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Una, dieci, cento vite

A poche settimane dall'uscita, abbiamo vestito nuovamente i panni di Talion, trovandolo in gran forma

PROVATO di Stefano F. Brocchieri   —   18/09/2014

Abbiamo già superato la fase in cui La Terra di Mezzo: L'Ombra di Mordor sembrava un pacchetto di skin per Assassin's Creed a tema Il Signore degli Anelli? Bene, perché per quanto le analogie con la saga di Altair, Ezio, Connor e compagnia incappucciata siano profonde ed evidenti, così come anche gli input assorbiti da altre proprietà intellettuali (Batman: Arkham e God of War, per limitarci a un paio di una lista che potrebbe essere piuttosto lunga), il titolo di Monolith Productions non sembra affatto meritare di vivere sotto l'ombra altrui.

Una, dieci, cento vite

Un nuovo incontro a tu per tu, pad alla mano, ci ha difatti confermato il potenziale di una produzione che sembra poter andare in giro a testa alta, forte di meriti propri. Innanzitutto la licenza: per quanto siano stati sfruttati a destra e a manca, sia in termini ufficiali che attraverso le innumerevoli ispirazioni fornite per oltre una metà di secolo al fantasy-tutto, a ogni livello e latitudine dell'intrattenimento, Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit offrono un immaginario che non ha ancora esaurito il suo fascino e gli spunti a cui attingere in termini di background, luoghi e personaggi. Specie quando si vanno a coprire un periodo e retroscena finora ancora poco battuti, a cavallo tra i due libri e le relative trasposizioni cinematografiche firmate Peter Jackson, e a metterci la mano è quel Chris Santamessa a cui si deve il tratteggio dell'indimenticabile parabola di John Marston. Poi alcune idee, alcune delle quali potrebbero garantirgli una struttura di fondo innovativa, di quelle destinate a far scuola e ad essere riprese da altri. E, non ultima, una realizzazione solida e competente, qualità da non sottovalutare quando si val a nocciolo della questione: giocare.

Un nostro nuovo hands on, fresco fresco, de La Terra di Mezzo: L'Ombra di Mordor

La morte ti fa bello

Come abbiamo già appreso nel corso dei mesi, attraverso le diverse anteprime e contenuti video che gli abbiamo dedicato (dal primo incontro ravvicinato all'hands on più recente, tenutosi in occasione della Gamescom), L'Ombra di Mordor è una storia di vendetta, quella del ramingo Talion,

Una, dieci, cento vite

caduto per mano delle armate di Sauron, ed è un gioco incentrato sul dualismo vita/morte, che porta con sé una serie di meccaniche piuttosto importanti, grazie al passaggio tra due piani dimensionali, quello materiale e quello spirituale, dove si passa al controllo del coprotagonista, l'elfo Celebrimbor. In un certo senso, sicuramente intriso di romanticismo un po' gratuito, il gioco può essere visto come il nuovo episodio di Soul Reaver che probabilmente non vedremo mai e, più in generale, un titolo che recupera una certa tradizione action-adventure, che a parte qualche nome eccellente negli ultimi anni sembra essere un po' scomparsa dai radar. Solo con una formula giocoforza più in linea con i tempi: meno puzzle, più sandbox. Una componente quest'ultima che in ambito tripla A a volte funge un po' da semplice etichetta merceologica, visto che in più di un titolo recente, anche rinomato, gli elementi con cui si dovrebbe essere in grado di "pasticciare", innescando processi causa-effetto che genereranno a loro volte nuove opportunità di interazione, e quindi giocabilità, vengono falsati per limiti di game design, traghettando l'azione verso binari ben precisi anziché lasciarla libera di esprimersi e auto-regolamentarsi.

