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RPGPlayer Classic - Recensione di Planescape Torment

RECENSIONE di La Redazione   —   23/12/2002

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IL TESORO PIU’ PREZIOSO

La vita è qualcosa di meraviglioso, il dono più grande che ci è stato fatto, però, come tutte le cose belle, è destinata prima o poi a finire…
La morte, tra tanti dubbi, è l’unica certezza che ci accompagna nel nostro più o meno lungo cammino. Purtroppo è così: non possiamo farci nulla.
Ma come per tutte le cose anche in questo caso esistono delle eccezioni ed il protagonista che andiamo ad impersonare ne è l’incarnazione: lui è infatti immortale.
Immagino già le vostre facce più o meno stupite e cosa starete pensando: “Ma come? Così è fin troppo facile! Che gusto c’è se tanto si è immortali?”. Beh, in effetti non è proprio così: quando verrete sconfitti rinascerete in un luogo più o meno distante da dove siete stati uccisi. Inoltre il gioco è qualcosa che trascende tutto questo: l’azione e il combattimento passano in secondo piano rispetto a tutto quanto il resto.
Nella vita è importante che uno abbia un obbiettivo da voler raggiungere, altrimenti questa perderebbe di significato ed anche per il nostro alter ego è così. A differenza che in tutti gli altri giochi, però, il suo scopo non è uccidere il nemico di turno o recuperare il determinato potente artefatto magico, ma capire se stessi, riappropriarsi della propria mortalità e dei propri ricordi. E’ una lunga ricerca interiore. “Cosa può cambiare la natura di un uomo?” è la domanda che lo accompagna per tutta la sua avventura. Darle una risposta sarà uno dei suoi principali obbiettivi.
Però prima ho anche detto che lui tenterà per tutta questa avventura di riappropriarsi dei propri ricordi. Perché?
Il nostro personaggio, sfortunatamente, ogni volta che muore e rinasce si dimentica tutto quanto aveva compiuto nelle sue vite precedenti e tutti i tentativi di capire chi sia in realtà sono sempre risultati vani. Che questa sia però la volta buona? Che questo loop abbia finalmente fine? Beh non sarò certo io a dirvelo!

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COME IN UN BELLISSIMO LIBRO

Giocando a Torment pare proprio di leggere un libro. Ogni singolo luogo e personaggio viene descritto minuziosamente e in modo eccellente. Nulla è lasciato al caso e questa fantastica avventura pare proprio di viverla sulla propria pelle.
Ogni dialogo presente nel gioco è davvero stupendo. In base a cosa diciamo e a cosa facciamo la storia può inoltre prendere diverse strade. In nessun altro CRPG chiacchierare è tanto importante. Insomma: non seguire o non capire i dialoghi presenti nel gioco significa non poter proseguire nell’avventura: per questo, ancora una volta, è bene ricordare quanto sia stata importante una traduzione.
Inoltre i termini utilizzati nei dialoghi e nelle descrizioni non sono mai banali e ripetitivi. Tutto quanto, sotto questo aspetto, è davvero ineccepibile.
Come in un libro più si va avanti nell’avventura più ci si appassiona. Le ore di gioco passano veloci senza nemmeno accorgersene e la curiosità di vedere come si evolverà la situazione e di scoprire sempre di più sul passato del proprio alter ego è sempre maggiore. L’immersione nel gioco risulta completa. Realtà e finzione non si potrebbero confondere maggiormente.
Il protagonista che andiamo ad interpretare è assolutamente originale: non è il classico eroe superforte ma un uomo insignificante e relativamente debole: nessuno si aspetta cose grandiose da lui e il suo scopo non è certo salvare il mondo dalla minaccia del male. A differenza che in altri giochi (vedi BG2 per esempio) qui le quest non ci piovono addosso come nulla fosse, ma siamo noi che dobbiamo andarcele a cercare e le stesse raramente si concludono con uno scontro o con il recupero di chissà quale oggetto, ma con un bel dialogo.
Altra cosa che rende molto particolare il nostro personaggio è che essendo privo dei suoi ricordi non ha un nome ed è per questo che nel gioco viene chiamato Nameless-one (il senza nome).
Rispetto ad un libro c’è però una sostanziale differenza: li la storia la leggiamo e ce la gustiamo, mentre in Torment ce la costruiamo noi stessi: abbiamo molti modi di affrontare la stupenda avventura che ci propone il gioco e spesso ci troviamo costretti a prendere decisioni importanti che ci consentono di arrivare alla fine della storia in maniere differenti.. Un libro quando lo si rilegge è sempre uguale a prima, Torment no: lo si rigiocherebbe parecchie volte senza temere di annoiarsi.

