Intro
Il mio Gauntlet è ferito.
La dura corazza sulla quale l'ho lasciato correre ha indebolito le sue parti meccaniche. Il sangue ha inondato la mia mano ed ha placato la rabbia dello strumento di morte, ma è stata la sua ultima vittoria. Il mio gauntlet uscirà con onore dall'Arena Eterna!
Una scia di sangue inizia a tracciarsi, dalle arene nelle quali si sta giocando il recente Quake3, e procede a ritroso verso le sue origini, quando è stato rivoluzionato il significato stesso di gioco ed è nato il videogame così come lo intendiamo oggi.
Una scia a ritroso nel tempo, indietro, verso le origini del mito.21
Il passato
Nella preistoria del byte esistevano dei rudimentali giochi, che erano anche assai divertenti e dotati di notevole spessore.
Nessuno, però, aveva mai osato proporre una visuale in prima persona che fosse credibile, nessuno aveva mai portato l'azione direttamente negli occhi del giocatore.
Era quasi un'eresia.
Quei pochi audaci che sognavano il gioco totalmente immersivo farneticavano di esperienze assurde ed inverosimili, pochissimi, addirittura, sussurravano in ristretti circoli che un giorno sarebbe giunto lui, il messia dei videogame!
Ed in effetti, non era il messia ma suo zio. Giunse, infatti, su quegli antichi monitor, un titolo oltraggiosamente rivoluzionario: Wolfenstein 3D!
C'era in quel nome una promessa, o forse una minaccia, un oscuro presagio, qualcosa che faceva tremare i vetri degli schermi, una parola dal significato ancora celato: 3D!
Il gioco introduceva, per la prima volta, non la visuale in prima persona, già presente in altri titoli, ma un sistema di spostamento della visuale fluido, continuo, che lasciava il giocatore libero di muoversi come mai aveva fatto prima. E questa fu la vera novità introdotta e che ne decretò il successo mondiale. Pensate che Wolfenstein 3D girava su un 286 con 1 mb di ram!
Lo scopo era semplice ed accattivante: sparare ed uccidere tutti i nemici incontrati sullo schermo. Il plot era abbastanza fantascientifico e narrava di un castello dove, in piena seconda guerra mondiale, i nazisti conducevano orribili esperimenti sugli esseri umani, producendo un esercito di mutanti. Entrava in scena, quindi, il primo di una lunga serie di eroi, con lo scopo di eliminare i cattivi e salvare il mondo.
Naturalmente, data la natura violenta (almeno per quel periodo) del gioco, la scelta di far incarnare i cattivi ai nazisti fu studiata a tavolino, così nessuno avrebbe potuto sollevare questioni morali (ah... bei tempi).
L'era del mito
La Id Software divenne subito famosa, il suo nome fu istantaneamente associato all'invenzione del primo, timido, tentativo di creare un ambiente tridimensionale e credibile.
I discepoli del proiettile rovente divennero, come era lecito aspettarsi, numerosi e presto si sentì il bisogno di qualcosa di nuovo, che lasciasse il segno. I giocatori cominciavano a diventare esigenti e ne volevano di più, chiedevano una nuova esperienza di guerra, ambientata chissà dove, magari nel Vietnam, oppure nella prima guerra mondiale, qualcuno propose una timida versione fantasy (Catacomb Abyss), ma non c'era dubbio, oramai, tutti erano in attesa dell'evento, la venuta del messia dei videogames!
E così, come un fulmine a ciel sereno, arrivò all'improvviso proprio quel titolo che ha ridisegnato gli schemi di gioco classici, cancellando definitivamente la vecchia struttura statica in favore di un gameplay veloce, frenetico, violento ed appassionante: Doom.
Era il 1993.
Non tra i soldati della prima guerra mondiale era ambientato il nuovo gioco e nemmeno tra antichi cavalieri in cotta di maglia, ma tra centinaia di demoni urlanti usciti direttamente dall'inferno, in un viaggio attraverso lo spazio profondo fin sulla superficie di Marte! Dunque, un plot estremamente originale ed intrigante faceva da background al nuovo titolo della id software. Chiunque abbia giocato a Doom, in quel periodo, ricorda una cosa sopra le altre: il senso di tensione ed ansia che metteva addosso e la paura che scaturiva quando ci si avventurava al buio. La grafica, poi, era molto migliorata rispetto al predecessore ed ha sollevato non poche polemiche per i numerosi riferimenti sacri presenti. Inoltre, cosa ben più importante, faceva il suo ingresso al mondo l'arma più amata ed al tempo stesso devastante della storia: la motosega! Questo titolo vide nascere un fenomeno del tutto inaspettato intorno a se, quando programmatori di mezzo mondo misero mano al codice e cominciarono a creare i primi strumenti di editing! Era tutto ancora molto grezzo, però nacquero centinaia di mappe nuove, create direttamente dai giocatori per gli altri giocatori ed il contagio si diffuse a macchia d'olio. Nacquero anche i primi mod, un esempio su tutti: AlienDoom!
L'era del mito
Il successo che ebbe Doom fu superiore ad ogni aspettativa, tanto che ancora oggi c'è gente che ci gioca, e presto ne arrivò il terrificante seguito: Doom II (Hell On Earth). Questa volta, la Id portava l'inferno direttamente sulla Terra!
Era il 1994.
Ed ancora fu successo assicurato ma, naturalmente, cominciarono ben presto ad uscire i primi tentativi di imitazione, i primi cloni, nessuno dei quali, però, è degno di essere ricordato in queste righe.
Tranne uno.
Nel 1994, la Lucas Films (era questo il nome che aveva allora), propose la sua versione di shooter 3d, un gioco ambientato nell'allora poco inflazionato universo di Star Wars, il suo nome era Dark Forces.
Dark Forces migliorava notevolmente il sistema di controllo, aggiungendo la possibilità di alzare ed abbassare lo sguardo ed introduceva uno stile di gioco nel quale era richiesta una dose maggiore di ragionamento. Inoltre, fu il primo ad introdurre una seconda modalità di fuoco per le armi. La trama, poi, era davvero appassionante e ricca di colpi di scena e, per i fan di Guerre Stellari, era una vera e propria benedizione, senza contare che gli intermezzi filmati, realizzati con grande cura, erano il tocco di classe che mancava ai due Doom.
