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The Boys, la recensione

Ecco la serie di supereroi che dovrebbe guardare chi non sopporta più i supereroi. La nostra recensione di The Boys

RECENSIONE di Christian Colli   —   28/07/2019

Per quanto si possa essere fan sfegatati della Marvel o della DC, bisogna ammettere che i cinecomics hanno cominciato a saturare il mercato già da qualche tempo. Ormai escono almeno cinque o sei film all'anno, magari incentrati su supereroi semisconosciuti, e quando non si tratta di sequel c'è pur sempre qualche reboot. Anche in TV la situazione non è molto diversa. Se ne parla poco perché ha meno risonanza del cinema, ma alle serie originali Netflix e alle produzioni CW hanno cominciato ad aggiungersi i serial di piattaforme come Amazon Prime Video, Hulu o la recente DC Universe. Insomma, noi vogliamo bene agli uomini e alle donne in calzamaglia e spandex, ma non possiamo biasimare chi li ha presi in antipatia e vorrebbe gonfiarli di botte. Ecco, The Boys in questo senso è una visione catartica. Ispirata al fumetto targato Wildstorm/Dynamite di Garth Ennis e Darick Robertson, la nuova serie TV in otto puntate disponibile su Amazon Prime Video ci mostra i supereroi sotto una luce completamente diversa che fa sorridere, fa riflettere e fa anche un po' paura.

La trama in pillole

Annie (Erin Moriarty) ha poco più di vent'anni ed è nata col potere di generare una luce abbagliante che può anche scagliare sotto forma di energia. Ha passato l'infanzia a esercitarsi, a imparare le arti marziali e a concorrere in provini su provini per diventare una eroina ed entrare nei Sette, il team di supereroi più famoso del mondo. I supereroi non sono una rarità. Venerati come dèi, bazzicano soprattutto per gli Stati Uniti d'America, lavorando per la Vought International, un'azienda che li gestisce come un brand. Su di loro sono stati scritti libri, girati film, disegnati fumetti. Sui social non si parla d'altro. È un vero star system e quando Annie supera l'audizione per entrare nei Sette col nome in codice Starlight, è al settimo cielo. La accoglie nella loro base operativa nientepopodimeno che Abisso, l'eroe per cui aveva una cotta quando andava al liceo, e ritrovarsi insieme a lui nella sala riunioni più sofisticata del pianeta è un'emozione indescrivibile. Questo finché Abisso (Chace Crawford) non si cala i pantaloni e la costringe a praticargli una fellatio per non perdere il posto.

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Poi c'è Hughie Campbell (Jack Quaid) che è un essere umano normalissimo e vende televisori. Hughie è innamorato di Robin e i due stanno chiacchierando amabilmente sul ciglio della strada quando Robin gli esplode letteralmente in faccia. Il ragazzo si ritrova a stringere ancora le mani della sua fidanzata, le uniche parti del suo corpo che non sono finite a brandelli quando è stata investita da A-Train, il supereroe più veloce del mondo che riparte alla velocità della luce senza neppure scusarsi. La Vought cerca di comprare il silenzio di Hughie, il quale si rifiuta e attira l'attenzione di Billy Butcher (Karl Urban). Butcher è un altro uomo come tanti, ma odia i supereroi e intende usare Hughie e i Boys, una squadra di disadattati, per affondare la Vought. Butcher ce l'ha particolarmente a morte col Patriota, il capo dei Sette e il più potente supereroe del pianeta. Il problema è che il Patriota (Anthony Starr) non è il santo che sembra, ma un vero e proprio psicopatico, quanto e più dei suoi colleghi. I supereroi sono corrotti e meschini e i Boys esistono per punirli, cosa che ovviamente è più facile a dirsi che a farsi.

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Supereroi con super problemi

Immaginate un incrocio tra Capitan America e Superman. Il Patriota indossa un costume a stelle e strisce, è biondo e ha il mascellone, un sorriso smagliante, la vista a raggi laser, può volare, è super forte, è super veloce, è invulnerabile. È un dio in terra, può fare tutto quello che vuole e ha le spalle coperte. Immaginate che un superumano con questi poteri e queste garanzie sia uno psicolabile crudele e incline alla violenza e avrete una vaga idea del ritratto che The Boys dipinge dei supereroi. La serie TV di Amazon non è una trasposizione fedele al 100% del fumetto di Ennis e Robertson, ma ne cattura pienamente lo spirito, lo attualizza al 2019 e lo modifica sapientemente nella struttura narrativa per adattarlo al format televisivo con otto puntate che scivolano velocemente e si prestano bene al binge watching. Il messaggio che trasmette la serie televisiva, già rinnovata per una seconda stagione, è chiaro fin dal primo episodio: in una società come la nostra, schiava del marketing, della pubblicità e dei social network, dove apparire conta più di ogni altra cosa, non c'è posto per i supereroi.

