Il Fantasma nella Macchina
Rifacendosi alla trama della serie TV di recente produzione, Ghost in the Shell: Stand Alone Complex vede il maggiore Kusanagi e i suoi compagni impegnati in un’indagine riguardante il traffico di tecnologie segrete, che sfocerà in implicazioni su vasta scala dei vari ministeri giapponesi. A metà tra Metal Gear Solid e Tomb Raider, vi aggirerete all’interno di livelli dalla diversa fisionomia per raggiungere di volta in volta obiettivi precisi (l’attivazione di un interruttore, l’intercettazione di un personaggio, l’eliminazione di un avversario e così via). I personaggi che potrete controllare sono appunto Motoko Kusanagi e Bato, che si alternano a seconda della missione: la prima è più adatta per le infiltrazioni, il secondo è l’ideale per le offensive a viso aperto.
Una volta steso un particolare avversario, è possibile copiarne i codici per abilitare l’hacking nei confronti dei suoi simili.
Il Fantasma nella Macchina
Per avere ragione dei vostri avversari, potrete usare delle armi da fuoco (mitra di vario genere, fucili, pistole ma anche lanciarazzi) e degli accessori aggiuntivi (mine normali ed elettromagnetiche, coltelli da lancio…), oppure affidarvi alle mani nude in sequenze che ricordano gli scontri visti nella trilogia di Matrix per l’effetto “rallentatore” che viene applicato quando si sferra il colpo decisivo. Il tutto viene gestito in questo modo: con il tasto dorsale L1 si usa l’arma da fuoco equipaggiata, con il tasto L2 si usano gli accessori o le arti marziali. Bisogna raccogliere le armi da fuoco, le mine e tutto il resto lungo i vari stage, magari togliendoli a un nemico sconfitto. Ogni arma da fuoco ha un numero limitato di proiettili, che è possibile ripristinare raccogliendo di nuovo lo stesso tipo di arma e che ci permette di valutare di volta in volta se è meglio raccogliere un’arma diversa o tenere quella col caricatore quasi vuoto. Il sistema di mira è manuale e si palesa attraverso un mirino sempre in vista, che diventa rosso quando l’obiettivo è a portata di tiro. La cosa cambia nel caso dei fucili di precisione, dotati di due livelli di ingrandimento e di una maggiore probabilità di risolvere gli scontri con un solo colpo (alla testa, naturalmente).
Struttura di gioco
Se gli obiettivi di ogni missione sono quasi sempre resi chiari dai briefing, dagli interventi via radio (piuttosto frequenti, che fanno da colonna portante alla trama e alle… sottotrame) e, in particolare, da alcuni indicatori su schermo, diverso è il discorso per quanto riguarda il raggiungimento degli stessi. Ghost in the Shell: Stand Alone Complex è un gioco dotato di una trama estremamente interessante, perfettamente in linea con le intenzioni originali di Shirow (ovvero creare degli scenari ricchi di complotti, macchinazioni politiche e tecnologie esasperate), esilarante in alcuni dialoghi (tra Bato e il suo aiutante corazzato…), e si rivela piuttosto “corposo” man mano che si procede. Però all’inizio è decisamente ostico, in particolare per via del particolare sistema di controllo, che vede le azioni fondamentali assegnate ai tasti dorsali anziché a quelli del pad. La sensibilità di questi tasti non è eccezionale, e bisogna abituarsi ai movimenti del personaggio, nonché mettere in conto una gran serie di morti dovute alla pressione del pulsante sbagliato in un momento cruciale. Fortunatamente i controlli sono completamente personalizzabili, dunque non dovrete necessariamente attraversare un periodo di “studio” prima di prendere confidenza con le azioni a vostra disposizione.
Una volta compresi i meccanismi di movimento e la logica dei “puzzle”, il gioco decolla: vi ritroverete nel mezzo di un’azione frenetica, con nemici che fanno fuoco da ogni direzione per colpirvi e voi che alternate l’uso di armi da fuoco e potenti calci. Le offensive dirette sono decisamente scoraggiate in GITS: Stand Alone Complex, dunque lanciarvi a testa bassa contro un piccolo esercito si tradurrà in una rapida disfatta. Ma muovervi da un riparo all’altro, tirando giù i bersagli uno a uno e in modi diversi, vi farà ottenere comunque degli ottimi risultati e una grande soddisfazione.
