Milano, 10 maggio 2004. Homeless Child
Dopo un passaggio al desk della Swiss Airlines vengo rimproverato come un figlio che l'ha combinata grossa dall'impiegato, che mi rimedia un nuovo volo due giorni dopo. Convinto di aver imparato dalla mia esperienza arrivo a Cadorna (Milano) con cinque ore di anticipo sul treno Malpensa Express, facendo i conti con l'dea di dormire in stazione. Peccato che a mezzanotte la stazione chiudesse fino alle sei del giorno dopo, orario in cui sarebbe partito il primo collegamento con Malpensa. Inoltre era troppo tardi per prendere la metropolitana per raggiungere l'abitazione di qualche amico in città, che chiaramente aveva oramai il cellulare spento, costringendomi a dormire letteralmente per strada sul marciapiede, abbracciato alle valigie. Quando oramai privo di speranze raggiungo Malpensa sono in condizioni pietose e mi godo il volo per L.A. collassato sul sedile. Purtroppo però non era ancora finita, l'ostacolo più grosso doveva ancora frapporsi tra me e l'oramai mitologico E3.
Aeroporto di Los Angeles, 10 maggio 2004. Fuga di Mezzanotte
Sceso dall'aereo ho riacquistato fiducia e mi sono diretto con piglio veloce e sorriso cordiale da una signorina poliziotta, che senza troppi convenevoli ha detto l'unica frase che non avrei mai voluto sentire neppure in sogno: "Senza un indirizzo a cui stare non può entrare negli Stati Uniti". Vi chiederete come sia possibile, eppure Pucci non mi aveva comunicato il nome e l'inidrizzo dell'hotel, senza possibilità di rintracciarlo perché il mio cellulare superato il confine italiano si è trasformato in un costoso fermacarte. In teoria Big Boss avrebbe dovuto trovarsi agli arrivi ma continuava a non rispondere alle chiamate, fino a che non mi hanno comunicato che avevano il mio indirizzo. Molto bene allora, mi ripresento da un poliziotto che mi chiede cosa sono venuto a fare ed io innocente come un bambino gli confido che sono un giornalista in visita all'E3. Con lo stesso sorriso sincero mi domanda se ho una VISA (permesso di soggiorno), ed io con più denti di lui gli rispondo che non ce l'ho, perché tanto mi fermo solo una settimana. Non l'avessi mai fatto, finisco a seguire un sergente lungo una linea blu fino ad un altro agente che mi intima di sedermi mentre scompare con il mio passaporto. Attendo oltre mezz'ora fino a che non mi convocano all'ufficio per l'immigrazione, dove spiego che in realtà sono venuto solo per visitare l'E3 come turista, ma che non scriverò una sola riga e che non dipendo da alcuna testata. Ovviamente la mia prima dichiarazione riguardo al lavoro di giornalismo è passata come menzogna e il rimpatrio si profiliva oscuro all'orizzonte, se non fosse stato per un'infinita serie di giustificazioni che hanno convinto l'agente. Quando finalmente con gli occhi fuori dalle orbite e prossimo alle lacrime faccio la mia entrata in scena fuori dall'areoporto, vedo arrivare Pucci a bordo di una Pontiac rosso Ferrari accompagnato da Paolo Matrascia.
Tuttora resta un mistero chi abbia comunicato il mio indirizzo in areoporto...
Prima stesura: Los Angeles, 11 maggio 2004
Andrea Rubbini | email
Prefazione
Dopo aver raccolto il disgraziato (nel senso stretto del termine) Andrea Rubbini all'aeroporto di Los Angeles e averne ascoltato le gesta, non ho resistito di chiedere al funestato (nel senso stretto del termine) di raccontare, di getto, le avventure, dal sapore fantozziano.
A distanza di qualche settimana ho deciso dunque di rendere pubbliche le sue memorie, affinchè da alcuni suoi momenti negativi si possa almeno fare una salutare risata.
Italia, 31 maggio 2004
Andrea Pucci
Bologna, 8 maggio 2004. Final Destination con la neve
Già, la neve. Ve lo racconto così se qualcuno vi chiedesse se vi sarebbe piaciuto andare all'E3, a Los Angeles, potrete sempre rispondere: "se dovevo andarci come Rubbini stavo meglio a casa". Il disguido nasce proprio alla stazione di Bologna dove, leggendo sul tebellone che L'Espresso per Milano partiva alle 3.50 e avendo io un biglietto espresso per Milano delle 3.50, ho pensato di salire sul treno in arrivo sempre alle 3.50 sul binario uno, la cui destinazione guarda caso era proprio Milano. Una volta saliti su di un Espresso notturno l'unica cosa che volete è perdere conoscenza da qualche parte, e così seguendo il costume locale mi sono accasciato lungo un corridoio, risvegliandomi con orrore a Verona. Rifacendomi però alla logica granitica delle 3,50 di cui sopra ho dato fiducia al treno, fino a che non mi sono trovato tra i monti di Rovereto, in fila per uno skipass anziché per una tavola da surf. In quel momento è stata una corsa contro il tempo per tornare a Verona, salendo sul primo treno senza biglietto pur di non perdere un minuto, ritrovandomi a dover essere in areoporto entro un'ora e mezza. Preso dal panico più totale decido di prendere un taxi fino a Malpensa facendo la scelta più sconsiderata, che mi porterà a spendere 245 euro, cioè tutto quello che possedevo. E' stato anche gentile, sarebbero state 260, peccato che i ragazzi di Multiplayer fossero già in volo che mangiavano tortine liofilizzate.