Che fine hanno fatto... è una rubrica a cadenza regolare che cerca di riportare alla luce quei franchise che per un motivo o per un altro sono caduti un po' nel dimenticatoio, raccontandone la storia, con la speranza di rivederli prima o poi sui nostri schermi.
Raccoon City annovera un record di cui certamente i suoi abitanti avrebbero volentieri fatto a meno: è una delle città più sfigate che siano mai esistite a memoria d'uomo. In fondo quale altra cittadina al mondo nel giro di pochi mesi ha visto metà dei suoi residenti trasformati in orrende creature e l'altra metà massacrata da famelici zombi, finendo poi per essere rasa al suolo da una bomba atomica? Eppure, nonostante il tragico destino subìto, Capcom decise qualche anno fa di riportare alla luce Raccon City in tutto il suo orrendo splendore in quelli che furono una sorta di prequel spin-off della saga originale, allo scopo di farci vedere, attraverso gli occhi di un folto gruppo di nuovi protagonisti, i tragici momenti che avevano caratterizzato gli ultimi attimi di vita e il disperato tentativo di fuga per la sopravvivenza degli abitanti della sfortunata città di Chris Redfield e compagni. Questo grazie alla breve serie di Resident Evil: Outbreak, un progetto che nelle intenzioni della software house giapponese doveva essere a lunga scadenza. Ideata per fare, all'epoca, un primo tentativo sperimentale verso il gioco online (non per niente il titolo con cui il progetto venne presentato era in origine Biohazard Online), ma pure per colmare la fame di survival horror con zombi degli utenti PlayStation 2, in astinenza in tal senso dopo aver visto all'epoca dirottata su GameCube la saga originale. Il tutto senza disdegnare la possibilità di guadagnarci sopra un bel gruzzoletto.
Uno dei primi esperimenti di Capcom con l'online: che fine ha fatto Resident Evil Outbreak?
La fine di Raccoon City
Concepito come una enorme avventura strutturata a più livelli autoconclusivi, ben venti, con la componente del gioco in rete come elemento fortemente caratterizzante, il progetto venne quindi trasformato in una (potenziale) serie, valorizzando adeguatamente la modalità di gioco offline, che in un primo momento doveva essere principalmente di contorno, ma che poi venne presa in considerazione dagli sviluppatori per venire incontro alle esigenze di tutti quegli utenti che per varie ragioni non potevano permettersi il gioco via web.
Il primo episodio, Resident Evil Outbreak, era ambientato a livello di trama fra Resident Evil 2 e Resident Evil 3: Nemesis, e catapultava l'utente nel bel mezzo degli eventi che avevano portato poi alla prematura fine di tutti gli abitanti di Raccoon City. Devastata da un terrificante morbo che riportava in vita i morti e trasformava in taluni casi uomini e animali in sanguinarie creature affamate di carne viva, in città c'era il caos. In tale contesto, otto comuni cittadini, fra i quali una guardia giurata, un poliziotto e una giornalista, si trovavano seduti ai tavoli del J's Bar quando fuori, per le vie, esplodeva in tutta la sua violenza il terrificante contagio causato dal T-virus. Un'orda di morti viventi attaccava così i clienti del locale che decidevano di barricarsi momentaneamente al suo interno prima di riprendersi dallo shock e cercare un modo per scappare da quella che rischiava di trasformarsi in una trappola mortale. Da quel momento in poi, nei panni di uno dei sopraccitati personaggi, ognuno dei quali aveva i suoi punti deboli e i suoi punti di forza, i videogiocatori avevano un solo obiettivo: fuggire dalla città superando indenni i cinque scenari da cui era composta l'avventura. Tali ambientazioni non dovevano essere necessariamente giocati in una sequenza predefinita, a esclusione del primo, quello del bar, ma potevano essere completati a caso una volta sbloccati.
Cooperare per sopravvivere
Peculiarità del gameplay, che di base somigliava a quello dei "normali" Resident Evil, era che in Outbreak si poteva e doveva interagire con gli altri compagni di sventura, gestiti dall'intelligenza artificiale del prodotto (ce n'erano solitamente tre, ma spesso uno di loro moriva e ne rimanevano due a supporto), impartendogli degli elementari ordini predefiniti tramite un apposito menu e coi pulsanti del pad di PlayStation 2, o scambiando con loro degli oggetti utili quali erbe curative, proiettili, armi, facendo però attenzione in questo caso a non esagerare sottraendogli magari troppe risorse, pena il rischio di renderli vulnerabili più del dovuto agli attacchi dei nemici.
Per certi versi è quanto poi abbiamo visto negli ultimi anni implementato nella serie principale con la co-op fra due personaggi. Da evidenziare il fatto che ogni elemento del gruppo di sopravvissuti aveva un modo di comportarsi e di reagire al pericolo diverso a seconda delle già citate abilità e del suo carattere, per cui non era affatto scontato che eseguissero i comandi ricevuti o si comportassero come dei compagni affidabili. Se ad esempio l'agente di polizia di Raccoon City, Kevin, era abilissimo e coraggioso nell'affrontare orde di zombi con la sua pistola, lo scorbutico Mark sembrava spesso restìo ad accettare ordini e tendeva ad agire da solo, mentre la minuta Yoko cercava di evitare lo scontro andandosi a nascondere sotto a qualche letto o dentro agli armadi, piuttosto che andare a soccorrere gli altri. Nel gioco era infatti possibile celare la propria presenza alla vista delle creature infette, che in caso di scontro potevano essere affrontate invece a viso aperto utilizzando, oltre alle canoniche armi, anche alcuni degli elementi ritrovati negli scenari, come per esempio bastoni, tubi di ferro o bottiglie, sia come elementi di difesa improvvisati che come oggetti da abbinare ad altri per creare degli ostacoli per arginare temporalmente gli zombi, come nel caso dell'accoppiata pistola spara-chiodi e assi di legno.
