Diario del Capitano
Diciamocelo. Il Diario della scorsa settimana ha generato un po' di interesse, qualcuno ci è rimasto male e qualcun altro ha sorriso. C'è chi l'ha definito "un gesto coraggioso" e chi invece "il pianto stizzito di un bambino". Poteva essere l'uno e poteva anche essere l'altro. Per quel che mi riguarda fa parte di una serie di azioni volte a cercare di creare una nuova coscienza in un settore giovane e vecchio allo stesso tempo. Il nostro mondo sta subendo profondi cambiamenti e proprio in questo momento si sta assistendo ad un'ulteriore mutazione. Proprio la scorsa settimana due ex poteri forti del sistema distributivo italiano hanno gettato con clamore la spugna: parlo del consiglio di amministrazione di CTO da una parte (autodimessosi a partire dal fondatore Marco Madrigali) e di Alberto Lucchi, fondatore e presidente di Ludostore, ex ComputerOne. Due dimissioni così eccellenti fanno, anzi, devono far riflettere. Nulla è perpetuo e la legge di mercato, così assenteista in Italia negli ultimi dieci anni (parlo del nostro settore), sta tornando a farsi sentire. E' quindi l'ora di tornare alle carica per proporre cambiamenti coraggiosi e forti, per modernizzare un settore così promettente ma così compresso, le cui enormi potenzialità rimangono sempre tali senza mai esprimersi.
La scorsa settimana ho accennato ad un possibile cambiamento: quello di trasformare le reti di vendita in call center adibiti alla televendita. Un cambiamento così drastico impone una ristrutturazione del modo di fare dei commercianti e dei punti vendita dei videogiochi, abituati a trattare con una persona dal vivo (rappresentante) che, catalogo alla mano, illustrasse periodicamente tutte le uscite della sua casa, alcune volte promuovendo videogiochi veramente validi, altre volte, com'è normale, autentiche schifezze. La scomparsa della figura del rappresentante imporrebbe che il soggetto-commerciante diventasse un soggetto attivo, informato, non in attesa, ma in eterno movimento. Probabilmente si sentirebbe la necessità di un'alleanza tra commercianti, di cooperative di acquisto, di marchi comuni. Ci si avvicinerebbe cioè al tessuto commerciale estero, meno polverizzato di quello italiano e più concentrato intorno a catene di tipo franchising o affiliazione di qualche sorta.
Sarebbe necessario che i commercianti italiani si muovessero, partecipando a convegni, fiere e "corsi di aggiornamento". Vendere videogiochi non è come vendere frutta (senza offesa a quel settore che ha tutta la mia stima), o almeno non è più così. Richiede la capacità di scelta tra prodotti in eterna evoluzione, quindi conoscenza e passione.
Si sente dunque forte l'esigenza di una vera e propria fiera italiana del videogioco (così come ce ne sono nel settore del Turismo, delle Maioliche, della Moda ecc.) in cui il settore commerciale si possa incontrare, aggiornare, guardare le novità e fare il punto della situazione. Ormai dovrebbe essere chiaro: i commercianti italiani non amano andare all'estero altrimenti li incontreremmo più spesso a Los Angeles, Londra e Tokyo. Per questo il MEDPI di Montecarlo è un buon inizio ma si dovrebbe sviluppare ulteriormente per assolvere in pieno la propria funzione, magari scegliendo una location geografica più comoda e più raggiungibile da parte di tutti gli italiani (a meno che non pensiamo che il mercato sia solo a Milano, ma questa sarebbe arroganza pura).
Infine, ma non ho finito completamente, mi rivolgo ai miei cari colleghi della stampa. Non dimentichiamo il compito che è proprio di un giornalista. Non dobbiamo compiacere, ma dire la verità. Il nostro compito è dare e ricevere fiducia dal lettore, che altrimenti si disinteressa e si rivolge ad altre fonti (newsgroup, siti e riviste straniere). Conosco la situazione e comprendo la necessità di essere funamboli per mantenere gli equilibri, ma la stampa ha avuto sempre il ruolo di essere narratore e propulsore del cambiamento, nonchè quello di denunciare anomalie e disservizi. Se non siamo noi a cavalcare il cambiamento, chi altri?
Andrea Pucci, editore Multiplayer.it