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Razer Diamondback

Un classico della linea Razer torna alla carica più agguerrito che mai

RECENSIONE di Mattia Comba   —   11/11/2015

Razer è ormai una delle aziende produttrici di periferiche più conosciute nell'ambito gaming, nata alla fine degli anni novanta con l'intenzione di innovare in un settore che fino ad allora era strettamente ad appannaggio di soluzioni da ufficio. Ci vollero un paio d'anni e diversi mouse meccanici prima di arrivare alla creazione del primo Diamondback, un modello progettato per ottenere le massime prestazioni con i videogiochi e indirizzato all'ambito competitivo, tanto che in fase di progettazione e di test la stessa azienda si avvalse della consulenza di alcuni pro gamer per poi debuttare con la nuova periferica sul prestigioso palco dei World Cyber Games del 2004. Da allora si susseguirono diversi aggiornamenti sia estetici che tecnici volti a migliorarne le prestazioni con nuovi sensori e funzionalità, il tutto fino ad arrivare al nuovo Diamondback, pronto a tornare sul mercato ad otto anni di distanza dall'ultima versione piazzandosi tra i prodotti più avanzati del catalogo Razer.

Il Razer Diamondback ritorna sulle scene aggiornato sia nelle forme che nella tecnologia con 16000 DPI

Sensore di ultima generazione

L'ultimo Diamondback è un prodotto ambivalente, completamente rinnovato sotto il profilo tecnologico ma con un form factor che risulterà sicuramente familiare ai fan di vecchia data. Le linee riprendono quelle del modello del 2008, con una perfetta simmetria che lo rende ideale anche per i giocatori mancini, da sempre svantaggiati nel ventaglio di scelte di mouse da gaming. La forma si dimostra particolarmente adatta a impugnature differenti sia che preferiate appoggiare tutto il palmo sopra la superficie del mouse, sia che siate amanti del claw grip, soprattutto se mancini.

Razer Diamondback

La colorazione completamente nera opaca dona al mouse un look sobrio, ravvivato dalla presenza di una striscia di LED che ne avvolge completamente il profilo laterale, della rotella scorrevole e del logo Razer, impresso al centro dell'impugnatura. La struttura realizzata in plastica rigida ruvida garantisce un'ottimo grip anche durante lunghe sessioni di gioco, rafforzato dalla presenza di due zone laterali rivestite in gomma riprendendo tutti gli accorgimenti estetici introdotti con l'ultima versione del Mamba. Le similitudini continuano anche sotto la scocca, visto che il sensore ottico utilizzato per il Diamondback è lo stesso, capace di mettere in mano al giocatore l'elevatissimo valore di 16000 DPI da regolare a piacere tramite il software dedicato. La caratteristica che più di tutte rasenta una dimensione maniacale, ma che spinge indiscutibilmente verso nuovi orizzonti di personalizzazione, è la possibilità di settare i valori dei DPI con grandini incrementali di una sola unità, lasciando ai giocatori tutta la libertà per adattare al meglio la periferica ai diversi generi che siano sparatutto piuttosto che strategici in tempo reale dove la velocità di reazione è tutto. Detto questo, saranno davvero una minima parte i giocatori a sfruttare, magari con una configurazione multimonitor in 4K, valori così elevati del sensore che può essere programmato in cinque configurazioni predefinite e attivabili al volo con il tasto dedicato.

Personalizzazione al top

Razer Diamondback
Razer Diamondback

Oltre ai due classici tasti centrali e alla rotella scorrevole, il Diamondback presenta altri due tasti programmabili su ogni lato, utili anzitutto a garantirne la simmetria, ma proprio in base all'impugnatura si tenderà ad utilizzare quelli in corrispondenza del pollice tralasciando gli alti due. Proprio per questo non avremmo disdegnaNo un'altra coppia di tasti in corrispondenza dello scroll in modo tale da avere accesso a qualche shortcut aggiuntiva. Come al solito, la configurazione dei tasti è affidata al collaudato software Razer Synapse responsabile anche dell'illuminazione della periferica, sicuramente uno degli aspetti più interessanti del Diamondback che con questo aggiornamento entra nel gruppo di periferiche Chroma. Le quattro zone LED presenti sotto la scocca sono infatti programmabili singolarmente lasciando al giocatore un ampio ventaglio di possibilità di personalizzazione grazie ai 16.8 milioni di colori disponibili e ai numerosi effetti di luce. Possiamo scegliere il classico "Static" per avere tutte le zone illuminate contemporaneamente, magari ognuna di un colore diverso. Oppure optare per soluzioni particolari come l'intermittenza più o meno repentina per simulare il respiro o l'effetto a onda con il colore che cambia dalla parte superiore fino alla base del mouse. Ci sono in tutto sei effetti tra cui scegliere, ognuno personalizzabile per colore e intensità da organizzare comodamente in profili accessibili con pochi click. La funzione Chroma Configurator porta un livello di personalizzazione ancora più approfondito grazie al quale possiamo scegliere il colore dei LED uno alla volta, per combinazioni cromatiche virtualmente infinite con in più la possibilità di trasferire le impostazioni in automatico a tutti gli altri prodotti Razer della linea Chroma in nostro possesso, come la tastiera meccanica BlackWidow e il mousepad Firefly.

Conclusioni

Sia che per personalizzazione che per comodità e qualità d'uso, il ritorno in scena del Diamondback ci ha soddisfatto a pieno: il mouse è comodo, con un design ergonomico adatto anche ai mancini, un sensore laser impressionante con 16000 DPI completamente regolabili e garantisce un ottimo grip e una presa salda anche durante lunghe sessioni di gioco. Il tutto a 99 euro, un prezzo non certo a buon mercato ma non si può dire che sia una spesa ingiustificata.

PRO

  • Ergonomico e con design per ambidestri
  • Sensore a 16000 DPI con regolazione incrementale
  • Grande personalizzazione dell'illuminazione

CONTRO

  • Un paio di tasti in più non avrebbero guastato