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The Elder Scrolls IV: Oblivion - Recensione

Il tartassato mondo di Tamriel è di nuovo in pericolo. Riuscirete questa volta a riportare una pace più duratura salvando la regione di Cyrodill dagli annoiati Daedra? E' il turno di farlo su PlayStation 3!

RECENSIONE di Antonio Fucito e Simone Tagliaferri   —   27/04/2007
The Elder Scrolls IV: Oblivion - Recensione
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Care vecchie prigioni

Come tradizione vuole, anche questo capitolo inizia, dopo la selezione della razza e dell’aspetto fisico e un breve filmato introduttivo, all’interno di una prigione. Ma, più che Morrowind, vengono subito in mente Arena e Daggerfall, visto che la fuga non sarà ne veloce ne agevole. Ci troveremo sin da subito invischiati nell’incipit del gioco: un imperatore in fuga, la minaccia dell’apertura dei cancelli di Oblivion (un’infernale dimensione parallela dove vivono i letali Daedra), e una guerra che sta per stravolgere tutta la regione di Cyrodill (indovinate a chi tocca salvare tutti quanti?). Ma facciamo immediatamente un passo indietro e torniamo all’editor dell’aspetto fisico. Definirlo “completo” è veramente riduttivo. Permette di modificare ogni singolo tratto del personaggio: età iniziale, grandezza degli occhi, del naso, del volto stesso, dimensioni della fronte, colore della pelle, dei capelli più molte altre cose che, se elencate, occuperebbero il resto dell’articolo. Per i meno pazienti è presente un’ozpione per creare un personaggio random, ma la possibilità di plasmare la nostra perfetta controparte poligonale giustifica il tempo speso in questa sezione.

Oblivion, a differenza di quanto avveniva nei precedenti capitoli, tende a premiare le classi nette

Care vecchie prigioni

Ma torniamo nella fredda e umidissima prigione in cui siamo stati sbattuti non si sa bene per quale motivo. Il personaggio principale non verrà definito sin dall’inizio in tutte le sue caratteristiche. Prima di poter selezionare la classe e il segno di nascita occorrerà superare un lungo dungeon che fungerà proprio da tutorial. In base al comportamento tenuto in questa fase riceveremo dei consigli sulla nostra classe ideale da uno dei personaggi. Ovviamente si tratta di consigli non vincolanti. Va notato che Oblivion, a differenza di quanto avveniva nei precedenti capitoli, tende a premiare le classi nette (quindi, guerrieri puri, maghi e ladri) rendendo più lenta la crescita delle classi miste. Il sistema di skill e stats non è cambiato rispetto al passato: ogni abilità cresce più velocemente quanto più la si usa e, per salire di livello, occorrerà far crescere le abilità principali della classe di appartenenza.

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Una soffitta piena di pergamene muffe

Poteva mancare un bellissimo box storico sulla saga delle pergamene preferite dai videogiocatori di tutto il mondo? Assolutamente no! Eccovi a voi illustrati brevemente i tre precedenti episodi più i due spin-off.

Saga principale

1993 – The Elder Scrolls: Arena

Il primo storico episodio della saga vede il mondo di Tamriel sull’orlo dell’abisso per colpa di Jagar Tharn, un mago guerriero che ha imprigionato l’Imperatore Uriel Septim VII in un universo alternativo. Nei panni di un eroe solitario avete recuperato gli otto pezzi dello Staff of Chaos sparsi in otto cittadelle differenti, avete picchiato a sangue Jagar Tharn rimettendo sul trono l’imperatore legittimo e avete fermato la catastrofe. La Bethesda, per celebrare i 10 anni della saga, ha reso gratuito il download di questo piccolo gioiello.

1996 – The Elder Scrolls: Daggerfall

La trama di Daggerfall è piuttosto lunga e intricata. Il più vasto episodio della serie (oltre che il più libero) ha visto il solito eroe, imprigionato in un dungeon oscuro, labirintico e pieno di mostri bizzosi, vedersela con un antico re di Tamriel (Lysandus) che voleva, pensate un po’, soggiogare Tamriel. Indovinate chi ha vinto? La quantità di novità e di feature introdotte in Daggerfall meriterebbero un lungo box a parte. Sappiate solo che nè Morrowind nè Oblivion sono riusciti a riprodurre il livello d’interazione presente in questo monumentale secondo episodio (ma nemmeno i miliardi di bug, fortunatamente). A giudizio di chi vi scrive, si tratta del migliore episodio della saga, almeno a livello strutturale.