L'era del "vero 3D"
Fu così che presero ad uscire titoli sempre più vari e complessi, con diverse ambientazioni e diverso spessore. Si delineava, quindi, la scena definitiva.
Videro la luce, allora, giochi come Heretic, della Raven, che trasportava Doom in una dimensione fantasy, Hexen che approfondiva il discorso iniziato da Heretic introducendo una forte componente puzzle e stravolgendo la struttura lineare delle mappe, che fino ad allora era lo standard, preferendo un difficile sistema ad 'hub', cioè a connessioni multiple fra i livelli (tanto da dividere in due la platea di videogiocatori), e System Shock (della Looking Glass) che fu il primo ad adottare il mouse come sistema di controllo, o almeno così come lo conosciamo noi.
In quel periodo nasceva un dibattito che avrebbe infiammato le discussioni per molto tempo in futuro: il VERO 3D!
Dopo aver appurato che Doom e tutti i seguiti, nonostante immergessero il giocatore in un ambiente che lo avvolgeva a 360 gradi, non erano giochi realmente tridimensionali perché mancava l'elaborazione lungo l'asse z, il mondo dei videogiocatori cominciò ad aspettare giochi che permettessero la sovrapposizione di più piani e la possibilità di muoversi in uno spazio totalmente 3D. Nel frattempo, i cloni di Doom imperversavano senza vergogna e la maggior parte dei giocatori era in attesa di qualcuno che venisse a reclamarne il trono. Fu in questo scenario che fece la sua comparsa il personaggio peggiore che la storia dei videogame ricordi, il più tamarro degli eroi virtuali, colui che ha segnato il declino morale di una intera generazione: il Duca!
Duke Nukem era il protagonista di due vecchissimi platform a scorrimento orizzontale, che hanno lasciato una traccia molto debole alle loro spalle, ma fu rispolverato in grande stile dalla Apogee Software e dotato di una nuova veste grafica, con un motore nuovo di pacca e, chiaramente, in 3D! Il nome che fu scelto è di quelli che fanno tremare le vene ai polsi: Duke Nukem 3D!
La caratteristica fortemente innovativa di questo gioco, e che poi è stata la fonte principale del suo successo, era quella di avere un protagonista tutt'altro che anonimo, come era avvenuto finora, non un volto nella barra di stato, ma un personaggio profondamente caratterizzato, un personaggio che commentava con fare da bullo lo svolgersi dell'azione e che, quando si rendeva necessario, sapeva anche tirare ai nemici un bel calcione in faccia.
Non era un tipo violento, ma era uno spaccone e sapeva fare ridere al momento giusto, insomma un gran truzzo che doveva salvare il mondo per l'ennesima volta.
Ma, a dispetto dell'approccio dissacrante, il gioco sapeva offrire anche situazioni altamente drammatiche, dove l'adrenalina scorreva in quantità massicce ed il cuore batteva più forte.
Fu proprio questo esplosivo mix a conquistare i cuori di tantissimi giocatori e a rendere il Duca il degno erede che tutti attendevano per Doom.
Duke Nukem 3D fu uno dei primi shooter ad offrire l'opzione multiplayer, permettendo scontri in cui 8 giocatori potevano si picchiavano selvaggiamente.
Il motore grafico sul quale era costruito il gioco, il glorioso Build Engine, era talmente potente da permettere una visualizzazione a risoluzioni elevate, fino alla 800x600, e talmente versatile che fu possibile non solo distribuirne un editor all'interno del cd, ma persino darlo in licenza ad altri sviluppatori per realizzare nuovi titoli.
Il Build Engine riusciva, finalmente, anche se con un artificio, a sovrapporre due piani e a ricreare un ambiente tridimensionale molto più verosimile. Non era mai accaduto, prima, di attraversare un ponte sospeso, guardare in basso e vedere i nemici muoversi al di sotto.
Dunque la rivoluzione era giunta ed il successo anche, così nacquero nuovi titoli, molti dei quali di scarso spessore (Redneck Rampage) mentre altri di notevole interesse (Blood), ma tutti sfruttavano il Build Engine concesso in licenza.
Nuove frontiere si aprivano agli sviluppatori di software...
L'era tellurica
Il Duca, quindi, fece furore e conquistò una schiera di proseliti che ancora oggi è numerosa e ne attende con ansia il seguito (che non si sa ancora quando uscirà). Ma, nel frattempo, la Id software non era stata a guardare ed aveva realizzato un nuovo titolo, dalle caratteristiche, una volta ancora, rivoluzionarie: era finalmente arrivato il primo gioco in vero 3D, Quake!
Quake introduceva parecchi cambiamenti sia grafici sia nel gameplay. Il più evidente fu l'eliminazione definitiva degli sprite, cioè gli oggetti (ed i mostri) erano tutti in grafica 3d, renderizzati dal motore del gioco che macinava calcoli su calcoli per visualizzare una scena, finalmente, completamente tridimensionale. Il secondo cambiamento fu nello stile di gioco, meno legato alla trama e più diretto; si poteva inoltre usare il mouse per muovere la testa virtuale del protagonista, mentre prima il mouse permetteva solo di guardare a destra e sinistra (quindi non in alto e basso) ed andare avanti e indietro.
L'atmosfera del gioco era cupa, con ambientazioni a base di pietra, ferro e legno, oscuramente ispirata al mondo di Lovecraft, tanto che alla fine si doveva affrontare nientemeno che Shub Niggurath in (quasi) persona. Si viaggiava attraverso catacombe e antiche cattedrali abbandonate, fino ad approdare al mondo sconosciuto da cui giungeva il male. Il tutto condito da una allucinante colonna sonora firmata Nine Inch Nails!
A tutto questo, poi, andava ad aggiungersi un'opzione multiplayer capace di offrire una valida alternativa al gioco in singolo, oltre ad una sfida maggiormente competitiva, e che raccolse ampi consensi tra i giocatori più esigenti.
