Il perimetro e l’area
Questa è più o meno la storia che fa da sfondo a Perimeter (lo so che non è vero ma a voi andava di leggere la solita favoletta di umani emigranti e alieni arrabbiati?) che, per chi non lo sapesse, è uno strategico in tempo reale dotato di alcune caratteristiche decisamente originali. Iniziato il gioco ci si trova subito alle prese con problemi molto differenti rispetto ai canoni del genere. In primo luogo c’è una sola risorsa da gestire che viene “estratta” semplicemente costruendo dei nodi energetici (chiamata “Energia”). In secondo luogo non è rispettato lo schema classico: raccogli risorse, tira su edifici, genera truppe e parti all’attacco. Anzi, spesso la situazione è completamente ribaltata con la necessità di tirare su immediatamente delle corpose difese che consentano di proteggere la costruzione delle infrastrutture chiave. Terza novità è il terraforming che merita un discorso a parte. In Perimeter ci si trova a visitare pianeti selvaggi controllati degli alieni. Non sempre il terreno sarà favorevole alla colonizzazione e quindi si dovrà lavorare in modo da sistemare la situazione rendendo il tutto più amichevole. La questione si risolve, a livello di gameplay, con la necessità di “disegnare” l’area delle zone in cui le nostre unità devono operare le trasformazioni territoriali. Ovviamente la realizzazione di queste ultime non è immediata e il lavoro svolto può essere rallentato, bloccato o ribaltato nel caso in cui gli avversari prendano il sopravvento. Il terraforming è l’elemento centrale del gioco visto che ottenere ulteriore terreno edificabile consente di costruire nuovi nodi energetici così da avere a disposizione più risorse. I nodi non serviranno, comunque, solo a questo. Grazie ad essi, nel caso di mancanza o scarsità di difese di altra natura, potremmo tirare su uno scudo energetico che andrà a proteggere tutto il perimetro (da qui il nome del gioco) creato dalla rete generata appunto dai nodi costruiti e messi in contatto fra loro. Lo scudo è impenetrabile anche se costa molto in termini di energia così da renderne sconsigliato l’uso intensivo o quantomeno, rendendo più utile agire su zone limitate e più a rischio di attacco.
Tre è il numero perfetto
Altra novità sostanziale è la gestione dell’esercito. Non avremo la possibilità di creare immediatamente tutte le unità. Anzi, di base avremo solo tre truppe che potranno evolversi, grazie all’utilizzo di nanotecnologie, in altre più avanzate e in grado di cavarsela in diverse situazioni. Pur avendo a disposizione tutti gli avanzamenti tecnologici che danno la possibilità di creare qualsiasi truppa non esiste in realtà una regola standard di composizione dell’esercito che lo renda efficace in ogni circostanza. Anzi, a seconda degli obiettivi si dovranno prediligere squadre composte in modo specifico per affrontare le necessità immanenti. Questo richiede al giocatore la capacità di riuscire a comprendere le difficoltà che ci stanno per piombare addosso prima di iniziare a costruire unità a caso seguendo un principio di mera potenza. Oltretutto non potremo creare che una manciata di squadre da mandare contro i nemici o da utilizzare per difendere alcune zone. Così, nel caso dovessimo attaccare locazioni protette dal mare dovremo sicuramente optare per unità volanti mentre, nel caso dovessimo difendere una locazione chiave dovremo optare per un numero maggiore di truppe con armi di gittata maggiore anche se con resistenza limitata. Ad aiutarci ci saranno le classiche costruzioni difensive che si riveleranno essenziali in alcune circostanze.
Dinamica di gioco
La missione tipo di Perimeter è: siamo arrivati in una zona ostile, costruiamo più nodi possibile e difendiamoci dai nemici. Detto così sembra facile ma appena si inizia a giocare ci si rende conto che la sfida è veramente elevata e la frenesia è la sensazione che regna nel corso delle partite: i nemici attaccano sin da subito in massa mettendo in difficoltà chiunque volesse provare tattiche più classiche e pacate. I problemi si moltiplicano senza sosta privando il giocatore della possibilità di prendere fiato. Si edificano strutture con un occhio tenuto sempre sulla mappa piccola in basso a destra dello schermo, così da non lasciarsi sfuggire l’ennesimo attacco. In Perimeter ogni errore viene pesantemente sanzionato. La mancanza di tempestività o la perdita di un nodo energetico chiave comporta l’impossibilità di contrastare i nemici che assalgono e distruggono tutto senza alcuna pausa o pietà. In alcuni momenti sembra di giocare ad un puzzle game. Si posizionano elementi nelle mappe cercando di carpire il modo ottimale di farlo pensato a priori dagli sviluppatori. Una rincorsa interpretativa più che un’azione libera che permetta di ottenere certi frutti. Paradossalmente proprio le mappe dal design più povero e pi spoglie di dettagli sono quelle che permettono al giocatore di esprimersi al meglio. È forse questo il limite più grosso di Perimeter: la percezione della distanza tra noi e il gioco, tra le possibilità che vorremmo sperimentare e la realtà che ci lega a schemi che ammettono solo poche divagazioni. La condanna pare arrivare sin dal nome: sin dalla coscienza di trovarsi di fronte qualcosa di nuovo che, proprio per essere tale, non ardisce di andare oltre il proprio concept di base. C’è quasi il terrore di lasciare al giocatore la possibilità di spaziare… come si tema un’incomprensione delle intenzioni.
