A ciascuno il suo...
Come ben saprete in ognuna delle tre differenti versioni del gioco è stato inserito un diverso personaggio: Link su GameCube, Spawn su Xbox e Heihachi su PlayStation 2. Osserviamoli da vicino.
Link - I fans della grande N non potranno che esultare: Link è in forma smagliante e vanta un modello poligonale che sembra uscito dritto dritto dalla demo di Zelda presentata allo SpaceWorld 2001. Ottima la riproduzione delle sue mosse classiche e del suo arsenale, ottima la caratterizzazione (non parla mai, proprio come da tradizione). Occhio, mena come un fabbro.
Spawn - L’eroe di culto creato da Todd McFarlane sembra trovarsi a proprio agio tra i possenti lottatori di Soul Calibur 2. A dispetto dell’imponente stazza è piuttosto agile e veloce, ed è in grado di colpire da distanze notevoli. Peccato solo non sia provvisto del tradizionale mantello.
Heihachi - Da Tekken a Soul Calibur il passo è tutt’altro che breve, tant’è che Heihachi sembra effettivamente un pesce fuor d’acqua: è l’unico personaggio senza un’arma, usa due bracciali metallici per deflettere i colpi. Per contro è dannatamente forte e ha conservato intatta la sua micidiale combo da 10 colpi di tekkeniana memoria. Il modello poligonale è stato interamente rifatto, ed è più dettagliato che mai.
Welcome back to the stage of history
Il cuore pulsante di ogni picchiaduro a incontri è sicuramente il fighting engine, il sistema di combattimento che regola gli scontri tra i lottatori. Quello di Soul Calibur II è direttamente derivato da quello, ottimo, del predecessore e ne riprende, ampliandola e migliorandola, la filosofia. Il primo SC era veloce, questo sequel è ancora più veloce e frenetico, ma mai confusionario, con scontri adrenalinici e scambi di colpi fulminei. La nuova implementazione dell’8-Way Run system, che consente questa volta di spostarsi per l’arena con un semplice tocco della croce direzionale o dello stick analogico, aumenta la sensazione di tridimensionalità degli scontri e rende i combattimenti ancora più dinamici e movimentati. Ci sono poi tante altre piccole migliorie e sottigliezze, quali i guard break, ritocchi nelle modalità di bufferizzazione degli attacchi e la possibilità di caricare le mosse a tre diversi livelli anche mentre ci si sposta, ma sono tutte finezze che si imparano ad apprezzare man mano che si approfondisce il sistema di gioco.
E’ evidente sin da subito invece l’intenzione da parte di Namco di limitare i ring out, forse troppo frequenti nel prequel. E’ più difficile per i lottatori sbalzare gli avversari fuori dall'area di gioco, sono stati infatti quasi del tutto eliminati i ring out su rimbalzo tanto frequenti nel primo Soul Calibur, e sono stati introdotti in alcuni stage dei muri che, oltre a impedire la prematura fine degli incontri introducono nuovi elmenti di gameplay, consentendo al giocatore di bloccare l’avversario in un angolo e di tempestarlo di colpi.
Ciò che è più importante comunque è che l’atmosfera da duello epico, da sfida all’ultimo sangue, è resa ottimamente.
9 Vario e ben assortito il roster di personaggi, venti in tutto, di cui quindici immediatamente selezionabili e cinque extra da sbloccare. Tra le vecchie glorie annoveriamo Mitsurugi, Taki, Ivy, Astaroth, Voldo, Kilik, Xianghua, Maxi, Nightmare, Seung Mina, Sophitia, Yoshimitsu e Cervantes. Chi ha già giocato a Soul Calibur non avrà difficoltà a padroneggiarli da subito, ma non mancano le differenze, anche sostanziali. Mitsurugi ad esempio è stato leggermente ridimensionato, Ivy e Taki invece potenziate. Resta invece fortissimo, un vero schiacciasassi Cervantes. Tanto forte da essere addirittura sbilanciato, proprio come nel prequel.
