A leggere certe reazioni scomposte alle parole del boss di Jool Watsham di Renegade Kid verrebbe da dire che il problema pirateria è più grave di quanto possa sembrare, almeno per come il fenomeno viene difeso da un'ampia fascia di videogiocatori.
Oggi è Peter Ong di DreamRift (Epic Mickey su Nintendo 3DS) a mettere la questione sotto una luce differente. Secondo lui la pirateria comporta problemi diversi dal solo vendere meno copie o vedere gente che gioca con copie rubate.
La questione fondamentale, che danneggia realmente tutta l'industria, è la percezione che i publisher hanno del fenomeno. Poco importa se come dicono alcuni alla pirateria si rivolgano tutti quei giocatori che tanto non avrebbero speso soldi per il gioco originale, se alla fine un publisher percepisce l'esistenza del problema, sarà meno restio a investire soldi in titoli innovativi o visti come rischiosi.
Questo perché la pirateria è più diffusa nella fascia di utenza formata dai cosiddetti hardcore gamer, più scafati e capaci di combattere contro protezioni e affini, mentre i giocatori casual sarebbero più propensi a comprare lì dove il piratare desse troppi problemi.
Insomma, non importa molto l'effettività del fenomeno, ma la percezione che gli operatori principali hanno di esso, come sperimentato da DreamRift presentando i suoi progetti, spesso rifiutati proprio a causa della pirateria. Quindi la pirateria non fa danni solo a livello di vendite, ma anche e soprattutto a livello di produzione, imponendo ai publisher di puntare su titoli a basso rischio e dalle vendite sicure.
Se volete leggere l'intervista completa, che contiene degli spunti molto interessanti, andate su Gamasutra