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Mario + Rabbids: Sparks of Hope, abbiamo intervistato Davide Soliani

Abbiamo intervistato Davide Soliani in occasione di una nuova presentazione dedicata all'attesissimo Mario + Rabbids: Sparks of Hope per Nintendo Switch.

INTERVISTA di Aligi Comandini   —   29/06/2022

Ci capita spesso di parlare con rappresentanti e sviluppatori di progetti molto attesi, ma avere la possibilità di discutere con il director di un team italiano di successo è un'eventualità più rara di quanto vorremmo. Qualche giorno fa, però, abbiamo avuto la fortuna di intervistare in esclusiva Davide Soliani, creative director di Ubisoft Milan, ormai noto in tutto il globo terracqueo per la passione che lo contraddistingue (e che, in tutta sincerità, sembra coinvolgere anche i suoi colleghi).

Tra il misto di aspettative notevoli per Mario + Rabbids: Sparks of Hope e le informazioni ottenute grazie a una bella presentazione in anteprima vista pochi minuti prima, ne è uscito un bel flusso di pensieri. Ve lo riportiamo in versione completa qui sotto, sperando che stuzzichi in voi la stessa curiosità che questo seguito ha scatenato in noi. Anche perché i cambiamenti sono davvero più di quanti ne aspettassimo e Ubisoft Milan potrebbe aver davvero fatto un balzo di qualità significativo con questo titolo.

Davide Soliani mostra con orgoglio Mario + Rabbids: Kingdom Battle in Giappone
Davide Soliani mostra con orgoglio Mario + Rabbids: Kingdom Battle in Giappone

In passato ci hai raccontato di come Nintendo fosse stata molto presente durante lo sviluppo di Mario + Rabbids: Kingdom Battle, con tanto di interventi diretti di Miyamoto in persona su dettagli apparentemente insignificanti. Ci chiedevamo se, dopo il successo di critica e pubblico del vostro gioco, questi controlli si fossero "rilassati" e se le modalità della collaborazione tra voi e Nintendo fosse mutata in qualche modo.

Davide Soliani: Allora, noi abbiamo cominciato a collaborare con loro dal 2014 e da allora non abbiamo mai smesso, quindi io mi ritengo fortunatissimo e il mio team è super contento di questa collaborazione. È chiaro che all'inizio ci sia stato un momento conoscitivo: insomma, ti presenti con un gioco che non è esattamente quello che Nintendo farebbe, con delle idee irriverenti e un po', diciamo così, desuete per l'universo di Mario... ci sono stati dei momenti in cui si buttavano le basi delle meccaniche, del gameplay e della storia, dove è chiaro che avessimo bisogno di molta più comunicazione. Questa comunicazione, comunque, la manteniamo tutt'oggi: il gioco è sviluppato da noi e loro agiscono principalmente da consulenti. Miyamoto è tra questi, Koizumi è un altro, ma noi lavoriamo con Nintendo da allora, ormai ci conosciamo bene e amiamo questa sinergia che c'è tra di noi. Però siamo liberi di proporre tutte le idee che vogliamo e questo, secondo me, è molto bello.

Avete affrontato anche voi, come tutti, gli anni della pandemia e durante questo periodo siete cresciuti moltissimo. Tanto che, se non stiamo sbagliando, siete addirittura triplicati rispetto all'inizio. Come è cambiato il vostro approccio allo sviluppo durante questi tempi? Avete modificato anche l'assetto organizzativo, o mantenuto un sistema molto simile al passato?

Soliani: La risposta sarà divisa in due: il primo impatto del lockdown è stato sul mio peso (ridacchia), prima andavo in bici tutti i giorni e poi ho iniziato a ingrassare. A parte gli scherzi... il team è cresciuto tantissimo: solo a Milano, all'epoca di Kingdom Battle, siamo arrivati a essere circa 70 persone e se non sbaglio ora siamo il doppio. Ma in generale il team stesso è triplicato: ora c'è lo studio di Milano, lo studio di Parigi - insomma quelli che hanno iniziato quest'avventura nel 2014 - ma si è aggiunta Montpellier, si è aggiunto Pune, si è aggiunto Chengdu che ci sta dando una mano enorme lavorando su alcuni pianeti. Quindi, al di là del lockdown, quando un team cresce, e cresce così velocemente, devi mettere in atto tutta una serie di meccanismi per cui... è proprio una nuova forma mentis. Devi avere delle persone che si occupino di veicolare informazioni, di essere sicure che tutti siano sempre sulla stessa pagina, e che non ci siano elementi desincronizzati.
È un lavoro di management completamente diverso: prima io mi alzavo, andavo alla scrivania di una persona e rompevo le scatole o guardavo qualcosa, comunicavo velocemente con tutti quanti e al massimo facevamo una call veloce con Parigi. Oggi, un po' perché non tutti lavorano dall'ufficio e un po' perché il team è così esteso, dobbiamo avere del planning delle nostre conversazioni con dei tool che ci permettono di avere la documentazione sempre in un unico posto e sempre aggiornata. Oltre a sviluppare il gioco, quindi, il team si è dovuto organizzare per lavorare al meglio tutti assieme. Avete risorse nettamente maggiori adesso e ovviamente molta esperienza maturata. Questo cosa vi ha permesso di rendere realtà a livello di ambizioni in questo titolo? Perché dalla presentazione sembra abbiate fatto una miriade di cambiamenti.