La via della discrezione
Graficamente siamo su ottimi livelli. Le mappe sono molto ben realizzate e i frattali ben si adattano allo stile di gioco. Non ci sono schemi troppo estesi come poteva capitare in uno Spellforce, ma tutto è funzionale all’azione che si colloca, come già detto, su un piano decisamente diverso da tutti gli altri strategici in tempo reale. Se vogliamo proprio trovare dei difetti alla grafica questi sono riscontrabili nei non bellissimi modelli delle nostre armate e dei nemici che risultano un po’ poveri di dettagli e mancano di personalizzazione. Certo, questo consente che molte truppe possano convivere contemporaneamente sullo schermo senza produrre rallentamenti di sorta, non dimentichiamocelo. Gli effetti speciali sono molto buoni: partendo dal campo di energia arrivando alla modellazione del terreno. Il tutto avviene in modo così fluido (non parlo di framerate) che quasi non ci si accorge delle variazioni apportate finché non le si osserva nel dettaglio. Questa discrezione non solo è gradevole ma permette di plaudire all’abilità degli sviluppatori (i KD Labs) che non hanno cercato di inserire effetti in ogni dove arrivando a saturare lo schermo di lucette come se fosse sempre Capodanno (tutti i riferimenti ad altri RTS è puramente casuale).
Commento
Ci troviamo senza dubbio di fronte ad un titolo sperimentale che merita di essere considerato soprattutto da quelli che sono alla ricerca di qualcosa di veramente nuovo. Peccato per alcuni difetti piuttosto marcati che possono infastidire i giocatori meno smaliziati e quelli abituati ad una maggiore libertà. Se gli sviluppatori si fossero adoperati per un bilanciamento maggiore del gameplay probabilmente staremo ora parlando di un capolavoro. Non si può però parlare nemmeno di un’occasione sprecata. Anzi, si tratta di un ottimo punto di partenza per riuscire a rinnovare un genere annacquato in molte sue parti e stantio in altre. Un buon prodotto insomma che va capito per essere veramente apprezzato.
- Pro:
- Concept originale
- Piuttosto articolato nelle sue diverse parti
- Il terraforming è veramente ben sviluppato
- Contro
- Lascia poca libertà d’intervento
- Alcune missioni sono troppo schematiche
- A tratti eccessivamente frenetico
Gli amici di Maria de Filippi
Certi esseri viventi sappiamo tutti come sono fatti. Sfruttano l’ambiente che hanno intorno finché non lo portano al collasso. Quando hanno succhiato tutto il succhiabile si dicono: “ops, come siamo stati sbadati e cattivelli, abbiamo distrutto il nostro bellissimo mondo… peccato”… purtroppo questo loschi figuri si rendono conto di aver rovinato tutto quando hanno già a disposizione le tecnologie per emigrare su altri pianeti abitabili. Così si dicono, dopo il bel discorsetto precedente: “perché non lasciare questo schif.. pianeta bellissimo al suo sfacel… destino per andare da qualche altra parte con le nostre astronavi nuove, griffate dal settimo clone di Armani?”. Visto che a pochi interessa essere puniti per il male fatto ecco che i nostri simpatici ammazza-mondi si trovano ad emigrare nel cosmo e raggiungere un simpatico universo formato da psicosfere, così chiamate perché riescono ad entrare nel subconscio degli umani mostrandogli puntate a random delle trasmissioni di Maria de Filippi. La situazione diventò ben presto drammatica con gente che tenta il suicidio all’ennesima apparizione di Tina nella propria testa… ma ad un tratto le trasmissioni cessarono di tormentare gli esseri umani. Il loro posto venne preso da terribili mostri. E tutti si dissero: “meglio essere divorati da formiche giganti che vedere un’altra volta la Maria che balla”. Purtroppo alcuni fan della bionda conduttrice insorsero e decisero di andare contro i propri compagni per vendicare l’onore della loro dea. Così la razza umana si divise e iniziò una guerra su tre fronti in cui ora dobbiamo andare a mettere mano.