Il vero punto di forza di Quake fu quello che già aveva decretato la fama di Doom, cioè la possibilità di creare modifiche da parte degli stessi giocatori. Carmack e Romero (i leader della Id Software in quell'epoca) decisero di creare un linguaggio apposito, il Quake C, con il quale sviluppare il gioco. Il Quake C offriva una programmazione orientata al gioco e permetteva ampi margini di personalizzazione ed il fatto, poi, di avere rilasciato il codice sorgente rendendolo pubblico, permetteva ai programmatori di tutto il mondo di creare ogni genere di modifica, fino a stravolgere completamente il titolo.
La scelta di Carmack e Romero fu vincente. Nel giro di poco tempo uscirono tantissime modifiche, i primi bot (chi se la ricorda KQP?) e si venne a creare un vero e proprio circolo di appassionati.
Quake, insomma, divenne una pietra miliare nel suo genere.
Proprio in quel periodo faceva molto parlare di se un prodotto da poco uscito sul mercato dell'hardware, era una scheda che andava collegata in parallelo alla scheda video e forniva un'elevata potenza di calcolo nel rendering, nonché tutta una schiera di effetti grafici fino ad allora impensabili, come la possibilità di giocare non più ad 8 bit (256 colori), ma addirittura a 16 bit (64 mila colori)! Questo prodigio si chiamava Voodoo ed era prodotto dalla allora sconosciuta 3Dfx.
Questa grossa novità (su cui molti non avrebbero scommesso neanche una lira) portò allo sviluppo di software capace di sfruttare le nuove potenzialità messe a disposizione.
Uno tra i primi titoli a beneficiarne fu proprio Quake, che con i suoi mission pack ('Scourge Of Armagon' e 'Dissolution Of Eternity') introdusse il supporto all'accelerazione hardware, fornita dalle Voodoo.
Naturalmente vedere girare Quake con quella grafica fu un vero e proprio spettacolo e qualcuno si prese la briga di convertire al nuovo standard i giochi più famosi, introducendo l'accelerazione 3D anche per i titoli più vecchi, primo fra tutti Doom! Nacque, dunque, il progetto DoomGL che aggiungeva al vecchio gioco la possibilità di raggiungere risoluzioni video più elevate della classica 320x240 ed inoltre sostituiva gli ormai vetusti sprite bidimensionali con degli spigolosissimi modelli 3D. Nel corso degli anni si sono aggiunte nuove feature, come il supporto alle luci dinamiche ed alle trasparenze.
Era il 1996.
L'anno dopo, la Raven pubblicò Hexen 2, seguito di quel vecchio cult che fece perdere il sonno a tantissimi giocatori.
Il motore di Hexen2, stavolta, era proprio quello di Quake ed era nativamente supportata l'accelerazione 3D, nonchè la possibilità di creare partite in multiplayer e giocare su internet.
Il mondo degli shooter era in subbuglio e per gli sviluppatori questo genere divenne una vera e propria gallina dalle uova d'oro. Però la Id Software non aveva intenzione di abbandonare la sua posizione dominante, così sfornò l'ennesimo titolo, quello che forse ha avuto il maggior successo nel suo genere. Era bello da vedere, con gli effetti più recenti e spettacolari, era bello da giocare, con armi incredibili e nemici da incubo, era inquietante, alieno, travolgente... era Quake 2!
L'era dei Campioni
L'avvento di Quake 2 segnò la strada a tutta una serie di titoli che ebbero un successo enorme, successo legato spesso a doppio filo proprio al motore del gioco Id. Procediamo, però, con ordine.
Quake 2 proponeva una situazione di gioco unita strettamente alla trama, che stavolta era maggiormente presente, ed offriva un intreccio solido tra azione e svolgimento della storia, tanto che fu ripescato il sistema di collegamento delle mappe che aveva visto la luce con Hexen2. In sostanza, allora, il giocatore doveva fare avanti e indietro fra le mappe, ricollegandosi ad un 'hub' centrale, cioè ad una mappa più grande e che faceva da tramite con le altre, e risolvere dei semplici compiti fino a sbloccare le sezioni successive. Il gameplay, allora, diventava più profondo ed avvincente, capace di catturare l'attenzione per sessioni molto lunghe.
Il gioco era reso esplosivo anche dalla presenza di un armamentario devastante, in cui spiccava un'altra arma che la Id ha consacrato al mondo videoludico e che è destinata a rimanere fra di noi per l'eternità: il Railgun.
Tecnicamente, Quake 2 si avvaleva dell'accelerazione hardware fornita dalle più moderne schede grafiche ed era quasi obbligatorio possederne una per potere giocare in maniera soddisfacente, sia per avere un buon frame rate sia per avere una migliore resa grafica. Ed anche stavolta fu posta l'attenzione sull'espandibilità da parte dei giocatori (che nel frattempo stavano diventando sempre più esperti di programmazione), ma stavolta il vecchio e scomodo Quake C fu abbandonato in favore di strumenti più professionali (C++). In breve tempo, come era lecito aspettarsi, ci fu una vera e propria esplosione di mappe, modelli, bot e modifiche (i famigerati MOD) provenienti da tutto il mondo e che personalizzavano sempre di più il gioco, rendendolo alla fine una specie di creatura che ogni giocatore cresceva modellandola sulle proprie preferenze. Nacquero anche nuovi stili di gioco, primo fra tutti il CTF (Capture The Flag), che oggi è incluso nell'installazione di ogni titolo multiplayer che si rispetti. Ma Quake 2 fu solo il primo di una nutrita schiera di 'campioni' 3D!
Proprio in quel periodo la LucasArts proponeva la sua nuova creatura, che era il seguito di quel Dark Forces che aveva conquistato il cuore di tanti giocatori. La Forza era tornata: Jedi Knight!
A differenza di Quake 2, il titolo Lucas si imperniava su di uno stile di gioco meno frenetico e nel quale molta attenzione era posta allo sviluppo del proprio personaggio, con le sue abilità e poteri, fino a farlo diventare un vero e proprio Jedi. La trama, poi, subiva un interessante bivio ad un certo punto e permetteva due finali distinti, a seconda di quale allineamento era scelto dal giocatore: la Forza o il suo Lato Oscuro.
