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Destruction Derby Arenas

Una delle serie che ha reso grande Psone fa il grande passo per giungere finalmente sul monolito nero. Riuscirà a confermare anche su 128 bit il proprio valore? Scopritelo nella nostra recensione

RECENSIONE di La Redazione   —   04/02/2004
Destruction Derby Arenas
Destruction Derby Arenas

Facciamo la constatazione amichevole?

Ovviamente dall’epoca del primo Destruction Derby ad oggi, le cose sono cambiate enormemente; le capacità grafiche non si possono nemmeno paragonare, l’utenza è diventata più smaliziata, Ps2 ha un parco software pieno di titoli automobilistici di eccellente valore e, soprattutto, Psygnosis non esiste più. Il lavoro è stato quindi affidato a Studio 33, uno dei team interni di Sony nel Vecchio Continente, specializzato in titoli a 4 ruote (tra cui Destruction Derby Raw); l’obiettivo era chiaramente quello di creare un prodotto fedele sì alla tradizione della serie, ma allo stesso tempo in grado di inserirsi nell’attuale panorama senza apparire datato. A fronte del risultato però, viene il dubbio che il team britannico abbia eseguito al contrario tali direttive, realizzando quello che si può senza dubbio definire un gioco anacronistico e per parecchi aspetti lontano dalle caratteristiche che hanno reso famosa la serie. Destruction Derby Arenas, questo è il nome del prodotto in questione, fatica infatti a trovare un motivo di esistere nell’anno 2004 per tutta una serie di difetti che partono fin dalle fondamenta e dagli aspetti più basilari. Partiamo dal sistema di controllo: è evidente che un titolo arcade, filone a cui appartiene indubbiamente la serie in oggetto, debba basarsi su una giocabilità immediata donando un feeling con la vettura il più rapido possibile. Ciò non toglie però che guidare un’auto, anche in un gioco di questo tipo, debba essere per forza di cose un’esperienza appagante e credibile. Il modello adottato al contrario da Studio 33 è di una pochezza disarmante: le auto non sembrano possedere alcun peso, tanto rapidi e repentini possono essere i cambi di direzione. La fisicità e la potenza delle vetture, così apprezzabile nei primi 2 episodi, hanno lasciato spazio ad un avvilente sistema di controllo che scarnifica e disossa tali ottime premesse, lasciando al giocatore un’esperienza tanto basica ed involuta da lasciare di sasso. Ma probabilmente il difetto maggiore in Destruction Derby Arenas va ricercato nel ridicolo algoritmo di deformazione delle automobili, di parecchie spanne inferiore ai suoi predecessori per 32-bit. In un gioco del genere, che fa proprio degli scontri il punto cardine, ci sia aspetterebbe infatti deformazioni complesse, ammaccature multiple, perdita di pezzi, parabrezza infranti, ruote che abbandonano la propria collocazione per vagare liberamente sul tracciato… Al contrario, nel lavoro di Studio 33 è già tanto vedere i paraurti rientrare e le portiere piegarsi; basti dire che prima di far staccare il cofano dalla propria sede, ci vuole una tale quantità di tamponamenti da rendere questo avvenimento una vera rarità. Fattore questo, assurdo ed inaccettabile dal nostro punto di vista: se le auto non si distruggono in un gioco che si chiama Destruction Derby… A completare il quadretto, ci si mette anche una fisica degli urti che definire semplicistica appare un eufemismo, per colpa della quale gli incidenti non comportano i risultati attesi, ma si risolvono nella maggior parte dei casi in un avvilente “effetto flipper”.

Destruction Derby Arenas
Destruction Derby Arenas

Mario Destruction Derby Kart

Per quanto riguarda il versante grafico, la produzione Sony può contare su una valida componente tecnica: pur senza stupire per quanto riguarda il numero di poligoni su schermo o la presenza di dettagli, il gioco è forte di una apprezzabile pulizia grafica, grazie a texture limpide, un anti-aliasing che fa decisamente il suo lavoro e un frame rate piuttosto solido. Purtroppo tutto ciò viene affossato da uno stile davvero pacchiano e dozzinale: abbandonando le tinte e le ambientazioni realistiche che hanno contraddistinto la serie, i programmatori hanno preferito adottare colori accesi accompagnati da livelli a metà strada tra un luna park e San Francisco Rush (vecchio titolo Midway di scarso valore). Stesso dicasi per i piloti disponibili, caratterizzati da un tratto privo di personalità ed estremamente banale e stereotipato. Gravemente insufficiente il sonoro, che nell’edizione italiana accompagna musiche inutili a frasi di sottofondo senza senso e recitate in maniera da far accapponare la pelle. Nemmeno la struttura di gioco è in grado di testimoniare un impegno da parte di Studio 33; la modalità in singolo si limita infatti ad un campionato di 16 gare divise in 4 competizioni, nelle quali è necessario ottenere il punteggio migliore tanto piazzandosi nelle posizioni di testa, quanto provocando incidenti spettacolari. Nel caso invece in cui la gara si svolga in una arena e non in un tracciato, tutto ruoterà unicamente attorno agli urti, in una sorta di devastante autoscontro. I game designers britannici hanno avuto poi la discutibile idea di adottare un sistema di power up “alla Mario Kart”, disseminando all’interno dei percorsi boost, punti extra e kit riparatori. Completare questa modalità è faccenda da un paio di ore, e gli unici incentivi per ripetere l’esperienza si risolvono nello sbloccare tutti i piloti e nel potenziare le vetture. Quest’ultime infatti, alla fine di ogni competizione, guadagnano un ritocco sia dal punto di vista delle prestazione che da quello estetico, diventando via via più tamarre ed esasperate fino a raggiungere l’aspetto di un inguidabile razzo a 4 ruote. La componente online non aiuta granchè, pur fornendo un paio di modalità di gioco esclusive: malgrado i 20 giocatori in contemporanea che Destruction Derby Arenas è in grado di gestire, la pochezza del gameplay rende il tutto estremamente limitato, se non addirittura noioso.

Destruction Derby Arenas
Destruction Derby Arenas

Commento

Destruction Derby Arenas è un prodotto destinato a deludere senza mezzi termini gli appassionati dei primi episodi della serie; i programmatori hanno infatti stravolto il concept originale sotto praticamente ogni aspetto, andando di fatto a realizzare un titolo che coi predecessori ha da spartire soltanto il nome. Il risultato finale è un arcade banalissimo e di bassa fattura, poco curato, ricco di imperfezioni, privo della benchè minima profondità e che –nel parco software di cui può disporre Ps2 a inizio 2004-, non ha alcun motivo di esistere.

    Pro:
  • texture pulite e fluidità apprezzabile
  • discreta quantità di extra da sbloccare
  • immediato
    Contro:
  • fisica e modello di guida del tutto inadeguati
  • profondità inesistente
  • stile grafico banalissimo e dozzinale

Nei primi mesi di vita di Psone, quando ancora la console Sony veniva vista con sospetto e malcelato scetticismo da gran parte dell’opinione pubblica, salì alla ribalta una software house che più di tutte fu in grado in Europa di “spingere” le vendite della creatura di Kutaragi verso il boom di vendite vero e proprio. Questa softco era Psygnosis, e tra le punte di diamante della prima ondata di produzioni ci fu senza dubbio Destruction Derby; un titolo frenetico, divertente, nel quale si era chiamati a vestire i panni del pilota di un’auto nel bel mezzo di competizioni a base di frontali, sportellate e cofani al vento. Dopo due seguiti di buona qualità sempre per il 32 bit grigio, la serie ha deciso infine di fare il grande passo sulle console di nuova generazione, con Ps2.