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Chiacchiere postatomiche

Abbiamo trascorso mezz'ora in compagnia di Dmitry Glukhowsky, autore di Metro 2033, in occasione dell'evento di lancio di Last Light

INTERVISTA di Andrea Porta   —   17/05/2013

Dmitry Glukhowsky, autore di Metro 2033 e 2034, ha l'aria di chi al successo si è ormai abituato. Del resto, da romanzo indipendente distribuito gratuitamente su internet come un pamphlet rivoluzionario, la sua creatura di strada ne ha fatta, generando addirittura un expanded universe e arrivando a suscitare l'interesse (neanche a farlo apposta) della major cinematografica Metro Goldwing-Mayer, che ne ha recentemente acquistato i diritti per farne un film. Sorridente, rilassato, Glukhowsky affronta le interviste come fossero chiaccherate, allo stesso tempo mantenendo un livello di sincerità e apertura quasi insospettabile per un personaggio pubblico. L'abbiamo incontrato a Milano presso il Circus Studio, dove si è recentemente tenuto un evento di lancio dedicato a Metro: Last Light, ospitato da Koch Media Italia e dal partner Nvidia. L'occasione è stata ottima per sederci con l'autore russo e chiaccherare per una mezz'ora, toccando argomenti tra i più disparati, dalle origini del suo romanzo, al suo rapporto con i videogiochi, ai progetti per il futuro.

Chiacchiere postatomiche

Intervista a Dmitry Glukhovsky

Parliamo di come è cominciata la collaborazione con 4A Games, dalla quale è poi nato il videogame Metro 2033. Ti hanno contattato loro, o sei stato tu a proporgli il lavoro?
Molto prima di diventare un best-seller, Metro 2033 era semplicemente un manoscritto trascurato dagli editori. I continui rifiuti mi hanno convinto a pubblicarlo liberamente su internet, una cosa per quegli anni piuttosto innovativa (era il 2002, ndr). Ancora oggi molte persone sono spaventate dal self publishing gratuito, ma di questi tempi l'autopubblicazione su internet è certamente più diffusa di allora. La crescita del sito internet dove ho pubblicato è stata lenta ma costante, e sono arrivato in tempi relativamente brevi ad avere un centinaio di lettori al giorno. A mia insaputa, tra i lettori c'era Andrew Prokhorov, già creative director di S.T.A.L.K.E.R., che si è appassionato da subito al libro e ha cominciato a pensare di farne un videogame. Era il 2003 quando ho ricevuto una sua email, in cui mi presentava la sua idea, e da lì abbiamo cominciato a parlarne seriamente. Ci sono voluti in tutto altri sei anni, dato che aveva dei progetti in corso e, soprattutto, doveva trovare qualcuno che finanziasse il gioco. In altre parole, è stato un processo molto lungo: ho cominciato a scrivere il libro quando avevo 18 anni, l'ho visto pubblicato a 25 e il gioco è uscito quando ne avevo già 30. Negli ultimi tre anni le cose, naturalmente, si sono velocizzate, al punto che c'è un intero expanded universe molto prolifico, due videogame e addirittura un progetto per farne un film negli USA. Metro ora ha una vita tutta sua, io mi sono limitato ad accendere l'interruttore.

Chiacchiere postatomiche

Hai sempre desiderato essere uno scrittore? O è una cosa che è maturata negli anni?
Assolutamente, è sempre stato il mio più grande desiderio. La mia prima storia è stata battuta a macchina da mio padre, giornalista e traduttore, quando avevo tre anni, dietro mia dettatura. Quindi posso certamente affermare che volevo essere uno scrittore ancora prima di rendermene conto. La mia fortuna tuttavia è arrivata solo con Metro, e, personalmente, non credo che si tratti di un successo dovuto alla mia pura abilità come scrittore. L'idea iniziale, quella sicuramente mi ha aiutato molto, perché è un qualcosa di virale, che ti si attacca addosso e vuoi condividere con altre persone. Ma come puro scrittore, non mi considero del tutto degno del successo che ho avuto.

Curiosamente, non sembri molto possessivo nei confronti di questa grande idea che hai avuto. Con Metro: Last Light, hai lasciato che gli sviluppatori, sebbene sotto la tua guida, sperimentassero ben al di là delle pagine del libro. Lo stesso expanded universe è un esempio di come non ti preoccupi affatto lasciare che altri scrittori si cimentino con il tuo immaginario. Molti altri scrittori non sono così liberali. Cosa ti ha portato a questo approccio così aperto?
Sono possessivo solo nei confronti dei miei personaggi. Non permetto che vengano modificati, e ci sono precise linee guida da osservare quando una mia creatura compare in opere altrui. Anche l'universo, l'immaginario nel suo complesso, non può essere assolutamente modificato. Per il resto, l'idea dell'expanded universe a me piace moltissimo. Vedo la mia idea prendere nuove forme, evolversi come fosse una creatura dotata di vita propria, con altre città, altri personaggi. Non posso sentirmi geloso della mia creatura, quando altre persone contribuiscono a renderla sempre più grande e bella.

Come è cominciata l'idea dell'expanded universe? È stata una tua ispirazione, o sei stato consigliato?
L'idea risale a quando ho cominciato a scrivere, a diciotto anni. Collezionavo saghe di fantascienza, dato che purtroppo il fantasy in Russia non era disponibile, non venivano pubblicati libri di quel genere, di nessun autore...