2002 – The Elder Scrolls: Morrowind (più le due espansioni Bloodmoon, sempre del 2002, e Tribunal del 2003)

Questa volta non avete iniziato il gioco dentro un dungeon ma dentro una nave. Sempre prigionieri e sempre alle prese con un nemico antico e potente (Dagoth-Ur) avete girato in lungo e in largo per il continente di Morrowind diventando un mito locale oltre che uno degli atleti più rinomati di Tamriel (visti tutti i chilometri da percorrere a piedi per raggiungere le varie locazioni). Le leggende ancora cantano dell’eroe solitario (troverete echi delle vostre gesta dentro Oblivion) che ha salvato Morrowind e che ha arricchito i calzolai di Vivec (certo che un cavallo potevano darvelo).

Spin-off

1997 – The Elder Scrolls Legend: Battlespire

Battlespire altro non è che un prequel di Arena realizzato con il motore grafico di Daggerfall. Il malvagio Jagar Tharn ha fatto occupare l’accademia dei maghi da guerra Battlespire dai daedra, e voi avete sistemato la situazione rimandandoli a pascolare in Oblivion. Il gioco è formato da un solo, gigantesco dungeon. Il peggior gioco targato Elder Scrolls, oltre che quello più buggato (era difficile superare Daggerfall, ma si sono impegnati e ce l’hanno fatta). Noioso, ripetitivo, tecnicamente antiquato per la sua epoca. Probabilmente è stato sviluppato in stato di ebbrezza.

1998 – The Elder Scrolls Adventure: Redguard

In onore al successo di Tomb Raider, anche le Elder Scrolls hanno goduto di un titolo d’azione dedicato. Nei panni di una Redguard di Hammerfell vi siete invischiati in una ribellione contro il governatore Amiel Richton e avete costretto l’imperatore a scendere a patti con la vostra fazione. Un gioco sicuramente buono che soffriva di qualche problema nei controlli e di qualche difetto grafico di troppo. Divertente, soprattutto in virtù della sua trama intricata e appassionante.

La prima volta non si scorda mai

Sin da subito si possono provare gli stili di combattimento principali, che sono poi quelli classici di ogni gioco di ruolo moderno e non: corpo a corpo, dalla distanza, magico e furtivo. Immaginiamo che molti di quelli che hanno giocato a Morrowind e lo hanno criticato proprio per il sistema di combattimento, siano in attesa di sapere se è stato migliorato o se è rimasto simile al precedente. La realtà è che, nonostante qualche piccolo miglioramento, è rimasto sostanzialmente identico a quello di Morrowind. È stato sistemato qualche spigolo, nella fattispecie un po’ di dinamismo in più, un occhio di riguardo per la furtività, una maggiore attenzione al contatto fra armi e nemici. Ma si tratta comunque del vecchio metodo leggermente ritoccato (un tasto per attaccare, uno per difendersi e uno per la magia). Ci chiediamo quando e se verrà ripreso il sistema di Daggerfall, in cui ad ogni movimento associato al pulsante di attacco, corrispondeva un tipo di colpo differente. Non aspettatevi sfaceli, quindi. Se vi era piaciuto lottare in Morrowind vi piacerà sicuramente farlo anche in Oblivion, se invece non vi era piaciuto all’epoca, non vi piacerà nemmeno oggi. Presenti anche i famigerati attacchi speciali visti nelle anteprime: si tratta di colpi più potenti di quelli normali, ma non aspettatevi troppe mirabilie visto che è una semplice aggiunta ad un sistema, come già detto, invariato nella sua struttura.

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Evviva la libertà

Finalmente arriva il momento di uscire da questo dannato dungeon per respirare l’aria fresca di Cyrodill. Lo spettacolo che ci si trova davanti una volta fuori è veramente bellissimo: acqua con dei riflessi magnifici descrive una costa puntellata da una rigogliosa vegetazione, effetti di luce e colori molto vivi aumentano il senso di immedesimazione. Proprio nel comparto grafico troviamo inoltre le maggiori differenze tra la versione PlayStation 3 e soprattutto quella per Xbox 360. Complice anche il maggior tempo di sviluppo avuto, l'edizione di Oblivion per la console Sony beneficia di caricamenti quasi dimezzati, grazie anche al fatto che il gioco installa ben 4 GB di dati su hard disk, una profondità visiva superiore, un frame rate più stabile e in generale texture e colori più vividi.

se vi era piaciuto lottare in Morrowind vi piacerà sicuramente farlo anche in Oblivion, se invece non vi era piaciuto all’epoca, non vi piacerà nemmeno oggi

