Il tocco vincente
Tanto per cominciare, questo è il primo Zelda in uscita su DS: come i suoi predecessori, è il titolo della maturità, della seconda (anzi, in questo caso anche della terza) generazione di software per la console interessata, ma in questo caso riesce anche a implementare un sistema di controllo realmente nuovo dopo gli esperimenti post-conversione di Twilight Princess. È completamente eliminata la possibilità di controllare direttamente Link con la croce direzionale, perché Aonuma, per il futuro di Zelda, vuole ricorrere il meno possibile ai sistemi di controllo tradizionali. Ecco dunque che il giocatore deve limitarsi a indicare a Link, tramite un cursore a guisa di fatina gestito su touch screen, il punto verso cui deve camminare, in maniera molto simile al controllo via stilo di Animal Crossing. L’esperienza diretta è molto meno traumatica di quel che potrebbe pensare chi è convinto della scarsa efficacia e precisione di un simile meccanismo, anche se al tempo della demo mostrata all’E3 2006 la puntualità del tutto abbisognava ancora di una consistente sgrezzata, così come il sistema di combattimento doveva decisamente evolversi rispetto alle semplicistiche meccaniche preliminari che certo non rendevano giustizia alla complessità tecnica che sempre ci si dovrebbe attendere da un’opera siffatta. E in effetti qualcosa in più sul fronte dei combattimenti c’è: chi si è trovato davanti il trailer ufficiale diffuso durante la Game Developers’ Conference avrà notato che una volta incrociate le spade con certi nemici si attivano delle fasi in cui il pennino va strofinato orizzontalmente sullo schermo in modo da avere la meglio nel corrispondente round del combattimento. Gli scenari sono diventati più vari e vivi, il battello che accompagna Link nelle fasi di navigazione (purtroppo apparentemente rimaste invariate nella sostanza) ha subito un restyling e si iniziano a intravedere i comprimari che contribuiranno a far procedere il motore della storia. Aonuma ha inoltre rivelato, riguardo al single player, che sebbene l’avventura sia più corta rispetto a uno Zelda da casa ogni angolo del gioco è ricco di contenuti, così da non annoiare mai: ognuna delle non numerosissime isole presenti nel mare ha una sua storia di background, una sua struttura e numerose missioni da portare a termine, mentre alcuni dungeon vanno affrontati più volte, presumibilmente in modo variato. La prova disponibile al pubblico della manifestazione, tuttavia, verteva su un altro aspetto del gioco, ossia il multiplayer, anch’esso migliorato dalla sua ultima apparizione.
Un Link è meglio di due?
L’intenzione del team di sviluppo, occorre premettere, non è quella di incentrare la modalità multigiocatore (al momento disponibile solo in locale, anche se pensiamo che quando il gioco verrà pubblicato potremo usufruire anche della Wi-Fi Connection del DS) sulla collaborazione in odore di rivalità di un Four Swords, quanto su fulminanti e feroci scontri uno contro uno. Un giocatore assume il ruolo di Link, l’altro controlla le tre Phantom Guard che hanno il compito di ostacolarlo: scopo di entrambe le parti in causa è quello di arraffare quante più Force Gem possibile nella manciata di minuti di ogni partita per poi riportarle in casa base, nel più classico stile capture the flag. Chi ha il controllo di Link dovrà condurlo attraverso l’arena guardando direttamente nell’area di gioco, ed avrà accesso a diversi bonus che lo avvantaggeranno: stivali per aumentare la velocità, power up che rimescolano la posizione delle gemme, correnti ventose improvvise che bloccano le Phantom Guard. In merito a queste ultime, il giocatore “dalla parte dei cattivi” deve utilizzare mappa e pennino per disegnare le traiettorie dei tre corpulenti soldati in modo da fermare l’avversario e soffiargli le gemme da sotto il naso. Non si possono tracciare linee che attraversino muri o altri elementi solidi dello scenario, quindi occorre non solo avere la mano veloce, ma anche un buon occhio per tenere sotto controllo entrambe le schermate (quella superiore raffigura l’area di gioco, e viceversa accade sul DS del Link di turno) e la capacità di ragionare velocemente per non sprecare una mossa lasciando così campo libero al proprio nemico. Sembra quindi che giocare in due possa rivelarsi un’esperienza soddisfacente ed equilibrata, anche grazie alla precisione dei controlli che, fortunatamente, è stata molto migliorata rispetto al passato.
La Storia si ripete
Con i tanti elementi di novità che Phantom Hourglass cerca surrettiziamente (ma non troppo) di insinuare nella collaudatissima formula zeldiana, il rischio che qualcosa vada storto non è del tutto da trascurare, come dimostrava d’altronde la prima build, poco convincente sotto alcuni aspetti. Se c’è una cosa che nessuno dovrebbe mettere in dubbio, però, è proprio l’abilità che la squadra tirata su da Shigeru Miyamoto in persona ha di ribaltare completamente le carte in tavola, offrendo sempre qualcosa che raggiunge e spesso supera anche le aspettative più severe. Con le premesse che la ventennale Storia di Link, di Hyrule e delle terre circostanti ha ormai fissato, risulta molto difficile non fidarsi: ora sta a Nintendo dimostrarci ancora una volta che non sbagliamo a riporre in loro le nostre speranze. Tutto sarà comunque più chiaro negli ultimi mesi del 2007, periodo previsto per il lancio di questo attesissimo titolo per DS.
Sono passati pochi mesi da quando Link e Tetra, dal Grande Mare, sono partiti per trovare la loro terra, la loro Hyrule personale, ma i guai non sono ancora finiti: a seguito di un brutto incontro in aperto oceano, Tetra sparisce e Link stesso fa naufragio su un’isola sconosciuta. A dire il vero, non abbiamo ancora ricevuto conferma dal producer Eiji Aonuma o chi per lui che l’incipit di Phantom Hourglass sia rimasto lo stesso da quando ci è stato presentato per la prima volta, ma ci piace pensare che questo accenno di trama lo porti in una direzione molto simile a ciò che Link’s Awakening su Game Boy era per A Link to the Past: un seguito miniaturizzato e allo stesso tempo una side story, un episodio collaterale che però nel suo piccolo (se così si può dire) riesce ad essere un vero capolavoro e allo stesso tempo un titolo con un sapore diverso da quello cui la serie ci ha abituati.