A tutto questo si aggiunge la possibilità di effettuare degli “hacking” con lo scopo di controllare i nemici: una volta steso un particolare avversario, è possibile copiarne i codici per abilitare l’hacking nei confronti dei suoi simili. In quel momento potrete vedere la posizione di tutti i nemici di quel tipo nell’area, e provare a controllare quelli contrassegnati da un triangolo di colore blu. Non appena si è abbastanza vicini, bisogna premere il tasto X e cominciare una procedura che prevede il superamento di un numero variabile di blocchi (a seconda dello stage: più avanti si va e più diventa difficile), mediante l’incastro di ingranaggi rotanti che vanno talvolta a velocità impossibili. Effettuare l’hacking spesso si rivela una pratica ostica, ma in alcuni casi vi facilita davvero la vita: nei panni di un nemico, potrete spazzare via i suoi compagni colpendoli alle spalle, ripulendo quasi completamente la zona.
Impressioni tecniche
La realizzazione di Ghost in the Shell: Stand Alone Complex è di alto livello. I personaggi sono stati disegnati utilizzando un gran numero di poligoni e delle texture di ottima qualità, il che li rende estremamente fedeli ai corrispettivi visti nell’anime. E si muovono molto bene, dando sfoggio di animazioni non molto varie ma di una certa qualità. Il design degli stage è all’altezza della situazione, con i soliti alti e bassi ma con un livello di dettaglio soddisfacente, minato soltanto dalla sporadica presenza di difetti nella costruzione poligonale. Ogni livello è introdotto da un briefing e da una sequenza animata, e la fattura di queste ultime è sempre ottima. Diverso è il discorso relativo al comparto sonoro, un po’ sottotono: le voci in Inglese sono passabili, mentre le musiche spesso e volentieri risultano completamente fuori luogo. Il gioco è dotato di sottotitoli in Italiano, ma purtroppo si perde inevitabilmente qualcosa quando le comunicazioni radio avvengono nel mezzo di una missione: o si leggono i testi a schermo o si evita il fuoco nemico. Alla modalità di gioco principale è stata affiancata un’opzione per i deathmatch per due o quattro giocatori, che però non aggiunge nulla al valore finale del prodotto.
Commento
Ghost in the Shell: Stand Alone Complex è un ottimo action game e ricrea alla perfezione l’atmosfera della serie da cui è tratto, aggiungendo addirittura un pizzico di mistero all’interno di una trama molto articolata e interessante, che si dipana poco a poco. La “sostanza” del gioco non è al livello dei migliori esponenti del genere su PS2, ma si tratta comunque di un prodotto di buon livello, che può garantire diverse ore di intrattenimento e che rappresenta un’ottima scelta sia per chi conosce l’opera di Shirow, sia per chi ne è completamente all’oscuro (e può approfittare dell’occasione per rimediare).
- Pro:
- Ottima grafica
- Dotato di un certo spessore
- Trama coinvolgente
- Contro:
- Sistema di controllo ostico, all’inizio
- Comparto sonoro sottotono
Anno 2029: i computer dominano ogni aspetto della vita quotidiana, e le intelligenze artificiali sono ormai dotate di autocoscienza. Alcuni cyborg muniti del cosiddetto “ghost”, ovvero la replica sintetica di un’anima umana, rappresentano l’ultima frontiera per le applicazioni belliche e, in particolare, per i servizi segreti. Il maggiore Motoko Kusanagi, comandante della Sezione 9, è l’esempio vivente di cosa sia un automa del genere: una donna affascinante che ragiona come una vera e propria persona, coadiuvata nel proprio lavoro da un altro cyborg, Bato (forse più “sensibile” di lei, in realtà), e da agenti umani. Il motivo per cui sono i cyborg ad eseguire le missioni della Sezione 9 è presto detto: hanno capacità sovrumane per quanto concerne forza fisica, agilità, riflessi e resistenza. In più possono collegarsi al cervello elettronico dei propri nemici, in alcuni casi, per riuscire a comandarli a distanza. [C]
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