Le recensioni sono sbagliate. Chiunque ne abbia scritte per lavoro sa che l'oggettività non esiste e che il difficile, quando si esamina un videogioco, non è valutare solo ciò che si vede, ma ciò che non è immediatamente percepibile: ossia quell'immenso spazio bianco che distacca il linguaggio e le forme di un'opera dal modo in cui le recepiamo. È lì che può infilarsi davvero di tutto e che veniamo chiamati a fare da discriminante con la cultura, la capacità di analisi e, perché no, con la sensibilità. Recensire è un lavoro molto più articolato di quel che possa sembrare e, anche se a volte è la stampa videoludica stessa a sottovalutare certe implicazioni e a porsi idealmente in uno stretto recinto, può essere approcciato da molte direzioni differenti, tutte a loro modo valide a seconda dell'obiettivo che ci si pone (leggete qui per un bell'approfondimento in merito).
Ciò non toglie che le recensioni siano sbagliate. Non alcune: tutte. Vi sembra un'affermazione folle e eccessiva? Forse sì, ma non lo è se consideriamo l'errore come concetto relazionale: si sbaglia per eccesso di confidenza, si sbaglia per ansia da prestazione, si sbaglia per incapacità analitica su certi argomenti, si sbaglia per omissione, si sbaglia per pigrizia, si sbaglia per paura e così via. C'è sempre un lettore con aspettative particolari per cui la tua recensione manca di qualcosa, o ha esaminato male un certo aspetto, o è stata troppo generosa o è stata troppo critica e così via. Le recensioni sono sempre sbagliate perché sono il tentativo disperato di ridurre a un mucchio di parole un processo fruitivo che per sua natura è fluido. Eppure sono necessarie perché altrimenti non staremmo ancora qui. Insomma, non esiste una recensione giusta, se non in relazione a un certo pubblico, ma anch'essa è sicuramente sbagliata in relazione a un altro pubblico. Ovviamente ci sono anche delle recensioni semplicemente sbagliate. Chiunque faccia questo lavoro ne ha scritta qualcuna ed è normale beccarsi le rimostranze dei lettori quando succede. Sono i rischi del mestiere.
Partendo da questo, chi spera che un voto possa dare conto di quello che è il valore di un gioco è un illuso. Il voto è un crimine necessario per dare in pasto ai lettori qualcosa di facilmente consumabile, ma di suo è un grosso fraintendimento culturale. Non è comunque questa la circostanza adatta per discuterne la natura. Purtroppo anni di esperienza ci hanno portato alla consapevolezza che per il lettore medio la recensione giusta è quella il cui voto si avvicina il più possibile al Metacritic, che è diventato lo strumento feticcio per valutare testate e giornalisti. La parte scritta potrebbe quasi non esserci e non se ne accorgerebbe quasi nessuno. Nell'epoca del regno di Metacritic il punto di vista originale viene sempre represso e fagocitato dal conformismo strisciante che pretende aderenza alla feroce normalizzazione del pensiero che il voto medio impone dall'alto della sua natura oracolare. Da questo, purtroppo, non c'è via di fuga.
Qui però arriva Sterling, che con la sua recensione ha fatto ben altro, andando al di là di ogni possibile discussione sulla funzione delle recensioni e sugli errori che necessariamente contengono. L'1/10 che Sterling aveva dato a Hellblade: Senua's Sacrifice, per cui ha dovuto chiedere scusa, non nasceva da un punto di vista originale, da un'analisi personale o, anche, da un errore rispetto alle aspettative dei suoi lettori. No, quel voto nasceva dalla sua voglia di incarnare un certo personaggio: il nerd perennemente bambino che si fa prendere dagli attacchi d'ira quando il giocattolo che ha comprato non funziona come voleva lui, cosa che non ha nulla a che vedere con la critica. Il bug che non era un bug era un mero pretesto: gli interessava solo in virtù della possibilità che gli dava di battere i piedi di fronte al suo pubblico, mostrando quanto era incazzato contro gli sviluppatori cattivi che lanciano giochi incompleti truffando i poveri giocatori. Questa volta gli è andata male, perché il personaggio gli si è ritorto contro, ma pensiamo a quante volte l'ha passata liscia mettendo in scena lo stesso identico spettacolo, a scapito del lavoro di persone che non devono essere per forza lodate, ma che hanno quantomeno il diritto di vedere giudicato ciò che hanno fatto, spesso in anni di lavoro, nel modo più rispettoso possibile, anche quando è un disastro. Ecco, la recensione di Sterling non era sbagliata: non era nemmeno una recensione. Al massimo possiamo considerarla un brutto copione teatrale.