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Per quanto provato, questo non sembra invece il caso de L'Ombra di Mordor, dove quale che sia l'approccio adottato tra i tanti possibili il gioco sembra rispondere sempre in maniera pulita, corretta e "spontanea", apparentemente priva di forzature. Un'implementazione da manuale, senza la quale, quasi certamente, un discorso come il Nemesis System si sfalderebbe come un castello di carte. L'Ombra di Mordor con ogni probabilità potrebbe funzionare piuttosto bene e intrigare a sufficienza già così, ma gli sviluppatori hanno voluto rilanciare proponendo quest'ambiziosa intelaiatura che mira a portare il discorso sandbox a un nuovo livello facendo dei nemici delle entità individuali, con un percorso evolutivo in libero divenire che si farà sentire a vari livelli nei fatti concretamente giocati.

Dalle pallottole alle spade

Monolith Productions è un team con un curriculum puntellato da svariati nomi di primo piano nell'ambito degli sparatutto in soggettiva. Invidiabile, ma a valore sostanzialmente nullo quando ci si sposta in un contesto totalmente differente e che si regge su una lunga serie di equilibri, spesso piuttosto delicati, come quello dei giochi d'azione in terza persona. Sorprendentemente, lo studio di classici come Aliens Vs. Predator 2, Shogo, No One Lives Forever e F.E.A.R. sembra trovarsi a suo agio con il genere, ponendoci al controllo di un protagonista in grado di compiere un vasto repertorio di azioni e di interagire in tanti modi diversi con scenario e personaggi, facendolo sempre in maniera reattiva e precisa..E a sorprendere particolarmente è la riuscita di un elemento di importanza a dir poco centrale come il sistema di combattimento, dove anche sviluppatori di maggior esperienza rischiano di sbagliare qualcosa, perfino nei fondamentali. Sotto questo punto di vista, L'Ombra di Mordor sembra funzionare decisamente bene, dando l'idea non solo di aver recepito meglio di altri (Sleeping Dogs, Remember Me) la lezione della serie di Batman: Arkham, ma di saper anche aggiungerci del suo.

Una, dieci, cento vite

La precisione e la fisicità di Rocksteady non sono eguagliate al 100%, e, anche limitandosi allo specifico del lavoro svolto da Monolith, ad animazioni plastiche e corpose se ne alternano altre più legnose o evanescenti mentre non sempre le collisioni restituiscono la stessa sensazione di "certezza", ma il quadro generale ci consegna un Talion che lotta con impeto e scioltezza contro gruppi di nemici vispi e reattivi, con un gameplay che sulle prime appare decisamente appagante e articolato. Senza contare che si può passare senza soluzione di continuità al controllo di Celebrimbor anche in questi frangenti, infilando fulminee ed elettrizzanti variazioni di raggio in fatto di approcci offensivi e di movimento, e che, in ossequio alla natura dinamica del resto, se ci si intrattiene eccessivamente in una rissa è facile che sul campo si attirino altri servitori di Sauron, fino a ingrossare le file nemiche in maniera pericolosamente abbondante. Insomma, le basi sembrano esserci, ma rimane da vedere come verranno declinate nel corso dell'avventura, nella speranza che le missioni riescano per obiettivi e caratteristiche strutturali a rivelarsi adeguatamente avvincenti.

Quello su cui invece tocca mettersi un po' l'anima in pace sin da ora è il comparto grafico, nel complesso piacevole, ma non privo di storture. L'Ombra di Mordor sembra vivere di dualismi anche su questo fronte, presentando elementi di buona fattura, come i modelli poligonali dei personaggi, qualche effetto particellare e la resa della pioggia, che sembrano "innestati" su un quadro generale che tradisce apertamente la necessità di dover calzare in piattaforme di generazioni differenti, ravvisabile in particolare nel taglio tendenzialmente squadrato delle ambientazioni, nel dettaglio estremamente altalenante delle texture e in un sistema di illuminazione gradevole ma dal sapore arretrato.

CERTEZZE

  • Impostazione genuinamente sandbox
  • Meccaniche solide
  • Il Nemesis System ha un potenziale notevole

DUBBI

  • Le missioni saranno di qualità?
  • Alti e bassi tecnici