Il giudice ha ritenuto corretto, in questa fase di giudizio, ricusare il profilo difensivo dell'azienda per accogliere le motivazioni dell'accusa: "Eloquente conferma in relazione agli effettivi scopi della violazione delle misure tecnologiche di protezione poste in essere dalla PCBox si trae dalla pag. 2 della stampa del sito della predetta in data 16.09.08 dove si afferma espressamente che "la funzione principale svolta dai mod chip è quella di leggere i giochi copiati"; a tal proposito va solo aggiunto che la generica contestazione prospettata da parte resistente appare smentita dalla evidenza del documento, univocamente riferibile alla PCBox". In sostanza: si accoglie la tesi per la quale i dispositivi in questione sarebbero volti principalmente ad un utilizzo non legale e quindi causa portante della diffusione di un livello di pirateria in crescente aumento, come Nintendo stessa sottolinea: "Secondo i dati dell'Entertainment Software Association (IIPA Special 301 Report), infatti, in Italia la percentuale di pirateria nel settore dei videogiochi è salita dal 40% nel 2006 al 67% nel 2007 con un mercato illegale del valore di oltre 556,5 milioni di euro."
Attendiamo i prossimi gradi di giudizio per una questione che, da lungo tempo controversa, ha visto schierarsi le principali case produttrici di software ed hardware contro una piaga che, indubbiamente, penalizza fortemente l'andamento del mercato videoludico.