Monografie è una rubrica a cadenza mensile che racconta i momenti essenziali nella storia di alcune società, franchise o personaggi di spicco nel mercato videoludico.
Sapete quanti sono settantacinque milioni di utenti? Sono tanti e sono quelli di Steam. Lo scorso ottobre erano "solo" sessantacinque milioni, e nel giro di due mesi se ne sono aggiunti altri dieci. Numeri impressionanti, che confermano ancora una volta la bontà e il successo della poliedrica piattaforma concepita da Valve nel 2003. Sono passati dieci anni, e Steam continua a conquistare il mondo dell'intrattenimento, aprendosi ora anche a film e musica, sulla bocca di tutti ad ogni nuova stagione di saldi. Vi racconteremo com'è nato Steam, ma per farlo dobbiamo passare per Gabe Newell, Valve e, naturalmente, Half-Life.
Parliamo del mondo di Valve: da Half-Life a Steam, la piattaforma virtuale che ha cambiato tutto
Una vita a metà
Molti conosceranno sicuramente il rubicondo Gabe Newell, anche perché adora la polemica e le sue invettive contro Sony e Microsoft - seguite dal suo simpatico dietrofront - sono state divertenti quanto chiacchierate. Newell ha fondato Valve, e ne è l'attuale direttore, ma prima lavorava per Microsoft: era stato assunto poco dopo aver lasciato l'università di Harvard. Mike Harrington, invece, era passato a Microsoft dopo aver lavorato alcuni anni nella software house Dynamix (famosa per il simulatore di volo Red Baron) e insieme a Newell aveva contribuito allo sviluppo di praticamente tre generazioni di Windows.
Il loro idolo? Michael Abrash, un ex programmatore di Microsoft che aveva scritto il codice per Windows NT 3.1 e che poi aveva lasciato l'azienda per lavorare a Quake di id Software, il cui successo non ha bisogno di presentazioni. Newell e Harrington ne seguirono le orme, e nel 1996 lasciarono Microsoft per fondare Valve a Kirkland, Washington. Il primo progetto di Valve avrebbe avuto il nome in codice Quiver (faretra), ispirato dalla base Arrowhead (punta di freccia) apparsa nel romanzo The Mist di Stephen King. Grazie ad Abrash, Valve aveva ottenuto la licenza di utilizzare il motore di Quake, ma non si era limitata a utilizzarlo e basta: ne aveva riscritto il codice per un buon settanta percento, aggiungendo le animazioni degli scheletri e il supporto Direct3D. Il gioco sarebbe dovuto essere un action tridimensionale in tema horror: Doom aveva avuto un'enorme influenza sul team, e uno dei game designer, Teasley, in seguito avrebbe spiegato che l'obiettivo era spaventare i giocatori proprio come aveva fatto Doom. Il titolo definitivo, Half-Life, fu scelto per tutta una serie di motivi: secondo Newell era molto originale ed evocativo e traduceva sufficientemente il logo, la lettera greca lambda che rappresenta anche la costante di decadimento nell'equazione dell'emivita. Dunque Valve aveva un motore, un concept, un gioco e un titolo: mancava solo un publisher disposto a rischiare. Molti erano convinti, infatti, che il progetto fosse fin troppo ambizioso per una software house alle prime armi. Poi però arrivò Sierra On-Line, che aveva trovato molto interessante l'idea di un gioco d'azione in 3D basato sull'engine di Quake. Firmato l'accordo, si comunicò anche la finestra di lancio: inverno 1997.
Valve Time
Così ebbe inizio la leggenda del "Valve Time", termine che nell'industria videoludica indica la differenza tra la data di lancio promessa inizialmente e quella poi effettiva. Valve divenne famosa per i continui rinvii, che cominciarono proprio con Half-Life: non uscì alla fine del 1997... ma alla fine del 1998, dopo un anno trascorso a migliorare il codice del gioco e a correggere vari errori, fino a riscrivere un'intelligenza artificiale che, già nella versione preliminare presentata all'Electronic Entertainment Expo del '97, aveva lasciato tutti a bocca aperta. Half-Life, quando finalmente uscì per la gioia di tutti, fu considerato rivoluzionario.