Jedi Knight assorbì molto interesse e nacquero vere e proprie scuole per Jedi, di entrambe le fazioni. Purtroppo, però, la Lucas non fornì gli strumenti per modificare il gioco ed espanderlo così come accadeva, invece, per Quake 2. Questo non impedì la nascita di editor non ufficiali per le mappe, però limitò molto la creatività degli appassionati.
Anche Jedi Knight, come Quake 2, faceva uso delle schede accelerate per sfoggiare la sua grafica che era spartana e spigolosa, ma essenziale.
In questo gioco veniva soddisfatta una pressante richiesta dei fan di Star Wars, la possibilità di combattere usando l'arma per eccellenza, la Spada Laser! Ed infatti fu implementato un eccellente sistema di controllo dell'arma che permetteva tecniche anche complesse durante i combattimenti, nei quali i giocatori più bravi, veri e propri Jedi, armati di spada laser, diventavano delle micidiali macchine assassine. Una caratteristica intrigante era il fatto che il giocatore era naturalmente portato ad abbandonare l'uso delle armi tradizionali, preferendo la sua fidata spada ed i nuovi poteri, acquisiti man mano che avanzava nel gioco. In questo modo si riusciva a percepire molto bene il passaggio verso lo status di Jedi, come guerriero d'elite dalle qualità superiori.
Un altro grosso colpo alla scena dei giochi in soggettiva venne quando la GT Interactive tirò fuori dal suo cilindro un titolo che ancora oggi può ritenersi moderno. Si trattava di un gioco da molti anni annunciato ma mai completato, almeno fino a quel momento: Unreal.
Unreal colpì moltissimo per la sua grafica fuori parametro (per l'epoca ma ancora oggi spettacolare) e per un ambiente sonoro di grandissima qualità. Ma era l'impostazione stessa che differiva dai titoli più tradizionali, poiché l'azione era stata in parte sostituita dall'esplorazione ed i combattimenti privilegiavano gli scontri uno contro uno con avversari più intelligenti, anziché le mischie con decine di avversari stupidi.
Il gioco era studiato come una sorta di viaggio (in realtà era proprio un viaggio), una cosa che in qualche modo rievocava echi di Tolkien in chiave fantascientifica e produceva una sensazione di meraviglia ad ogni passo. La prima mappa serviva ad introdurre il giocatore al nuovo mondo in cui era stato catapultato, dove luci, ombre e nebbia volumetrica creavano un senso di sospensione dalla realtà, sensazione rafforzata dal sonoro al tempo stesso suggestivo ed inquietante, tra musiche bellissime ed urla lontane da far gelare il sangue. Dal punto di vista del multiplayer, Unreal era equipaggiato da un gran numero di mappe e modalità di gioco, inoltre erano inclusi (per la prima volta) i bot per provare l'ebbrezza del multiplayer pur giocando da soli.
Il gioco era superiore agli altri suoi coetanei sotto tanti punti, dalla grafica e dal sonoro fino ad arrivare all'intelligenza artificiale che era molto accurata, simulando comportamenti a volte persino credibili. :)
Però tutto questo ben di Dio pagava lo scotto di essere molto pesante da gestire dai computer di quel periodo, così ben pochi poterono goderne a pieno.
Il mondo dei videogames stava crescendo in maniera esponenziale, oramai.
Ed altri motori 3D nascevano in quel tempo, così fu la volta del LithTech Engine, prodotto dalla Monolith Productions, che proponeva una valida alternativa in campo tridimensionale, con una buona capacità di rendering ed una qualità grafica notevole. La Monolith produsse, con uno sforzo disumano, ben due giochi diversi che uscirono quasi contemporaneamente.
Il primo si chiamava Shogo - Mobile Armor Division.
Il secondo era Blood 2: The Chosen.
Shogo aveva dalla sua una carta vincente, cioè era esplicitamente ispirato al mondo dei manga ed anime giapponesi, con una grafica che ne ricalcava fedelmente le linee ed una trama in chiaro stile nipponico, con colpi di scena, azione serrata ed una buona dose di intrecci personali. Inoltre, in alcune sezioni, permetteva al giocatore di mettersi alla guida di robot alti 30 metri, proprio come nei cartoni, e combattere in ambienti in larga parte urbani, tra palazzi, sopraelevate e tunnel, anche contro altri robot. Nel corso del gioco, poi, ci si trovava di fronte ad un paio di scelte che avrebbero condizionato la trama futura. Niente di eccezionale, però sufficiente ad incuriosire una buona parte dei giocatori.
Per quanto riguarda Blood 2, c'è da dire che aveva il compito arduo di raccogliere l'eredità di un gioco ampiamente apprezzato dal pubblico e riproporre uno stile che non deludesse le aspettative. Ed infatti così è stato, Blood 2 ha raccolto uno stuolo di fans che ne apprezzavano le atmosfere oscure ed angoscianti, unite ad un'ampia varietà di armi (tanto che non era possibile portarle tutte con se, bisognava scegliere quali tenere) dall'effetto devastante e, soprattutto, una buona dose di sangue per accontentare gli spiriti più perfidi. Entrambi i titoli, inoltre, avevano una completa sezione dedicata al multiplayer ed un buon numero di opzioni per accontentare i giocatori più incalliti.
Il LithTech Engine, dunque, era stato messo ben in mostra sul mercato e ben presto fu adottato anche da altre software house per lo sviluppo di altri prodotti.
Nel frattempo, anche la Id Software aveva imparato la lezione della Apogee ed aveva dato in licenza il motore di Quake 2 ad altre case. E fu proprio su quel motore che nacquero i due giochi che arrivarono in quel periodo.
Il primo era prodotto dalla Ritual Entertainment, gli stessi che avevano, sotto il nome di Hipnotic Interactive, realizzato 'Scourge Of Armagon', uno dei mission pack per Quake (tra l'altro questo mission pack fu vincitore di alcuni importanti premi).
Il gioco si chiamava Sin ed era caratterizzato, fin dalla sua uscita, da una pletora di bug che lo rendeva dai più ingiocabile. Questo fatto ne decretò anche la scarsa riuscita commerciale nonché una pessima fama tra i videogiocatori.
