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Diario del capitano

DIARIO di La Redazione   —   29/11/2001

Diario del capitano

Se qualcuno si ricorda, la scorsa estate avevo parlato di una rivista chiusa improvvisamente dalla Future Media Italy. La testata in questione si chiamava Business 2.0. In principio non ero riuscito a spiegarmi perchè un giornale così ben fatto e ricco di contenuti e, a quanto pare seguito, avesse chiuso. Sempre nel corso di quella "mini inchiesta" scoprii che la casa editrice americana (sempre Future Media) aveva ceduto i diritti della testata alla Time Warner, che l'aveva fusa con l'altra rivista concorrente, eCompany Now! Fondendola, era stato però salvato il nome, ma la Future Media Italia non aveva più i diritti per pubblicarla e quindi niente B2.0 nel belpaese. Questa fu la conclusione di quel diario.
Nei giorni seguenti, non soddisfatto, decisi di abbonarmi alla versione americana di Business 2.0 e ieri, rientrando a casa, dopo due mesi da quell'ordine, ho trovato il numero di novembre, arrivato dal centro distribuzione europeo che, guarda caso, è a Amsterdam (qui mi viene da pensare che tutte le cose procedono in cerchio e si ricongiungono sempre - mi riferisco al mio recente viaggio).
All'inizio sono rimasto un po' deluso della corposità di questo numero, meno della metà della versione italiana a cui ero abituato, ma guardandolo più approfonditamente mi sono reso poi conto di quanto scarsa fosse la pubblicità presente (e non come in Wired, in cui su duecento pagine di rivista, centosessanta sono di sponsorizzazione). Quasi l'intero numero è dedicato alla situazione della new economy negli Stati Uniti dopo l'attentato dell'11 settembre, con considerazioni molto "locali" e non troppo interessanti per un europeo. Mi è piaciuto però, e qui lo riporto, un articolo dedicato ad un vecchietto novantenne residente a Genoa, in Ohio, dal nome molto americano rispondente al nome di Harold McMaster. L'arzillo nonno sta lavorando da cinquantanni ad un motore ad energia pulita (cioè ad acqua) che pesa un terzo dei normali motori a scoppio e non necessita di parti, oggi essenziali, come la trasmissione, la marmitta, il serbatoio della benzina. Non stiamo parlando di un pazzo visionario contemporaneo di Napoleone, ma di una persona che in mezzo secolo di carriera ha aperto e venduto aziende per centinaia di milioni di dollari, e lavorato come "hobby" al motore pulito sogno di ogni essere umano. Il motore in questione, tanto per dirne un'altra, è grande come una palla da basket ed è in grado di generare intorno ai duecento cavalli di energia. Vi pare poco? Il vecchio McMaster avrà da sbattersi parecchio, perchè da che mondo è mondo, ci sono persone piuttosto interessate che un motore ad acqua (lo chiamiamo SuperLiquidator?) non entri in funzione prima di ventanni. Auguri nonno.