Il bel gioco dura poco!
Come già accennato, lo story mode di Way of the Samurai si segnala più che per l’originalità o la cura della sceneggiatura, per l’estrema brevità. Bastano 4, massimo 5 ore per portarlo a termine, e di certo non è il Versus mode a riportare la longevità del gioco su livelli sufficienti. Il fattore decisivo che può renderlo realmente longevo è invece la rigiocabilità, vera e propria condicio sine qua non per vivere appieno l’esperienza proposta da Way of the Samurai. Con ogni singolo personaggio disponibile ci si può infatti unire alle varie fazioni familiari che mantengono viva una sorta di guerra civile, e aggregarsi all’una o all’altra significa vivere lo story mode da un punto di vista parziale ed esclusivo, con la costante sensazione di modificare attivamente il corso degli eventi. Troppo forte è la tentazione di rivivere almeno una volta l’avventura da un punto di vista differente, magari con un altro personaggio di diverse caratteristiche combattive. Questa possibilità è intuibile subito nei primi minuti di gioco: siamo immediatamente chiamati ad una scelta decisiva, vale a dire se difendere o meno una ragazza rapita da una banda di loschi figuri del nostro stesso centenario ordine. Mentre la ragazza si dibatte e grida e noi cominciamo a realizzare che sarà possibile decidere del suo destino, sarà facile lasciarsi prendere dall’euforia e pensare di essersi imbattuti nel primo gioco veramente libero. In realtà Way of the Samurai non è di certo un libro aperto con tanti autori quanti sono i giocatori che smanettano sul pad, ma è comunque da ammettere che l’illusione di questa libertà è davvero ben ricreata. E di conseguenza l’impulso a rivivere una situazione affrontandola in maniera differente si manifesta sovente. Certo non si può pensare che questo stimolo si ripresenti all’infinito e che i problemi di scarsa longevità siano del tutto risolti. Ma tant’è.
Bel gioco?
In cosa è invece fortemente carente l’ultimo lavoro Acquire? Innanzitutto, nella realizzazione tecnica. Way of the Samurai non è assolutamente considerabile un titolo “new generation”, tanto evidenti sono i suoi difetti: flickering e aliasing imperversano ovunque, collisioni che così grossolane non le si vedeva da qualche anno, effetti particellari (il sangue ad esempio) ridicoli e, appena l’orizzonte si estende, si alza tanta nebbia da far sembrare il villaggio Giapponese un qualsiasi paesotto della bassa padana in Novembre. Il motore grafico, peraltro, non sembra dover subire oneri gravosi né per quanto riguarda i poligoni su schermo, in numero piuttosto esiguo, né per la gestione di un’IA particolarmente raffinata o complessa, che i nemici di certo non possono vantare, né per il rispetto di una qualche algoritmo per la gestione di leggi fisiche, di cui i coders sembrano essersi misteriosamente scordati. Si salvano solo le espressioni facciali, discrete, e il frame rate costante; il titolo è anche provvisto di selettore 50/60 hz, in modo da poter godere sui televisori multistandard della velocità della controparte nipponica. Ritornando alla componente meramente estetica, le magagne si estendono ad alcune scelte prettamente stilistiche: tra kimoni e katane spuntano improbabili chiodi in stile James Dean, forse posti a simboleggiare l’incombente occidentalizzazione del Giappone (?). La scelta non ci è affatto piaciuta, così come non abbiamo gradito l’omissione di dialoghi parlati sostituiti da fumetti, che ci sono sembrati un tantino fuori luogo, e da esclamazioni di stampo gutturale- fantozziano, poste a enfatizzare ulteriormente il climax, con relativi insperati effetti comici.
Il sonoro si rivela più che buono e suggestivo nelle musiche di sottofondo, mentre è grave l’assenza del parlato, vista anche la conseguente presenza delle già citate esclamazioni ambigue volte ad ovviarne, assieme ai fumetti, la mancanza. Le melodie classiche lasciano spazio, in stile Devil May Cry, a ritmi hard rock nelle fasi di combattimento; ci chiediamo quanto sia opportuna una scelta simile per un titolo che non gode di certo della frenesia dell’action game di Capcom, ma che invece predilige un approccio marcatamente più tecnico e per così dire “simulativo”.