In realtà, soprattutto quando con le patch successive furono corretti gli errori, il gioco non era affatto male, anzi è stato uno dei titoli più divertenti di sempre, improntato su di un approccio dissacrante, sullo stile di Duke Nukem e con un protagonista ugualmente tamarro, ma con un occhio di riguardo alle situazioni di gioco più stimolanti.
Il gameplay era orientato verso uno stile più tattico ed era importante sfruttare bene le caratteristiche delle armi e non sprecare le risorse a disposizione, inoltre la trama era ricca di particolari e si svolgeva lungo direttrici imprevedibili ed originali. A questo si aggiungevano un paio di chicche davvero interessanti, come la possibilità di colpire gli avversari in differenti punti del corpo (prima ancora che uscisse Soldier Of Fortune!) oppure una struttura ad albero che permetteva di giocare delle mappe al posto di altre, a seconda delle azioni compiute durante il gioco. E, per finire in bellezza, compariva una delle donne più perfide e belle mai viste in un videogioco (altro che Lara): Elexis Sinclair!
Le carte per piacere, Sin le aveva tutte, però aveva anche quelle per non piacere e così rimase in un limbo, a metà strada tra il successo e l'oscurità.
Altra sorte toccò al secondo titolo che uscì sfruttando il motore di Quake2.
Quasi in contemporanea con Sin, fece la sua comparsa un gioco dal nome enigmatico: Half-Life.
Prodotto dalla Valve Software, Half-Life si distingueva tantissimo dai suoi predecessori (e contemporanei, anche) sotto parecchi aspetti. Innanzitutto, sin dall'inizio ci si trovava di fronte a qualcosa di diverso, poiché al posto dei soliti filmati introduttivi si veniva immersi subito nel gioco con una lunga animazione che faceva da presentazione sia del protagonista sia dell'ambiente in cui iniziava la storia. Storia che si svolgeva, almeno all'inizio, in una base super segreta nel cuore di qualche montagna.
Il protagonista era il dottor Gordon Freeman, che si trovava coinvolto in un incidente, durante un esperimento, e nelle conseguenze che ne derivavano, cioè tutta una serie di eventi incredibili: la realtà si era lacerata lasciando penetrare una forza di invasione aliena! La trama si dipanava lungo delle linee che vedevano il nostro Freeman uscire dalla base, scontrarsi con le forze governative, fuggire nel deserto, fino a raggiungere il pianeta da cui era partita l'invasione e scontrarsi con la mente suprema, artefice del conflitto.
Oltre ad una trama intelligente e molto articolata, Half Life presentava delle novità interessanti, come delle complesse routine di intelligenza artificiale, ad esempio durante gli scontri con i marines, capaci di mettere in seria difficoltà buona parte dei giocatori con atteggiamenti evasivi, azioni sincronizzate e tattiche militari verosimili. Inoltre la presenza di numerosi eventi scritti, cioè eventi che scattavano in determinate situzioni durante il gioco, riusciva a tenere sempre alta la curiosità del giocatore che era ogni volta invogliato ad andare avanti.
Anche Half Life, come Sin, prediligeva un approccio più tattico e meno frenetico, quindi buttarsi a testa bassa nella mischia non pagava, invece pianificare ogni mossa e riflettere sul da farsi era la via giusta per completare il gioco.
La presenza di qualche puzzle era un naturale completamento.
In multiplayer, Half-Life si comportava bene, come i suoi concorrenti d'altra parte, offrendo le scelte che oramai sono diventate tradizionali.
Ma le potenzialità di questo gioco erano ancora tutte nascoste.
Infatti, come avvenne per Quake 2, anche per Half Life si è avuto un boom di mappe, episodi interi, mod, skin e quant'altro possa essere partorito dalle menti malate dei giocatori sparsi per il mondo.
Si è visto soprattutto un proliferare di mod che ha avuto come massima espressione i vari Counter-Strike e Team Fortress Classic (già esistente ai tempi di Quake), ma sono degni di nota anche i vari mod ispirati a Matrix, nonchè un gioiellino che, però, ha avuto poca fortuna a causa di varie vicissitudini, cioè ActionHL.
Half Life, insomma, è in assoluto il gioco col maggiore supporto per il multiplayer attualmente in circolazione, nonostante siano passati tanti anni e sfrutti un motore grafico oramai non più giovane.
Il presente
L'era contemporanea degli shooter tridimensionali è caratterizzata da prodotti sofisticati, dotati di una grafica sempre all'avanguardia e di routine di intelligenza artificiale di volta in volta sempre più complesse. Il giocatore è oramai abituato ad essere stupito e tale stupore è diventato sempre più raro, almeno fra quei giocatori che sono un po' più smaliziati. E questo pare che alcuni l'abbiano capito, tant'è vero che si cerca di proporre titoli in qualche maniera stimolanti sotto altri punti di vista, che sappiano catturare il consenso dei giocatori con qualcosa di più sostanzioso che non, ad esempio, una bella grafica. E' impensabile, dunque, proporre un gioco che si prefigga lo scopo di ricreare le atmosfere di Doom e faccia saltare il giocatore sulla sedia. E' impensabile, eppure c'è chi l'ha fatto... e c'è pure riuscito! Parliamo di Aliens vs Predator, un titolo prodotto dalla Fox Interactive, la stessa dei rispettivi film, che ha ricreato le medesime atmosfere di Doom, da puro panico (anche se forse è meglio dire che è stato Doom ad ispirarsi alle atmosfere del film di Ridley Scott). AvP (lo indicheremo così, da ora in poi) era, però, ispirato non alle serie di film omonimi, ma alla meno conosciuta serie di fumetti, che negli Stati Uniti è un vero must.
Nel gioco è possibile scegliere fra 3 episodi distinti, uno vissuto nei panni del marine, uno sotto forma dell'alieno xenomorfo inventato da Giger e l'ultimo come Predator. Ognuno ha una sua trama ed ogni specie ha le sue caratteristiche, ma tutto il gioco è legato da un liscio cordone, attraverso il quale scorre la calda e pulsante linfa della paura.
L'era del terrore
Vediamo meglio di che si tratta.
