Monografie è una rubrica a cadenza mensile che racconta i momenti essenziali nella storia di alcune società o personaggi di spicco nel mercato videoludico.
Nella settimana del lancio europeo di Fire Emblem: Awakening, non potevamo proprio non parlare dei suoi creatori, i ragazzi di Intelligent Systems. Come probabilmente ben saprete, il loro ultimo Fire Emblem ci ha davvero estasiato: un vero system seller per un sacco di motivi di cui vi abbiamo già parlato in sede di recensione.
Ma del resto non abbiamo certo a che fare con dei novellini: Intelligent Systems non è una software house molto famosa in occidente, e ha cominciato a fare proseliti soltanto da pochi anni, eppure vi sorprenderebbe scoprire a quanti giochi, famosissimi o meno, ha messo mano. Questo sarà un Monografie un po' diverso dal solito: la storia di Intelligent Systems è abbastanza semplice, e i titoli sviluppati veramente tantissimi, perciò ci concentreremo sui suoi franchise più famosi. Pronti? Via!
Le origini
Per parlare di Intelligent Systems, bisogna prima capire la meccanica dei team R&D di Nintendo: l'acronimo sta per Research & Development (ricerca e sviluppo) e il primo team, anche detto R&D1, risale alla fine degli anni settanta, quando Hiroshi Yamauchi e Hiroshi Imanishi decisero di darsi ai videogiochi. Nel corso degli anni, naturalmente, la struttura e la strategia di Nintendo è cambiata, anche in modo parecchio complicato, ma quel che è importante sapere è che durante gli anni del NES si arrivarono a contare fino a quattro team R&D. I vari R&D si occupavano di campi e software diversi, con il R&D1 capitanato da Gunpei Yokoi, per esempio, e il R&D4 nelle mani di Shigeru Miyamoto. Ironicamente, i vari team R&D collaboravano tra loro in diverse misure, influenzando gli uni lo sviluppo degli altri; in un certo senso, i titoli Nintendo di quei tempi non erano firmati soltanto dall'uno o l'altro team, anche se poi il principale designer si prendeva la maggior parte del merito. In tutta questa baraonda si incastrava Tohru Narihiro, praticamente uno sviluppatore qualunque che era stato assunto da Nintendo per gestire il team che convertiva i software dei dischi giapponesi del Famicom nelle cartucce occidentali per il nostro NES. A un certo punto, il team di Narihiro divenne una sorta di team ausiliario che si occupava di rifinire o convertire i titoli sviluppati dai vari team R&D:
questo significa che in praticamente tutti i titoli Nintendo usciti sopratutto a cavallo tra gli anni ottanta e gli anni novanta c'era lo zampino del team senza nome di Narihiro. La svolta fu intorno al 1986, quando Nintendo ristrutturò i suoi team R&D per fare posto allo sviluppo dei giochi del Game Boy: si spostò uno sviluppatore qui e uno lì, il R&D4 di Miyamoto divenne il team principale mentre l'R&D1 di Yokoi si occupava della console portatile. A quel punto il team di Narihiro assunse una propria identità: rinominato, per l'appunto, Intelligent Systems, svolgeva una funzione non troppo diversa da quella del Team Sonic di SEGA. Val la pena sottolineare che, nel corso degli anni, Intelligent Systems si è strutturato a sua volta in vari team interni, ciascuno specializzato in un certo genere o franchise: Team Battle Clash, Team Deer Force, Team Emblem e Team Shikamaru.
Famicom Wars
Famicom Tsūshin, 1988, fu in un certo senso il primo gioco sviluppato completamente da Intelligent Systems con un piccolo contributo del R&D1. Il team di Tohru Narihiro negli ultimi anni si era espanso, e Nintendo aveva deciso di non limitarlo più alla semplice collaborazione occasionale che in certi momenti rasentava quella di un vero e proprio tappabuchi: adesso aveva un nuovo compito, e cioè progettare e sviluppare dei giochi di strategia. E in questo senso, Famicom Wars era così strategico e complesso, per quei tempi, che Nintendo non lo reputò neanche adatto al mercato occidentale, confinandolo in Giappone insieme ai vari sequel per Super Famicom e Game Boy per più di dieci anni.
E così, mentre noi scimpanzé occidentali salivamo lentamente la scala evolutiva, i nostri amici dagli occhi a mandorla si godevano un titolo decisamente originale, basato sulla guerra tra due nazioni, Red Star e Blue Moon. Su una griglia a quadretti, il giocatore trascorreva il suo turno creando nuove unità, muovendole sul campo di battaglia e attaccando i nemici adiacenti: l'interazione era mostrata attraverso una specie di cutscene non interattiva in cui gli sprite si facevano fuoco a vicenda. I parametri da tenere in considerazione erano parecchi, e di episodio in episodio se ne sarebbero aggiunti sempre di più: i diversi tipi di terreno offrivano vantaggi e svantaggi, bisognava conquistare le città per aumentare le risorse, ogni unità era più o meno efficace contro quelle di un tipo diverso, e via discorrendo. L'obiettivo di ogni missione era semplice: conquistare il quartier generale del nemico, che fosse la macchina o un altro giocatore.