Era un'esperienza completamente diversa da quella offerta dai soliti sparatutto in prima persona e dalla quale Gabe Newell voleva assolutamente distanziarsi, dato che la considerava povera e svilente nei confronti del medium. L'evoluzione del franchise Half-Life, a questo punto, si fa parecchio convulsa, e non basterebbero due Monografie a coprirla tutta. Negli anni successivi, il franchise riscosse un successo tale che ogni nuovo installment fu portato su praticamente ogni sistema. Il primo Half-Life godette di un remake (Half-Life: Source) basato sull'engine Source sviluppato da Valve e sul quale si basava anche Half-Life 2. Quest'ultimo, pubblicato nel 2004, a sei anni dal primo capitolo e con in mezzo una marea di altri titoli ed espansioni, fece molto parlare di sé prima per i rumor che ne circondavano l'esistenza, poi per i continui rinvii del progetto, infine per la qualità finale indiscutibile. I meme che riguardano l'attesissimo Half-Life 2 si sprecano: li battono soltanto quelli su Half-Life 3, o meglio Half-Life 2: Episode Three. Half-Life 2, infatti, fu seguito da una trilogia di espansioni: il primo capitolo, Episode One, uscì nel 2006, e il secondo, Episode Two, nel 2007, come parte del The Orange Box, una compilation multipiattaforma che includeva, oltre ai tre Half-Life 2, anche Portal e Team Fortress 2. Facciamo un piccolo salto indietro nel tempo, già che ci siamo: tra il 1998 di Half-Life e il 2004 di Half-Life 2, per Valve erano trascorsi quasi sei anni pieni di attività. Lo sviluppo dell'engine Source richiese anni, ragion per cui Valve affidò lo sviluppo di molti titoli a delle terze parti come Gearbox Softwre. Tra questi spiccavano non tanto le espansioni di Half-Life (Opposing Force, Blue Shift e Decay) ma due titoli che Valve fondamentalmente "sponsorizzò" dopo averne osservato attentamente le demo: Counter-Strike e Day of Defeat.
La particolarità di questi due giochi era che entrambi erano nati come mod di Half-Life e Valve, convinta dalle potenzialità di questi codici, aveva acquisito i "team di sviluppo" alle loro spalle per sfornare dei giochi veri e propri che riscossero un successo enorme. Counter-Strike, ad oggi, è uno dei software più giocati in assoluto su PC. Quegli anni, comunque, non furono esattamente rose e fiori per Valve. Nel settembre del 2003, un hacker tedesco di nome Axel Gembe riuscì, in qualche modo, a violare i sistemi di Valve e a trafugare delle grosse fette di codice di Half-Life 2, pubblicandole in vari siti pirata. Alcuni giorni dopo, un mortificato Gabe Newell spiega che il furto ha costretto Valve a ritardare l'uscita di Half-Life 2: il discorso non convince nessuno perché i codici trafugati da Gembe mostrano un prodotto largamente incompleto in cui la prodigiosa intelligenza artificiale è, in realtà, completamente scriptata. A mettere un altro po' di sale sulla ferita ci pensa Kevin Bowen, un "insider" di Valve che rivela pubblicamente alcune azioni sgradevoli della compagnia, confermando che il ritardo di Half-Life 2 non ha nulla a che fare con il furto di Gembe. Newell, qualche mese più tardi, sarà costretto ad ammettere che, in effetti, Half-Life 2 non era affatto pronto e che Valve aveva cavalcato l'onda del furto per prendere un altro po' di tempo e perfezionare il gioco. Del resto, in quello stesso periodo, Newell aveva altre gatte da pelare...
Prima e dopo Half-Life 2
Vivendi, tanto per cominciare, che nel frattempo si era comprata Sierra. Tutto iniziò nel 2002 con una serie di denunce: secondo Valve, Vivendi aveva distribuito i giochi negli Internet café, infranto i loro accordi originali e causato il ritardo nel lancio di Counter-Strike: Condition Zero. La querelle si trasformò in un botta e risposta di denunce a vicenda. Parve spuntarla Valve, ma le due compagnie finirono per patteggiare nel 2005 ed Electronic Arts prese il posto di Vivendi Universal come distributore di Valve. Poi c'era stato Portal: uno sviluppatore di Valve, Robin Walker, aveva messo gli occhi su Narbacular Drop, un indie sviluppato da DigiPen Institute of Technology, durante una fiera.
