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Silent Hunter 4 - Recensione

E non dimenticatevi dei siluri!

RECENSIONE di Stefano Brighenti   —   26/03/2007
Silent Hunter 4 - Recensione
Silent Hunter 4 - Recensione

Benvenuti nel Silent Service

In questo nuovo capitolo il teatro degli scontri si è spostato dall’Oceano Atlantico a quello Pacifico e, più nel dettaglio, nei mari limitrofi alle Filippine: come comandante di un sommergibile americano dovrete affrontare, fin dal 1941, tutta l’immensa flotta giapponese, contribuendo attivamente alla sua disfatta.
Il punto di forza di Silent Hunter 4 è rappresentato dalla nuova campagna dinamica, ora arricchita di nuove missioni non ridotte più al solo pattugliare per un determinato periodo di tempo un preciso settore, ma sarà compito del giocatore anche preoccuparsi di fotografare un porto nemico, adoperarsi per l’inserzione di truppe alleate in un territorio o affondare una determinata nave, senza ovviamente dimenticare le operazioni speciali.

Silent Hunter 4 - Recensione

L’attributo “dinamica” sta ad indicare che ogni vostra azione porterà ad una conseguenza, positiva o negativa: fallendo una missione assegnata non andrete incontro al game over, ma come accadeva nella realtà, questo si ripercuoterà negativamente sulla riuscita degli obiettivi futuri; non affondare navi da sbarco giapponesi porterà (probabilmente) alla conquista di un porto alleato, obbligandovi quindi a dover scegliere un punto d’attracco molto più lontano, esponendovi al rischio di finire il carburante prematuramente (e attraversare l’Oceano con motori elettrici non è proprio il massimo).
Il vostro comportamento verrà valutato tramite l’assegnazione dei classici Punti Notorietà, ottenibili affondando navi nemiche, completando obiettivi e salvando equipaggi alleati lasciati in balia delle onde: questi punti andranno poi investiti per migliorare non solo le tecnologie a vostra disposizione (radar, sonar, esche e via discorrendo), ma anche il vostro equipaggio, arruolando uomini più esperti o con determinate abilità, il tutto ovviamente avendo cura della fedeltà storica: non potrete montare testate nucleari, per intenderci, e eventuali upgrade saranno disponibili solo nel momento in cui sono realmente comparsi sulla scena storica.
Una piccola nota di plauso: la nuova campagna dinamica è decisamente più affollata di quella del precedente capitolo; la possibilità di incrociare convogli, di scontrarvi con aerei e di assistere ad epiche battaglia è notevolemente aumentata, per la gioia di tutti noi sommergibilisti, riducendo così i tempi morti a pochi minuti reali.

L'importante non era essere belli dentro?

Correndo il rischio di venir bollati come superficiali dai fanatici del genere (ai quale basterebbero solo tante scritte in 2D), noi comuni mortali non possiamo non notare l’eccellente resa grafica di questo nuovo capitolo; in special modo gli artisti di Ubisoft si sono soffermati a lungo per rendere più realisticamente possibile l’acqua: oltre ad avere un coefficiente di trasparenza (sarete in grado di intravedere la chiglia delle navi, ad esempio), sono stati implementati dei nuovi algoritmi per generare gli effetti d’increspatura e di fenditura delle onde; se pensate sia un mero aspetto estetico, dovrete ricredervi, visto che le condizioni del mare influenzeranno pesantemente la traettoria dei vostri siluri, sia in negativo che in positivo: l’aspetto positivo è che, col mare mosso, difficilmente il bersaglio potrà avvistare la scia del vostro “confetto”, mentre il negativo è che dovrete mettere in conto una deviazione sulla traettoria originale, a seconda della direzione del vento (ed ecco a cosa serve l’increspatura sulle onde).
Non iniziate a preoccuparvi: se avete già un gran mal di testa, probabilmente significa che preferirete affrontare i Giapponese in una modalità più arcade, dove tutti questi fattori possono essere bellamente ignorati.

Tora questo, maledetto giapponese!
Tora questo, maledetto giapponese!

Se poi disponete di un computer abbastanza potente, non esitate ad attivare la resa tridimensionale dei danni arrecati alle navi (dopo l’impatto di siluri o dei colpi di cannone) e la mappatura sulle navi, che conferirà un aspetto decisamente più realistico alle imbarcazioni.
Sotto il profilo particellare, la resa di esplosioni e colonne di fumo è decisamente soddisfacente, benché talvolta si presentino dei fastidiosi glitches, specialmente negli elementi decorativi più sottili, come fili o profili di piccole imbarcazioni, mentre vi consigliamo caldamente di tener disattivato il filtro che rende l’immagine di gioco come una pellicola antica, poichè vi renderà impossibile identificare correttamente una nave anche solo a 500 metri di distanza (complicandovi notevolmente la vita se intendete affrontare SH4 in modalità realistica).
L’engine utilizzato da Ubisoft si rivela assolutamente valido e non presenta alcun tipo di bug eccessivamente grossolano: anche su macchine non troppo potenti il framerate risulterà costante e la sua elevata configurabilità vi permettere di “plasmarlo” secondo le vostre personali esigenze, ovviamente a discapito della qualità grafica finale.