Per i suoi tempi, e per la console su cui girava, Famicom Wars era un titolo decisamente elaborato che riscosse un immediato successo. Al capostipite seguirono vari sequel per Game Boy intitolati Game Boy Wars (in cui la mappa a quadretti era riorganizzata in modo che per ogni casella ce ne fossero sei circostanti) e una capatina su Super Famicom con, neanche a dirlo, Super Famicom Wars, ma fu soltanto nel 2001, con Advance Wars per Game Boy Advance, che la serie debuttò in occidente. A quanto pare nel frattempo ci eravamo evoluti anche noi, e infatti il franchise è ancora oggi, a dieci anni di distanza, uno dei più apprezzati tra i pochi strategici a turni portatili esistenti. Advance Wars, Advance Wars 2 e l'episodio per Nintendo DS intitolato Advance Wars: Dual Strike, mantengono lo scheletro dell'originale, arricchito naturalmente sia dal punto di vista del gameplay che da quello grafico. La serie è oggi apprezzatissima non soltanto per l'enorme profondità del gameplay e l'incredibile quantità e varietà di contenuti, ma anche per il tono e il character design leggeri, ironici e fumettosi che rendono le varie trame e i personaggi incredibilmente accattivanti, nonostante il contesto bellico tutt'altro che allegro. Ormai conosciuta come Advance Wars, la serie è assente sul mercato da più di sette anni (se si escludono gli spin-off Battalion Wars sviluppati da Kuju Entertainment per GameCube e Wii) ma numerose voci di corridoio sostengono che Intelligent Systems sia al lavoro su un nuovo capitolo per Nintendo 3DS...
Fire Emblem
La nostra reginetta del ballo nasce da un'idea di Shouzo Kaga, uno dei game designer di Intelligent Systems che alla fine degli anni ottanta ebbe questa intuizione straordinaria di fondere il gameplay di uno strategico a turni con le caratteristiche del videogioco di ruolo di maggior successo dell'epoca, Dragon Quest di Enix. Un'idea talmente convincente che supervisionò il progetto lo stesso Gunpei Yokoi, prestando al team di Narihiro la forza bruta del suo R&D1. Il successo riscosso in Giappone da Fire Emblem: Ankoku Ryū to Hikari no Tsurugi quando uscì nel 1990 per Famicom fu straordinario e si può dire che, in quel senso, Nintendo cementificò definitivamente un vero e proprio sottogenere che aveva già cominciato a creare con Famicom Wars.
Ciò nonostante, Nintendo ancora non si sentiva pronta a condividere con i primati occidentali titoli così elaborati, e così anche Fire Emblem se ne rimase zitto zitto a fare origami per almeno altri quattordici anni insieme a Famicom Wars e Mother: in realtà, sia Fire Emblem che Mother furono quasi sul punto di attraversare l'oceano, ma poi Nintendo cambiò idea a metà dell'adattamento di Mother, e non se ne fece più nulla. Il primo Fire Emblem gettava le basi della serie, introducendo il MacGuffin dell'Emblema di Fuoco e tanti elementi che sarebbero diventati costanti in ogni episodio, come la spada Falchion o i vari tasselli di una mitologia che ancora oggi, giunti al tredicesimo appuntamento, ci affascina per complessità e fantasia. Il protagonista di quel primo Fire Emblem sarebbe stato il principe Marth consacrato poi internazionalmente da Super Smash Bros Melee e Super Smash Bros Brawl. Anzi, in un certo senso fu proprio la presenza di questo personaggio (insieme a Roy, su GameCube) a smuovere i giocatori occidentali, sia quelli che conoscevano il franchise d'importazione, sia quelli che non lo conoscevano affatto: la loro insistenza convinse finalmente Nintendo a pubblicare la serie anche in occidente a partire da Fire Emblem: Rekka no Ken per GameBoy Advance, nel 2003. Nel frattempo ci eravamo persi Fire Emblem Gaiden (Famicom, 1992), Fire Emblem: Monshō no Nazo (Super Famicom, 1994), Fire Emblem: Seisen no Keifu (Super Famicom, 1996), Fire Emblem: Thracia 776 (Super Famicom, 1999) e Fire Emblem: Fūin no Tsurugi (GameBoy Advance, 2002). Il remake di Fire Emblem: Ankoku Ryū to Hikari fu riproposto nel 2008 per Nintendo DS con il sottotitolo occidentale Shadow Dragon, ma un po' meno fortuna ebbe il seguito del 2010. A parte quest'ultimo caso sfortunato, ormai Fire Emblem è una serie proficua anche dalle nostre parti, come hanno dimostrato sopratutto gli episodi per GameCube e Wii (rispettivamente, Path of Radiance e Radiant Dawn) e l'eccezionale Awakening per Nintendo 3DS, anche se ormai Shouzo Kaga non fa più parte di Intelligent Systems, abbandonata all'inizio del 2000.