Il gioco è strutturato in 3 episodi distinti, quello del Marine, quello dell'Alien e quello del Predator, ma questo l'avevamo già detto. Ogni specie ha caratteristiche totalmente diverse. Da un lato c'è il marine che è il tipico soldato abbandonato, lasciato solo con la sua paura ed un intero arsenale di armi. Avventurarsi col marine al buio, con quelle maledette luci mezze fulminate, è come lasciarsi ingoiare da un incubo. Le caratteristiche del marine sono né più né meno che quelle incontrate in una miriade di giochi simili, a partire proprio da Doom. Ottimo per iniziare, dato che offre un gameplay più tradizionale ma al tempo stesso introduce il giocatore in un mondo nuovo, con un nuovo modo di pensare.
L'alien, invece, non è una preda, ma un killer, una macchina di morte partorita da una folle immaginazione. Non ha a disposizione tutte le armi del marine, ma solo gli artigli, la coda e le zanne, con cui si ciba del cervello delle sue vittime. L'alien è diverso dal marine in tutto e per tutto, a cominciare dalla visuale, che è grandangolare, per finire al fatto che si può arrampicare sulle pareti. Capace di vedere al buio, opportunamente appostato nell'angolo di un soffitto, dove la luce non arriva, è l'uccisore per eccellenza.
Naturalmente, quando ferito, l'alien sprizza sangue acido!
Il predator, infine, è il cacciatore ed è quello che si occupa di inseguire i guerrieri più valorosi e costringerli a combattere, in uno scontro inevitabile. Non è l'istinto, come per l'alien, non è la paura, come per il marine, ma è l'onore a guidarlo. E' dotato di una serie di armi più o meno sofisticate, difficili da padroneggiare, ma una volta capito il meccanismo ed entrati nell'ordine di idee adatto, esse diventano micidiali strumenti di morte.
Come si vede, dal punto di vista contenutistico, questo titolo offre parecchio materiale ed il fatto che la grafica spartana, molto angolosa, non ha influenzato in negativo l'opinione dei giocatori è significativo e dimostra come un gioco dotato del giusto spessore non abbia bisogno di una grafica ad ogni costo stupefacente per essere un bel gioco.
E se le atmosfere di AvP vi hanno catturato, allora impazzirete per System Shock 2, della oramai defunta Looking Glass (a tal proposito ci sarebbe un articolo post mortem da leggere).
Si tratta non di un semplice fps (first person shooter), ma di un ben più complesso titolo che rasenta il gioco di ruolo, con un protagonista che deve 'crescere' nel corso della sua avventura e risolvere numerosi puzzle e quest.
Anche in questo caso, ad un motore grafico non all'altezza degli standard contemporanei si contrappone una profondità di gioco enorme ed una trama mozzafiato. Le atmosfere cyber ed hi-tech proiettano il giocatore in un ambiente dark, claustrofobico, infestato dal male mutante e lo spingono ad inoltrarsi sempre più verso il fondo di un baratro, dove giace la verità, spezzata in mille pezzi da raccogliere nel corso dell'avventura.
L'era delle arene
Ma se da un lato abbiamo visto nascere giochi orientati al singleplayer, con dei plot incredibili ed una capacità immersiva notevole, dall'altra ci siamo trovati di fronte a dei seguiti atipici, dedicati soprattutto al multiplayer, laddove i loro predecessori erano stati caratterizzati da una forte componente di gioco in singolo.
Parliamo di Unreal Tournement e di Quake 3: Arena.
Entrambi i titoli concentrano i loro obiettivi sul multiplayer, proponendo validi strumenti per scontrarsi con altri giocatori, prevalentemente su Internet, e ponendo l'accento sull'azione piuttosto che su una eventuale storia che faccia da background.
In entrambi i titoli, però, è presente il supporto ai bot, in modo da permettere partite anche da soli, contro avversari computerizzati,però non si tratta di seguire l'evolversi di una storia, ma semplicemente combattere in arene via via diverse.
Questo tipo di gioco è stato molto apprezzato dai netgamer più incalliti e, come da tradizione oramai, sono spuntati un sacco di clan ed una quantità di tornei.
Nonostante le molte analogie tra i due titoli, anche in questo caso, come per Unreal e Quake 2, si sono creati due schieramenti contrapposti di sostenitori accaniti. Peccato non poterli fare scontrare tra loro, in un improbabile deathmatch: quaker vs unrealer! :)
Sia UT che Quake 3 hanno reinventato i canoni della grafica moderna, soprattutto il gioco della Id Software, che ha introdotto un motore grafico all'avanguardia, capace di gestire molteplici situazioni ma sempre con una resa grafica molto alta.
Quindi i punti di forza di questi due giochi sono l'azione veloce in multiplayer ed una grafica di grande impatto. Meno male che a movimentare un po' la situazione sono sopraggiunti i soliti, immancabili, programmatori che hanno creato mod, mappe, skin e modelli per le due arene virtuali per eccellenza.
L'era delle licenze
Ma se da un lato c'è chi inventa nuovi engine 3D per il terzo millennio, dall'altro c'è chi più o meno spudoratamente osa proporre giochi basati su motori oramai vecchi. E' il caso di Daikatana e Soldier of Fortune, che sfruttano l'anziano ma sempre funzionale motore di Quake 2, nonchè di KISS: Psycho Circus, che sfrutta il LithTech Engine, oramai giunto alla versione 1.5.
Daikatana, realizzato dalla Ion Storm, software house di John Romero, transfuga della Id, è uno shooter che mescola elementi tecnologici ad ambientazioni storiche, attraverso varie epoche lontane fra loro. Il plot ci porta ad attraversare differenti periodi della storia per risolvere le nostre quest, sfruttando i poteri di manipolazione temporale di una spada magica, la Daikatana appunto. Nonostante i lunghi anni spesi a costruire questo titolo, alla Ion Storm pare che non abbiano saputo centrare l'obiettivo, visto che le novità introdotte sono poche, il sistema di intelligenza artificiale è particolarmente stupido e tutto il gioco 'sa di vecchio', difatti i pareri negativi sono stati davvero tanti.