Soliani: Guarda, con Mario + Rabbids: Sparks of Hope siamo praticamente tornati al tavolo da disegno, siamo ripartiti da zero. Un approccio più conservativo sarebbe stato quello di fare un sequel puro riutilizzando tutti gli asset che avevamo già creato per il nostro engine. Invece abbiamo deciso di no; siamo un po' Rabbids in questo, abbiamo rielaborato un engine che ci permettesse di non avere la camera top down che avevamo nel primo Mario + Rabbids, ma di avere una camera più di orizzonte. Abbiamo rielaborato il combat system. Abbiamo rielaborato quella che per noi era l'importanza della storia nel gioco.
Quindi, i cambiamenti enormi sono tre. Uno: libertà di movimento nel combat system e questo ha aperto completamente la possibilità lato giocatore di fare cose. Correre, fare un dash, fare un team jump, avvicinarsi a una cover ed entrare in una preview di combattimento che ti faccia vedere immediatamente se prendevi qualcuno o no, vedere chi prendi in quest'area mostrata dalla preview di attacco. Non è più come prima dove c'era un sistema a griglia e dovevi passare tanto tempo a fare i calcoli e poi sperare di non aver sbagliato: oggi, se non sei contento di dove ti trovi, ti muovi da un'altra parte in tempo reale.
Questo ha aggiunto un dinamismo enorme nel sistema di combattimento e in più nel gioco ci sono tutta una serie di meccanismi che fanno da occhiello a titoli che sono molto più in temppo reale rispetto a un turn based, perché cercavamo di espandere il concetto di genere a turni il più possibile.

I protagonisti di Mario + Rabbids: Sparks of Hope
I protagonisti di Mario + Rabbids: Sparks of Hope

Il secondo grande intervento è stato sull'esplorazione: prima creavamo dei mondi all'interno dei quali tu ti muovevi in un corridoio, in un segmento. Partivi da A e arrivavi a Z, e mentre progredivi in questo mondo, per quanto bello fosse, il videogiocatore si dimenticava ciò che lasciava alle spalle; non c'era neanche tanto un motivo di tornare indietro. Non è come Sparks of Hope dove abbiamo cercato di creare un mondo completamente circolare: qui tu vai dove vuoi, tu esplori il pianeta, tu decidi quando e come ingaggiare un'attività che sia di combattimento o di aiuto agli abitanti. Ti costruisci tu stesso il ritmo di gioco e dar questa possibilità di movimento al giocatore per noi era fondamentale per permettergli di costruire la sua avventura.
Infine il terzo punto, che per me è stato fondamentale, è stato dare modo al giocatore di supportare il più possibile il proprio playstyle, e secondo me gli Spark sono esattamente questo. Da un punto di vista narrativo sono creature cucciolosissime nate dai Rabbids e dai Luma, ma a livello di meccaniche sono esseri con dei poteri estremamente importanti a livello di gioco, che crescono durante l'avventura e possono essere equipaggiati dai giocatori. Si parte potendo equipaggiare un solo Spark, ma poi si arriva a due, ed essendo impiegabili su qualsiasi eroe vanno o a supportare le caratteristiche di quell'eroe - come ad esempio aumentare il suo valore di danno su un personaggio fatto apposta per infliggerlo - oppure vanno a mitigare delle debolezze di un eroe o di un archetipo. Secondo me queste finezze sono tre dei cambiamenti più grossi che abbiamo attuato, ma ce ne sono altre.

Una scena di Mario + Rabbids: Sparks of Hope
Una scena di Mario + Rabbids: Sparks of Hope

Avete intenzione di inserire nel gioco una modalità multiplayer online o un editor delle mappe? Abbiamo letto spesso richieste in tal senso da parte della community.