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Il Patriota, interpretato magistralmente da Anthony Starr, rappresenta in tutto e per tutto questo concetto. Non importa che non sia stato cresciuto da Ma' e Pa' Kent e non abbia avuto una bussola morale, il Patriota è solo un egocentrico con manie di onnipotenza ed è disposto a tutto pur di proteggere uno status quo agghiacciante. Starr conferisce al Patriota, che poi sarebbe il principale villain della serie, un'aria che mette i brividi e aumenta la tensione ogni volta che apre bocca o guarda storto qualcuno, compresi i suoi colleghi. I Sette, dal canto loro, rappresentano i più famosi supereroi Marvel e DC, ancor più nella serie televisiva rispetto al fumetto grazie alle scelte dei costumisti: Queen Maeve sarebbe Wonder Woman, Abisso è praticamente la copia sputata di Aquaman, A-Train è ispirato a Flash ma ha cambiato colore della pelle nella trasposizione televisiva. Non se ne salva uno. Translucent, l'uomo invisibile creato appositamente per la TV, trascorre il suo tempo tutto nudo nei bagni a spiare le donne. Starlight è la nostra prospettiva ordinaria, una ragazza idealista che vuole fare la differenza e che vedrà marcire il suo sogno coi suoi stessi occhi. Erin Moriarty la interpreta sul sottile equilibrio tra candore e crescente determinazione che rende il suo personaggio ambiguo e affascinante.

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Un'altra TV è possibile

Nonostante The Boys sia pieno di comparse importanti - Simon Pegg è il padre di Hughie, che nel fumetto è stato ritratto proprio con le fattezze dell'attore anglosassone, ma ci sono anche nomi del calibro di Giancarlo Esposito, Elizabeth Shue, Jim Beaver che ormai collabora assiduamente col produttore Eric Kripke - a rubare sempre la scena è il Butcher del bravissimo Karl Urban. Ormai abituato ai ruoli da duro, Urban interpreta un altro pazzoide che definire dalla parte dei buoni non sarebbe esattamente appropriato. Pur di rimettere insieme la banda e arrivare al Patriota, Butcher mente, inganna e ricorre ai piani più loschi ed efferati, ma contemporaneamente si porta sulle spalle un passato tragico che, in un mondo come questo, forse giustifica anche i suoi mezzi. Urban gestisce il ruolo con un'ambivalenza ipnotica, è impossibile detestarlo nonostante tutto. Jack Quaid gli fa da contraltare: è il ragazzo semplice e onesto che si trasforma pian piano in qualcosa di diverso, pur mantenendo sempre un'ombra di innocenza nello sguardo. Questa prima stagione dedica meno tempo agli altri Boys, Frenchie (Tomer Kapon) e Latte Materno (Laz Alonso), ma riesce comunque a tratteggiarli a sufficienza, integrandoli perfettamente nel cast.

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Il merito è anche dei dialoghi scorrevoli e del ritmo serrato. Prodotto in collaborazione con Seth Rogen e Evan Goldberg, che conoscono perfettamente il linguaggio fumettistico e quello televisivo, The Boys è una serie relativamente incentrata sull'azione. Le sparatorie e gli inseguimenti si contano sulle dita di una mano e non ci sono veri e propri scontri di super poteri. La serie di Eric Kripke, paradossalmente, è molto più interessata a esplorare il lato umano dei supereroi, quello più oscuro e imperfetto. È questo aspetto che rende The Boys una serie di supereroi molto distante dalle solite serie coi supereroi: da un certo punto di vista, abbiamo a che fare con una specie di thriller sfumato di spy story. Il budget, decisamente elevato, ha consentito una certa cura nella rappresentazione dei super poteri: la computer grafica in qualche caso mostra il fianco, ma la regia è stata decisamente attenta nella realizzazione delle scene più importanti, come quando il Patriota vola o proietta i raggi laser dagli occhi.

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La fotografia è nettamente migliore rispetto a tante altre produzioni analoghe, la varietà delle location più che soddisfacente, e in certi momenti sembra di star guardando un film vero e proprio, piuttosto che una miniserie televisiva qualunque. Ma che The Boys non sia una serie televisiva supereroistica come tante altre si capisce ancor prima che cominci ogni episodio, anticipato da una sfilza di avvertenze mirate ad allontanare i più piccoli: linguaggio scurrile, scene di sesso, nudi integrali, violenza grottesca. The Boys è una serie che non si fa problemi a mostrare corpi mutilati, cervella in primo piano, amplessi e orgasmi, membri maschili, sangue a fiumi, ossa spezzate, e tutto spesso molto gratuitamente. È una violenza talvolta fine a sé stessa che potrebbe tranquillamente nauseare gli spettatori più impressionabili, seppur sfoggiata più spesso in tono parodistico e surreale. Se questo non vi spaventa, e non vi secca la prevedibilità di alcuni snodi narrativi, compresa l'ormai consueta pratica del cliffhanger di fine stagione, fatevi avanti perché c'è da divertirsi.

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Conclusioni

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8.5

The Boys non è una visione esattamente facilissima: la violenza spesso viscerale delle scene e del linguaggio potrebbe essere troppa per qualche spettatore. Tuttavia ci troviamo di fronte a una serie supereroistica diversa dal solito, soprattutto perché mette i cosiddetti eroi alla berlina e si concentra sui difetti di una società multimediale che divora ogni cosa. Più una riflessione sul genere umano tutto che sull'iconica figura del supereroe, The Boys è una miniserie accattivante e realizzata con grande cura che vi consigliamo di guardare, purché abbiate lo stomaco forte.

PRO

  • Il cast, specialmente Urban e Starr
  • L'approccio supereroistico alla rovescia
  • La qualità generale della produzione

CONTRO

  • Qualche svolta prevedibile nella trama
  • La crudezza di alcune scene potrebbe nauseare gli spettatori impressionabili