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OGNI PIANO HA LE SUE REGOLE…

Innanzitutto è bene ricordare che Planescape Torment, sviluppato dalla Black Isle, utilizza il collaudato motore di gioco Infinity (firmato dalla Bioware). Nonostante questo sia rimasto sempre lo stesso l’ambientazione di gioco risulta assolutamente unica e originale.
Fin dall’inizio si nota questa sensibile differenza rispetto ai vari Baldur’s Gate ma anche rispetto a tutti gli altri giochi.
Dopo la breve introduzione, che io ho trovato molto carina (anche se non certo ai livelli dei giochi Blizzard), vediamo il nostro alter ego risvegliarsi all’interno di un mortuario. I primi personaggi che incontriamo in questa nuova avventura sono, quindi, zombie, scheletri e dustman. Questi personaggi non sono altro che membri di una fazione il cui scopo è raccogliere cadaveri per poi, talvolta, rianimarli. La prima domanda che ci viene in mente potrebbe quindi essere: “Chi mi ha raccolto, chi mi ha portato in questo posto?”. Dare una risposta a questa domanda potrebbe essere un buon modo per capire chi siamo e da dove veniamo…
Ma a questo punto mi fermo, perché non intendo rivelare nient’altro della trama del gioco. Piuttosto è bene riprendere il discorso ambientazione: fin dall’inizio si rimane stupiti dai toni cupi del mondo che ci circonda. Gli scenari e i disegni delle ambientazioni sono fatti in maniera egregia e trasmettono davvero molto. Movendosi tra i piani sembra quasi di sentire l’odore di morte che circonda il nostro personaggio e il tutto trasmette un giusto senso di ansia nel giocatore. Anche le musiche, molto belle come sempre, aiutano molto in questo senso.
Il mortuario in cui ci risvegliamo all’inizio del gioco non è altri che un edificio all’interno della città di Sigil. Quest’ultima si può definire come una sorta di crocevia tra i vari piani. Da qui, infatti, tramite appositi portali si può andare davvero ovunque. Per attraversarli però occorre una chiave. Talvolta questa è un pensiero, una parola ripetuta più volte, o ancora un determinato oggetto: qualunque cosa che abbiamo pensiamo o facciamo potrebbe, quindi, essere una chiave. Questi portali sono invisibili e talvolta potremmo cambiare piano involontariamente, senza nemmeno accorgercene.
Ma cosa sono questi piani?
Per i meno ferrati in materia è bene chiarire la situazione: come ben saprete Baldur’s Gate è ambientato nei Forgotten Realms che, per chi non lo sapesse, appartengono al “Primo Piano Materiale”, ma esistono moltissimi altri piani: i piani elementali, i piani infernali, i piani dell’energia positiva o negativa, eccetera.
Per essere più precisi questi piani si dividono in piani esterni (o di concetto), piani interni (o d’energie e d’elementi) e infine in piani di confine o altrimenti detti “Outlands”.
Negli vari piani non è detto che funzionino le stesse leggi a cui noi tutti, come abitanti dei piani materiali, siamo abituati. I piani esterni sono governati dal pensiero e dall’allineamento delle persone che li abitano, e sono mutevoli così come la loro ragione. Così avremo i piani del Caos, con il Limbo e l’Abisso oppure i piani dell’ordine con Monte Celestia, Mechanus e Baator. Gli Outlands invece sono piani d’assoluta neutralità.
Esistono inoltre esseri molto potenti come la Signora del Dolore che è addirittura in grado di crearsi da sola dei micropiani da usare come prigione nei confronti dei suoi nemici.

