Ma quello che più ha impressionato è il risultato ottenuto dalla tecnica utilizzata, il ‘rotoscoping’, che consiste nel salvare un filmato in un unico file grafico che contiene tutti i fotogrammi in fila, dall’alto verso il basso. In questo modo si ha la possibilità di lavorare su un’unica enorme immagine composta da tutti i singoli fotogrammi.
I protagonisti in carne e ossa hanno girato in Texas le riprese della pellicola, indossando delle tute molto larghe, poi cancellate e sostituite dal costume digitale. I loro volti sono state ‘lavorati’ in post-produzione da circa cinquanta esperti del computer e del digitale. Ogni immagine è stata suddivisa, ricostruita e colorata, con l’utilizzo di computer e dell’acquerello.
Insomma, in parole povere, abbiamo sì gli attori, Keanu Reeves e tutti gli altri, ma li abbiamo disegnati, strani esseri virtuali ricreati dal computer. L’effetto è spiazzante.
Alla domanda fatta a Cannes a Keanu Reeves se l’attore, con questi esperimenti, non rischi di sparire, Reeves ha risposto: “Non credo. Anzi, la trasformazione finale può mettere in risalto alcune sfumature, darci più libertà di espressione e maggior risalto a una storia, che pare fantascienza ma è già realtà”.
Sarà questo il futuro non troppo lontano del cinema? L’uso degli attori manipolati e poi ‘ricostruiti’ digitalmente, ridotti a cloni di se stessi e facilmente rimpiazzabili? Il cybercinema, affascinante ma senza anima?
Siamo arrivati alla convergenza fra il videogioco graficamente più evoluto e il lungometraggio?
Se volete farvi un’idea più precisa guardate il trailer del film "A Scanner Darkly" e visitate il sito ufficiale del film.
Le puntate precedenti
Se vi siete persi le puntate precedenti del Diario del capitano (oltre 1200 editoriali), ecco le coordinate per rintracciarle:
Ha colpito un po’ tutti al Festival di Cannes la visione di “A Scanner Darkly”, il film di Richard Linklater “con” Keanu Reeves, Robert Downey Jr., Winona Ryder, Woody Harrelson.
E ha colpito per due motivi: per la visione di un prossimo futuro agghiacciante e per la tecnica utilizzata dal regista.
Il film, tratto dal romanzo “Un oscuro scrutare” di Philip K. Dick, il visionario e geniale autore da cui il cinema continua ad attingere a piene mani (“Blade Runner”, “Minority Report”, “Paycheck”...), è ambientato in California, con un protagonista, Bob Arctor, che trascorre le giornate tra alcol e droghe insieme ad altri amici derelitti e disperati. In realtà è un agente della narcotici infiltrato, che riferisce ai suoi superiori, nascosto dentro una speciale tuta che non permette di riconoscerne i lineamenti, tutto quello che viene a sapere.
La calamità di quest’orrido futuro è la micidiale Sostanza D, una droga che induce chi la usa a sospettare di tutto e tutti, compresi se stessi, fino alla paranoia e alla schizofrenia. Il risultato è il proliferare delle delazioni, funzionali al governo che, con la scusa del terrorismo, mira al controllo assoluto dei cittadini in un America sempre più sospettosa.
"Dick - ha detto Linklater - ha scritto di un futuro paranoide e la mia premessa nel film è che noi stiamo vivendo ora in quel futuro. La paura e la diffidenza verso i controlli da parte del governo che avevano caratterizzato la sua epoca, con Nixon, vivono un altro picco adesso con l'amministrazione Bush. Quello di cui lo scrittore parlava e che noi definiremmo col termine ‘paranoia’, passata una generazione, è diventata spesso realtà".