Aveva quindi mostrato il gioco a Gabe Newell e quello, nel giro di pochi giorni, aveva contattato i ragazzi che l'avevano sviluppato... e li aveva assunti nella sua azienda. Il concept alla base di Narbacular Drop fu espanso e potenziato, dando i natali a uno dei puzzle-game più amati degli ultimi dieci anni: ci vollero soltanto dieci persone e due anni per svilupparlo, ma furono sufficienti a garantirgli un successo strepitoso. Come probabilmente già saprete, un paio di anni fa Portal ha avuto un seguito: Portal 2. Subito dopo Portal fu il turno di Team Fortress 2. Questa storia è un po' più complicata, e risale addirittura al 1998, quando Valve aveva acquisito TF Software PTY Ltd, ovvero gli autori del mod di Quake intitolato Team Fortress. L'idea di Newell e soci era di sviluppare un titolo stand-alone, un sequel vero e proprio. Lo si vide in una forma rudimentale nel 1999, quando Valve mostrò le prime immagini e il restyling visivo del franchise, passato dal cartoonesco al realistico: dopodiché, Team Fortress 2 era sparito nel nulla e diventato addirittura vaporware. Nel corso dei nove anni successivi, Team Fortress 2 era stato sviluppato e smantellato svariate volte, cambiando radicalmente aspetto fino a diventare il titolo che abbiamo giocato nel The Orange Box. Gli immancabili rinvii e ritardi a cui i fan di Valve si erano abituati furono perdonati dall'eccezionale qualità del titolo, che ancora una volta mise d'accordo la critica e il pubblico di tutto il mondo.
E alla fine arriva Steam
Non è facile seguire un percorso lineare per raccontare tutte le invenzioni di Gabe Newell e dei suoi ragazzi di Valve. Nei precedenti paragrafi siamo passati da Half-Life a Half-Life 2, poi siamo tornati indietro a Counter-Strike, poi ci siamo teletrasportati nel futuro di Portal e di nuovo nel passato per toccare la questione Team Fortress 2. Un andirivieni nel tempo interessante, sullo sfondo del quale si staglia l'ombra di Steam. L'idea di Steam affiorò insieme a un problema: gli aggiornamenti di Counter-Strike, i quali costringevano i giocatori a non giocare per giorni. La soluzione sarebbe potuta essere una piattaforma virtuale che avrebbe aggiornato i giochi automaticamente e li avrebbe protetti dalla pirateria e dal cheating.
Si parlò di Steam per la prima volta nel 2002, quando ancora non si chiamava Steam ma Grid oppure Gazelle: Valve aveva contattato alcune compagnie, come Yahoo! e addirittura Microsoft, per sviluppare questo tipo di piattaforma, ma la loro proposta fu respinta per varie ragioni. Tanto per cominciare, nessuno credeva che sarebbe servita a qualcosa, e così Valve dovette lavorarci per conto suo e con il contribuito di alcune società come AT&T, Acer e GameSpy Industries. Quando lo presentò per la prima volta al pubblico, Steam appariva come una semplice rete per la distribuzione di software e videogiochi: la fase Beta durò fino alla fine 2003, quando il client finale fu finalmente scaricabile da tutti. Contemporaneamente, succedevano due cose: si chiudeva la World Opponent Network, con tutti i giochi che le si appoggiavano convertiti al sistema di Steam, e Valve cominciava a stringere svariati accordi con publisher e sviluppatori indie che avrebbero potuto proporre i loro titoli su Steam, distribuendo per esempio il devkit dell'engine Source in modo da attrarre sempre più contributor. Half-Life 2 fu solo il primo gioco a richiedere l'installazione del client, e la cosa non fu ben accolta dai giocatori che trovarono questa costrizione un po' sospetta. Oggi si tratta praticamente di uno standard: del resto, già nel 2007, a malapena quattro anni dopo il suo esordio, Steam contava più di tredici milioni di account e vendeva più di centocinquanta giochi. Oggi gli utenti sono settantacinque milioni e i software più di mille e quattrocento. L'interesse delle terze parti salì alle stelle e la distribuzione tramite Steam di franchise sempre più popolari si tradusse in un mutuo vantaggio che, da una parte, gonfiava le tasche dei publisher e, dall'altra, gonfiava quelle di Valve. Alla base di Steam, insomma, c'è l'ingegnosa filosofia di Valve. Se volessimo approfondire tutti i risvolti dell'affare Steam, monetari e tecnologici che siano, non basterebbero due Monografie, ve lo garantiamo. Abbiamo ripercorso velocemente la storia di Valve, e se avete fatto attenzione vi sarete accorti di un filo conduttore che lega tutti i momenti più importanti di questa società, ovvero il supporto e la fiducia nei piccoli sviluppatori. Da questo punto di vista, Valve si è sempre distinta per essere un'azienda "originale", forse persino bizzarra: basti pensare che non ci sono dei capi veri e propri e che gli impiegati possono spostarsi liberamente ad un team all'altro. Persino il "Valve Time", che molti usano in senso dispregiativo, per i ragazzi di Newell è quasi un complimento: i giochi escono quando sono pronti, quando la qualità è quella che i giocatori si aspettano, non prima e non dopo.
"Credo che creare dei mondi e dei personaggi sia più interessante di costruire dei corridoi in cui si spara e basta". -- Gabe Newell