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…MA ALCUNE NON CAMBIANO MAI

Il gioco utilizza le ormai celeberrime regole della seconda edizione di D&D. Però anche sotto questo aspetto Torment si differenzia totalmente da Baldur’s Gate e soci. Innanzitutto all’inizio non si può scegliere la classe che si vorrebbe impersonare e si parte già come guerrieri di terzo livello. Però durante la nostra avventura potremo cambiare classe e decidere di diventare o dei potenti maghi oppure degli abili ladri. Non esistono altre opzioni possibili. In compenso, come sempre, alla creazione del nostro personaggio potremo decidere come posizionare i punti caratteristica.
Come sempre saranno da suddividere tra Forza, Costituzione, Destrezza, Intelligenza, Saggezza e Carisma. La scelta non è affatto semplice: in questo gioco tutte le stats sono molto importante e se, per esempio, si decide di fare il guerriero, non bisogna comunque trascurare Intelligenza Saggezza e Carisma. La prima infatti ci permetterà, oltre a quanto siamo già abituati, di avere, per esempio, molte più opzioni di dialogo se di valore alto. La saggezza, oltre a questo, ci permetterà di acquisire più facilmente i nostri ricordi e di imparare le cose più in fretta (in pratica l’esperienza che guadagniamo per missioni, uccisioni ecc, dipenderà anche dal nostro valore in questa caratteristica). Il carisma servirà ad aumentare il nostro potere di convinzione. Alcune quest si potranno attivare e portare a termine solo con un valore sufficientemente alto in questa stat.
Una particolarità è che ogni volta che il Nameless-one sale di livello abbiamo la possibilità di piazzare 1 punto caratteristica. Nel gioco non esiste un limite massimo di esperienza raggiungibile e quindi il nostro alter ego è in grado di raggiungere livelli molto alti (ho sentito di alcuni che hanno addirittura superato il quarantesimo…) e non è quindi impossibile che alla fine del gioco abbia tutte quante le stats a 25.
Inoltre durante l’avventura ci sono veramente molto occasioni per poterle incrementare.

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L’INTERFACCIA DI GIOCO

L’interfaccia di gioco risulta differente rispetto a quanto visto in Baldur’s Gate.
Con il tasto sinistro possiamo muovere e selezionare i personaggi. In Torment, però, possiamo anche correre: occorre tenere premuto anche il tasto shift mentre ci muoviamo (a meno che non spunti l’apposita opzione).
A differenza di quanto visto prima in Torment con il pulsante destro del mouse si apre una sorta di quick-menu circolare che ci permetterà di compiere le principali azioni tra le quali selezionare un oggetto veloce, lanciare un incantesimo o utilizzare le abilità da ladro, come pure accedere all’inventario dei vari personaggi.
Anche in Torment c’è la possibilità di mettere in pausa il gioco in qualunque momento. Come in Baldur’s Gate questa è una pausa “attiva” e quando il gioco è fermo possiamo, infatti, dare ordini ai nostri personaggi, che vedremo poi eseguire quando decideremo di riprendere il gioco. Con le giuste opzioni di pausa automatica attive è anche possibile trasformare i combattimenti in tempo reale in combattimenti a turni.
Il diario è davvero ben fatto. Le missioni da svolgere vengono segnate in un apposita sezione, diversa da quella dove vi sono segnate le cose importanti sentite e che è bene ricordare. Inoltre esiste una terza sezione dove vengono elencati e descritti dettagliatamente tutti i mostri e i personaggi importanti incontrati durante l’avventura. Impeccabile. Tutt’oggi escono ancora giochi che avrebbero (in primis Morrowind) molto da imparare da Planescape Torment sotto questo punto di vista.
Rispetto a quanto visto in Balldur’s Gate e soci qui i personaggi si vedono molto più grandi e questo limita un po’ la visuale e potrebbe rendere un po’ più difficoltosi i combattimenti. La grafica la trovo accattivante (bisogna considerare che il gioco è uscito più di tre anni fa) e la scelta dei colori e la grafica dei passaggi è molto buona: le ambientazioni risultano davvero cupe come è giusto che siano.