La sua serie, però, si è sempre contraddistinta per l'eccellente qualità tecnica generale, la colonna sonora sempre sopra le righe, le storie avvincenti e i personaggi ottimamente caratterizzati. Il gameplay non era altro che la versione fantasy di Famicom Wars, naturalmente modificatosi e complicatosi di capitolo in capitolo con tutta una serie di caratteristiche che hanno contraddistinto ogni nuovo episodio, magari sparendo o venendo ripescate nei successivi, come il sistema di matrimoni concepito in Seisen no Keifu e riproposto in Awakening. Una delle caratteristiche più interessanti e famose della serie è il concetto di morte permanente: i personaggi che compongono il cast possono morire in missione, sparendo per sempre dall'esercito del giocatore. Questa feature, che naturalmente aumenta in modo considerevole la complessità generale del gioco e l'attaccamento emotivo dell'utente nei confronti dei suoi beniamini, è sempre stata il principale ostacolo per gli utenti casual, almeno finché non è arrivato Awakening a cambiare le carte in tavola con i suoi molteplici livelli di difficoltà.
Paper Mario e WarioWare
Gli altri due franchise più famosi di Intelligent Systems non sono proprio farina del suo sacco, ma un eredità raccolta e proseguita con grande abilità, anche se non sempre toccando le stesse vette di eccellenza raggiunte con Advance Wars e Fire Emblem. Paper Mario esce in Giappone per Nintendo 64 nel 2000 con il titolo nipponico Mario Story e arriva poi anche in America e in Europa nel 2001. All'inizio si sarebbe dovuto chiamare Super Mario RPG 2 perché doveva essere il sequel ufficiale del Super Mario RPG: Secret of the Seven Stars sviluppato da Square prima che litigasse con Nintendo e salisse sulla barca PlayStation.
Shigeru Miyamoto, che supervisionava il progetto, si assicurò che fosse pensato anche per i giocatori meno esperti, passando la patata bollente a Intelligent Systems, che ebbe la folle idea di trasformare l'intero universo di Mario in una sorta di libro pop-up, affidandosi alla direzione artistica di Naohiko Aoyama. Il contesto è completamente folle, naturalmente, ma fedele allo spirito della serie originale, con Bowser come antagonista e quella cretina della principessa Peach che si fa rapire come al solito. A metà tra un action-adventure e un RPG, con un pizzico di platforming che non guasta mai, Paper Mario è un ibrido che convince subito i giocatori, riscuotendo un ottimo successo grazie all'originalità del gameplay e alle assurde e comiche trovate degli sceneggiatori. Le battaglie a turni richiedono l'intervento manuale del giocatore perché le azioni di Mario siano più efficaci, prendendo le distanze dai tipici jRPG a turni in cui si seleziona un comando e si aspetta passivamente che venga compiuto. Il franchise conta tre sequel: Il Portale Millenario esce per GameCube nel 2004; Super Paper Mario fa capolino nel 2007 per Wii; infine, Paper Mario: Sticker Star esce su Nintendo 3DS sul finire del 2012.
Anche la serie WarioWare non nasce a casa Intelligent Systems: è il team R&D1 a firmare i primi due titoli, WarioWare, Inc.: Mega Microgames! per GameBoy Advance e GameCube nel 2003 e WarioWare: Twisted! per GameBoy Advance nel 2004. Il secondo, peraltro, basato su una sorta di sensore rotatorio interno alla cartuccia, non vedrà mai la luce in Europa. È soltanto da WarioWare: Touched! per Nintendo DS, 2004, che Intelligent Systems comincia a occuparsi della serie. I vari WarioWare sono delle compilation di microgiochi dalla grafica essenziale e dalle meccaniche eccezionalmente intuitive: le partite durano pochissimi secondi, perfette per essere fruite da più giocatori o quando si può disporre della console soltanto per pochi minuti a sessione. Seguono quindi WarioWare: Smooth Moves per Wii nel 2006, WarioWare: Snapped! per DSiWare nel 2008, WarioWare D.I.Y. per Nintendo DS nel 2010. Vale la pena sottolineare il fatto che, per ogni nuovo WarioWare lanciato per una nuova console, Intelligent Systems cerca di porre tutta l'enfasi sulle feature salienti dell'hardware di turno; e così, i microgiochi di Touched! si basano sopratutto sul doppio schermo e sul touch screen, mentre quelli di Snapped! approfittano della telecamera integrata nella console e quelli di D.I.Y. si possono addirittura creare e caricare su Internet. WarioWare è, insomma, l'ennesima dimostrazione della poliedricità di Intelligent Systems, probabilmente maturata nel corso della sua ventennale esperienza a braccetto con il più prolifico e fantasioso sviluppatore di videogiochi del mondo.