Tra le nuove leve invece troviamo Yunsung, allievo di Hwang che ne riprende da vicino lo stile di combattimento, la sorella di Sophitia Cassandra, Necrid, un parto della mente di Todd McFarlane che combatte utilizzando tecniche di tutti gli altri lottatori, lo schermidore Raphael e la giovanissima Talim. Soprattutto questi ultimi due personaggi sono i più interessanti: Raphael è molto veloce e adotta uno stile di combattimento nervoso, fatto di rapide stoccate e di fulminee schivate con contrattacco, Talim è una vera scheggia, dotata di buone combo e di mosse particolarmente adatte a catapultare l’avversario fuori dai bordi del ring. Ci sono poi i tre personaggi extra caratterizzanti per ogni versione del gioco: Link su GameCube, Spawn su Xbox ed Heihachi su PlayStation 2. Abbiamo preparato un grazioso box tutto per loro, che potete leggere qui a fianco.
Il bilanciamento dei personaggi è buono, ma ahimè non perfetto. E’ infatti piuttosto evidente che alcuni lottatori sono, anche se di poco, più forti di altri. Un esempio su tutti Cervantes, dotato di buona velocità, attacchi che fanno molti danni e combinazioni di mosse difficili da anticipare. Come già detto, un vero rullo compressore, soprattutto in mano a giocatori particolarmente esperti.
Welcome back to the stage of history
Viste le credenziali del prequel potevano mancare gli extra? No, gli extra ci sono, e sono davvero una caterva. Tantissime le modalità di gioco proposte, sia in single che in due giocatori, ma vero pilastro del titolo è il Weapon Master Mode, erede dell’Edge Master Mode già visto e apprezzato in Soul Edge e Soul Calibur. In tale modalità il giocatore è chiamato a viaggiare per il mondo, esplorando una mappa virtuale e affrontando prove di difficoltà crescente allo scopo di accumulare punti esperienza, per salire di livello, e denaro per sbloccare extra e bonus. Come in Soul Edge è possibile equipaggiare i lottatori con diversi tipi di armi, utilizzabili non solo nel WMM ma anche in altre modalità di gioco, e l’effetto non è solo estetico, in quanto ogni arma è dotata di precise caratteristiche, purtroppo spiegate solo in un incomprensibile giapponese. L’oro accumulato nel Weapon Master Mode serve inoltre per sbloccare nuove arene, nuovi costumi per i personaggi, molteplici gallerie di immagini e i classici kata, spettacolari sequenze di mosse differenti per ogni lottatore, da gustarsi nel Theater Mode.
Controller, che dilemma!
Tre console diverse, tre joypad diversi: quale sarà il migliore per giocare a Soul Calibur II? Fortunatamente i pad di tutte e tre le console si comportano egregiamente. Il pad Ps2 ha già dato prova di eccellenza più e più volte in passato mentre quello Xbox si è comportato più che egregiamente con DOA3. Ed è inutile dire che entrambi i controller se la cavano decisamente bene alle prese con SCII. Mancava alla prova del fuoco il pad cubico, che ha sempre suscitato più di un dubbio nel campo dei picchiaduro a causa della disposizione dei tasti e, soprattutto, della microscopica croce digitale. Ebbene… test superato, e a pieni voti, anche dal joypad Nintendo: la croce direzionale è davvero ottima, fulminea come risposta e precisissima, mentre qualche difficoltà viene dai tasti, dalla foggia differente e dalla disposizione alquanto bizzarra per un beat’em up a incontri. Ma ci si fa comunque l’abitudine presto.
Se però volete davvero giocare alla grande l’acquisto di un joystick è pressochè obbligato. Uno di quelli in stile sala giochi, con la base larga e bella pesante, stick corto e preciso, tastoni disposti in modo ottimale, il tutto condito da una manciata di microswitch. La vostra vita (videoludica) cambierà da così a così.
The Soul still burns
Il primo Soul Calibur fu un vero prodigio della tecnica, un gioiello, tanto che, molto probabilmente, nemmeno i programmatori Namco sanno precisamente come hanno fatto a tirar fuori tutto quel bendiddio dall’hardware Dreamcast. Questa volta da spremere fino al midollo c’erano non una, ma tre console next generation, dall’architettura hardware e dalle potenzialità decisamente diverse tra loro. Namco ha comunque fatto il miracolo e Soul Calibur II è una gioia per gli occhi, su qualsiasi piattaforma. L’hardware di riferimento per lo sviluppo è stato quello PlayStation 2, il coin-op originale gira infatti su System256, e tutte e tre le versioni del gioco sono sostanzialmente identiche. Una miriade di poligoni su schermo, che ricreano paesaggi da favola e dettaglia mirabilmente i modelli dei lottatori, texture fantastiche e ottimi effetti grafici, tutto a sessanta frame al secondo costanti. A dire il vero, quasi costanti. Qualche calo infatti c’è, ma nulla di allarmante: si tratta di sporadiche incertezze che si verificano solo durante alcune prese o mentre si esegue la mossa conclusiva di un round: niente che possa inficiare insomma l’ottima giocabilità del titolo. Superbe le animazioni, già fiore all’occhiello del primo Soul Calibur e qui ancora più fluide e realistiche. Unico neo: dal punto di vista prettamente artistico il gioco non sempre è ispirato come il predecessore. Alcuni costumi dei personaggi sono, beh, semplicemente brutti, e a stage particolarmente evocativi se ne contrappongono altri un po’ scialbi e piatti.
