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Diario del capitano

DIARIO di La Redazione   —   15/11/2001

Diario del capitano

Non sono intervenuto a proposito dell'incidente dello scorso lunedì sui cieli di New York per lo stesso motivo che mi aveva convinto a rimanere in silenzio fin dallo scorso 11 settembre. Ma sinceramente sono dubbioso di come si sta predisponendo la verità fin dal minuto successivo al fatto. "Incidente casuale". "Non si esclude del tutto la pista dell'attentato ma ormai la probabilità che possa essere opera di qualche terrorista è bassissima". Ero già inorridito di fronte a queste affermazioni semplicistiche dei giorni scorsi, ma non ho potuto trattenere dal commentarle in questo spazio quando stamattina l'ultima versione della verità, pur di escludere l'ipotesi intenzionale dell'accaduto, ha attribuito a un vortice creato da un Boeing 747 il distaccamento della coda dell'aereo.
Mi è tornata in mente una simile assurdità teorica quando, alcuni anni fa, la magistratura italiana avrebbe voluto individuare attraverso i satelliti spia americani di passaggio sopra l'Italia le targhe delle macchine i cui proprietari lanciavano i sassi sulle autostrade. Mi ricordo che questa proposta suscitò la violentissima ilarità di Vittorio Sgarbi (che all'epoca conduceva Sgarbi Quotidiani su Canale 5) che con pochi passi dimostrò l'assoluta illogicità della cosa. Un satellite spia, sopra l'Italia, in quel preciso momento, l'autorizzazione dei servizi segreti americani, l'angolazione giusta, la qualità dell'immagine. Assurdo.
Adesso, senza fare facili allarmismi, tutti sappiamo che in cinquantanni di trasporto aereo è stato dimostrato che la probabilità che ci siano più incidenti nello stesso periodo è talmente bassa che sarebbe più facile essere colpiti da un Ufo sul terrazzo della propria casa. Tanto è vero che il periodo più "sicuro" per viaggiare è proprio quello immediatamente successivo ad un incidente (o un attentato). E invece no, oggi non è più così: usciamo fuori con questa realtà alternativa del vortice che strappa pezzi di aerei come il braccio violento di Zeus che lancia saette. E per di più mentre dall'altra parte del mondo un miliardario assetato di vendetta urla invettive e ritorsioni contro gli Stati Uniti. Ma andiamo, vogliamo proprio crederci alla storia dell'incidente sbandierata un minuto dopo che l'aereo è caduto sul Queens senza nemmeno avere il tempo di accertare i fatti?
Mi rendo conto che ammettere che si tratti di un fatto causato intenzionalmente farebbe riprecipitare la situazione in modo definitivo, e non conviene farlo. Vogliamo forse chiuderci in casa ad aspettare che l'ultimo terrorista, di qualunque colore e religione sia, venga reso inoffensivo? E allora ci conviene credere. Conoscere nel nostro intimo la verità vera, ma credere che non sia così. Rimanere con quella sensazione di aver ascoltato una bugia a fin di bene a cui è meglio dar retta per rendere più semplice la vita.
Andare avanti, con la stessa incoscienza con cui imbocchiamo l'A1 tra Firenze e Bologna, in cui la probabilità di essere presi in mezzo tra un Tir e l'altro è talmente elevata che converrebbe andare in deltaplano. Dobbiamo solo chiudere gli occhi, aprire le braccia e saltare...