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Corea del Nord, dittatura e videogiochi

La Corea del Nord è parca di videogiochi, ma i meandri del web ci regalano alcune sorprendenti chicche

SPECIALE di Mattia Armani   —   09/05/2017

È passato un po' di tempo da quando abbiamo dato un'occhiata all'altra metà del mondo dello sviluppo per scoprire come videogiochi siano diventati un mezzo d'espressione in tutto il mondo, anche in quei paesi come Iran e Filippine che sentiamo lontani da noi sia dal punto di vista tecnologico, sia da quello culturale. E ce n'è uno che è ancora più lontano dal nostro immaginario, feudo blindato della dinastia dei Kim, luogo di leggende, miti, eccessi e grande spauracchio, non necessariamente realistico, degli americani. Eppure, anche in seno alla Corea del Nord, un paese che sembra essere rimasto indietro di una settantina di anni rispetto al resto del mondo, il videogioco ha trovato modo di farsi strada. Non ci stupisce più di tanto, però, che quantità, qualità e tematiche siano ben diverse da quelle che abbiamo visto altrove, anche rispetto all'Africa subsahariana dove si trovano alcuni dei paesi più poveri del mondo. E la cosa non ci sorprende perché l'emancipazione tecnologica e la contaminazione culturale rappresentano grossi rischi per un paese che mantiene la propria stabilità interna grazie a un isolazionismo quasi assoluto. Qualcosa, però, si è mosso, seppur sotto l'egida della propaganda.

Corea del Nord e videogiochi, un binomio disastroso da quasi ogni punto di vista

Lo strano racing involontariamente realistico

Mettendo piede nel magico mondo dell'intrattenimento digitale made in Nord Corea siamo costretti partire con con quello che oltre a essere probabilmente il videogioco più avanzato dal punto di vista tecnologico, è anche l'unico a noi noto a essere un frutto ufficiale del regno di Kim Jong-un. Pyongyang Racer!, rivelato nel 2012 da un video apparso su Youtube, è un gioco di guida che riesce a trasmettere perfettamente la desolazione della capitale nordcoreana, una metropoli che nonostante i suoi circa tre milioni di abitanti non soffre certo di problemi di traffico, libera dal rischio di code grazie al rigore imperante e grazie alla drammatica penuria di carburante. Inoltre, pur essendo inguardabile, il vetusto gioco di guida ha il pregio di renderci partecipi di tutti i grandi palazzi e monumenti, difficili da vedere con i propri occhi per un occidentale, che popolano il centro culturale e industriale coreano. Non mancano, insomma, spunti interessanti che includono, oltre all'inevitabile colonna sonora da televisione di stato, similitudini con il Giappone, a testimonianza che non tutto è fermo al medioevo, sebbene in questa sede limitate alla divisa, ispirata alla realtà, di una vigilessa in minigonna.

Corea del Nord, dittatura e videogiochi
Corea del Nord, dittatura e videogiochi

Ed è qui che si esaurisce il valore di una creatura zoppicante, frutto di tecnologie vetuste e caratterizzata da un gameplay praticamente inesistente. Per trovare la Corea del Nord ritratta in un videogioco di spessore, cosa che ci porta a tralasciare prodotti chiaramente satirici come Glorious Leader, siamo costretti a guardare a occidente e nello specifico a giochi come Spec Ops II, Battlefield 4 e Tom Clancy's Ghost Recon 2. Ma sono titoli che conosciamo bene e che non ci dicono nulla del misterioso paese asiatico. Per questo, seguendo un suggerimento di Destructoid, andiamo a ficcare il naso laddove il vero videogiocatore di solito lo storce, tra gli esperimenti, i minigiochi e le produzioni di bassissimo livello che finiscono nel calderone dei browser game. Ed è un posto in cui è davvero possibile trovare alcuni videogiochi che sembrano essere frutto della cultura Nord Coreana, anche se non è detto che siano stati tutti realizzati nella nazione asiatica. Ci sono però un paio di indizi che rafforzano l'idea che gli autori di questi giochi siano visceralmente legati alla Corea del Nord. Per cominciare gli argomenti sono quasi esclusivamente di stampo propagandistico e, cosa ancora più importante, i browser game in questione sono ospitati da un sito, purtroppo non sempre raggiungibile, che sostiene esplicitamente la Corea del Nord. Il più innocuo di tutti, che chiameremo il gioco sette sfruttando l'indirizzo web dello stesso come strumento per superare le difficoltà di traduzione, è un classico picchiaduro caratterizzato da un gameplay molto simile a quello del leggendario International Karate Plus. Peccato, però, per le animazioni e per il movimento impacciato che ci impediscono di godere di questa perla, lasciando che la nostra attenzione divaghi sugli sfondi dove troviamo austeri templi e severe statue che probabilmente ritraggono figure storiche importanti. Figure storiche probabilmente comuni ad altri paesi vista la breve storia di una realtà che è nata del 1945, dopo aver resistito ai tentati di invasione del Giappone dell'Asse. Non è un caso che tra questi cosiddetti videogiochi ce ne sia uno che ha per cattivi grotteschi giapponesi che cercano di mettere il naso negli affari della Corea del Nord. Lo scopo del gioco è quello di tappare i buchi da cui sbucano gli avversari, cosa che li trasforma in un particolare Zio Sam, e per farlo abbiamo a disposizione delle grosse gemme da spostare senza restare bloccati. La struttura è quella di un puzzle, ma per muovere gli enormi rubini dobbiamo usare una specie di mascotte coreana, un piccolo bimbo dal viso paffuto e dalle maniche d'arcobaleno che oltre a richiamare con forza la cultura delle mascotte tutta nipponica, sembra confezionato per sostenere con forza un'immagine positiva del paese asiatico.