Le tre versioni, come già accennato, sono praticamente uguali dal punto di vista grafico. Cambia solo lievemente l’uso dei colori, mentre nella versione PlayStation 2 sono leggermente più pronunciate le ‘jaggies’, le scalettature sui bordi dei poligoni.
8 Altrettanto entusiastico il nostro giudizio sul comparto audio. Le musiche sono ottime e riprendono da vicino lo stile epicheggiante proposto con successo in Soul Calibur, così come ottimo è il parlato, forte di una quantità imbarazzante di frasi digitalizzate, e gli effetti sonori che accompagnano il gioco. Mai il clangore delle spade che cozzano è stato così realistico. Una curiosità: nella schermata di caricamento che precede ogni incontro e che presenta i due contendenti è possibile far pronunciare diverse frasi di sfida al nostro alter ego digitale premendo i tasti sul pad. E’ assolutamente inutile, ma è un’idea divertente.
Una nota che non potrà che rendere felici i (pochi e fortunati) possessori di televisori di ultimissima generazione: tutte e tre le versioni del gioco supportano il Progressive Scan. E se Soul Calibur II è ottimo nei 480p o 520p rispettivamente delle edizioni per GameCube e Ps2, è addirittura stellare nei clamorosi 720p supportati dalla versione Xbox, anche grazie al massiccio utilizzo di anti aliasing. Peccato che, almeno qui nel vecchio continente, saranno davvero in pochi a potersi gustare appieno l’impatto visivo del gioco.
Commento
Il compito per Namco era di quelli difficili: riuscire a migliorare un gioco perfetto, possibilmente senza stravolgerne la forte identità, perdipiù sviluppandolo contemporaneamente per tre piattaforme differenti. Fortunatamente di fronte ai risultati ottenuti non possiamo che levar tanto di cappello e profonderci in un inchino reverenziale. Soul Calibur 2 è il degnissimo sequel di cotanto predecessore e conquista senza troppi problemi la corona come miglior picchiaduro mai realizzato (titolo questo che divide equamente con Virtua Fighter 4 Evolution. Si sa, è tutta questione di gusti…). Niente full score quindi e ‘solo’ un 9.5 di voto? Sì, in quanto nonostante siano molteplici le migliorie apportate, il gioco manca comunque della carica innovatrice e della genuina freschezza del prequel. Ma è davvero possibile migliorare qualcosa di perfetto come Soul Calibur?
Qualunque sia la console da voi posseduta, compratelo. E se non vi piacciono i picchiaduro, compratelo lo stesso. Non c’è scusa che tenga.
- Pro:
- Ottima realizzazione tecnica
- Giocabilità alle stelle
- Gran quantità di extra
- Pressochè eterno in multiplayer
- Contro:
- Alcuni personaggi sono lievemente sbilanciati
- Costumi e stage non sempre ispirati
L’abbiamo atteso quattro maledetti anni, finalmente è arrivato. Il primo Soul Calibur fu un fulmine a ciel sereno, una vera rivelazione: un gioco perfetto in tutto e per tutto, senza la minima sbavatura. La creatura Namco spremeva l’hardware Dreamcast come un limone, tanto che il gioco ancora adesso fa la sua dannata figura, offriva un’atmosfera impareggiabile, una giocabilità estrema e, fatto più unico che raro nel mondo dei picchia picchia a incontri, una quantità di extra imbarazzante. Semplicemente sublime insomma, tanto che il gioco si impossessò di prepotenza del titolo di miglior picchiaduro mai realizzato, con buona pace dei blasonatissimi concorrenti.
Con una tale, pesantissima eredità sulle spalle, è inutile sottolineare come Soul Calibur 2 fosse uno dei sequel più attesi di sempre. E noi, per onorarne degnamente l'avvento, abbiamo deciso di dedicargli la prima recensione con i voti della storia di Multiplayer.it...