Soliani: Guarda, noi diamo sempre molto ascolto alla community, ma non sempre riusciamo ad accontentarla. In questo momento non abbiamo nessun piano (a riguardo). Ci stiamo concentrando tantissimo sull'esperienza in singleplayer, perché sia la migliore possibile.

Avete avuto più libertà sui mondi? Siete usciti dal mindset del primo gioco cercando di creare qualcosa di parzialmente staccato dall'universo di Mario o vi siete semplicemente ispirati ad altri titoli della serie?

Soliani: C'è sempre un'ispirazione nella creazione di qualcosa, soprattutto dei nostri pianeti. In realtà con Sparks of Hope abbiamo voluto creare un'avventura sempre umoristica, ma dal tono un filo più epico. Quindi i mondi differiscono notevolmente dall'approccio quasi cromaterapeutico che abbiamo avuto in Kingdom Battle per andare verso qualcosa dal tono leggermente più epico. In termini di libertà non abbiamo mai avuto nessun problema, perché noi abbiamo voluto creare quei mondi in Kingdom Battle. Era così che mi immaginavo il primo approccio di questo gioco per combinare perfettamente i Rabbids con Mario. Questa volta abbiamo voluto osare un po' di più: il gioco continua a essere chiaramente umoristico, ma è un filo più serioso per via anche di una storia di cui siamo molto orgogliosi che spero piacerà ai giocatori.

I combattimenti di Mario + Rabbids: Sparks of Hope
I combattimenti di Mario + Rabbids: Sparks of Hope

Le boss fight erano una delle cose più piacevoli e uniche del primo gioco, davvero notevole ad esempio quella col fantasma dell'opera. Vi siete sbizzarriti ulteriormente in questo aspetto? Dobbiamo aspettarci sorprese?

Soliani: Ci siamo sbizzarriti un sacco in termini tattici. Abbiamo cercato di creare intanto delle sinergie enormi tra gli eroi, ma anche di rendere gli archetipi che si incontrano durante il gioco più granulari rispetto a Kingdom Battle. Ci sono tutta una serie di battaglie con dei nemici, diciamo così, "importanti" - che noi chiamiamo boss fight - e noi abbiamo cercato di essere estremamente ambiziosi soprattutto in uno dei combattimenti a cui tengo di più nel nostro gioco, e lì abbiamo veramente spinto la capacità tecnica di Nintendo Switch al massimo. Questo è quanto, è quel che vorrei dirti... ci sono comunque delle cose che non appartengono al classico gioco turn based, perché non le ho mai viste nel genere e spero che ciò che abbiamo cercato di portare in questo genere possa essere una piacevole sorpesa.

Davide Soliani e Grant Kirkhope
Davide Soliani e Grant Kirkhope

Ci dicono dalla regia che abbiamo l'ultima domanda, quindi andiamo sulla musica, dato che avete una squadra di compositori a dir poco eccezionali a disposizione, tra cui anche la Shimomura. Vorremmo capire come avete lavorato stavolta sulla colonna sonora e ci piacerebbe qualche informazione anche suoi tuoi scambi con Grant Kirkhope su Twitter, dato che sono battibecchi molto spassosi.

Soliani: Beh su Grant è facilissimo, io e Grant facciamo così non tanto per far divertire le persone, perché anche sulla mia chat di Whatsapp o Facebook passiamo il tempo a prenderci in giro. Ma funziona così: lui è scozzese, io sono italiano, siamo due teste calde e ci divertiamo a prenderci in giro, un po' alla Gran Torino per dire. Io penso che Grant abbia avuto un'evoluzione incredibile come compositore; da quando abbiamo iniziato Sparks of Hope ha fatto tra i pezzi in assoluto più belli, per quanto mi riguarda. La vera sfida è stata lavorare a tre: Grant rimane il nostro compositore principale, ma abbiamo voluto portare una vibrazione un po' più nintendosa con Yoko Shimomura che secondo me è grandissima - non c'è nemmeno bisogno di presentarla, la conoscono tutti (ma questa è la sua pagina Wikipedia, per i pigri) - e Gareth Coker. Perché la sfida è stato ottenere il massimo da ognuno di loro, ma che comunque avesse una propria omogeneità musicale all'interno del gioco. E devo dire che lavorare con tutti e tre, per motivi diversi, è stato bellissimo. Io spero tantissimo che piaccia la colonna sonora e che loro possano vincere qualche award, perché se lo meritano.