Diversa sorte è toccata all'altro titolo che sfrutta l'engine di Quake 2, Soldier of Fortune, della Raven Software.
In sostanza, è stato approfondito in maniera quasi maniacale il livello di dettaglio e realismo presente nel gioco, a partire dalle textures molto curate e particolareggiate, per finire con i modelli 3d presenti.
Dimentichiamo per una volta laser, bfg, railgun e redeemer, perchè le armi presenti in SoF sono tutte fedelmente (beh, più o meno) ispirate ad armi vere. Quindi pistole, pistoloni, pistolecchie, fucili a pompa, da cecchino, tric trac e botte a muro, ma tutto rigorosamente made in 20° secolo! Lo stile di gioco è molto coinvolgente e presenta azioni di guerriglia urbana e di tattica militare, il tutto condito da un sonoro egregiamente realizzato ed una grafica di sicuro impatto.
Ma il successo di SoF è dovuto anche al livello elevato di violenza presente (d'altra parte se il gioco è di guerra, che ci sia questa guerra) e, soprattutto, all'innovativo sistema scheletrico adottato per realizzare i modelli tridimensionali, il GHOUL.
Il GHOUL permette di individuare, sul corpo di ogni personaggio, ben 25 zone distinte da colpire con le nostre armi. Quindi, se spareremo al braccio, lo vedremo saltare via, se mireremo alla testa, questa esploderà e così via. Naturalmente, potete pensare bene che un simile livello di dettaglio possa avere colpito gli animi più sensibili, così non c'è da stupirsi se in alcuni paesi del mondo il gioco è stato censurato, oppure addirittura proibito.
Il terzo titolo che sfrutta un engine concesso in licenza è KISS: Psycho Circus, ispirato ad una delle rock band più importanti della storia, ma soprattutto all'omonima serie a fumetti pubblicata in america.
La trama narra dell'ennesima venuta del male incarnato, che distruggerà il mondo, porterà l'oscurità eterna sulla terra, ecc, ecc. I soliti pirloni che dovranno salvare questa palla di fango (e forse anche tutte le altre palle di fango dell'universo) siamo noi. :)
Guidando ben 4 personaggi distinti, in altrettante sezioni di gioco, dovremo raccogliere i pezzi delle armature di antiche entità sovrannaturali noti come Elder, nè più nè meno che i 4 membri dei Kiss.
Il gioco sfrutta il LithTech Engine, quello di Shogo per intenderci, e propone un gameplay veloce e frenetico, con molti nemici contemporaneamente sullo schermo ed armi discretamente cattive. Interessante la presenza, nella colonna sonora, di alcuni pezzi dei Kiss, ma questo solo per gli appassionati del gruppo.
Altro giro, altro regalo: Star Trek!
Stavolta il motore utilizzato è quello di Quake 3 ed il gioco è Star Trek Voyager: Elite Force, prodotto anche in questo caso dalla Raven Software.
Ennesima avventura nel mondo dei vari Kirk e Picard, ma con i protagonisti della serie Voyager ed una grafica mozzafiato all'avanguardia. Il gioco si struttura come un misto di azione e puzzle (benchè semplici) che, uniti ad una trama di sicuro spessore, determina un prodotto originale e completo.
Ma se i motori di Quake spopolano letteralmente tra gli sviluppatori di software, quelli di Unreal (quindi sia Unreal che UT) non sono da meno, infatti uno dei titoli di maggiore importanza usciti in questo periodo è costruito proprio sull'engine di UT. Stiamo parlando di Deus Ex, action rpg realizzato dalla Ion Storm, proprio quella di Daikatana.
Evidentemente hanno saputo lavorare meglio su quest'ultimo titolo che non sul primo...
Dunque, Deus Ex non è uno shooter tradizionale, ma un misto tra un rpg ed un fps, mutuando da entrambi i generi le caratteristiche principali. Quindi avremo sicuramente la possibilità di esplorare in soggettiva, sparare e raccogliere armi, però potremo anche guadagnare esperienza, migliorare le nostre abilità ed interagire in maniera un po' più costruttiva con l'ambiente.br> La trama è di quelle che catturano l'attenzione del giocatore e lo costringono a ritmi serrati davanti al monitor, pur di vederne la fine. La grafica è quella di UT, quindi effetti spettacolari e texture dettagliate, oltre ad un sistema sonoro realistico e coinvolgente. In sostanza un gioco che si candida come prosecutore ideale della linea intrapresa da System Shock 2, quindi non un semplice sparatutto, ma un'esperienza di gioco completa sotto molti punti di vista.
Questo, almeno, è quanto si è verificato finora, lungo le tante ere geologiche che ci separano dalle origini del mito.
Il futuro
Ci stiamo avviando verso una nuova epoca? Assisteremo a nuove rivoluzioni, come si è visto in passato, fino agli albori con Wolfenstein3D?
Secondo gli sviluppatori sarà sicuramente così, secondo noi di rivoluzioni se ne vedranno meno, però avremo modo di provare titoli che sfrutteranno nuove tecnologie, sempre più all'avanguardia, e che sapranno stupirci e tenerci incollati ai monitor per tante ore.
Ma, in particolare, che cosa ci attende?
Di giochi in preparazione ce ne sono molti, alcuni decisamente inaspettati, altri invece annunciati e sempre in ritardo.
Il primo titolo ad attirare la nostra attenzione è Return To Castle Wolfenstein, realizzato dalla Grey Matter (ex Xatrix) sfruttando il motore di Quake 3.
Ancora una volta, ci troveremo a vestire i panni di B.J. Blazkowicz e ad infiltrarci nel maledetto castello nazista, in piena seconda guerra mondiale. Anche stavolta dovremo combattere, oltre che contro i soliti soldatini tedeschi, contro una schiera di creature orribili, incontreremo non morti ed altri tipi di mostri.
In questo secondo capitolo, i nazisti trafficheranno con l'occulto, sfruttandone i poteri per vincere la guerra (vi ricorda niente? Una frusta... un'arca...), ma come al solito dovranno fare i conti col nostro intrepido eroe, un po' tamarro.