Grossi guai per l'invasore nipponico

Una vena positiva, ancora una volta impersonata dalla rassicurante mascotte di cui abbiamo poc'anzi parlato, la ritroviamo in una specie di incrocio tra Pac Man e Solomon's Key, un labirintico puzzle d'azione che ci chiede di recuperare una serie di chiavi evitando famelici ratti resi ancora più temibili dall'avere, per capo, la testa di un temibile capitalista. Ed ecco che torna imperante la reazione violenta al nemico straniero, protagonista assoluta di una serie di titoli indubbiamente trascurabili come videogiochi, ma visceralmente intriganti come può esserlo un disegno particolarmente macabro con cui un bimbo delle elementari comunica al mondo le sue angosce. Uno di questi è basato sullo schiacciare le zanzare con la classica palettina forata, ed è caratterizzato dal fatto che le teste degli insetti sono quelle del generico capitalista di cui sopra, di un altrettanto generico guerriero giapponese e di George Bush Junior, colpevole di aver inscritto la Corea del Nord nell'Asse del Male assieme a Iran e Iraq. L'altro titolo dai toni marcatamente sadici che ha attirato la nostra attenzione ci permette di appendere alla forca un politico asiatico, una figura presumibilmente poco simpatica al regime e per questo destinata a capitombolare in un sepolcro digitale.

Corea del Nord, dittatura e videogiochi
Corea del Nord, dittatura e videogiochi

Il terzo è altrettanto semplice, un gioco tutto riflessi che ci chiede di spiaccicare con un martello chi non vota il sommo leader alle elezioni ma, pur essendo un banale gioco della talpa digitale, tocca corde più profonde, costringendoci a pensare all'assurdità di uno stato che costringe un popolo a recarsi alle urne per esprimere l'unico voto possibile. Parliamo di un non senso annichilente che dovremmo combattere anche noi, di nuovo alle prese con una propaganda sicuramente più raffinata, ma sulla lunga potenzialmente pericolosa. Mettiamo comunque da parte le ramanzine a sfondo politico per entrare nel vivo con il titolo che probabilmente rappresenta il top, dal punto di vista artistico, dei videogiochi di origine nordcoreana. Peccato che il quiz di cui stiamo parlando sia inevitabilmente caratterizzato da un idioma a noi sconosciuto e ci risulti quindi del tutto incomprensibile, pur incarnando chiaramente una vena decisamente più positiva di altri. Pare infatti che sia tutto legato alla conoscenza del misterioso paese orientale, presumibilmente condita con eccessi patriottici che potrebbe valere la pena tradurre utilizzando gli strumenti che il buon web ci mette a disposizione. Non serve invece perdere tempo in traduzioni per quello che probabilmente è il gioco più riuscito dell'intero lotto. Ottavo nella lista di Uriminzokkiri.com, il titolo in questione è comunque caratterizzato da testi coreani, ma risulta comprensibile chiedendoci di concatenare pezzi casuali di ferrovia in modo da far raggiungere la stazione a un treno in movimento. Il primo posto per quanto riguarda la varietà dell'ambientazione, invece, spetta al numero cinque, un gioco basato sull'impedire a chiunque di mettere piede in una zona demilitarizzata, il tutto, vista l'ambientazione medioevale, usando archi, lance, mazze e coltelli dal lancio. La ricetta è drammaticamente semplice, con il mouse che ci permette di colpire nemici stilizzati che, in pieno stile flash game primi tempi, cercano di invadere la zona. A rendere le cose un po' più articolate, anche se parliamo anche in questo caso di un gioco drammaticamente semplice, è la possibilità di scegliere tra tre scenari differenti che, però, non comportano differenze tangibili nel gameplay. Ed è con questa perla che chiudiamo una rassegna che è a dir poco desolante e non solo per una questione qualitativa. L'entertainment di stampo nordcoreano è coerente con l'immagine che ci siamo fatti di un paese che esiste e resiste opponendosi al resto del mondo e che proprio per questo è inevitabilmente arretrato. Eppure, anche laddove tutto sembra destinato all'immobilità, quel potente mezzo di comunicazione che è il videogioco ha iniziato farsi sentire, seppur con voce flebile e grottesca.