Commento
Way of the Samurai è una idea innovativa, ben sviluppata, che pecca di una realizzazione tecnica non all’altezza e di alcune cadute di stile nel character design e nel sonoro. Un gradevole antipasto, in attesa di Tenchu 3, che tutti gli amanti della cultura Giapponese old- style non dovrebbero lasciarsi sfuggire. Per tutti gli altri, Way of the Samurai è un’avventura allo story mode insolito, ingannevolmente libera, con un sistema di combattimento raffinato.
Pro
+ Innovazione
+ Sistema di combattimento azzeccato
+ Buona rigiocabilità
Contro
+ Varie cadute di stile
+ Realizzazione tecnica non all’altezza
+ Effetti sonori non molto curati e musiche hard rock fuori posto
Acquire, in attesa del prossimo capitolo della fortunata saga di Tenchu, ci offre con Way Of The Samurai un antipasto dal sapore piuttosto insolito. Momentaneamente accantonati i ninja, ecco che arrivano i samurai, alle prese con una progressiva occidentalizzazione del Giappone che sembra volersi dimenticare di loro : la rivoluzione industriale è infatti incombente, e per un samurai solitario la vita non è mai stata così dura…
Enjoy our clan…
Ci è davvero difficile classificare Way Of the Samurai e ricondurlo quindi ad un genere. Mentre lo storymode lo potrebbe far apparire come la più classica delle avventure, la brevità dello stesso e la possibilità di affrontarlo più volte con personaggi differenti e finali alternativi, con tanto di punteggio acquisito e bonus al game over, ne rivelano una componente spiccatamente “arcade”, confermata anche dalla presenza di una modalità VS sbloccabile quasi fin dall’inizio. Meglio quindi, piuttosto che azzardare improbabili definizioni, attenersi alla cruda realtà dei fatti.
Dopo aver selezionato uno dei tre personaggi inizialmente disponibili armati unicamente di una misera spada, si accede ad una fase di tutorial, in cui vengono descritti i comandi essenziali per poter affrontare il gioco. Con il pulsante cerchio è possibile dialogare con gli altri personaggi, con L1 si estrae la spada dal fodero, con quadrato e triangolo si effettuano gli attacchi, mentre con R1 si parano i colpi, infine ad x è assegnata la funzione salto. Non deve ingannare l’iniziale pochezza di azioni effettuabili e di armi: attraverso un accurato e allo stesso tempo intuitivo sistema di apprendimento vedremo lievitarne il numero decisamente in fretta. Il meccanismo è semplice: partendo delle azioni base già descritte, attraverso la pressione di tasti in maniera apparentemente casuale (ad esempio triangolo + triangolo) si scoprono combinazioni che costituiscono veri e propri nuovi “colpi”, che, una volta scoperti, vengono segnalati con il rispettivo nome sullo schermo in basso, all’estrema destra. Progressivamente quindi si arriva alla padronanza di calci, schivate, difese speciali e anche combo di attacco personalizzabili e differenti a seconda dell’arma adottata (è possibile raccogliere le armi dei nemici caduti in battaglia), che rendono il combattimento frenetico e discretamente “tecnico”. Questi elementi convergono in un mix indubbiamente riuscito, che, anche davanti a un’orda di oltre 50 nemici, da affrontare rigorosamente uno per volta, non ci induce alla noia ma anzi ci tiene saldamente ancorati al pad, in una truce apoteosi di lamine che si scontrano e di grida di dolore. Unici difetti segnalabili sono una risposta ai comandi che in alcuni casi non è esattamente fulminea e la presenza di alcune animazioni “custom” che talvolta compaiono un po’ a sproposito e spiazzano il giocatore, che deve magari subire un colpo che sarebbe stato tranquillamente evitabile. Niente che comunque comprometta seriamente gli equilibri di un gameplay che è profondo e ben progettato.