Evviva la libertà

Esplorare non è mai stato così piacevole, anche grazie agli scorci che il motore di gioco riesce a regalare, alcuni veramente commoventi. Da notare che le dimensioni complessive di Cyrodill sono elevate e che anche qui, come su Morrowind, alcune zone non verranno toccate dalle missioni principali, rimanendo quindi inesplorate e disponibili o per qualche missione secondaria (di qualsiasi tipo essa sia) o per la libera intraprendenza dei videogiocatori. Oblivion presenta un sistema power level, ovvero nella mappa principale si incontreranno sempre nemici del proprio livello, mentre determinate quest e dungeon presenteranno avversari di livello prestabilito. Occorrerà quindi al giocatore gestire queste risorse e decidere il momento giusto da dedicare all’esplorazione, così come la quest principale. Purtroppo Bethesda non da riferimenti e parametri precisi, l’unica possibilità è quella di buttarsi e rischiare, un po’ come la vita al di la del monitor.

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Novità?

Prima di parlare del lato migliore (oltre alla grafica) di Oblivion, vediamo quali sono le novità rispetto al precedente episodio. In primo luogo va notato come alla Bethesda abbiano fatto tesoro delle critiche mosse da alcuni fan e abbiano fatto marcia indietro verso Daggerfall su alcuni punti. In primo luogo, finalmente, sarà possibile eseguire dei viaggi veloci senza dover cercare un mezzo di trasporto. Così, dopo aver ricevuto indicazioni precise su una locazione, o averne scorta una durante le fasi di esplorazione, questa verrà indicata sulla mappa e si potrà raggiungere immediatamente cliccandoci sopra. Dimenticatevi quindi le infinite passeggiate di Morrowind: in poco tempo potrete andare da una parte all’altra di Cyrodill senza dover per forza ripassare per terreni già battuti. Ovviamente, quelli che amano l’esplorazione a tutti i costi (o che vogliono far salire velocemente la skill atletica) possono continuare a correre da una parte all’altra della mappa, magari utilizzando la seconda reintroduzione da Daggerfall: il cavallo. Finalmente potremo girare per il mondo di Tamriel in groppa ad un veloce destriero, in modo da poterlo esplorare più velocemente e da poter raggiungere in un lampo zone impervie in cui non è possibile viaggiare con la mappa.
Altra novità è rappresentata dal sistema di persuasione degli npc. Il nostro personaggio ottiene informazioni differenti dagli abitanti di Cyrodiil in base ad un gran numero di fattori: razza, fama, missioni svolte con successo, valori delle stats e delle skill. Questi determinano la loro disposizione nei nostri confronti (rappresentata da un semplice valore numerico). Ovviamente, più saranno ben disposti, maggiore sarà la loro loquacità e maggiore la possibilità di ottenere informazioni migliori e quest aggiuntive. Per far salire questa disposizione si potrà partecipare ad un sottogioco piuttosto semplice, con la possibilità di corrompere previo esborso di oro. Il risultato finale potrà essere l’aumento della disponibilità dell’interlocutore o il crollo della sua fiducia (che può rivelarsi catastrofico per alcune missioni).
Altra novità è la ristrutturazione dell’inventario, razionalizzato rispetto ai precedenti episodi. Con un tasto si accede ad una schermata riepilogativa in cui è molto semplice navigare tra l’equipaggiamento, gli incantesimi, il diario con le relative indicazioni e le mappe. Dimenticatevi l’inventario a quadrati dei vecchi episodi; qui avrete solo una lista piuttosto schematica degli oggetti posseduti con a fianco i vari valori che li compongono. Rimane invariata rispetto al passato la questione dell’ingombro: il valore di forza determina il peso massimo degli oggetti trasportabili. L’interfaccia è nel complesso molto intuitiva, denotando la sua predisposizione console, soprattutto alla luce del forte successo di Morrowind in versione Xbox.

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Gli intrighi sempre più intricati

Oblivion ha una struttura narrativa molto particolare e affascinante. Come per Morrowind, oltre alla trama principale, esistono moltissime sottotrame degne di essere giocate fino in fondo per godere del lavoro meticoloso svolto in fase di sceneggiatura. Tutte le gilde presenti nel gioco offrono, previa iscrizione nei loro ranghi, delle missioni concatenate da svolgere che compongono delle vere e proprie sottocampagne di altissimo livello. Prendiamo ad esempio le missioni della Gilda dei Maghi, nelle quali tornerà una vecchia conoscenza della saga (non vi diciamo chi è perché non vogliamo rovinarvi la sorpresa, ovviamente) perfettamente integrata con gli intrighi di Cyrodill, o ancora le missioni della Confraternita Oscura che offrono un colpo di scena finale degno dei migliori thriller cinematografici. Ma non è tutto qui. Non solo possiamo affermare senza timore che il salto qualitativo, a livello delle diverse campagne, rispetto a Morrowind, è stato notevole, ma anche che le singole missioni sono quanto di meglio sia stato elaborato per un gioco di ruolo per computer. Alcune sono state scritte così bene da essere delle vere e proprie storie a parte all’interno delle storie più grandi (abbiamo addirittura dedicato un box per una di queste).
Ogni quest line offre delle missioni chicca che andrebbero provate assolutamente, ma non solo; per il mondo di gioco troverete altre missioni slegate veramente molto belle. Ovviamente ce ne sono anche di più classiche e meno rappresentative, ma questo è inevitabile e perfettamente comprensibile in proporzione al vasto mondo allestito da Bethesda.

