo assomigliare ogni scena del gioco più ad un'illustrazione che a una combinazione di freddi modelli poligonali, non fosse per le animazioni occasionalmente un po' rigide, specie durante i dialoghi. Ad esserci rimasta veramente impressa, però, è la colonna sonora piena di entusiasmo, strumenti e cori maestosi degli straordinari Motoi Sakuraba e Go Shiina, che sottolinea perfettamente ogni scena o battaglia.

Conclusioni

Versione testata PlayStation 4
Multiplayer.it
8.3
Lettori (73)
8.2
Il tuo voto

Le prime impressioni che lascia Tales of Zestiria non sono tra le più positive. La storia sembra una festa di cliché. Il sistema di combattimento appare subito fin troppo semplice. Le prime aree sono talmente vaste da disorientare. Dopo qualche ora, però, a quelle prime perplessità seguono dei riscontri sorprendentemente positivi nei confronti della trama, dei combattimenti e delle novità che Hideo Baba ha cercato di proporre per tastare il terreno in previsione del passaggio ufficiale alla next-gen. Beninteso, Tales of Zestiria ha diversi problemi, ma bisogna dare credito a Bandai Namco di aver cercato di rinnovare la formula, percorrendo una nuova strada senza snaturare vent'anni di tradizione. Sbagliando si impara, comunque, e adesso lo sviluppatore nipponico dovrà decidere quale filosofia abbracciare nel prossimo Tales of Berseria.

PRO

  • Trama originale e accattivante
  • Colonna sonora strepitosa
  • Sistema di combattimento sufficientemente complesso
  • Ottimo adattamento in italiano

CONTRO

  • Regia a tratti discutibile
  • Gestione dell'equipaggiamento inutilmente complicata
  • Telecamera terrificante negli spazi chiusi
  • Le aree esplorabili sono vaste, ma un po' troppo vuote