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DEI VALIDI COMPAGNI

Nella nostra avventura, fortunatamente, non saremo soli: infatti come già visto in Baldur’s Gate anche qui si potranno controllare fino a 6 personaggi contemporaneamente.
Subito, quando vi risveglierete all’inizio del gioco incontrerete Morte e sarà lui il primo personaggio ad unirsi al vostro party. E’ molto divertente e le sue battute sono importanti per smorzare la tensione all’interno del gioco.
Rispetto a Baldur’s Gate le differenze anche sotto questo aspetto sono molte. Innanzitutto i personaggi arruolabili sono pochi (in tutto 7) e difficili da convincere. Però tutti sono caratterizzati splendidamente e hanno una storia da raccontare.
Questi personaggi sono vivi e non si comportano passivamente all’interno dell’avventura.
Potrete addirittura chiacchierare con loro! Questi dialoghi saranno anche molto importanti per scoprire il loro e il vostro passato. Ma state bene attenti perché potrebbero anche mentirvi, in compenso quando scoprirete la verità rimarrete davvero di stucco. Discutere con i vostri compagni vi permetterà anche di potenziare voi o loro: infatti questi potranno insegnarvi le arti e altre capacità, ma anche voi potrete fare lo stesso. Questo è un aspetto molto importante del gioco che non è mai stato presente in nessun altro.
Arrivare al numero massimo di giocatori utilizzabile (6, Nemless-one compreso) però non è facile e riuscirci dona soddisfazione. Tanta fatica nel convincerli come avrete capito è però davvero ben ripagata.
A maggior ragione è assolutamente indispensabile stare molto attenti ad usarli con abilità perché è bene ricordare che a differenza vostra loro possono morire.

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TIRANDO LE SOMME

Dopo tante parole è ora di concludere questa recensione dicendo che il gioco è parecchio vasto e complesso e la longevità è davvero notevole. Nonostante siano passati oltre tre anni dalla sua uscita il gioco, tutt’oggi, rimane uno dei migliori nel suo genere. Nessun altro mi ha dato le stesse emozioni e mi ha fatto sentire tanto all’interno dell’avventura: quasi come la stessi vivendo sulla mia pelle.
L’unico difetto che ho riscontrato è il fatto che le classi impersonabili dal Nameless-one sono solamente tre.
Forse sarebbe stato meglio avere più scelte possibili e magari poter fare un multiclasse (anche se a me non piacciono c’è chi li usa…).
Però forse è anche stato meglio così perché si sono potute caratterizzare meglio le poche presenti. Per esempio in Torment la situazione ancora una volta è originale: per quanto riguarda il guerriero, per esempio, per poter piazzare i punti di allenamento in una determinata arma occorre farsi addestrare da opportuni PNG (personaggi non giocanti). Inoltre durante l’avventura, grazie potremo comunque cambiare classe sempre facendoci addestrare da qualcuno. Forse, se le classi fossero state dieci anziché tre questo non sarebbe stato possibile…
Insomma: se non siete intimoriti dalla difficoltà del gioco (relativamente alta) e vi piacciono i crpg dove il combattimento non deve essere il suo punto di forza questo gioco fa per voi.
E allora? Cosa state aspettando? Andate a comprarlo e iniziate subito a giocare :)
Vero: non vi ho detto dove sia possibile scaricare la patch che traduce il gioco: avete ragione…
Rimedio subito allora: da qui potrete scaricare sia la patch che aggiorna il gioco all’ultima versione esistente, sia quella che lo traduce nella nostra amata lingua.
Ora però non avete proprio più scuse, perché Planescape Torment è li che vi sta aspettando ;)

Davide “Gordy” Nobile


Sito ufficiale: Planescape Torment
Publisher: Interplay
Sviluppatore: Black Isle Studios
Distributore: Halifax
Sito utile: Torment ITP

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PLANESCAPE TORMENT

Planescape Torment è un gioco atipico che purtroppo in Italia non ha riscosso molto successo.
Il motivo principale è che al momento della sua uscita (si parla del 1999) purtroppo non è stato tradotto in italiano. Io ritengo che questo sia stato un autentico delitto e presto capiremo insieme il perché.
Fortunatamente c’è chi ci è venuto incontro ed ha permesso anche a noi italiani di gustare appieno questo bellissimo gioco.Un grandissimo ringraziamento va quindi ai ragazzi dell’Italian Translation Project che senza alcuno scopo di lucro hanno deciso di tradurlo interamente, e hanno fatto il tutto in modo davvero eccellente!
Parlando di Planescape Torment è bene premettere una cosa importante: questo gioco non fa per tutti ed è da considerarsi un gioco di nicchia (lo dimostrano anche i dati di vendite americane dove non influisce la questione della lingua). Considerare Torment un normale passatempo è alquanto limitativo. Non è il genere di videogame che si gioca la sera per distrarsi dopo una pesante giornata di lavoro.
Torment è qualcosa di molto più profondo che ogni tanto ci costringe anche a riflettere su noi stessi. Fare videogame è arte e in quest’occasione, più che mai, la Black Isle ce l’ha dimostrato.