oltre alla trama principale, esistono moltissime sottotrame degne di essere giocate fino in fondo per godere del lavoro meticoloso svolto in fase di sceneggiatura

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Invito a cena con delitto

Prima di proseguire vi avvisiamo che questo paragrafo contiene riferimenti piuttosto precisi ad una missione specifica del gioco. Se non volete avere anticipazioni (o, in gergo, spoiler) saltate direttamente al paragrafo successivo.
Nella quest della Confraternita Oscura “Chi è stato?” dovrete recarvi in un palazzo di Skingrad (una della città di Cyrodill) e uccidere cinque ospiti attirati in loco e sigillati con il pretesto di farli partecipare a un gioco: trovare uno scrigno con dei soldi e la chiave per uscire. In realtà non esistono nè lo scrigno nè la chiave. Bene, la missione può essere affrontata in vari modi. Il più diretto è quello di compiere una strage indiscriminata massacrando allegramente gli sfortunati convitati. Così facendo, però, si perde tutto ciò che di bello la quest ha da offrire. Dialogando con i personaggi infatti, si possono ottenere molte informazioni interessanti sul loro passato e li si può spingere verso l’omicidio degli altri invitati facendo leva sulla loro vera natura. La missione può essere completata praticamente senza combattere ma solo svolgendo un infido lavoro di diplomazia deviata. La soddisfazione che si ottiene è grande così come è grande il gusto di aver svolto una missione differente dal classico “affetta tutto quello che vedi davanti al tuo naso e prendi l’oggetto alla fine di un tunnel oscuro che conduce ad una grande stanza dove c’è un minaccioso boss”.

Il mondo di Oblivion

Veniamo alla parte più spiacevole: i difetti. Purtroppo è indubbio che qualche problemino, l’ultimo lavoro di Bethesda, lo abbia. Il primo, che per alcuni potrebbe non essere tale, è la presenza di una quantità eccessiva di aiuti. Capiamo la necessità di dare al giocatore quante più informazioni possibili, ma che il nostro diario si metta a ragionare per noi svelandoci elementi non emersi giocando non è propriamente il massimo. In alcuni casi sembra di essere pilotati da una mano invisibile che, davanti alla minima difficoltà, si sente in dovere di dirci per filo e per segno quello che dobbiamo fare. Gli aiuti eccessivi sono riscontrabili anche nella già citata possibilità di viaggiare istantaneamente tra le locazioni già scoperte nella mappa. Ne consegue l’impossiblità di perdersi e un’eccessiva frammentazione del gioco.
Il motore grafico continua a far sentire il proprio peso, soprattutto quando esistono alcuni problemi legati al codice di gioco, seppur un po' più ottimizzati in questa versione. La scelta di caricare la mappa in streaming (ovvero in tempo reale) ha imposto alcune fastidiose limitazioni: lo stacco tra le ottime texture che circondano il giocatore e quelle lontane è talvolta avvertibile. Tuttavia la bellezza della vegetazione, l’accurata ricostruzione di scenografie bucoliche è talmente struggente da farci sorvolare su queste sbavature.
Più fastidiosa la mancanza di fisica nei combattimenti, mentre ogni oggetto inanimato e cadavere può essere spostato e manipolato in maniera convincente.
La radiant IA, una delle caratteristiche più innovative del gioco, non è esente da difetti. Seppur validissima in occasione di quest cittadine, o relative a dialoghi o azioni concatenate, risulta piuttosto elementare negli scontri all’arma bianca, con nemici che seguono quasi sempre la proverbiale linea retta. Insomma, è evidente come Bethesda abbia riscontrato problemi tecnici non indifferenti, che avrebbero allungato ulteriormente i tempi di sviluppo. La versione pal del gioco è sottotitolata in italiano, sebbene non esistano particolari errori ortografici, la traduzione risulta a volte fuorviante, confondendo il giocatore. Anche in questo caso, la fretta non ha giovato, ma risulta encomiabile il tentativo di portare un lavoro fin troppo ricco di testo alla portata di tutti.
Non siamo ancora a conoscenza di un eventuale supporto per il download di contenuti e aggiunte, sappiamo però che nei prossimi mesi sarà disponibile anche per PlayStation 3 l'ultima espansione del gioco appena uscita, Shivering Island.

