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Diario del Capitano

DIARIO di La Redazione   —   21/06/2003

Diario del Capitano

Come Pandora, oggi voglio scoperchiare una pentola per vedere cosa c'è dentro - non farlo Pandora!. Oggi parlerò di multiplayer. Del resto, perché chiamare un sito Multiplayer.it se ogni tanto non se ne onora il nome?
Per i puristi del genere, questo sito è il classico figlio non riconosciuto, un errore di digitazione, un dominio sprecato. Per i ragionevoli, che quantificano la loro passione al punto giusto potremmo fare di più, potremmo riconoscere qualche spazio in più al fenomeno/nonfenomeno degli ultimi anni. In effetti qualche sforzo di attenzione è stato fatto negli ultimi mesi, con una rubrica apposita promossa nell'area PC, sforzo che non vuole certo esaurirsi così, ma che esprime una tendenza della maggior "cura" che vogliamo dedicare a chi gioca in multiplayer.
Ed è proprio sulla quantificazione di chi gioca in multiplayer che si sono affrontati a colpi di server e banda gratis negli anni passati E.Biscom, I.net, Intelcom, CTO e altri nella lotta per la supremazia di un mercato composto da decine di migliaia di potenziali clienti.
La previsione però non si è concretizzata. Le "decine di migliaia di clienti" si sono rivelati un pozzo senza fondo di pretese, un manipolo di scrocconi freakkettoni che mai e poi mai avrebbe sborsato una lira per giocare online, specie in quella gara al massacro in cui se una società tentava di far pagare i servizi l'altra ne approfittava subito con offerte gratuite per strappare quote di share alle concorrenti.
Non solo. La gente della notte internettiana non ha accettato nemmeno di farsi mettere in gabbia e farsi mostrare ad un pubblico di guardoni incuriositi mentre si fraggava a colpi di railgun. Da quando si è abbandonata la strada maestra dal Lan Party fine a sé stesso a favore del superevento sponsorizzato, esasperato nel tentativo estremo di spettacolarizzazione a scopo mediatico, i giocatori in multiplayer, come le lumache a cui si tocchino le corna, si sono ritirati, ritornando ognuno dentro la sua cameretta, spalmandosi sui server gratuiti di mezza Europa (e oltre) aiutati da software a ricerca automatica come GameSpy3D e The All Seeing Eye. Il popolo della notte videoludica, che andava tanto in voga alla fine degli anni '90 si è messo in una camera criogenica in attesa di un futuro (e di giochi) migliori. Non considerando i disperati sforzi degli uffici Pr di pompare i risultati dei rispettivi eventi, chi ha partecipato alla scorsa edizione dell'NGI Lan, dello SMAUIlp a Milano ha capito di cosa sto parlando. L'annullamento di Lan Factory e dello SmauIlp di Rimini - e presumo anche delle altre future tappe - ne sono un'ulteriore riprova.
E alla fine ultima non sono nemmeno decine di migliaia, ma poche migliaia, quantificabili in non più di cinquemila i giocatori in multiplayer assidui e appassionati. Un po' troppo pochi per sorreggere un business costoso. La conseguente implosione dell'offerta di server da gioco in multiplayer e l'apparente sbando in cui versano alcuni danno le dimensioni del momento di incertezza che il "fenomeno del multiplayer all'italiana" sta attraversando.
Con queste mie frasi non voglio addossare tutta la responsabilità alle società di settore che hanno voluto forzare la mano, tentando di abbreviare i tempi di un mercato ancora troppo acerbo. Parte della responsabilità è anche del videgiocatore medio italiano che compra con difficoltà un gioco in negozio, figurarsi un server rent o una tessera privilegiata per l'accesso ad un server superfigo.
E parte della responsabilità va addossata anche ai publisher e alle software house come la ID Software nella persona di John Carmack, che ha portato il concetto del multiplayer alle stelle con Quake 3 Arena e poi se ne è lavato le mani, uscendo con dichiarazioni - ascoltate con le mie orecchie alla conferenza tenutasi a Los Angeles durante lo scorso E3 - del tipo "Doom3 sarà singleplayer poichè il multiplayer non mi affascina più, tutto quello che doveva dare l'ha già dato". Dopo Counter-Strike, datato 1999 (MILLENOVECENTONOVANTANOVE), niente è riuscito a rinverdire il fenomeno. Sempre se non vogliamo considerare vincente la nicchia dell'MMORPG, altra bolla di interesse esplosa qualche mese fa portandosi appresso società promettenti che avevano sbagliato settore (mi riferisco sempre al mercato italiano, beninteso).
Una ricetta per il multiplayer ce l'ho: ridimensioniamo le nostre aspettative, diamo tempo al mercato, riaggreghiamo il popolo della notte con microappuntamenti il cui unico scopo sia quello di divertire loro, non il pubblico. Torniamo alle LAN nei garage, nelle cantine, nelle camere da letto. Lasciamo il Forum d'Assago ai concerti di Sting e concediamo al multiplayer di maturare ancora un po'.

Andrea Pucci, editore Multiplayer Network

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