Electronic Arts non è nata gigante. Non è sempre stata il colosso dell'intrattenimento elettronico da 3,1 miliardi di dollari con oltre novemila dipendenti in tutto il mondo. Raccontare la sua storia è raccontare la storia del suo fondatore, Trip Hawkins, ma non solo. E' raccontare le cronache finanziarie degli ultimi dieci anni, ma non solo. Raccontare EA è raccontare le ambizioni e l'ego di due CEO, John Riccitiello e Larry Probst, ma non solo. Raccontare la storia di EA necessita una buona capacità di sintesi nell'individuare alcuni punti salienti che possano motivare l'attuale propensione sfrenata alle acquisizioni in una sorta di gara del "cresci o crepa". Ma andiamo con ordine sennò rischiamo solo di fare confusione.
Capitolo I: L'era di Trip Hawkins
I primi dieci anni di vita di EA sono stati all'insegna del genio eclettico di Trip Hawkins. Trip, nome che ricorda tanto i nomi dei protagonisti delle commedie demenziali americani,
da Porky's a American Pie, è in verità oggi un manager ultracinquantenne che dall'uscita di Electronic Arts ha continuamente cercato di essere un pioniere, senza però avere lo stesso successo ottenuto con la prima creatura: con 3DO, splendida console spazzata via dalla competizione con Sony e Nintendo e più recentemente con Digital Chocolate, interessante, ma non primaria, azienda attiva nei videogiochi per cellulare.
Nel 1982, il quasi trentenne Trip, già direttore marketing alla Apple Computer, decise che il videogioco era la sua vita e contattò Don Valentine, già finanziatore della stessa Apple, attraverso il fondo venture capital Sequoia. Don, da perfetto cacciatore di investimenti, fiutò l'affare e convinse Trip a lasciare la società di Cupertino e a buttarsi nel nuovo progetto, che inizialmente chiamò Amazin' Software. La visione di Hawkins era chiara: produrre giochi e distribuirli direttamente ai negozi, senza intermediari.
Per farlo cominciò ad assumere persone, anche pescando nel suo staff in Apple. Nel frattempo ottenne un paio di milioni di dollari di finanziamenti dal fondo Sequoia. Alla fine del primo anno la società fatturava già cinque milioni di dollari e cambiò nome in Electronic Arts, dopo due giorni e due notti di discussioni infinite tra Hawkins e il suo team, a cui non piaceva più il nome scelto inzialmente (Amazin' Software). Con l'idea che EA fosse una società di artisti, Trip Hawkins insistette per creare confezioni dei giochi quadrate, come quelle dei dischi in vinile delle rockstar. Artisti erano e artisti dovevano apparire.
Il decennio sotto al guida di Hawkins fu un decennio più che buono, ottimo. Uno dei maggiori successi di Trip fu produrre nel 1988 John Madden Football, che ancora aggi, a distanza di quasi vent'anni continua ad essere uno dei videogiochi più venduti negli Stati Uniti.
John Madden era l'allenatore di una squadra di football, gli Oakland Raiders e da allora diventò il simbolo del football americano su pc e console. Inconsapevolmente diventò anche il punto di partenza della serie EA Sports, che oggi rappresenta una corposa percentuale del fatturato annuale di Electronic Arts. Nonostante gli excursus su Atari ST e Amiga, negli anni '80 EA fu votata ai videogiochi per PC, ma quando fu il tempo di cominciare a pubblicare giochi per console, non lo fece seriamente in prima persona. Ad esempio, con Skate or Die scelse di sviluppare il gioco, ma non di pubblicarlo, lasciando questo compito a Konami, nel 1988. Solo con l'uscita del Genesis di Sega EA affrontò seriamente il discorso console, ma fu in quel momento che Trip Hawkins decise che il suo tempo era giunto e che la frontiera si era mossa più avanti, verso i costruttori di console appunto, ed era lì che doveva provare il colpaccio, partendo così per la sua avventura in 3DO.
Era il 1991, Electronic Arts si era quotata in borsa due anni prima e da piccolo sviluppatore si stava predisponendo a diventare il gigante che conosciamo oggi.
Capitolo II: L'era delle acquisizioni
Prima di muovere verso la sua nuova frontiera, Hawkins nominò Larry Probst come suo CEO erede. Era la scelta migliore da fare: Probst era entrato in azienda nel 1984, fin dalle prime battute, come vice presidente alle vendite.
E' Larry che ha creato l'Electronic Arts che conosciamo oggi, è lui che ha impostato la strategia di acquisizione costante, azzerando la politica del suo predecessore del "noi creiamo rockstar". Il nuovo corso si espresse subito nel 1991 quando EA fece la sua prima acquisizione con la Distinctive Software, oggi meglio conosciuta come EA Canada e creatrice della prolifica serie Need for Speed. La lunga marcia delle acquisizioni continuò successivamente a passo costante. Nel 1992 toccò alla Origin, forse il peggior disastro che la storia delle acquisizioni del mercato videoludico ricordi: in meno di cinque anni la società più apprezzata e stimata, creatrice di prodotti simbolo della storia dei videogiochi, da Ultima a Wing Commander,
passando per System Shock, fu portata alla chiusura con infamia. Da salvare, del matrimonio naufragato con Origin, Ultima Online, vera e propria pietra miliare per quasi un decennio nel campo degli MMORPG: solo World of Warcraft, otto anni dopo, sarà in grado di togliergli il primato. Nel 1995 un'altra acquisizione-disastro, la Bullfrog e nel 1998 ancora un'altra, la Westwood. Tre società, tre lapidi. Dal 1997 Probst è stato affiancato nella strategia da John Riccitiello in carica come Presidente. Dallo scorso anno Riccitiello è subentrato a Probst come CEO, dopo che Electronic Arts nel 2006 ha annunciato un taglio dei posti di lavoro del 5% e una certa "crisi d'identità". Non è un caso dunque che Riccitiello sia apparso al Dice di Las Vegas annunciando un "cambio di rotta nella gestione delle società acquisite", annunciando subito dopo un'offerta pubblica d'acquisto per Take 2. Come a dire, il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Capitolo III: L'era dei Sims
Per fortuna non tutte le acquisizioni di Electronic Arts si sono concluse con una lapide e un mazzo di fiori. Maxis ad esempio è stata un'acquisizione-modello che ha generato la migliore cash-cow (mucca da soldi) della storia del videogioco: The Sims. The Sims non è solo un videogioco: è un fenomeno culturale, è il traghetto delle donne per l'isola dei videogiocatori ed ancora oggi assicura un flusso costante di denaro nelle casse di mamma EA. Tradotto in dollari basti pensare che tra The Sims e The Sims 2 (espansioni incluse) si stima siano state vendute tra le cento e le centocinquanta milioni di copie, che messe in fila una dopo l'altra costituirebbero una coda lunga oltre ventimila kilometri, facendone il videogioco più venduto della storia. Ci sarebbero di cose da dire sui Sims, ma in questo editoriale il loro ruolo è legato ad una tappa fondamentale dell'evoluzione di Electronic Arts: da una parte a dimostrare che non tutte le acquisizioni fatte si sono risolte con un buco nell'acqua, dall'altra che un gigante può ancora essere utile per creare qualcosa di innovativo.
Ci sono sicuramente altri accadimenti nella storia di EA che varrebbe la pena citare, ma i principali sono stati detti. Ad ognuno le sue conclusioni. Ora non resta che attendere l'11 aprile e scoprire cosa accadrà all'offerta di acquisto a Take 2.