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Commento

Oblivion è un’opera altamente controversa, che deve fare i conti con le sue enormi ambizioni. La sensazione di muoversi in un universo indipendente e completamente aperto alle azioni del giocatore è concreta e affascinante, ma in realtà esistono limiti ancora invalicabili che i programmatori hanno saputo ben celare. I giocatori alle prime armi, nonostante le evidenti facilitazioni rispetto a Morrowind, potrebbero trovarsi in grosse difficoltà, rendendo praticamente necessario l’utilizzo di una guida. Il motore grafico impressiona per definizione e cura nei particolari, ma non è esente da difetti, così come il comparto ludico, ancora fortemente ereditato dal precedente capitolo. Avremmo gradito in primis una sezione di combattimento sensibilmente migliorata, soprattutto in termini di fisica e intelligenza artificiale. Ma Oblivion è ben lungi dall’essere solo questo, come dall’essere un RPG tradizionale. E’ un’esperienza destabilizzante, sconfinata, aperta a qualsiasi impronta, anche di natura morale. La versione PlayStation 3 rappresenta un'ottima conversione, leggermente arricchita sotto il profilo tecnico e imprescindibile per chi non ha ancora giocato l'ultima fatica di Bethesda. Consigliata.

Pro

  • Graficamente davvero ben fatto
  • Libertà totale
  • Longevità impressionante
  • Script dei PNG eccellenti
Contro
  • Qualche bug sparso qua e la
  • Il sistema di combattimento non è stato migliorato rispetto a Morrowind
  • Decisamente spiazzante per i non avvezzi

Knights of Nine

Come già detto, la versione PlayStation 3 di Oblivion include l'espansione "Knights of the Nine", che garantisce al giocatore medio un'avventura di durata calcolabile fra le 6 e le 8 ore. A differenza delle altre quest che quando installate fanno in modo di aggiornare automaticamente gli obiettivi in corso della partita, questa ha il merito di integrarsi silenziosamente nel gioco e può venire attivata solo parlando con i vari PNG e chiedendo loro di riferire le solite "voci di corridoio". La storia de "I Cavalieri del Nove" comincia nell'apparentemente tranquillo paese di Anvil, la cui chiesa è stata dissacrata dopo il brutale assassinio di tutti i sacerdoti che si trovavano all'interno. All'arrivo nella piccola cittadina si entra in contatto con un predicatore che profetizza la fine del mondo causata dal ritorno alla vita di un certo immortale chiamato Umaril (se è immortale non si capisce come abbia fatto a tornare alla vita, cosa che implica l'essere precedentemente morto, ma tant'è...), ed è proprio parlare con cotal predicatore il metodo più veloce per iniziare la quest. L'unico modo di ostacolare la follia distruttiva di Umaril pare essere quello di trovare le vestigia e le armi del "crociato divino", perse nella notte dei tempi e capaci di sconfiggere lo spietato immortale. E il compito, manco a dirlo, spetta a noi. I famosi "Nove" non sono altro che le divinità della terra di Cyrodil, e i "Knights of the Nine" erano un'antica setta di guerrieri al loro servizio che in passato combatterono Umaril ma vennero sconfitti.

Quella di The Elder Scrolls è una saga che conta già ormai ben 13 anni di onorata carriera, eppure Oblivion rappresenta solo il quarto episodio ufficiale. Un fatto incredibile alla luce della feroce sequelizzazione che caratterizza il mercato, molto meno una volta presa in mano l’ultima fatica di Bethesda Studios. La cura maniacale riposta nella creazione di un mondo medievale credibile e dettagliato in ogni particolare è tangibile, concreta e giustifica in pieno l’arco di tempo tra un episodio e l’altro. Ma questo non basta, le ambizioni sono smisurate al punto da ambire ad un prodotto che offra la totale libertà al giocatore, un universo virtuale aperto ad ogni tipo di manipolazione. Tutto ciò è stato già visto con il precedente capitolo, Morrowind. Dov’è quindi la novità? Le risposte sono rinchiuse in una sola paola: hype. Oblivion arriva, con diversi mesi di ritardo, anche su PlayStation 3, e lascia intatte tutte le caratteristiche che l'hanno reso grande, arricchite dall'espansione Kinights of Nine e da alcune migliore per quanto riguarda caricamenti e comparto grafico.