Nemmeno il Signore degli Anelli?
No, nemmeno quello. È arrivato molto tardi, perché la definizione che Tolkien dà di "Impero del male", riferito agli eserciti di Mordor, è stata utilizzata dagli USA, credo da Regan, per definire l'allora Unione Sovietica, e dunque il libro è stato respinto, e per maggiore sicurezza il fantasy è stato completamente bandito. Fortunatamente, dopo il crollo, il fantasy è arrivato anche sui nostri scaffali, e ne sono stato stregato. Ho letto tutte le principali saghe, e anche qualcuna meno conosciuta, amandole alla follia. Da lì, a desiderare di averne una mia, il passo è stato breve. Chiaramente, una volta uscito il primo libro, il modo più veloce per avere una saga era lasciare che altri ne scrivessero, proponendo nuovi punti di vista. In questo modo, inoltre, posso anche scrivere altre storie, e lasciare che siano altri autori a portare avanti l'eredità di Metro. Chiaramente il mio controllo è molto attivo. Ho letto e corretto personalmente i primi 25 libri, ora ho un fidato editore che continua ad occuparsene.

Dei libri dell'expanded universe, quali sono i tuoi preferiti?
Potrebbe sembrarti una risposta pilotata, ma credo che l'autore che finora è riuscito ad affascinarmi di più sia Tullio Avoledo, con Le Radici del Cielo. L'ho incontrato più volte di persona, e sono rimasto affascinato dalla sua scrittura incredibilmente violenta. Ha quasi un feticismo per la violenza insospettabile, ed è capace di renderlo in maniera incredibile. Allo stesso tempo, mi ha interessato molto anche l'aspetto religioso del libro. È un cattolico praticante, e per lui non dev'essere stato facile affrontare alcuni temi delicati sull'argomento.

Sei un videogiocatore?
Lo ero un tempo, soprattutto durante il liceo e l'università. Ho avuto diversi cloni cinesi di giochi Nintendo, dato che era tutto quello che potevo permettermi al tempo, tra cui Mario, Contra, Double Dragon, Donkey Kong e molti altri. Usavo anche un noto sito di emulazione di giochi arcade, ci passavo giornate intere. Mi sono appassionato anche agli shooter, come Doom e Quake. Poi è arrivato Fallout, e chiaramente, dati i temi trattati, me ne sono innamorato. Ora come ora, gioco solo a Civilization, sono un acceso fan, me lo porto sempre dietro durante i tour.

Hai giocato a Metro 2033 e Last Light? Cosa ne pensi, come ti sei sentito?
Non li ho giocati mai per intero, solo delle parti. È chiaramente una strana sensazione, ma, ad essere del tutto sincero, faccio fatica ad associarli ai miei libri. Per me rappresentano delle brevi escursioni in quell'immaginario, che tuttavia non riesco a riconoscere come del tutto mio, in quella forma. Sotto molti punti di vista, è anche migliore di quanto l'avessi immaginato, purtroppo ho una capacità di visualizzare molto limitata quando scrivo, e penso che questo appaia evidente anche dalla povertà descrittiva dei miei romanzi. Sono molto più intrigato dalle scene drammatiche, dallo sviluppo del rapporto tra i personaggi, ma le descrizioni non sono il mio forte, proprio perché faccio fatica a "vedere" le cose di cui scrivo. Inoltre, si tratta anche di una mia concezione della paura, che è un elemento che cerco di trasmettere sempre in maniera molto forte nei miei romanzi. Se vedi una cosa, si tratti di un nemico, o un mostro, difficilmente puoi averne paura. La paura è paura dell'ignoto, dunque per avere davvero paura non si può sapere esattamente come è fatta una cosa, a mio parere.

Parlando di paura, recentemente si è saputo dell'acquisto dei diritti da parte di una major cinematografica statunitense. Non hai paura di vedere il tuo lavoro nelle mani di una casa di produzione hollywoodiana, con tutto quello che può conseguirne?
Sono perfettamente preparato al fatto che ci sono buone possibilità che facciano un casino (ride). D'altra parte, fare del tuo libro un film prodotto a Hollywood significa farne una leggenda. Non succede spesso, soprattutto se parliamo di libri russi. L'ultimo libro russo del '900 portato sul grande schermo negli USA è stato Il Dottor Zivago, e parliamo degli anni '60. Se davvero succederà, se Metro 2033 diventerà un film, sarà un evento incredibile non solo per me come scrittore, ma per tutta la Russia, e devo tenere conto di questo. Poco tempo fa, successivamente alle trattative con la MGM, ho ricevuto anche una richiesta da parte della Korea del Sud, volevano ambientare un film a Seoul. Sarebbe stato intrigante, ma gli americani sono arrivati per primi, e quindi ambienteranno il tutto a Washington, oppure a New York. Mi interessa molto il punto di vista americano sull'universo di Metro, onestamente, anche perché ci sono aspetti della loro cultura dell'intrattenimento moderno che non capisco. Tutta questa enfasi sugli zombie, ad esempio, proprio non la comprendo. In Russia sono quasi del tutto ignorati. Personalmente, mi piacciono le storie dove i personaggi sono in scala di grigi, né buoni, né cattivi, e in America non mancano, basti pensare a Il Trono di Spade, Breaking Bad, Dexter... Ecco, quelle sono storie interessanti, non quelle legate agli zombie. Affascinanti sono le storie che ti portano a parteggiare, anche inconsapevolmente, per personaggi che fanno cose orribili, per esseri umani credibili, non per il "buono" della situazione.

Vi ricordiamo che i libri di Dmitry Glukhowsky, così come l'expanded universe dedicato a Metro 2033, sono editi in Italia da Multiplayer.it Edizioni. Per maggiori informazioni, potete visitare il sito ufficiale Metro 2033 Universe.