Infetti
Altra caratteristica di rilievo del prodotto era l'infezione dei personaggi. Ognuno dei membri del gruppo, infatti, poteva essere colpito dal T-virus, che man mano si procedeva nel livello incrementava lo stadio dell'infezione all'interno dell'organismo ospitante fino a condurlo a morte certa. Unica soluzione per rallentare i suoi devastanti effetti o per debellarlo de tutto (almeno fino al prossimo contatto ravvicinato con qualche mostro) erano delle apposite pillole che potevano essere recuperate all'interno delle varie locazioni. Alla fine di ogni missione era presente un finale e veniva assegnato un punteggio alla prestazione dell'utente.
Questo punteggio teneva conto di tanti fattori quali gli oggetti raccolti durante la partita, i file scoperti, il comportamento tenuto durante le fasi di gioco nei confronti dei compagni o dei nemici e via dicendo. Grazie a questi "premi" si potevano quindi sbloccare decine e decine di segreti. Per quanto concerne il gioco via internet in multiplayer, il gameplay era simile a quello offline, con gli altri personaggi gestiti nel caso però da videogiocatori umani e non dall'intelligenza artificiale. La modalità, che era prerogativa purtroppo dei soli utenti non europei, prevedeva di connettersi su appositi server con un normale abbonamento telefonico e un network adapter. Una volta registrati, i giocatori asiatici potevano quindi cimentarsi online in due modalità, vale a dire quella free, dove via lobby si potevano stabilire ambienti, livelli di difficoltà e quant'altro della propria partita, e quella Scenario, che selezionava in automatico la missione da affrontare con gli altri utenti umani. Nonostante il controllo dei personaggi risultasse un tantino goffo e la telecamera fissa che nel gioco di gruppo a volte creava problemi, il titolo ricevette voti tutto sommato positivi, vendendo tra l'altro bene, al contrario del suo seguito. Rilasciato a settembre del 2004 in Giappone, Resident Evil Outbreak File #2 non si discostava molto, per struttura di gioco e concept, dal precedente episodio. A differenziare le due produzioni erano quindi i particolari, come personaggi un po' più svegli caratterizzati da nuove abilità, come quella di difendersi meglio con le mani o di sparare mentre erano in movimento, e un'impostazione di base che ricordava i normali titoli della saga, compreso un finale generale che presentava quattro varianti a seconda di alcune scelte operate nel gioco, spingendo pertanto a seguire l'ordine cronologico offerto dal prodotto stesso per il completamento dei vari scenari.
La città dei morti
I vari episodi che componevano l'avventura, infatti, potevano sempre essere ultimati nell'ordine preferito dal giocatore, ma avendo una sorta di trama, un filo logico che collegava i vari ambienti da esplorare e le azioni che si compivano in essi, era consigliato, come detto, seguire una certa linea sequenziale. Ogni episodio era infatti collegato da video in computer grafica, cosa che dava ancora di più quella sensazione di unicità dell'avventura. Nel gioco era presente uno scenario ambientato nella famosa stazione di polizia di Raccoon City, uno dei luoghi più amati dai fan dell'intera saga. Al suo interno i videogiocatori vivevano le fasi antecedenti l'arrivo di Leon e Claire, che infatti in uno dei finali si potevano incrociare a bordo dell'auto della polizia che poi si sarebbe andata a schiantare all'inizio di Resident Evil 2, incontrando alcuni agenti superstiti capitanati dallo sfortunato Marvin Branagh. Col loro aiuto ed esplorando l'edificio i giocatori dovevano trovare un modo per fuggire. Nonostante i buoni propositi e tutto sommato la discreta qualità con cui era stato realizzato, come accennato prima Resident Evil Outbreak File #2 vendette purtroppo molto meno del suo predecessore. E anche per questo, a dispetto delle sue potenzialità, la serie venne interrotta, nonostante secondo alcune voci fosse già in programmazione un terzo episodio (alcuni hacker avevano scoperto all'interno del codice del secondo capitolo alcuni scenari inediti come per esempio un aeroporto, che si ipotizza servissero per una futura release). Da allora più nulla, anni e anni di silenzio sul prodotto se si esclude qualche saltuario ma mai confermato rumor, anche se ai giorni nostri c'è chi ha voluto vedere in Resident Evil: Operation Raccoon City l'erede spirituale di Outbreak. In realtà il ruolo sembrerebbe spettare al prossimo Umbrella Corps (in Giappone Biohazard Umbrella Corps), gioco che dalle premesse sembra proprio voler riallacciare per certi versi quel filo interrotto con Outbreak, anche se si tratterà più che altro di uno shooter competitivo a squadre che di un vero survival cooperativo. Anche per questo, nonostante tutto, noi speriamo prima o poi di vedere sui nostri schermi un Resident Evil: Outbreak File #3, adattato ovviamente ai tempi e in grado di sfruttare appieno le potenzialità delle attuali console e PC.