L'importanza del Manuale

A dispetto della nuova grafica e della ricca campagna dinamica, resta invariato il gameplay, che riprende fedelmente le meccaniche del precedente capitolo: se affrontare il gioco con un basso livello di realismo non dovrete preoccuparvi di altro se non allinearvi correttamente col bersaglio, fare fuoco e fuggire; inutile dire che, in questi casi, Silent Hunter 4 viene ridotto quasi ad un titolo d’azione, e vi perderete gran parte della tensione e del brivido della caccia.
Se giocato ad un livello di realismo superiore (a partire dal 40%), il nuovo titolo di Ubisoft tira fuori la sua parte migliore: dovrete imparare a conoscere a fondo non solo il vostro sommergibile, con le sue caratteristiche e i suoi tempi (mica vorrete ordinare un’immersione rapida in ritardo?), ma anche le navi nemiche: un incrociatore, ad esempio, avrà un angolo di virata decisamente superiore rispetto ad una massiccia portaerei e sarà quindi in grado di effettuare manovre evasive anche negli ultimi istanti.

a voi toccherà prima il ruolo del felino predatore, ma vi ritroverete velocemente nei panni del piccolo ratto non appena la vostra presenza sarà svelata

L'importanza del Manuale

In sostanza, Silent Hunter 4 può diventare anche un complesso simulatore, elevando all’ennesima potenza gli elementi da tenere in considerazione anche solo per lanciare un siluro, partendo dalle condizioni atmosferiche (come il vento e la direzione in cui soffia), la velocità e la direzione del bersaglio e la tipologia di nave da attaccare (una Yamato è più resistente di un sottomarino).
Non vi basta? Potrete anche scegliere a che profondità far viaggiare il siluro, la sua velocità e anche il suo metodo di detonazione, se ad impatto oppure a contatto magnetico: il primo assicura un’elevata probabilità di detonazione, ma avvenendo queste sul fianco della chiglia, saranno meno potenti; al contrario, le detonazioni magnetiche avvengono sotto la chiglia della nave, arrecando un danno talmente ingente che, se siete fortunati, un singolo siluro vi farà affondare una nave da guerra, ma dovrete correre il rischio di premature esplosioni, anche troppo vicine al vostro sommergibile.
Tutti questi elementi, uniti alla tensione della perenne incognità “mi avranno sgamato?” trasformano le missioni di Silent Hunter 4 in qualcosa che raramente si prova con un videogame: il coinvolgimento più totale.

La profetica ciliegina

Tendenzialmente si posso identificare due categorie di videogames: quelli che ti coinvolgono, che resteranno installati sui nostri hard disk per molto tempo, e quelli che semplicemente ti divertono.

Silent Hunter 4 - Recensione
Silent Hunter 4 - Recensione

La profetica ciliegina

Come detto, Silent Hunter 4 coinvolge, e parecchio, in primo luogo perché richiede un’attenzione esagerata anche ai più piccoli particolari: dovrete effettuare tante piccole operazioni di microgestione del vostro sottomarino, assegnare turni all’equipaggio in modo che non si stanchino e tenere sempre sotto controllo moltissimi elementi, primi tra tutti la benzina e la riserva d’ossigeno durante l’immersione: riuscire a costruire correttamente la traettoria di un singolo siluro è già qualcosa ricco di pathos, ma il vederlo andare a segno con successo contro una nave è assolutamente esaltante: un’esaltazione destinata a scomparire subito, non appena gli incrociatori inizieranno a “pingarvi” col loro sonar: sentirete le loro eliche sopra la testa, le bombe di profondità e il loro sordo scoppio, mentre il vostro sommergibile tenterà disperate manovre evasive.
Si tratta, a ben vedere, del classico gioco del gatto col topo: a voi toccherà prima il ruolo del felino predatore, dovendovi avvicinare di soppiatto al bersaglio, trovare la giusta combinazione di elementi per poi colpirlo, ma vi ritroverete velocemente nei panni del piccolo ratto non appena la vostra presenza sarà svelata: e allora dovrete nascondervi sfruttando tutti gli escamotage possibili e che non sono scritti da nessuna parte, ma che solo con l’esperienza riuscirete a conoscere.
Coinvolgimento quindi: la miglior gratifica a cui tutti i mezzi d'intrattenimento (videogames e film in primis) aspirano.