I ragazzi della Grey Matter pare che ce la stiano mettendo tutta per realizzare un prodotto di qualità, che non faccia esclusivamente sfoggio dell'aspetto esteriore ma che sappia proporre situazioni intricate e tali da stimolare oltre al grilletto del giocatore anche la sua materia grigia (d'altra parte lo dice il nome che hanno scelto). Il modello fisico sarà molto curato, tanto che i nazisti potranno raccogliere le nostre bombe e lanciarle contro di noi, naturalmente prima che esplodano. Quindi situazioni adrenaliniche e trama al cardiopalma sono il biglietto da visita di un titolo sul quale ancora c'è molto riserbo, ma le prime cose che trapelano fanno davvero ben sperare.
Un titolo che, invece, è stato annunciato dalla notte dei tempi (o quasi) e che ancora è lontano dall'essere pubblicato è Duke Nukem Forever, quarto capitolo della saga dell'eroe più truzzo che sia mai comparso sui nostri monitor.
Questo titolo ha una storia piuttosto travagliata, dato che all'inizio doveva essere sviluppato sul motore di Quake2, che è oramai anziano, ma poi è stato trasportato sul quello di Unreal Tournement. Questo fatto, ovviamente, ha costretto a riscrivere buona parte del codice ed ha portato via molto tempo.
Alla 3DRealms, dove stanno sviluppando il gioco, oramai glissano sulla data di rilascio e rispondono che 'uscirà quando sarà pronto'!
Le caratteristiche di DNF saranno all'avanguardia e la cosa che più di tutte salta all'occhio è la grafica spaventosamente dettagliata che lo accompagna. Naturalmente tutta questa mole di dati avrà un peso sui nostri computer ed alla domanda se tempi di caricamento saranno lunghi, George Broussard, project leader di 3DRealms, risponde così:
"I nostri livelli sono molto più dettagliati e complessi di quelli che avete visto in molti dei giochi basati sull'engine di Unreal. Stiamo spezzando le 'mappe' in più piccoli tronconi, come avete visto in Half Life, con caricamenti in posti appropriati (proviamo a non farli MAI in una galleria, ad esempio).
Dopo tutto, funziona bene e la maggior parte dei tronconi sarà caricata in 10 secondi, o quasi."
La maggior parte degli sforzi sono orientati verso il single player, che sarà curato ed adrenalinico. Il nostro Duke sarà, poi, affiancato da una compagna, Bombshell, altrettanto micidiale e decismente esplosiva (Duke ci proverà in continuazione, ma lei sembra l'unica donna a non esserne attratta, stando a quanto dichiarato da 3DRealms).
Di tutt'altro genere, invece, sarà il seguito di Team Fortress Classic, famosissimo mod per Half Life (ma prima ancora per Quake).
Team Fortress 2 riprenderà l'impostazione di TFC (ovviamente), sviluppando ancora di più un gameplay orientato al gioco di squadra ed alla tattica.
Il teamplay sarà sempre la parola chiave ed una accurata strategia diventa l'elemento vincente se accompagnata da una buona intesa fra i compagni di squadra.
Una delle caratteristiche più significative di TF2, in questo senso, è la possibilità di unire gli sforzi di più giocatori per ottenere dei risultati più efficaci. Ad esempio, una mitragliatrice può essere usata da un solo giocatore, ma l'accuratezza del fuoco è maggiore se c'è qualcuno vicino ad inserire le munizioni. Inoltre, l'efficienza dei giocatori aumenta se si trovano entro un certo raggio dal loro leader!
Come si vede, allora, di carne al fuoco ce n'è a sufficienza per creare una forte aspettativa intorno a questo titolo. Circa la data di rilascio non si sa ancora niente, però è ormai certo che si tratterà di un prodotto stand alone e non più un add on per Half Life, del quale comunque condividerà ancora il motore (su quest'ultimo dato non siamo più nemmeno tanto sicuri, dato il silenzio in cui si è blindata la Valve ultimamente. Che cambi motore?).
La tecnologia usata per TF2, infatti, è la stessa, ma con delle novità.
Innanzitutto verrà aggiunto un sistema di scalabilità del dettaglio, detto MRM, che permetterà di visualizzare, a distanza ravvicinata, modelli molto complessi e dal gran numero di poligoni, mentre a distanze maggiori il numero di poligoni diminuirà in proporzione. Avremo, allora, oltre ad una maggiore fluidità, un'interessante feature, cioè sarà possibile scegliere il desiderato frame rate ed il gioco stesso si adatterà in maniera tale da non far scendere la sua fluidità al di sotto della soglia che abbiamo stabilito.
Questo significa che anche le macchine meno potenti potranno partecipare a battaglie con numerosi giocatori tutti insieme e mantenere un livello di fluidità accettabile.
E' stata poi aggiunta la possibilità di comunicare a voce, durante le partite, con gli altri giocatori ed i modelli muoveranno la bocca in sincronia con la loro stessa voce, in modo che sarà sempre possibile capire chi sta parlando.
E non mancheranno i bot, che permetteranno sia veloci sessioni di combattimento off line, che scontri più equilibrati e numerosi sul web (oltre alle necessarie sedute di allenamento, prima di gettarci nella mischia in rete).
La grafica è un'evoluzione di quella vista in TFC, quindi di stampo militare e con texture ricche di dettagli, nebbia volumetrica ed altri effetti tutti da vedere. Inoltre, nuove armi e nuove classi arricchiranno un gioco sempre appassionante ed apprezzato da tantissime persone nel mondo.
Questo è il futuro prossimo venturo, quello che ci attende e che oramai conosciamo bene, ma al di là c'è una cortina, limite estremo di una storia ancora non scritta. Siamo giunti al confine con l'imperscrutabile ed una densa nebbia (volumetrica, naturalmente) ci preclude alla vista gli eventi più lontani e che aspettano solo di essere vissuti. Arene, mondi da salvare, alieni, demoni, guerrieri, cosa ci manderanno contro quei fulminati sviluppatori di giochi? Adriano Celentano? Rosi Bindi? Un miscuglio genetico dei due? Qualunque cosa ci attenda, faremo bene a tenere oliate e pronte le nostre armi migliori, perché la battaglia più dura deve ancora essere combattuta.
E non è detto che la vinceremo!