Dobbiamo mangiare più fosforo

I ragazzi di Ubisoft hanno svolto un ottimo lavoro, non solo per gli aspetti finora descritti, ma anche per l’elemento più importante in un titolo simulato: l’Intelligenza Artificiale.
Benchè gli algoritmi di questa fossero già ben sviluppati del precedente capitolo, con Wolves of the Pacific gli sviluppatori hanno reso i nostri nemici ancora più astuti: durante i vostri attacchi notturni non esiteranno ad illuminare il cielo con i loro flare, mentre i porti, tanto amati in SH3 perché ricco bacino di bersagli immobili, sono diventati estremamente rischiosi, sia per le maglie antisommergibile, sia per i continui pattugliamenti di incrociatori nemici.
Questi ultimi utilizzano delle verosimili manovre per cacciare il vostro sottomarino, e raramente vi troverete ad affrontare un duello alla pari: molto più spesso saranno almeno tre o quattro unità navali a darvi la caccia contemporaneamente e, ancora più di frequente, vi troverete anche a dover affrontare gli aerei (tra cui i temibili Zero): questo significa che non vi basterà più entrare in un porto, affondare l’affondabile e poi fuggire in navigazione silenziosa; più lontano vi spingerete dal resto della flotta alleata, maggiore sarà il numero di unità nemiche (trovarvi davanti una Yamato vi garantirà la disfatta immediata) e minore saranno le vostre possibilità di sopravvivere. Starà quindi a voi decidere quanto rischiare e, soprattutto, come farlo.

Conclusioni

Insomma, il gioco perfetto? Forse no, ma senza dubbio il miglior simulatore di sottomarini in commercio e, al tempo stesso, un titolo estremamente godibile anche per chi non ha intenzione di impegnarsi eccessivamente: i difetti sono assolutamente marginali e facilmente risolvibili tramite patch (vi rimandiamo al box per ulteriori informazioni) e possiamo quindi assicurarvi che, se avete amato il terzo capitolo, questo Wolves of the Pacific è un acquisto assolutamente obbligato.

Pro

  • Ottima resa grafica
  • Coinvolgimento garantito
  • Elevata malleabilità
Contro
  • Resta un gioco sui sottomarini
  • Rischio di lunghi tempi morti

Patchami il sottomarino

In Day One, eccovi una simpatica sorpresa dagli sviluppatori rumeni di Ubisoft: il rilascio della prima patch che aggiornerà il software alla versione 1.1; questa non solo migliorerà alcuni elementi della campagna, ma provvederà ad aggiungere nuove voci, effetti grafici migliori (specialmente per le onde), un nuovo sottomarino e tanti altri miglioramenti, anche alla campagna principale.
Volete la lista completa? Immergetevi nella nostra sezione download!

Requisiti di Sistema


Requisiti Minimi:

  • Processore: Pentium 4 2.0 GHz o AMD equivalente
  • RAM: 1024 MB
  • Scheda Video: Compatibile Pixel Shader 2.0 con 128 MB
  • Spazio su disco: 6.0 GB
Requisiti Consigliati:
  • Processore: Pentium 4 3,0 GHz o AMD equivalente
  • RAM: 2 GB
  • Scheda Video: Compatibile Pixel Shader 2.0 con 256 MB
  • Spazio su disco: 6.0 GB
Configurazione di prova:
  • Processore: Intel Core Duo E6700, 2.7 GHz
  • RAM: 2 GB
  • Scheda Video: NVIDIA 8800 GTX

Introduzione

Potete tirare un sospiro di sollievo: Silent Hunter 4, nella sua versione definitiva, lascia inalterate le meccaniche di gioco del suo predecessore, discostandosi solo per apportarvi qualche benvenuto miglioramento.
Per chi si fosse perso questa moderna fenice (rinata dalle ceneri del terrificante Silent Hunter 2), il terzo capitolo aveva permesso anche a chi non disponesse di una laurea in ingegneria meccanica di giocare con un simulatore, offrendo all’utente una notevole possibilità di personalizzazione del livello di difficoltà e realismo, attivando o disattivando tutta una serie di parametri.
Gli studi di Ubisoft in Romania hanno, ovviamente, adottato la filosofia del conservare quanto più possibile la vecchia via, che aveva portato ad un notevole successo commerciale e di critica: se gli appassionati stanno già storcendo il naso, possiamo rassicurarvi che troverete anche delle gradevoli novità, non trasformando questo Wolves of the Pacific in un semplice restyling grafico, ma in un vero e proprio gioco a sè stante.